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Teorema 70. Esistono due costanti q > 0 e K > 0 tali che accada quanto segue.

Per ogni  > 0 e ogni R > 0 abbastanza grande esiste un insieme finito di etichette L, un etichettamento valido lab : L → Π e un’involuzione ammissibile σ : L → L tali che per ogni a ∈ L abbiamo

hl(a) − R 2 <  e

dis(A1+iπ(foot(lab(a))), foot(lab(σ(a)))) ≤ KRe−qR

dove dis è la distanza euclidea su N1(γ).

In particolare la costante q dipende dalla varietà M3.

Una volta dimostrato questo teorema possiamo dimostrare così quello principa- le, il Teorema 1: abbiamo visto che ogni etichettamento valido con un’involuzione ammissibile corrisponde a una rappresentazione ammissibile ρlab,σ : π1(S0) → G,

dove G è il gruppo Kleininano corrispondente a M3 e S0 una superficie topologi-

ca chiusa (se non è connessa, ne considereremo una componente connessa). Per l’Osservazione 69 abbiamo che le coordinate complesse ridotte di Fenchel-Nielsen (hl(C), s(C)) soddisfano le ipotesi del Teorema 25, tenendo conto del fatto che KRe−qR = o(R1), e dal Teorema 25 seguirà quindi il Teorema 1. Ciò che questo teorema quindi ci permette di fare è costruire la superficie e la rappresentazione ammissibile su M3 che stavamo cercando.

2.2

Trasporto di misure

Nel resto del capitolo cercheremo quindi di dimostare il Teorema 70, e per farlo inizieremo col parlare di trasporto di misure. Dato uno spazio metrico (X, d), con M(X) indicheremo lo spazio delle misure Boreliane positive e finite su X con supporto compatto. Per un sottoinsieme A ⊂ X e δ > 0 definiamo il δ-intorno di

A come

Nδ(A) = {x ∈ X|∃a ∈ A, d(x, a) ≤ δ}.

Definizione 71. Consideriamo due misure µ, ν ∈ M(X) con µ(X) = ν(X), e

prendiamo δ > 0. Se per ogni insieme Boreliano A ⊂ X si ha µ(A) ≤ ν(Nδ(A)),

diciamo che µ e ν sono misure δ−equivalenti.

Di fatto questa definizione è simmetrica in µ e ν. Se infatti quelle due mi- sure sono δ−equivalenti, per ogni insieme Boreliano A ⊂ X si ha, seguendo la definizione appena data

ν(A) ≤ ν(X) − ν(Nδ(X \ Nδ(A))) ≤ µ(X) − µ(X \ Nδ(A)) = µ(Nδ(A)).

Proposizione 72. Se µ e ν sono δ−equivalenti, per ogni K > 0 le misure Kµ

e Kν sono δ−equivalenti. Se inoltre ν e un’altra misura η sono δ1−equivalenti,

allora µ e η sono (δ + δ1)− equivalenti.

Proposizione 73. Se (T, Λ) è uno spazio di misura finito e f1, f2 : T → X sono

due mappe con d(f1(t), f2(t)) ≤ δ per quasi ogni t ∈ T , allora le misure (f1)∗Λ e

(f2)∗Λ sono δ−equivalenti.

Nel caso si parli di misure discrete vale anche il seguente teorema, che sarebbe l’inversa della proposizione precedente nel caso in questione.

Teorema 74. Se A e B sono insiemi finiti con la stessa cardinalità e con le

corrispondenti misure di conto (ossia, ogni elemento ha misura uno) ΛA e ΛB, ed

esistono due mappe f : A → X, g : B → X tali che le misure f∗ΛA e g∗ΛB sono

δ−equivalenti per un qualche δ > 0, allora esiste una funzione biiettiva h : A → B tale che d(g(h(a)), f(a)) ≤ δ per ogni a ∈ A.

Dimostrazione. Il teorema del matrimonio di Hall afferma quanto segue: suppo- niamo di avere due insiemi finiti A e B e una relazione Rel ⊂ A × B, e per ogni

Q ⊂ A poniamo

Rel(Q) = {b ∈ B|∃a ∈ Q, (a, b) ∈ Rel}.

Se |Rel(Q)| ≥ |Q| per ogni Q ⊂ A, allora esiste una funzione iniettiva h : A → B tale che (a, h(a)) ∈ Rel per ogni a ∈ A. Se inoltre |A| = |B|, possiamo fare in modo che h sia biiettiva.

Nel nostro caso, definiamo Rel ⊂ A × B come

(a, b) ∈ Rel se d(f(a), g(b)) ≤ δ Allora, preso Q ⊂ A, abbiamo

Rel(Q) = {b ∈ B|∃a ∈ Q, d(f(a), g(b)) ≤ δ}

per cui |Rel(Q)| = (g∗ΛB)(Nδ(f(Q))) ≥ (f∗ΛA)(f(Q)) = |Q|, dato che f∗ΛA e

g∗ΛB sono δ−equivalenti per ipotesi. Dunque l’ipotesi del teorema del matrimonio

di Hall è soddisfatta, e ciò dimostra quindi l’esistenza della bigezione h : A → B tale che d(g(h(a)), f(a)) ≤ δ.

Stabiliamo un po’ di notazione: siano a, b ∈ C tali che T (a, b) = C/(aZ + ibZ) sia un toro, z = x + iy un punto in C e φ : T (a, b) → R una funzione positiva continua. Con φ(x, y)dxdy denoteremo la 2−forma corrispondente su T (a, b) e con λφ la misura su T (a, b) data da

λφ(A) =

Z

A

2.2. TRASPORTO DI MISURE 49 per ogni A misurabile, e abbrevieremo questa scrittura come dλφ = φdxdy. Con

λ indicheremo infine la misura di Lebesgue standard su T (a, b), ossia quella corri- spondente a φ ≡ 1. Quello che ora vogliamo far vedere è che ogni misura continua abbastanza vicina a quella di Lebesgue si può ottenere trasportando quest’ultima con un diffeomorfismo vicino all’identità.

Lemma 75. Sia data g : R2 → R funzione continua su R2 = C, che sia ben

definita sul quoziente T (1, 1) e tale che • Per un qualche δ ∈

0,1 3



, abbiamo g(x, y) ∈ [1−δ, 1+δ] per ogni (x, y) ∈ R2

R1 0

R1

0 g(x, y)dxdy = 1.

Allora possiamo trovare un diffeomorfismo h : C → C di classe C1 che possa

passare al quoziente a un diffeomorfismo h : T (1, 1) → T (1, 1), e tale che

• g(x, y) = Jac (h)(x, y), ossia g(x, y)dxdy = h(dxdy), dove hè il pullback

della 2−forma dxdy tramite h e Jac (h) è lo Jacobiano di h • Per ogni z ∈ C valga

|h(z) − z| ≤ 4δ

Dimostrazione. Nella notazione che utilizzeremo R2 e C verranno trattati come lo

stesso oggetto nel modo ovvio, ossia (x, y) ∈ R2 corrisponderà a x + iy ∈ C.

Definiamo la mappa h : R2 → R2 come h(x, y) = (h

1(x, y), h2(x, y)) , dove

h1(x, y) = Z x 0  Z 1 0 g(s, t)dt  ds h2(x, y) = Ry 0 g(x, t)dt R1 0 g(x, t)dt

Dato che g(x + 1, y) = g(x, y + 1) = g(x, y) per ogni (x, y) ∈ R2 abbiamo che

h(x + 1, y) − h(x, y) = (1, 0) e h(x, y + 1) − h(x, y) = (0, 1), per cui h induce una mappa da T (1, 1) a se stesso e può passare quindi al quoziente. Per costruzione h è una funzione di classe C1.

Inoltre, abbiamo anche

∂h1 ∂x = Z 1 0 g(x, t)dt ∂h1 ∂y = 0 ∂h2 ∂y = g(x, y) R1 0 g(x, t)dt (2.2.1)

Jac(h)(x, y) = g(x, y)

Dunque la mappa h : T (1, 1) → T (1, 1) è un diffeomorfismo locale, e quindi un rivestimento di grado n, dove

n =

Z

T (1,1)Jac(x, y)dxdy

Dato che Jac (h)(x, y) = g(x, y) e R

T (1,1)g(x, y)dxdy = 1, abbiamo n = 1, per cui

h è un diffeomorfismo.

Per quanto riguarda l’altro punto, per x, y ∈ [0, 1] abbiamo |h1(x, y) − x| ≤ δx ≤ δ h2(x, y) − y ≤ y(1 + δ) 1 − δ − y ≤3δy ≤ 3δ quest’ultima dovuta a δ ≤ 1 3. Inoltre y − h2(x, y) ≤ y − y(1 − δ) 1 + δ2δy ≤ 2δ

Per cui deduciamo |h2(x, y) − y| ≤ 3δ. Tenendo conto delle stime trovate per

|h1(x, y) − x| e |h2(x, y) − y| possiamo trovare

|h(z) − z| ≤ |h1(x, y) − x| + |h2(x, y) − y| ≤ 4δ

Che è quello che volevamo dimostrare.

Riprendiamo per un attimo un paio di definizioni di teoria della misura.

Definizione 76. Dette µ e ν due misure su uno spazio misurabile X, diciamo che

ν è assolutamente continua rispetto a µ se, per ogni insieme A ⊆ X misurabile, si ha µ(A) = 0 ⇒ ν(A) = 0.

Il teorema di Radon-Nikodym dice che se ν è assolutamente continua rispetto a µ, allora esiste una funzione misurabile non negativa f : X → R tale che, per ogni insieme A misurabile, valga

ν(A) =

Z

A

f dµ.

La funzione f in questione si dice derivata di Radon-Nikodym di ν rispetto a µ, e si indica con

.

2.2. TRASPORTO DI MISURE 51

Teorema 77. Prendiamo µ ∈ M(T (a, b)) misura assolutamente continua rispetto

alla misura di Lebesgue, la cui derivata di Radon-Nikodym

dλ(z) è una funzione

continua su T (a, b) e per la quale per un qualche K > 0 e δ ∈ (0,1

3) si ha • µ(T (a, b)) = Kλ(T (a, b)) • K(1 − δ) ≤ ≤ K(1 + δ) su tutto T (a, b)

Allora µ è 4δ(|a| + |b|)− equivalente a Kλ

Dimostrazione. Con un piccolo abuso di notazione, indicheremo con µ anche il sol- levamento di tale misura sul rivestimento universale C. Abbiamo dµ = g1(x, y)dxdy,

con g1(x, y) = (x, y) derivata di Radon-Nikodym. Questa è continua su C, e ben

definita su T (a, b).

Sia L : T (1, 1) → T (a, b) la mappa affine standard, e g(x, y) = 1

K(g1◦ L)(x, y)

Allora g(x, y) rispetta per costruzione le ipotesi del lemma 75. Se h è il diffeomor- fismo corrispondente di tale lemma e h1 = L ◦ h ◦ L−1, abbiamo (h1)∗µ= Kλ su

T(a, b). Dato che L è (|a| + |b|)−Lipschitziana possiamo dedurre, sempre grazie al Lemma 75

|h1(z) − z| ≤ 4δ(|a| + |b|)

per ogni z ∈ C, e grazie alla Proposizione 73 abbiamo la tesi.

Definizione 78. Chiamiamo MR0 (Π) lo spazio delle misure Boreliane positive con

supporto finito sull’insieme dei pantaloni sghembi orientati Π che siano preservate dall’involuzione R : Π → Π. Chiameremo M0(N1(

Γ)) lo spazio delle misure Boreliane positive con supporto compatto sulla varietà N1(√Γ) (una misura di

M0(N1(

Γ)) ha supporto compatto se e solo se il suo supporto sta in un numero finito di tori N1(γ) ⊂ N1(Γ)). Definiamo l’operatore ˆ∂ : MR 0 (Π) → M0(N1( √ Γ))

come segue. Sappiamo che Π è numerabile dato che G lo è, per cui per determinare

una misura µ ∈ MR

0 (Π) è sufficiente vedere il suo valore µ(Π) su ogni Π in Π.

Fissiamo un Π ∈ Π e denotiamo con γ

i, i ∈ {0, 1, 2} le geodetiche orientate tali che

(Π, γ

i) ∈ Π; chiamiamo inoltre αΠi ∈ M0(N1(

Γ)) la misura atomica supportata sul punto foot(Π, γ

i) ∈ N1(

γi), con l’atomo di massa 1. Definiamo così

e

ˆ∂µ = X

Π∈Π

µ(Π)αΠ

che chiameremo ˆ∂−operatore su misure. Si verifica facilmente che se µ ha supporto finito lo stesso vale per ˆ∂µ, e che ˆ∂µ(N1(Γ)) = 3µ(Π).

Prendiamo α ∈ M0(N1(

Γ)), γ Γ, e chiamiamo (A

ζ)∗α il push-forward

della misura α tramite l’azione Aζ definita prima, relativa a γ∗; ovviamente,

(Aζ)∗α ∈ M0(N1(

Γ)). Diremo che α è δ−simmetrica se α e (Aζ)∗α sono

δ−equivalenti per ogni ζ ∈ C.

Il prossimo teorema sarà molto importante dal momento che ci permetterà di provare il Teorema 70, ma la dimostrazione verrà posticipata al prossimo capitolo, in quanto particolarmente lunga. A voler essere precisi, di fatto il prossimo capitolo sarà interamente dedicato alla sua dimostrazione.

Teorema 79.Esistono q, D1, D2 >0 tali che per ogni  ∈ (0, 1] e R > 0 abbastanza

grande, esiste una misura µ ∈ MR

0 (Π) con le seguenti proprietà.

Se µ(Π) > 0 per un qualche Π ∈ Π, abbiamo che le mezze lunghezze hl(ωi(C))

corrispondenti ai pantaloni sghembi Π soddisfano

hl i(C)) − R 2 ≤  Inoltre, esiste β ∈ M0(N1( √

Γ)) assolutamente continua rispetto alla misura di Lebesgue λ, tale che β e ˆ∂µ siano D1e

R

4−equivalenti, e per cui per ogni toro

N1(√γ) esista una costante Kγ non negativa per cui

Kγ(1 − D2e−qR) ≤ ≤ Kγ(1 + D2e−qR) quasi ovunque su N1(γ).

Vediamo ora come questo teorema ci permette di dimostrare il Teorema 70.

Proposizione 80. Esistono q, D > 0 tali che per ogni  ∈ (0, 1] e R > 0 abbastanza

grande, esiste una misura µ ∈ MR

0 (Π) con le seguenti proprietà:

• µ(Π) ∈ Q per ogni Π ∈ Π

• Se µ(Π) > 0 per qualche Π, allora le mezze lunghezze hl(ωi(C)) corrispon-

denti a Π soddisfano |hl(ωi(C)) − R

2| ≤ 

2.2. TRASPORTO DI MISURE 53 Dimostrazione. Diamo per vero il Teorema 79. Il secondo enunciato segue dallo stesso teorema, restano da provare gli altri due; iniziamo con il terzo.

Sia data γ ∈ Γ geodetica chiusa tale che il supporto della misura β, descritta nell’enunciato del Teorema 79, abbia un’intersezione non vuota con il toro N1(√γ).

La misura di Lebesgue λ su N1(γ) è invariante per l’azione A

ζ; applicando il

Teorema 77 alla misura β e tenendo conto di questo fatto, otteniamo che per ogni ζ ∈ C la misura (Aζ)∗β sia (2π + l(γ) 2 )D2e

−qRequivalente alla misura K0λ, per

un qualche K0 positivo, con D

2 come nel Teorema 79. Dato che

l(γ∗) 2 ≤ R 2 + 1, ciò

significa che le misure (Aζ)∗β e K0λsono C1Re−qRequivalenti per un qualche C1

positivo.

Per contro, le misure (Aζ)∗β e (Aζ)∗ˆ∂µ sono D1e

R

4−equivalenti. Per la Propo-

sizione 72 possiamo dedurre che (Aζ)∗ˆ∂µ e K0λsono D3(Re−qR+e

R

4)−equivalenti

per ogni ζ ∈ C e una costante positiva D3. Sempre per il fatto che λ è inva-

riante per Aζ e per la Proposizione 72 abbiamo, sotto l’ipotesi q ≤ 14, che ˆ∂µ è

DRe−qRsimmetrica per una costante D > 0 - il che, ricordiamo, vuol dire che ˆ∂µ e (Aζ)∗ˆ∂µ sono DRe−qRequivalenti. In particolare, le misure ˆ∂µ e (A1+iπ)∗ˆ∂µ

sono DRe−qRequivalenti.

Per dimostrare invece il primo enunciato della proposizione, sappiamo che ˆ∂µ e (A1+iπ)∗ˆ∂µ sono entrambe atomiche con un numero finito di atomi, e sono

DRe−qR−equivalenti; la proposizione successiva, trattata in [5], ci darà la tesi.

Proposizione 81 (Razionalizzazione Standard). Supponiamo di avere, su uno

spazio misurabile X, due misure K−equivalenti µ1 e µ2 con un numero finito di

atomi. Allora esistono su X delle misure atomiche µrat

i e µ0i, i ∈ {1, 2}, tali che

µrat

i abbia pesi razionali, µ

0

i abbia atomi di peso minore di un  > 0 prefissato, e

µrat i + µ

0

i = µi. Inoltre, le misure µrat1 e µrat2 sono tra loro K−equivalenti.

Dimostrazione. La condizione di K−equivalenza corrisponde a un sistema di equa- zioni della forma

X i σ1(i)xi ≤ X j σ2(j)yj (2.2.2)

dove aj sono gli atomi non banali delle due misure, xj e yj sono rispettivamente

µ1(aj) e µ2(aj), e i σi possono assumere valori in {0, 1}.

Trattando xi e yj come variabili reali, sappiamo per ipotesi che esiste almeno

una soluzione non banale. Di fatto, l’insieme delle soluzioni di ogni equazione è un semispazio in Rn, con n somma del numero degli atomi non banali di ciascu-

na misura, e l’intersezione di questi semispazi è un insieme che chiameremo Sol. Chiamando con SolN il sottoinsieme di Sol con |xi|, |yj| ≤ N, N ∈ N, abbiamo

che SolN è un poliedro convesso (che potrebbe anche essere degenere) in Rn, per

estremi, i quali sono punti razionali essendo soluzioni di un’equazione a coefficienti interi. Dal momento che si tratta di poliedri convessi sappiamo che i punti razionali in Rn sono densi in ogni Sol

N, e quindi anche in Sol = S N ∈N

SolN.

Se la soluzione al sistema è unica, quindi, è razionale, e quindi lo sono anche i pesi delle misure. Se invece non è così, possiamo scegliere xrat

i e yratj vicini quanto

vogliamo a xi e yj (che ricordiamo essere µ1(ai) e µ2(aj)). Scegliamo 1 > 0, e

successivamente xrat

i , yratj tali che A1 > |xi− xirat|, A1 > |yj − yjrat| per ogni i, j,

dove A è il minimo tra i pesi di µ1 e µ2. Scelto ora t ∈ Q ∩

 1 − 21 A,1 − 1 A  , abbiamo che txrat

i e tyratj soddisfano le disuguaglianze 2.2.2 essendo ancora in Sol,

e valgono anche le seguenti

|xi− xrati | < 1 2B A + A1+ 2 2 1  |yj − yjrat| < 1 2B A + A1+ 2 2 1 

dove B è il massimo tra i pesi di µ1, µ2. Scegliamo, a monte, 1 in modo tale che

1 2B A + A1 + 2 2 1  < . Definiamo ora µrat

1 come la misura con gli stessi atomi non banali di µ1 e

µrat1 (ai) = txrati , e allo stesso modo µrat2 utilizzando gli yirat. Per differenza si

definisce inoltre µ0

1 = µ1− µrat1 , e ugualmente µ 0

2. Le misure µ 0

i così definite sono

non negative per la condizione su t, e il peso di ogni loro atomo è minore di . Infine, dato che µrat

i soddisfano il sistema di disequazioni 2.2.2, sono anch’esse

K−equivalenti tra loro.

Ora vogliamo fare alcune osservazioni su una generica misura ν ∈ MR 0(Π),

dopo le quali dimostreremo il Teorema 70. Sappiamo che ν è supportata da un numero finito di pantaloni sghembi Π ∈ Π; inoltre ν(Π) = ν(R(Π)) per ogni

Π ∈ Π, dal momento che per definizione di MR

0 (Π) abbiamo che R preserva

ν. Se ora consideriamo una partizione di Π formata da Π+ e Π, dove i due

insiemi sono disgiunti e tali che R(Π+) = Π, possiamo restringere ν su questi

due insiemi e chiamarla rispettivamente ν+ e ν. Abbiamo allora che ˆ∂ν+= ˆ∂ν

e ˆ∂ν = 2ˆ∂ν, grazie al fatto che foot(Π, γ) = foot(R(Π), −γ)). Da ciò segue che

se ˆ∂ν è δ−simmetrica, lo sono anche ˆ∂ν+ e ˆ∂ν.

Siamo pronti ora per la dimostrazione del Teorema 70.

Dimostrazione. Detta µ la misura della Proposizione 80, sappiamo che ha valori razionali, vale a dire µ(Π) ∈ Q per ogni Π ∈ Π; possiamo quindi moltiplicarla per un intero in modo da ottenere µ0, tale che i suoi valori siano interi pari. Per

2.2. TRASPORTO DI MISURE 55 semplicità con un piccolo abuso di notazione indicheremo µ = µ0; vale comunque

il fatto che ˆ∂µ0 e (A

1+iπ)∗ˆ∂µ0 sono DRe−qR−equivalenti.

Essendo µ quindi invariante per riflessione e a valori interi pari, abbiamo che µ ∈ NΠ è una somma formale R-simmetrica. Possiamo quindi chiamare lab il corrispondente etichettamento valido costruito come nell’esempio immediatamente successivo alla Definizione 66, e vorremmo costruire un’involuzione ammissibile σ.

Scelta γΓ, definiremo X+ ⊂ L come

X+ = {a ∈ L|lab(a) = (Π, γ), Π ∈ Π+} e Xin maniera analoga come

X= {a ∈ L|lab(a) = (Π, γ), Π ∈ Π}.

Inoltre f+: X+ → Πsarà la restrizione di lab su X+, e fsu X.

Ricordiamo che, data una misura µ ∈ MR

0 (Π) e una partizione Π+, Πdi

Π, possiamo restringere µ su questi due insiemi e chiamarla rispettivamente µ+ e

µ. Di conseguenza, ˆ∂µ+ e ˆ∂µappartengono a M 0(N1(

Γ)). Chiamando α+ la

restrizione di ˆ∂µ+ su N1(γ) e αl’analoga restrizione di ˆ∂µabbiamo α+ = α

per il discorso fatto prima dell’inizio della dimostrazione, per cui α+ è ottenuta

applicando ˆ∂ sul push-forward della misura di conto su X+ tramite f+, e così α

tramite f, per definizione di L.

Definiamo ora g : X→ N1(γ) come g = A

1+iπ◦foot◦f−; allora (A1+iπ)∗α−è

il push-forward della misura di conto su Xtramite g. Dato che per quanto detto

a inizio dimostrazione α+ e (A

1+iπ)αsono 2DRe−qR−equivalenti, per il Teorema

74 esiste una bigezione h : X+→ Xtale che

dis(g(h(b)), f+(b)) ≤ 2DRe−qR

per ogni b ∈ X+.

Possiamo quindi definire σ : X+∪ X→ X+∪ Xcome

• σ(x) = h(x) per x ∈ X+

• σ(x) = h−1(x) per x ∈ X

la mappa σ così definita è un’involuzione. Al variare di γpossiamo costruire

σ : L → L; dalle definizioni si ha che σ è ammissibile e la coppia (lab, σ) soddisfa le richieste del Teorema 70.

Capitolo 3

Flussi di riferimenti e costruzione

delle misure

In questo capitolo il nostro obiettivo è dimostrare il Teorema 79, dal quale come abbiamo visto sarà possibile provare il Teorema 1, e per farlo mostreremo come vengono costruite le misure di cui parla l’enunciato del teorema. Nelle prossime pagine faremo vedere, in breve e a grandi linee, com’è strutturata la dimostrazione di questo teorema; dimostrazione la cui costruzione verrà poi esplicitata nel resto del capitolo.

3.1

Presentazione della dimostrazione

In questa sezione mostreremo una traccia della dimostrazione.

Cominciamo scegliendo due numeri reali  e r, e definiamo R = 2(r − ln4 3), e

Π,R l’insieme dei pantaloni sghembi Π in M3 tali che, per ogni loro bordo δ ∈ ∂Π,

si abbia hl(δ) − R 2 < .

Il nostro obiettivo sarà costruire una misura µ su ΠD,R per un qualche D posi-

tivo, e una misura βδ su ciascun N1(

δ) tali che, se  è abbastanza piccolo e r abbastanza grande, si abbia

dβδ dEuclδ −1 ≤ e−qR

con Kδ costante positiva relativa alla curva δ, e le misure ˆ∂µ|N1(δ) e βδ siano

Cer4−equivalenti, dove Euclδ è la misura Euclidea su N1(

δ).

Per cominciare, chiamiamo F(H3) l’insieme dei 2−riferimenti su H3: si tratta

di terne Fp = (p, u, n) in cui p è un punto di H3 e u, n ∈ TpH3 sono vettori

ortogonali tra loro. Indicheremo con gt il flusso di riferimenti che agisce su F(H3)

e con Λ la misura di Liouville invariante su F(H3). Vogliamo inoltre definire una

mappa non negativa, che chiameremo affinità

a= a,r : F(H3) × F(H3) → R

con, per r abbastanza grande, le seguenti proprietà: • a(Fp, Fq) = a(Fq, Fp) per ogni Fp, Fq ∈ F(H3)

• a(A(Fp), A(Fq)) = a(Fp, Fq) per ogni A ∈ PSL(2, C)

• Se a(Fp, Fq) > 0 e Fp = (p, u, n), Fq = (q, v, m), allora valgono

|d(p, q) − r| <  Θ(n@q, m) <  Θ(u, v(p, q)) < Cer 4 Θ(v, v(q, p)) < Cer 4

dove Θ determina l’angolo non orientato tra i vettori indicati, v(p, q) indica il vettore unitario in p tangente al segmento geodetico che va da p a q, e n@q indica il trasporto parallelo di n tramite tale segmento geodetico.

• Per ogni sottogruppo cocompatto G di PSL(2, C) abbiamo

X A∈G a(Fp, A(Fq)) − 1 Λ(F(H3/G) < e−qGr.

L’ultima di queste proprietà, in particolare, è una proprietà derivante dal mixing esponenziale del flusso di riferimenti su F(H3)/G.

Prendiamo ora due 2−riferimenti Fp = (p, u, n) e Fq = (q, v, m) in F(M3) =

F(H3)/G, dove M3 è una 3−varietà iperbolica chiusa e G il corrispondente grup-

po Kleiniano, e prendiamo γ segmento geodetico in M3 tra p e q. Chiameremo

inoltre ˜Fp un sollevamento arbitrario di Fp in F(H3), e ˜Fq il sollevamento di Fq

lungo γ; infine, definiremo aγ(Fp, Fq) come a( ˜Fp, ˜Fq), e per le prime due proprietà

elencate sopra questa è una buona definizione, dato che simmetria e invarianza per gli elementi di PSL(2, C) ci permettono di dire che i valori che assume a non dipendono dal sollevamento scelto. Inoltre per ogni Fp, Fq ∈ F(M3) vale

X γ aγ(Fp, Fq) − 1 Λ(F(M3)) < e−qr (3.1.1)

3.1. PRESENTAZIONE DELLA DIMOSTRAZIONE 59 La prossima cosa che definiremo è ω : F(H3) → F(H3) come ω(p, u, n) =

(p, ω(u), n), dove ω(u) è u ruotato di un angolo

3 intorno all’asse n. Osserviamo

che ω3 è l’identità , e denotiamo ω = ω−1. A ogni riferimento F possiamo associare

il treppiede T = (F, ω(F ), ω2(F )), così come il treppiede T = (F, ω(F ), ω2(F )).

Analogamente si possono fare le stesse definizioni sui riferimenti in F(M3).

Chiamiamo θ−grafo l’1−complesso ottenuto da tre 1−celle, ciascuna delle quali connette due 0−celle p0 e q0; gli diamo questo nome per il fatto che effettivamen-

te l’1−complesso in questione può essere visualizzato con una figura simile alla lettera θ. Un paio connesso di treppiedi è costituito da una coppia di riferimenti Fp = (p, u, n) e Fq = (q, v, m) da F(M3), e tre segmenti geodetici γ0, γ1, γ2 che

connettono p e q in M3: questo è di fatto un θ−grafo. Indicheremo γ = (γ

0, γ1, γ2) e bγ(Tp, Tq) = 2 Y i=0 aγi(ω i(F p), ωi(Fq))

Diremo che (Tp, Tq, γ) è un paio di treppiedi ben connesso lungo i segmenti γ se

bγ(Tp, Tq) > 0.

Per ogni paio di treppiedi connesso (Tp, Tq, γ) esiste una mappa continua dal

θ−grafo della definizione di cui sopra a M3 che manda, a meno di omotopia, p0 in p, q0 in q, e le 1− celle nei γ

i; inoltre, se (Tp, Tq, γ) è un paio di treppiedi

ben connesso, questa mappa sarà iniettiva sul gruppo fondamentale del θ−grafo. Dal paio di treppiedi ben connesso in questione è possibile costruire un paio di pantaloni sghembi Π che avrà le coordinate hl distanti al più D da R

2, dove D

è una costante universale e R = 2

r −ln43 (e quindi le lunghezze dei bordi di Π saranno vicine a R). Denotiamo l’insieme dei pantaloni sghembi con queste proprietà come ΠD,R.

Utilizziamo la scrittura Π = π(Tp, Tq, γ), dove π è la mappa che manda paia di

treppiedi ben connessi in pantaloni sghembi di ΠD,R alla quale abbiamo accennato

sopra. Definiamo sullo spazio dei treppiedi ben connessi la misura ˜µ come d˜µ(Tp, Tq, γ) = bγ(Tp, Tq)dλT(Tp, Tq, γ)

dove la λT in questione è il prodotto della misura di Liouville sui primi due termini,

e la misura di conto sul terzo. Ora, λT è infinita ma aγ(Tp, Tq) ha supporto

compatto, per cui ˜µ è finita. In questo modo definiamo la misura µ su ΠD,R come

µ= π˜µ; questa è la misura che cerchiamo di costruire nel Teorema 79.

Ci resta da costruire βδ e mostrare la Ce

r

4−equivalenza tra questa e ˆ∂µ|

N1(δ).

A ogni riferimento F possiamo associare il bipiede B = (F, ω(F )), e allo stesso modo l’antibipiede B = (F, ω(F )).

Diciamo che (Bp, Bq, γ0, γ1) è un paio di bipiedi ben connesso lungo i segmenti

γ0 e γ1 se

In questo caso la curva chiusa γ0 ∪ γ1 è omotopa a una geodetica chiusa in M3.

Data una geodetica chiusa δ ∈ Γ chiameremo Sδ l’insieme dei bipiedi ben connessi

(Bp, Bq, γ0, γ1) tali che γ0∪ γ1 sia omotopo a δ. L’insieme di bipiedi connessi Sδ è

dotato della misura λB data dal prodotto delle misure di Liouville dei primi due

termini e la misura di conto sugli altri due.

Vogliamo ora definire l’azione del toro C/(2πiZ + l(δ)Z) su Sδ per la quale sia

invariante la misura λB. Sia Tδ il rivestimento dato dal toro solido aperto associato

a δ: in altre parole, se A ∈ PSL(2, C) ha δ come asse, Tδ = H3/A. In questo

riferimento, δ si solleva a una geodetica chiusa ˜δ in Tδ. Preso un paio di bipiedi

ben connessi in Sδ, abbiamo che esiste un unico modo di sollevare ciascun bipiede a

un bipiede in F(Tδ) in modo tale che la coppia di bipiedi sollevata sia ben connessa

in Tδ. Chiameremo ˜ l’insieme di questi sollevamenti, e questo è ovviamente in

corrispondenza biunivoca con Sδ. Esiste un’azione naturale del toro C/(2πiZ +

l(δ)Z) su entrambi N1(δ) e F(Tδ), e quindi su ˜; di conseguenza possiamo indurre

un’azione su Sδ tramite la bigezione, e quest’azione lascerà invariata la misura λB.

Per una scelta di hl(δ) esiste un’azione naturale del toro C/(2πiZ + l(δ)Z) su N1(√δ) tramite C/(2πiZ + hl(δ)Z). Definiremo poi una mappa fδ: Sδ → N1(

δ) con due importanti proprietà: la prima è che fδ è equivariante rispetto all’azione

di C/(2πiZ + l(δ)Z). La seconda è descritta come segue.

Detto Cδ l’insieme dei treppiedi ben connessi (Tp, Tq, γ) per i quali γ0 ∪ γ1 sia

omotopo a δ, e χ : Cδ → Sδ la mappa dimenticante (ossia, χ(Tp, Tq, γ0, γ1, γ2) =

(Bp, Bq, γ0, γ1)), per ogni coppia di treppiedi ben connessi T = (Tp, Tq, γ) ∈ Cδ

vale

|fδ(χ(T )) − footδ(π(T))| < Ce

r 4

dove π(T ) sono i pantaloni sghembi definiti come sopra. Detto altrimenti, la mappa

fδ manda i pantaloni π(T ) nei loro piedi su δ, a meno di un termine Ce

r

4; questo

fattore è determinato dalla terza proprietà della funzione a definita sopra. Questa appena descritta è la seconda proprietà di fδ.

Esistono altre due misure naturali su Sδ. La prima è data da χ(˜µ|Cδ), mentre

la seconda la chiameremo νδ, e sarà definita da

dνδ(Bp, Bq, γ0, γ1) = aγ0(Fp, Fq)aγ1(ω(Fp), ω(Fq))dλB(Fp, Fq, γ0, γ1)

dove λBè definita come sopra. Queste misure peraltro soddisfano la disuguaglianza

(˜µ|Cδ) dνδ(Bp, Bq, γ0, γ1) − 1 Λ(F(M3)) < Ce−qr dato che l’affinità totale a tra ω2(F

p) e ω2(Fq) è esponenzialmente vicina a Λ(F (M1 3))

per la disuguaglianza 3.1.1.

Inoltre, dato che sia λB sia il prodotto aγ0(Fp, Fq)aγ1(ω(Fp), ω(Fq)) sono in-

3.2. LEMMA DELLA CATENA E PREPARATIVI 61

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