• Non ci sono risultati.

Da cosa è determinata la scelta modale degli individui? Perché la maggioranza dei cit-

tadini in Provincia di Modena sceglie l’auto privata2?

Si tratta, naturalmente, di fenomeni complessi, scarsamente investigati sul piano empi- rico, soprattutto nel nostro paese, . Si può però partire da alcune semplici considerazioni sulla natura economica della mobilità e sui costi dei trasporti.

La mobilità presenta le caratteristiche di un bene pubblico creato dall’azione istitu- zionale attraverso la produzione fi sica (strade, piuttosto che autobus, treni o piste ciclabili), e normativa circa l’uso. La capacità di questo bene pubblico di produrre benefi ci per la col- lettività è quindi determinata dalle scelte che via via sono effettuate dagli agenti (individui o enti) e che sono rese coerenti (o producono effetti dannosi) in relazione allo specifi co contesto istituzionale e socio-culturale in cui operano gli agenti stessi, che costituisce la “memoria” delle loro scelte (cfr. Giovannetti, 2005). Ogni trasporto presenta un costo privato ed un costo

pubblico. Il costo privato è il costo che il singolo individuo o impresa deve affrontare per sod-

disfare il bisogno o produrre il servizio di trasporto ed è composto essenzialmente da: • Consumo di carburante.

• Ammortamento del veicolo • Assicurazioni.

• Nel caso delle imprese, costo del personale Il costo pubblico invece può essere ricondotto a:

• Costo per gli altri utenti della strada in termini di maggiore traffi co, quindi minore ve- locità media e maggiore rischio di incidenti.

• Costo per tutta la collettività, in termini di inquinamento atmosferico e acustico e con- sumo di risorse scarse tra cui il territorio.

• Costo di ripristino delle infrastrutture

Il problema alla base dei fenomeni congestivi sulle strade è che nel trasporto stradale l’indi- viduo o l’impresa che utilizzano la rete pagano un prezzo d’uso delle infrastrutture forfetario (bollo o altre imposte commisurate alla potenza o al peso del veicolo) e non proporzionato alla percorrenza e alla razionalizzazione del rapporto tra scelta modale e uso fi sico del bene common. Viene così meno la spinta ad economizzare la risorsa, sia da parte di consumatori, sia da parte delle imprese. Inoltre, sul versante delle scelte allocative relative all’imprese, sia ag- giunge un minore incentivo all’innovazione organizzativa e alla ricerca di soluzioni logistiche.

In sintesi, nella misura in cui la razionalizzazione della mobilità è mantenuta all’ester- no delle decisioni degli agenti economici, tanto più gravi saranno le “esternalità” provocate dagli agenti stessi. A tal proposito si riporta una tesi contenuta nel Libro Bianco “Politica europea dei trasporti per il 2010” dell’Unione Europea: “secondo il principio fondamentale della tariffazione delle infrastrutture, il costo di uso di un'infrastruttura deve comprendere non solo i costi di infrastruttura, ma anche i costi esterni, ovvero, i costi legati agli incidenti, all'inquinamento atmosferico, al rumore e alla congestione. Questo principio vale per tutti i modi di trasporto e per tutte le categorie di utenti, tanto per i veicoli privati che per quelli commerciali”.

Il costo privato della mobilità è dunque troppo rigido per ricondurre il consumo di mo- bilità privata entro vincoli di sostenibilità. Se il bollo auto fosse proporzionato alla percorren- za annua in km, ad esempio assegnando un peso maggiore ai km percorsi su strade a rischio di congestione, i costi sociali dei trasporti sarebbero più correttamente valutati, rendendo al- tresì più valutabili il rapporto costi/benefi ci di un’eventuale sussidiazione del TPL e dei costi 2 Purtroppo non sono disponibili indagini recenti sulla scelta modale in provincia di Modena, pertanto attualmente l’analisi

dovrà limitarsi a fare riferimento a dati raccolti su base nazionale o su base provinciale in un’altra provincia (Reggio nel- l’Emilia).

192

Rapporto 2006.indd 192

193

tecnico/amministrativi del controllo (Leape 2006). La defi nizione dell’assetto nell’uso delle risorse condivise implica sempre l’assegnazione di diritti, pena la trasgressione delle condizio- ni di riproduzione della risorsa stessa: se una risorsa collettiva non viene inserita nel processo di produzione mediante l’assegnazione di diritti, il libero accesso ai suoi benefi ci si deciderà sulla base del principio «il potere dà il diritto», con conseguenze eticamente indesiderabili ed economicamente ineffi cienti. Se la strada è lasciata al consumo indiscriminato, un privato può appropriarsi indebitamente di benefi ci pubblici: ad esempio, un’impresa situata a Sassuolo che congestioni sistematicamente la via Radici con i suoi camion si appropria privatamente di un bene pubblico e causa costi a tutti gli altri utenti, ma in assenza di un intervento istituzionale non paga per questo. Lo stesso problema è all’origine dell’inquinamento atmosferico: l’indi- viduo che usa la sua auto privata inquina l’aria, bene collettivo, ma poiché non paga nessuna tariffa proporzionale ai danni che causa agli altri individui, non incorpora nella sua scelta del mezzo di trasporto il danno che provoca. Così l’aria delle nostre città sembra andare incontro a quella che Hardin defi nì “la tragedia dei beni comuni”: proprio a causa del loro essere “di tut- ti”, lasciati al libero accesso, questi beni sono destinati ad essere sfruttati eccessivamente fi no a non potersi più riprodurre. Questo destino può essere però evitato da un’azione istituzionale che, assegnando diritti d’uso della risorsa, la inserisca di fatto nel processo produttivo.

Tornando al banale esempio precedente, se esistesse un’imposta proporzionale alla quantità di inquinanti emessi in atmosfera, ad esempio legata ai km percorsi con l’auto e alla sua cilindrata, l’aria sarebbe ovviamente più pulita. L’imposizione di standard avrebbe gli stessi effetti e, nei casi dove ci sia una robusta evidenza scientifi ca a supporto dei vantaggi del-

l’imposizione, una effi cienza anche maggiore in termini di velocità del cambiamento. 3 Inoltre

il denaro raccolto con la tariffazione può essere utilizzato per interventi a favore di coloro che hanno rinunciato a prendere l’auto. A Londra ad esempio le entrate della congestion charge vengono devolute al miglioramento dei trasporti pubblici, confi gurandosi quindi anche come

un intervento redistributivo.4

Un’altra grandezza fondamentale cui fare riferimento è il Costo Generalizzato del tra- sporto, che nella sua formulazione più diffusa è defi nito come

CG = α0 + p + Σ ai ti

Dove

• α0 misura l’accessibilità al sistema di trasporto, quantifi cato attraverso il valore mone-

tario del tempo necessario per l’individuo ad accedere al sistema di trasporto;

• p rappresenta la tariffa pagata o il prezzo percepito dall’utente per l’utilizzo dei mezzi di trasporto;

• Σ ai ti rappresenta il valore complessivo del tempo di viaggio dell’individuo.

E’ ragionevole supporre che l’obiettivo degli individui sia di minimizzare il costo gene- ralizzato del trasporto nei loro spostamenti; per fare questo essi agiscono sostanzialmente su

due linee strategiche: minimizzare Σ ai ti , il tempo di spostamento, e minimizzare p, ovvero il

costo privato dello spostamento. E proprio in p risiede il problema di fondo: muovendosi con la propria auto privata, si generano costi pubblici, si consuma una risorsa comune, o in altri 3 Si potrebbe obiettare che utilizzando maggiormente gli incentivi di mercato si potrebbe dar luogo a una discriminazione

di censo assai poco desiderabile. Il problema è aperto: da un lato, si può tentare di evitare questo aspetto del problema attra- verso i normali strumenti della fi nanza pubblica (ad esempio attraverso la distribuzione di vouchers in modo inversamente proporzionale al reddito). Dall’altro lato, è tuttavia plausibile supporre che tali strumenti non sarebbero i soli ad agire: esiste una bibliografi a a riguardo che afferma con molta forza l’effetto distorsivo sul mercato del lavoro di una forma tassazione tipo-vauchers, in presenza di accise sui carburanti, ceteris paribus. Cfr: L. H. Goulder, I. W. H. Parry, R. C. Williams III, and D. Burtraw, “The cost-effectiveness of alternative instruments for environmental protection in a second-best setting”, Journal

Public Economy 72, 329–360 (1999). A. L. Bovenberg and L. H. Goulder, “Optimal environmental taxation in the presence of

other taxes: general equilibrium analyses”, American Economic Review 86, 985–1000 (1996).

4 Transport for London è una public company quotata in borsa ad azionariato diffuso. L’effi cacia redistributiva dell’intera

misura a favore del bene common coincide con la distribuzione dei diritti di proprietà, non solo tra gli shareholders, ma tra tutti gli utenti (tariffe più basse, maggiore soddisfazione, ecc.) e a vantaggio dei processi riproduttivi del common stesso (aria più pulita, maggiore velocità di spostamento, ecc.). A riguardo Cfr. (Leape 2006; London Chamber of Commerce and Indus- try 2005)

Rapporto 2006.indd 193

termini si generano delle diseconomie esterne (spillover), che però l’individuo non incorpora in p. In questa prospettiva il compito delle istituzioni dovrebbe essere di attivare meccanismi che facciano incorporare in p, ovvero nel prezzo percepito del mezzo di trasporto, il costo delle risorse comuni che l’automobilista consuma, o delle esternalità che produce. A questo punto, l’istituzione può intervenire sia sulla domanda che sull’offerta allo scopo di avvicinare il livello di consumo della risorsa a quello ritenuto ottimale, con le già citate misure di tarif- fazione dell’accesso alle aree più congestionate. Naturalmente, non deve essere dimenticato che queste considerazioni sono all’interno dell’ipotesi implicita di una dotazione immutabile di capitale sociale, in questo caso, nella forma di dotazione infrastrutturale. Un’ipotesi che diventa, soprattutto in un orizzonte di lungo periodo, particolarmente pericolosa perché non tiene in alcun conto degli effetti reddito striscianti e cumulativi provocati dalla formazione di rendite; questo soprattutto quando tali rendite sono causate proprio dagli effetti di lungo periodo dell’attività di regulation. La legittimazione a creare rumori contro la legittimazione a essere circondati dal silenzio; la legittimazione a inquinare contro la legittimazione a respi- rare aria pura (…) – questi sono i tipi principali di decisioni operate dalla legge” (Calabresi e Melamed, 1972, pp. 1089 ss). Il recente Rapporto 2006 sulla mobilità in Italia di ACI / Eurispes mostra come la principale determinante della scelta di usare la propria auto privata piuttosto che altre modalità di trasporto sia la rapidità con cui è possibile raggiungere il luogo di desti- nazione; ciò deriva dal fatto che il tempo è una risorsa scarsa e non riproducibile, e gli indivi- dui vi assegnano un elevato valore economico, anche perché il tempo impiegato ad andare al

lavoro, non essendo retribuito, è sottratto al tempo di vita5.

Al secondo posto come determinante della scelta modale la statistica indica il livello di “comfort”, che tipicamente vede favorita l’auto privata rispetto al trasporto pubblico; que- sto fattore è stato indicato come il principale dal 17,2% degli intervistati. Per il 14,6% invece l’utilizzo del mezzo proprio rappresenta “più che una scelta una necessità”, derivante dalla diffi coltà (5,8%) o impossibilità (8,8%) di raggiungere il luogo di destinazione in altro modo. Questa motivazione assume una rilevanza anche maggiore nei piccoli e medi centri, che non godono di una rete di trasporto pubblico pervasiva come quelle delle grandi città.

Tra chi invece sceglie il mezzo pubblico, il 13,5% dichiara di farlo per il risparmio eco- nomico; seguono il desiderio di evitare di guidare nel traffi co (10,1%), diffuso prevalentemen- te tra gli anziani, il fatto di non possedere un mezzo proprio (7,7%), diffuso prevalentemente tra i giovani, e infi ne la possibilità di risparmiare tempo nel tragitto (7,4%), diffuso soprattutto nelle aree metropolitane. Per una minoranza invece si tratta di una scelta dovuta all’assenza di parcheggi vicino alla destinazione (5,3%) e al fatto che non c’è altro modo per raggiunge- re la propria destinazione (4,9%). Date queste premesse, risulta a questo punto interessante entrare nel merito dell’offerta di trasporto pubblico locale: in letteratura si incontra il motto

“cars reign as public transport fails”6 la causa della dipendenza dall’automobile sarebbe dun-

que da attribuire alla scarsa qualità del trasporto collettivo pubblico. Di seguito si indagherà dunque, nei limiti delle informazioni di cui disponiamo, in che misura questo sia vero per Mo- dena, e in che misura invece la situazione vada attribuita ad altre cause.