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Laminazioni geodetiche

piamo |dO(C0, Cn+1)| ≤ 20eR 4 n X i=0 ed(O,Di)+ n R  max 1≤i≤ne d(O,Ci) 

per R abbastanza grande. Il Lemma 41 inoltre ci dice n R  max 1≤i≤ne d(O,Ci)  ≤1000 · d(C0(0), Cn+1(0)) ·  max 1≤i≤ne d(O,Ci) 

Dato che per ipotesi vale d(O, Ci) ≤ 4e15, otteniamo

n R  max 1≤i≤ne d(O,Ci)  ≤3000 · d(C0(0), Cn+1(0))

che stima il secondo addendo della formula del Lemma 37. Il primo invece è stimato dal Lemma 42, e mettendoli insieme abbiamo la tesi.

1.4

Laminazioni geodetiche

Passiamo ora a introdurre un altro argomento, quello delle laminazioni geodetiche; in particolare, inizieremo col fare delle considerazioni sulle laminazioni geodetiche su una superficie iperbolica chiusa e sul suo rivestimento universale H2, considerato

con il modello del disco.

Definizione 44. Si dice laminazione di una superficie S un chiuso di S che sia

unione disgiunta di curve semplici, le quali vengono chiamate foglie della lamina- zione. Nel caso tutte le foglie di una laminazione siano geodetiche, questa viene chiamata laminazione geodetica.

Definizione 45. La topologia di Hausdorff su un insieme di chiusi è quella per

cui una successione di chiusi Fi converge al chiuso F se:

• Ogni intorno di un punto x ∈ F interseca tutti gli Fi tranne un numero finito

• Il fatto che ogni intorno di x intersechi un numero infinito di Fi implica

x ∈ F.

Considerando gli estremi delle foglie di una laminazione geodetica dello spazio iperbolico, visto con il modello del disco unitario D, si può vedere tale laminazione come un sottoinsieme simmetrico di ∂D×∂D, e aggiungendo la diagonale otteniamo un chiuso di ∂D × ∂D. La topologia di Hausdorff su questi chiusi determina quella che chiameremo Topologia di Hausdorff sulle laminazioni geodetiche sul disco unitario.

Definizione 46. Sia R > 1 e P (R) il paio di pantaloni i cui bordi abbiano tutti

lunghezza R. Definiamo la superficie S(R) come la superficie di genere 2 ottenuta incollando due copie di P (R) lungo i bordi con il parametro di twist uguale a 1. In altre parole, S(R) è ottenuta specchiando P (R) lungo il bordo e applicando un terremoto di lunghezza 1 a destra sui tre bordi di P (R).

Definizione 47. Definiamo orbifold n−dimensionale uno spazio topologico T2

ricoperto da aperti Ui, i ∈ I tali che per ogni i sia definito

• un sottogruppo finito Γi < O(n) e un aperto Vi ⊂ Rn che sia Γiinvariante

• una mappa continua ϕi : Vi → Ui detta carta, invariante per Γi e che induca

un omeomorfismo tra Vi/Γi e Ui.

Inoltre, per ogni inclusione Ui ⊂ Uj deve esistere un omomorfismo iniettivo fij :

Γi → Γj e un diffeomorfismo ψij tra Vi e un aperto incluso in Vj che sia equiva-

riante per Γi e compatibile con le carte (vale a dire, ϕj ◦ ψij = ϕi).

È un fatto noto che il quoziente di una varietà Riemanniana per un sottogruppo discreto del suo gruppo di isometrie abbia una struttura di orbifold, per la quale la proiezione è un rivestimento.

Anche in questa sezione S0 denoterà una superficie chiusa orientata di genere

almeno 2 con una decomposizione in pantaloni C0, e ρ

0 sarà la rappresentazione

normalizzata tale che hl(C) = R e s(C) = 1 per ogni C ∈ C0. Inoltre, C 0(R) è

l’insieme degli assi in H3 di tutti gli elementi ρ

0(c) , dove i c ∈ π1(S0) sono nella

classe di coniugio di un C ∈ C0 fissato. Questi assi in particolare staranno in un

sottospazio H2 ⊂ H3, per via della Proposizione 19 e del fatto che R è un numero

reale.

Chiameremo Orb(R) l’orbifold quoziente della superficie S(R), ossia il quo- ziente di S(R) per il suo gruppo di isometrie. Si può notare che la superficie H201(S0)) è un rivestimento regolare di grado finito di Orb(R), e quindi c’è un

gruppo Fuchsiano G(R) tale che Orb(R) = H2/G(R), e ρ(π

1(S0)) è un sottogruppo

di G(R) di indice finito. La laminazione C0(R) è invariante per il gruppo G(R), e

di fatto si può definire questo gruppo come il sottogruppo di PSL(2, R) che lascia invariata tale laminazione. Notiamo inoltre che G(R) agisce transitivamente sulle geodetiche di C0(R), il che vuol dire che l’orbita di una geodetica di C0(R) sotto

l’azione di G(R) è effettivamente tutto C0(R).

Nonostante la famiglia delle superfici marcate S(R) (ossia l’insieme delle S(R) al variare di R, marcate dalle coordinate di Fenchel-Nielsen date nella definizione 46) tenda a infinito nello spazio di Teichmüller delle superfici di genere 2, tale fami- glia di S(R) considerata non marcata sta in un sottoinsieme compatto dello spazio dei moduli delle superfici di genere 2, cosa che formuleremo meglio e dimostreremo ora.

1.4. LAMINAZIONI GEODETICHE 29

Lemma 48. Per R abbastanza grande si ha che, tra le geodetiche chiuse della

superficie S(R), la più corta ha lunghezza non inferiore a 1

e5.

Dimostrazione. Se la lunghezza della geodetica chiusa più corta fosse minore di

1

e5, prendiamo γ sollevamento di tale geodetica su H

2. Se tale geodetica non fosse

trasversale rispetto a C0(R) vorrebbe dire che ne farebbe parte e sarebbe quindi

lunga almeno R dimostrando facilmente la tesi, per cui supponiamo lo sia. Per il Lemma 39 allora ogni sottosegmento di γ intersecherà al massimo R geodetiche di C0(R), e così γ; questo è assurdo dato che, essendo γ sollevamento di una geodetica

chiusa e trasversale a C0(R), si ha che γ dovrebbe intersecare un numero infinito

di geodetiche di C0(R).

Possiamo descrivere così l’insieme dei punti di accumulazione della famiglia

S(R) nello spazio dei moduli, che ricordiamo essere lo spazio delle metriche iper-

boliche su Sg (in questo caso, g è 2). Supponiamo che P sia un paio di pantaloni

con una decomposizione in triangoli iperbolici ideali tali che le coordinate di shear tra questi due triangoli siano uno: sappiamo allora che ognuno dei bordi di P ha lunghezza 2. Definiamo St la superficie di genere 2 ottenuta incollando una copia

di P a un’altra lungo i bordi, e facendo un twist di 2t lungo ciascun bordo, per t ∈ [0, 1]. L’insieme delle superfici St è l’insieme di accumulazione di S(R) per

R → ∞, e in particolare i bordi dei pantaloni P (R) hanno come limite i lati dei triangoli ideali sopracitati.

Abbiamo quindi in particolare gli orbifold Orbt, quozienti di St per il loro

rispettivo gruppo di automorfismi. Chiamiamo Gt l’insieme dei gruppi Fuchsiani

per cui Orbt = H/Gt, e C0,t la laminazione in H2 che sia il sollevamento della

corrispondente triangolazione ideale su St. A meno di coniugio per elementi di

PSL(2, R) abbiamo che l’insieme Gt è l’insieme di accumulazione dei G(R) per

R → ∞, e l’insieme C0,t lo è per C0(R). Notiamo infine che il gruppo Gt agisce

transitivamente su C0,t.

Siamo quasi pronti per dimostrare il risultato principale del capitolo, prima di farlo dovremo vedere alcuni risultati sulle mappe quasisimmetriche e sulle distanze tra geodetiche in H3.

Definizione 49. Diciamo che una laminazione geodetica λ su H2 è nonelementare

se nessuna delle due seguenti è vera:

• Esiste z ∈ ∂H2 che sia un estremo per ogni foglia di λ.

• Esiste una geodetica O ⊂ H2 ortogonale a ogni foglia di λ.

Ovviamente, se λ è nonelementare ha almeno tre elementi, dato che se ne avesse di meno esisterebbe una geodetica ortogonale a tutti, oppure avrebbero un estremo in comune. Inoltre, se λ è nonelementare, esiste una sottolaminazione λ0 ⊂ λ

nonelementare contenente esattamente tre geodetiche, ottenibile considerando una geodetica γ0 di estremi P e Q, una che non abbia P come estremo e una che non

abbia Q come estremo, scelte in modo tale che la loro perpendicolare comune a γ0

non sia la stessa.

Sia ora λ una laminazione geodetica tale che tutte le sue foglie abbiano chiusure disgiunte. Gli estremi delle foglie di λ li denoteremo come ∂λ ⊆ ∂H2 × ∂H2, e

chiameremo ιλ : ∂λ → ∂λ l’involuzione tale che ιλ scambi gli estremi di α per

ogni α ∈ λ. Se α e β sono geodetiche orientate su H3 denotiamo la loro distanza

complessa, considerata a meno di segno, come d(α, β).

Lemma 50. Sia λ ⊆ H2 una laminazione nonelementare le cui foglie siano orien-

tate, e f : ∂λ → ∂H3. Possiamo estendere f anche alle geodetiche di λ, in modo

tale che una geodetica γ di estremi P, Q venga mandata nella geodetica di estremi f(P ), f(Q). Supponiamo che f sia tale che

d(f(α), f(β)) = d(α, β)

per ogni α, β ∈ λ. Allora esiste un’unica trasformazione di Möbius T tale che • T = f su ∂λ, oppure

• T = f ◦ ιλ su ∂λ

con ∂λ ⊆ H2 ⊂ H3.

In particolare, il secondo caso si verifica solo quando tutte le foglie di λ hanno chiusure disgiunte.

Prima di dimostrare il lemma di cui sopra, vedremo un lemma preliminare e dimostreremo due casi particolari. Se gli estremi di α sono x e y, la notazione ∂α= (x, y) indicherà che α è orientata da x verso y.

Lemma 51. Per ogni d ∈ C/2πiZ diverso da 0 e considerato a meno del segno,

esiste ed è unico s ∈ C/2πiZ tale che, prese due geodetiche orientate α e β in H3, si ha d(α, β) = d se e solo se ∂β = (x, y) e y = Ts,α(x), dove Ts,α è la

trasformazione di Möbius iperbolica il cui asse è α e la cui lunghezza di traslazione complessa è s.

Proposizione 52. Supponiamo che α0, α1, α2 siano geodetiche orientate in H3

per le quali d(αi, αj) 6= 0 per i 6= j, e tali che non abbiano un’ortogonale comune.

Supponiamo inoltre che α0

0, α01, α02 siano tali che d(αi, αj) = d(α0i, α0j) per ogni i, j.

Allora esiste un unico T ∈ PSL(2, C) tale che • T (αi) = α0i per ogni i, oppure

1.4. LAMINAZIONI GEODETICHE 31 Dove il segno meno davanti alla geodetica indica la stessa, ma con l’orientamento opposto.

Dimostrazione. Dati αi e α0i come da ipotesi, sappiamo che a meno di isometria

α0 = α00 e α1 = α01, dato che ne esiste una che mandi gli estremi di α0 e un estremo

di α1 nei corrispondenti estremi di α00 e α01 rispettivamente, e per il Lemma 51

anche l’altro estremo di α1 andrà in quello corrispondente di α10.

Supponendo quindi α0 = α00 e α1 = α01, sia di = d(αi, α2), e Ti = Tsi,αi

utilizzando la notazione del lemma precedente, dove si è il termine associato a di.

Sia β una geodetica di H3 tale che d(α

i, β) = di per entrambi gli i: se ∂β = (x, y),

per il lemma precedente abbiamo che Ti(x) = y per entrambi gli indici i, e in

particolare abbiamo (T−1

1 ◦ T0)(x) = x. Dal momento che T1 6= T0, l’equazione

d(αi, β) = di ha al massimo (come equazione in β) tante soluzioni quante ne ha

l’equazione (T−1

1 ◦ T0)(x) = x, per x ∈ ∂H3. Per questo motivo d(αi, β) = di ha

al massimo due soluzioni, e ne ha al massimo una se T−1

1 ◦ T0 ha un unico punto

fisso su ∂H3.

D’altra parte, se consideriamo Q come la trasformazione di Möbius che manda α0 in −α0 e α1 in −α1, possiamo considerare ˆα2 = −Q(α2): detto altrimenti,

definiamo ˆα2 come la geodetica Q(α2) con l’orientazione opposta. Così facendo

abbiamo che d(αi,ˆα2) = d(αi, α2) per i = 0, 1, essendo Q un’isometria. Però,

dato che gli αi non hanno un’ortogonale comune, abbiamo che α2 6= ˆα2 : il motivo

è che Q fissa l’ortogonale a α0 e α1, se facesse altrettanto con le due ortogonali

tra αi e α2 fisserebbe due punti distinti di ciascuna αi (per la precisione i piedi

delle ortogonali comuni), impossibile dato che ne inverte l’orientazione. Quindi in definitiva α0

2 = α2, oppure α02 = ˆα2.

Proposizione 53. Supponiamo che due geodetiche distinte α0 e α1 in H2 abbiano

un estremo comune x ∈ ∂H2, e sia β un’altra geodetica in H2 che non abbia x

come estremo. Detto E = ∂α0 ∪ ∂α1∪ ∂β e f : E → ∂H3 una funzione per cui

d(f(αi), f(β)) = d(αi, β) per ogni i (dove f si comporta sulle geodetiche come

mostrato nell’enunciato del Lemma 50), esiste un’unica trasformazione di Möbius T tale che f = T su E ⊂ ∂H2 ⊂ ∂H3.

Dimostrazione. Supponiamo per semplicità che f ristretta a ∂α0∪ ∂α1 sia l’iden-

tità, e dimostriamo che lo è su E; distinguiamo tre casi.

Se ∂β ⊂ ∂α0∪ ∂α1, abbiamo che E contiene tre elementi e quindi la tesi segue

facilmente.

Se ∂β ∩ ∂α0 = {y} per un qualche y, abbiamo che gli estremi di β sono (y, z)

(a meno dell’ordine) e quelli di f(β) sono (y, z0) (sempre a meno dell’ordine). Ma

per il Lemma 51 , dato che d(f(α1), f(β)) = d(α1, β), abbiamo che z = z0. Lo

Se ora ∂β ∩ (∂α0∪ ∂α1) = ∅, sempre per il Lemma 51 abbiamo ∂β = (y, z) e

∂f(β) = (y0, z0), con z = T0(y) = T1(y) e z0 = T0(y0) = T1(y0), dove T0 e T1 sono

definiti come nella dimostrazione della proposizione precedente. Ma allora T−1 0 ◦T1

ha x, y e y0 come punti fissi, per cui y0 = y dato che per ipotesi x è distinto da

entrambi, e così z0 = z e f(β) = β.

Possiamo ora dimostrare il Lemma 50.

Dimostrazione. Supponiamo innanzitutto che λ abbia due foglie distinte α e β con un estremo x in comune; allora esiste un unico T ∈ PSL(2, C) per cui T = f su ∂α ∪ ∂β. Per la Proposizione 53 abbiamo T (γ) = f(γ) per ogni γ ∈ λ che non abbia x come estremo, e possiamo trovare almeno un γ fatto così dato che λ è nonelementare.

Ora vediamo che ciò vale anche per le foglie rimanenti: prendiamo δ ∈ λ tale che x ∈ ∂δ, e mostriamo che T (δ) = f(δ). Esiste T0 ∈ PSL(2, C) tale che T0 = f

su ∂α∪∂δ. Per la Proposizione 53 abbiamo T0(γ) = f(γ), per cui T e T0 coincidono

su ∂α ∪ ∂δ, quindi T = T0 e appunto f(δ) = T (δ).

Consideriamo ora il caso in cui due foglie distinte di λ hanno sempre chiusure disgiunte. Esistono allora tre foglie α0, α1, α2 senza un’ortogonale comune, e per la

Proposizione 52 esiste un unico T ∈ PSL(2, C) con T = f su E = ∂α0∪ ∂α1∪ ∂α2,

oppure T = f ◦ ιλ su E, nel quale caso possiamo sostituire f con f ◦ ιλ nel

ragionamento successivo. In ogni caso possiamo supporre per assurdo che T non sia l’identità. Preso β ∈ λ, il nostro obiettivo è mostrare che f(β) = β, oppure f ◦ ιλ(β) = β, a seconda del caso in questione; per semplicità ci riferiremo al primo

caso.

Consideriamo Qi la rotazione di 180 gradi rispetto a Oi, l’ortogonale comune

a α0 e αi, per i = 1, 2. Se avessimo f(β) 6= β, grazie a un ragionamento simile a

quello della Proposizione 52 abbiamo f(β) = −Qi(β) per i = 1, 2, per cui Q−12 ◦ Q1

fissa gli estremi di β. Ma questo è impossibile dato che Q−1

2 ◦ Q1 fissa gli estremi

di α0, che è distinto da β, e se così fosse avremmo che Q−12 ◦ Q1 è l’identità, per

cui Q1 = Q2, assurdo.

Definizione 54. Sia λ una laminazione geodetica su H2. Un raggio effettivo per

λ è un numero reale M > 0 tale che, per ogni disco iperbolico aperto di raggio M in H2, le geodetiche di λ che lo intersecano formano una sottolaminazione

nonelementare.

Si noti che la condizione che l’intersezione tra λ e il disco aperto centrato in z di raggio M sia nonelementare, è aperta sia in z che in λ. Da ciò si può ottenere la seguente

1.4. LAMINAZIONI GEODETICHE 33 • se λ ∈ Λ e g ∈ PSL(2, R), allora g(λ) ∈ Λ

• Λ è chiuso (e quindi compatto) nella topologia di Hausdorff dello spazio delle laminazioni geodetiche modulo PSL(2, R).

• se λ ∈ Λ, allora λ è nonelementare.

Allora esiste M > 0 che sia un raggio effettivo per ogni λ ∈ Λ.

Una famiglia con queste caratteristiche la chiameremo famiglia chiusa inva- riante di laminazioni nonelementari.

In questa parte riprenderemo la notazione richiamata a inizio sezione per C0(R),

e introdotta subito dopo per C0,t. Per un R1 > 0 chiameremo Λ(R1) la chiusura

di S

R≥R1

C0(R) per le prime due proprietà elencate nella Proposizione 55. Possiamo

notare che prendere la chiusura di Hausdorff non è altro che aggiungere i traslati dei C0,t sotto PSL(2, R), per cui Λ(R1) è una famiglia chiusa invariante di laminazioni

nonelementari.

Definizione 56. Chiamiamo nonpieghevole una laminazione λ che abbia almeno

due foglie distinte con un estremo in comune, oppure tale che l’involuzione ιλ non

sia continua.

In particolare, il secondo caso si presenta quando λ è invariante per un gruppo Fuchsiano nonelementare G e ha una foglia ricorrente in H2/G. Per questo, una

laminazione non vuota λ invariante per un gruppo cocompatto è nonpieghevole e nonelementare, da cui deduciamo che tutte le laminazioni di Λ(R1) sono nonpie-

ghevoli. Dimostriamo ora che una mappa quasisimmetrica che preserva localmente le distanze complesse su una laminazione nonpieghevole è una trasformazione di Möbius.

Proposizione 57. Sia λ una laminazione nonelementare nonpieghevole, e suppo-

niamo che M sia un raggio effettivo per λ e f : ∂H2 → ∂H3 una funzione iniettiva

continua tale che d(f(α), f(β)) = d(α, β) per ogni α, β ∈ λ tali che d(α, β) ≤ 3M. Allora abbiamo che f è la restrizione di una trasformazione di Möbius.

Dimostrazione. Dato z ∈ H2 prendiamo D

z disco di raggio M centrato in z, e λz

l’insieme delle foglie di λ che intersecano Dz. λz è ovviamente nonelementare, dal

momento che M è un raggio effettivo, per cui grazie al Lemma 50 sappiamo che esiste un unico Tz ∈ PSL(2, C) tale che

• Tz = f su ∂λz, oppure

Ora, se d(z, z0) ≤ M, si ha per ipotesi che d(f(α), f(β)) = d(α, β) per ogni

α, β ∈ λz∪ λz0, e λz∪ λz0 è nonelementare, per cui abbiamo Tz = Tz0. Ricoprendo

quindi H2 con dischi di raggio M e ripetendo questo ragionamento, deduciamo

quindi che esiste un T ∈ PSL(2, C) tale che T = f oppure T = f ◦ ιλ su tutto

∂λ. Il secondo caso però è da escludere, dal momento che ιλ sarebbe continua e

non ci sarebbero foglie con estremi in comune, ma ciò contraddice il fatto che λ sia nonpieghevole.

Apriamo una piccola parentesi sulle mappe quasiconformi e quasisimmetriche.

Definizione 58. Supponiamo di avere un diffeomorfismo f : Ω → C di classe C1,

dove Ω è un dominio, e indichiamo con z la coordinata su Ω in z0. f induce una

mappa lineare tra gli spazi tangenti, e il suo differenziale è dato da df = fzdz+ fzdz

Definiamo la dilatazione su z0 come

Df =

|fz|+ |fz|

|fz| − |fz|

diciamo allora che f è K-quasiconforme se Df(z) ≤ K per ogni z ∈ Ω.

La definizione di quasiconformità si può estendere su H utilizzando il modello del disco.

Dato ˜f : R → R omeomorfismo tale che ˜f(∞) = ∞, è un fatto noto che ˜f è k−quasisimmetrico se e solo se è l’estensione a R di un omeomorfismo K−quasiconforme f : H → H. Inoltre, K dipende solamente da k. Ora caratterizzeremo le successioni di mappe K−quasiconformi le cui dilatazioni non vadano a 1.

Lemma 59. Prendiamo K1 > K > 1, una collezione di mappe fm : ∂H2 → ∂H3 al

variare di m ∈ N, e supponiamo che per ogni m la mappa fmsia K1−quasisimmetrica

ma non K−quasisimmetrica. Allora, eventualmente passando a una sottosucces- sione, possiamo trovare hm, qm ∈ PSL(2, C) tali che qm◦ fm◦ hm → f: ∂H2 →

∂H3, f

sia una mappa K1− quasisimmetrica e non sia la restrizione di una

trasformazione di Möbius su ∂H2.

Dimostrazione. Fissiamo su ∂H2 quattro punti a, b, c, d di birapporto 1. Dal mo-

mento che fm non è K−quasisimmetrica per alcun m abbiamo che, per ogni m,

esistono dei punti am, bm, cm, dm ∈ ∂H2 di birapporto 1 e tali che il birapporto dei

punti immagine rispetto a fm(che stanno quindi in ∂H3) stia al di fuori di un certo

disco U centrato in 1 ∈ C. Chiameremo hmla trasformazione di Möbius che manda

1.4. LAMINAZIONI GEODETICHE 35 a, b, c. Allora, per ogni m, tale composizione sarà K1−quasisimmetrica e fisserà i

punti a, b, c.

Riassumiamo un attimo quanto abbiamo fatto: per prima cosa abbiamo man- dato la quaterna di punti data in una quaterna am, bm, cm, dm tramite hm. Questi

punti sono stati scelti in modo tale che fm mandi il loro birapporto al di fuori del

disco U, e componendo poi ulteriormente qm si ha che i primi tre punti dati sono

fissati, e la composizione di queste mappe è K1−quasisimmetrica.

L’argomento della famiglia normale dice che dato L > 1, una successione di mappe L−quasisimmetriche che fissano tutte gli stessi tre punti distinti converge uniformemente a una mappa L−quasisimmetica a meno di prendere una sotto- successione, per cui abbiamo qm ◦ fm ◦ hm → f∞. Inoltre il birapporto delle

immagini dei quattro punti iniziali per fsta al di fuori di U, per cui f∞ non è

una trasformazione di Möbius su ∂H2.

Possiamo ora concludere che la costante di quasisimmetria per f si avvicina a 1 quando f cambia la distanza complessa di geodetiche vicine di un valore piccolo abbastanza.

Teorema 60. Sia Λ una famiglia chiusa invariante di laminazioni nonelementari

nonpieghevoli, e K1 > K >1. Allora esiste δ = δ(K1, K,Λ) > 0 e T = T (Λ) per

cui se λ ∈ Λ, f : ∂H2

→ ∂H3 è K

1−quasisimmetrica e

|d(f(α), f(β)) − d(α, β)| ≤ δ

per ogni α, β ∈ λ tali che d(α, β) ≤ T , si ha che f è K−quasisimmetrica.

Dimostrazione. Per la Proposizione 55 esiste M(Λ) > 0 che sia un raggio effettivo per ogni λ ∈ Λ. Prendiamo T = 3M, e supponiamo che non ci sia nessun δ valido. Allora per ipotesi d’assurdo esistono λmΛ, fm tali che

|d(fm(α), fm(β)) − d(α, β)| → 0

per m → ∞, uniformemente per ogni α, β ∈ λm come da ipotesi, ma con fm

che non è K−quasisimmetrica per alcun m. Passando a una sottosuccessione e applicando il lemma precedente, otteniamo λm → λ∞ ∈ Λ, e f: ∂H2 → ∂H3

tali che fsia una mappa K1−quasisimmetrica che non sia una trasformazione

di Möbius su ∂H2. Inoltre d(f

(α), f(β)) = d(α, β) per ogni α, β ∈ λ∞ con

d(α, β) ≤ T . Questo però ci permette di applicare la Proposizione 57 la quale mostra che f∞ è una trasformazione di Möbius, assurdo.

Questo appena ottenuto era il risultato a cui le proposizioni precedenti volevano arrivare, e in particolare ci serviva per ottenere come conseguenza il seguente teorema, applicandolo su Λ(R) per R abbastanza grande:

Teorema 61. Sia K1 > K > 1 e R1 = 10. Allora esiste una costante δ1 =

δ1(K, K1) > 0 e una costante universale T1 tali che accada quanto segue.

Se R ≥ R1 e f : ∂H2 → ∂H3 è una mappa K1−quasisimmetrica che verifica

|d(f(α), f(β)) − d(α, β)| ≤ δ1

per ogni α, β ∈ C0(R) tali che d(α, β) ≤ T1, allora si ha che f è K−quasisimmetrica.

Questo segue dal teorema precedente per il fatto che Λ(R1) è una famiglia

chiusa invariante di laminazioni noninvarianti nonpieghevoli. In particolare T1 =

3M1 è una costante universale, dove M1 è il raggio effettivo delle laminazioni di

Λ(R1).

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