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Lemmi preparatori e flusso di riferimenti

Figura 3.3: La distanza tra i pi è minore di un certo C e la lunghezza delle ηi

supera s; sotto queste ipotesi, la distanza su α tra i piedi delle due geodetiche è dell’ordine di e−s.

3.3

Lemmi preparatori e flusso di riferimenti

Quello che faremo in questa sezione sarà dimostrare alcuni risultati preliminari che riutilizzeremo poi nelle prossime sezioni, e introdurre il concetto di flusso di riferimenti.

Inizieremo con una proposizione elementare.

Proposizione 91. Data una geodetica α in H3 e p

1, p2 ∈ H3 due punti con

d(p1, p2) ≤ C e d(p1, α), d(p2, α) ≥ s per due costanti C, s positive, chiamiamo

ηi la geodetica contenente pi e normale ad α, orientata da α a pi. Esiste allora

una costante D positiva dipendente solo da C tale che |dα(η1, η2)| ≤ De−s.

Nella figura 3.3 viene illustrata la situazione in questione.

Date due geodetiche orientate α, β in H3 tali che d(α, β) > 0, chiamiamo γ la

loro ortogonale comune e orientiamola da α a β. Si vede che tramite una rotazione di 180◦ di asse γ le due geodetiche vengono mandate in −α e −β rispettivamente.

Prendiamo ora t ∈ R, e sia q0 : R → β la parametrizzazione di β rispetto alla

lunghezza d’arco tale che q0(0) = β ∩ γ. Chiamiamo δt la geodetica contenente

q0(t) che sia ortogonale ad α e sia orientata da α a q0(t): per la simmetria di α

e β rispetto a γ vale la seguente proposizione. Teniamo presente che la distanza complessa è ben definita modulo 2πi, per cui la parte immaginaria si può sempre scegliere in (−π, π]. Un esempio di questa configurazione è nella Figura 3.4.

Proposizione 92. Con la notazione appena utilizzata per la parametrizzazione

q0, supponiamo α 6= β; allora d(q0(t1), α) = d(q0(t2), α) se e solo se |t2| = |t1|.

Figura 3.4: La configurazione in questione. La geodetica γ è l’ortogonale comune di α e β, mentre δt è ortogonale ad α e passa per q0(t) ∈ β.

in modo tale che la sua parte immaginaria stia in (−π, π), allora

dα(δ−t, γ) = 1

2dα(δ−t, δt).

Notiamo che di fatto, se α e β non si intersecano, l’ultima ipotesi è sempre soddisfatta. Con la stessa notazione abbiamo anche la seguente

Proposizione 93. Sia s(t) = d(q0(t), α), e supponiamo d(α, β) ≤ 1. Allora per

s(t) abbastanza grande avremo

s(t + h) = s(t) + h + o(1) s(t − h) = s(t) − h + o(1) per t → ∞, per ogni h con |h| ≤ s(t)

2 .

Dimostrazione. Per la disuguaglianza triangolare abbiamo

s(t) = d(q0(t), α) ≤ d(q0(t), q0(0)) + d(q0(0), α) ≤ |t| + 1

dato che d(q0(0), α) = d(α, β) ≤ 1 per ipotesi. Riscrivendolo, quindi

s(t) ≤ |t| + 1 il che vuol dire che, se s(t) è grande, lo è anche |t|.

Ricordiamo nel Capitolo 1 la formula 1.3.5, che richiamiamo sinh2(d(q

3.3. LEMMI PREPARATORI E FLUSSO DI RIFERIMENTI 73 unendola alla precedente otteniamo

e2s(t)= e2t(sinh2(d(α, β)) + sin2(Im[dγ(α, β)])) + O(1).

Chiamando sinh2(d(α, β))+sin2(Im[d

γ(α, β)]) = K, questa ci permette di ricavare

s(t) = t +ln K

2 + o(1) (3.3.1)

ma anche

s(t ± h) = t ± h +ln K

2 + o(1)

facendo la differenza tra queste due identità, abbiamo dimostrato la proposizione. Nella situazione in cui stiamo lavorando, possiamo definire il piede della geo- detica β su α come l’elemento di N1(α) che da α ∩ γ punta verso γ: in altre parole

il piede di β su α è la coppia (p, v), dove p = α ∩ γ e v ∈ Tp(H3) è il vettore

unitario che indica la direzione di γ in p. Il lemma successivo servirà a stimare come cambia il piede di β su α al variare di β, per β molto vicino ad α.

Dati  ∈ D e r ∈ R+, dove D ⊂ C è il disco unitario aperto, supponiamo

dγ(α, β) = e

r

2+

allora esiste 0 positivo tale che per ogni  con || < 0, ogni r > 1 e ogni t ∈ R

possiamo scegliere la distanza complessa dα(δ−t, δt) in modo tale che la sua parte

immaginaria stia in (−π

4,

π

4).

Detta β1 un’altra geodetica in H3con parametrizzazione rispetto alla lunghezza

d’arco q1 : R → β1, chiamiamo γ1 l’ortogonale comune di questa e α, orientata da

α a β1. Supponiamo inoltre che q1(0) = γ1∩ β1. Vale allora

Lemma 94. Con la stessa notazione delle righe di sopra, supponiamo

dγ(α, β) = e

r

2+

e dato C positivo, supponiamo che per qualche t1, t01, t2, t02 ∈ R, dove t1 <0 < t2,

valgano

• (1∗) d(q1(t01), q0(t1)), d(q1(t02), q0(t2)) ≤ C

• (2∗) |d(q0(t1), α) − d(q0(t2), α)| ≤ C

Figura 3.5: Le geodetiche α, β e β1. In particolare, le linee sottili tra α e β

avranno lunghezza almeno vicina a r

4, mentre quelle tra β e β1 minore di C. Se

sotto queste ipotesi γ ha lunghezza vicina a er

2, allora la differenza tra γ e γ1 è

minore di Der

4.

Allora per || < 0 e per r abbastanza grande, abbiamo

dα(γ, γ1) ≤ De

r

4

per una qualche costante D positiva e dipendente solo da C. Dimostrazione. In figura 3.5 viene rappresentata la situazione.

Le costanti Didefinite sotto dipenderanno solamente da C. Dalla prima ipotesi

ricaviamo d(α, β) < er

2+1. Dato che

d(q1(t01), q0(t1)), d(q1(t02), q0(t2)) ≤ C

abbiamo d(α, β1) = o(1) per r abbastanza grande, e in particolare d(α, β1) < 1:

questo perchè in corrispondenza di β(t1) e β(t2) la distanza tra β e β0 è maggiorata

da C, mentre quella tra β e α è almeno r − 2C per le ipotesi, per cui per t ∈ [t1, t2]

avremo d(β0, β) ≤ d(α, β), e per la disuguaglianza triangolare d(α, β0) ≤ 2d(α, β) ≤

2er

2+1. Per la disuguaglianza triangolare, grazie alla (1∗) e alla (2∗), vale

|d(q1(t01), α) − d(q1(t02), α)| ≤ D1

e per la Proposizione 93 valgono |t2+ t1|, |t02 + t01| ≤ D2, dato che dall’equazione

3.3.1 ricaviamo |t2+ t1| ≤ |d(q0(t1), α) − d(q0(t2), α)| + o(1), e così anche nell’altro

caso. Ciò implica quindi

3.3. LEMMI PREPARATORI E FLUSSO DI RIFERIMENTI 75 Detta δ(1,t) la geodetica contenente q1(t) ortogonale ad α e orientata da questa a

q1(t), applicando la Proposizione 91 avremo

|dα(δ−t1, δ(1,−t01))| ≤ D4e

r

4

Allo stesso modo

|dα(δt1, δ(1,t01))| ≤ D4e

r4

Dal fatto che la parte immaginaria di dα(δ−t, δt) stia in (−π44) e dalle due disu-

guaglianze appena trovate segue che per r abbastanza grande possiamo scegliere la distanza complessa dα(δ(1,−t01), δ(1,t01)) in modo tale che

=dα(δ(1,−t01), δ(1,t01)) ∈  − π 3, π 3 

In particolare, quello che abbiamo dimostrato ora è che possiamo scegliere le di- stanze complesse dα(δ−t1, δt1) e dα(δ(1,−t01), δ(1,t01)) in modo tale che le corrispon-

denti parti immaginarie stiano in (−π, π), e che, applicando la disuguaglianza triangolare,

|dα(δ−t1, δt1) − dα(δ(1,−t01), δ(1,t01))| ≤ 2D4e

r

4

E la dimostrazione del lemma segue dalla Proposizione 92 e dalla disuguaglianza triangolare. Applicando il risultato di tale proposizione e quelli trovati preceden- temente in questa dimostrazione, infatti, otteniamo innanzitutto

dα(δt, γ) = 1 2dα(δ−t, δt) ≤ 1 2dα(δ1,−t0, δ1,t0) + 2D4er 4 = dα(δ1,−t0, γ1) + 2D4er 4 ≤ dα(δt, γ1) + 3D4er 4 (3.3.2) e poi dα(γ, γ1) ≤ dα(δ−t, γ1) + dα(γ, δ1,t01) − dα(δ−t, δ1,t01) + ≤ dα(δ−t, γ) + dα(γ1, δ1,t01) − dα(δ−t, δt) + 7D4er 4 ≤ 1 2dα(δ1,−t01, δ1,t01) − 1 2dα(δ−t, δt) + 7D4er48D4er 4. (3.3.3)

Figura 3.6: In figura la costruzione utilizzata nella dimostrazione, con gli esagoni rettangoli degeneri evidenziati. Il lato viola δ2 in particolare è comune a entrambi

gli esagoni. Si noti che p, q, A(p) e A(q) fanno parte del bordo di H3.

Lemma 95. Prendiamo A ∈ PSL(2, C) trasformazione iperbolica con asse γ.

Dati p, q ∈ ∂H3 che non siano estremi di A, chiamiamo α

1 la geodetica orientata

da p a q e α2 quella orientata da q a A(p). Detta δj l’ortogonale comune tra γ e

αj che va dalla prima alla seconda, abbiamo

dγ(δ1, δ2) = (−1)j

l(A)

2 + kπi

per un qualche k ∈ {0, 1} e j ∈ {1, 2}.

Un altro modo di visualizzare questa situazione è immaginare p e q come punti nel bordo ideale di H3/A, e α

1, α2 come due geodetiche da p a q tali che α2)−1

sia liberamente omotopa alla curva principale del toro solido H3/A.

Dimostrazione. Chiamiamo α3 la geodetica orientata da A(p) a A(q), e sia δ3

l’ortogonale comune tra γ e α3 orientata dalla prima alla seconda(vedi figura 3.6).

Consideriamo l’esagono rettangolo H1 di lati

L0 = γ, L1 = δ1, L2 = α1, L3 = q, L4 = α2, L5 = δ2

e l’esagono rettangolo H2 di lati

L00 = γ, L01 = δ3, L02 = α3, L03 = A(p), L 0

3.3. LEMMI PREPARATORI E FLUSSO DI RIFERIMENTI 77 e notiamo che H1 è un esagono degenere dato che l’ortogonale comune tra α1 e

α2 non è che un punto in ∂H3, e lo stesso è vero per H2. Tuttavia il teorema del

coseno (Teorema 17) vale anche per esagoni rettangoli degeneri, e ogni esagono di questo tipo è in particolare univocamente determinato dalle lunghezze complesse di tre lati alternati.

Chiamiamo ora σk e σk0 le lunghezze complesse di Lk e L0k rispettivamente.

Cambiando se necessario le orientazioni di Lk e L0k possiamo imporre σ1 = σ10,

σ5 = σ50 e σ3 = σ30 = 0: la prima per il fatto che L01 si ottiene da L1 tramite A,

un’isometria; la seconda perchè sono di fatto lo stesso segmento geodetico, la terza banalmente. Dato che questi due esagoni hanno lati alterni isometrici, per via del fatto che questi determinano la misura degli altri tre lati come appena detto, possiamo dedurre che H1 e H2 sono isometrici a meno dell’orientazione dei loro

lati, per cui σ0 = σ00 e la somma delle due lunghezze vale quindi la lunghezza di

traslazione di A, che sarebbe appunto l(A). D’altra parte cambiare l’orientazione di un lato in un esagono iperbolico retto lascia invariate le lunghezze dei lati a meno del segno o di un termine πi, e questo prova il lemma.

Ora interrompiamo i lemmi preparatori per la dimostrazione del Teorema 79, e introduciamo un argomento importante per tale dimostrazione: quello di flusso di riferimenti. Ricordiamo che con T1(H3) denotiamo il fibrato tangente unitario

di H3.

Chiamiamo F(H3) il fibrato di 2−riferimenti su H3. I suoi elementi sono,

come già avevamo detto nella sezione introduttiva di questo capitolo, delle triple F = (p, u, n) che chiameremo riferimenti, con p ∈ H3e u, n ∈ T1

p(H3), questi ultimi

due ortogonali tra loro. Il gruppo PSL(2, C) agisce naturalmente su F(H3), con

A ∈ PSL(2, C) che manda F = (p, u, n) in A(F ) = (A(p), dA(u), dA(n)). Detti due riferimenti (p1, u1, n1) e (p2, u2, n2) definiamo la funzione distanza D su F(H3)

come

D((p1, u1, n1), (p2, u2, n2)) = d(p1, p2) + Θ(u01, u2) + Θ(n01, n2)

Dove u0 1, n

0

1 sono u1 e n1 trasportati parallelamente lungo la geodetica da p1 a p2.

Si può vedere che la funzione D è invariante per l’azione di PSL(2, C). Infine, con N(F ) ⊂ F(H3) indicheremo la palla di raggio  centrata in F , con la metrica

appena definita.

Stabiliamo anche un’altra notazione: con gr : T1(H3) → T1(H3) indichiamo il

flusso geodetico standard, definito come

gr(p, v) = (p1, v1)

dove p1 = expp(rv), e v1 ∈ Tp11H

3 è ottenuto trasportando parallelamente v lungo

quella che passa per p e p1. L’azione del flusso si estende naturalmente su F(H3),

con la mappa data da

gr(p, u, n) = (p1, u1, n1)

dove (p1, u1) = gr(p, u) e n1 ∈ Tp11H

3 è ottenuto trasportando parallelamente n

lungo la geodetica da p a p1. L’estensione del flusso su F(H3) viene chiamato

flusso di riferimenti.

Osservazione 96. F(H3) è dotato di una misura di Liouville Λ invariante per il

flusso di riferimenti e per l’azione di PSL(2, C). Localmente su F(H3), abbiamo

che Λ è il prodotto tra la misura di Liouville standard di T1(H3) e la misura

di Lebesgue sulla circonferenza unitaria. La misura di Liouville su T1(H3), in

particolare, è definita come il prodotto del volume Riemanniano su H3 e la misura

di Lebesgue su S2 = T1

p(H3).

Ricordiamo inoltre che M3 = H3/G indica una 3−varietà iperbolica chiusa,

e G denoterà d’ora in avanti il gruppo Kleiniano in questione. Identificheremo il fibrato di riferimenti F(M3) con F(H3)/G; tramite la proiezione è possibile

definire l’azione del flusso di riferimenti su F(M3).

È un fatto noto che il flusso di riferimenti si mescoli in 3−varietà chiuse a curvatura negativa variabile, vale a dire il termine di sinistra della disuguaglianza che verrà enunciata nel prossimo teorema tende a zero per r → ∞. Nel caso la curvatura sia negativa e costante, il mixing del flusso di riferimenti è esponenziale, cosa che ci permetterà di avere il seguente, cruciale, teorema. La dimostrazione è stata fatta da Moore, e utilizza concetti di teoria delle rappresentazioni, e sugli spazi di Sobolev in generale; non la riporteremo qui, ma viene trattata in [2], e una variante della dimostrazione si può trovare anche in [9].

Teorema 97. Esiste q positivo dipendente solo da M3 tale che valga quanto segue.

Se ψ, φ : F(M3) → R sono due funzioni C1, per ogni r ∈ R vale

Λ(F(M3)) Z F (M3) (grψ)(x)φ(x)dΛ(x) − Z F (M3) ψ(x)dΛ(x) Z F (M3) φ(x)dΛ(x) ≤ Ce−q|r| dove C è positivo e dipendente solo dalla norma C1 di ψ e φ.

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