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Diritto penale e sicurezza nella società moderna.

TRA ISTANZE SECURITARIE E LOGICHE PRECAUZIONIAL

1. Diritto penale e sicurezza nella società moderna.

Un’introduzione.

Il contributo apportato dal diritto dell’Unione europea alla riflessione sulla “resistenza” del paradigma costituzionale di illecito penale offensivo dinanzi alle sfide della società contemporanea si arricchisce di contenuti

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ulteriori laddove ci si soffermi sulla legislazione degli ultimi decenni ispirata al principio di precauzione.

Sviluppatosi in ambito internazionale e finalizzato a contrastare rischi che non possono ragionevolmente escludersi allo stato delle conoscenze scientifiche, il principio di precauzione assume rilievo centrale nelle politiche europee che, finalizzate al mantenimento della salute e della sicurezza pubblica, impongono la minimizzazione dei rischi della

modernità e richiedono, in tal senso, la predisposizione delle misure sanzionatorie più adeguate.

L’evoluzione scientifica e tecnologica della società post-industriale sembra, infatti, far crescere «le opportunità di un’esistenza sicura e gratificante»243, ma, al contempo, reca con sé il sorgere di nuovi rischi e pericoli connessi alle decisioni umane la cui effettiva portata non è ancora nota alla comunità scientifica. È questo il “paradosso” della cd. società del

rischio244, alla costante ricerca di “barriere difensive” per i potenziali pregiudizi ingenerati dal progresso e caratterizzata da un’incessante richiesta di “sicurezza”, sollecitata anche (e soprattutto) sul piano sovranazionale.

243 C. PIERGALLINI, Danno da prodotto e responsabilità penale. Profili dommatici e politico-criminali, Milano, 2004, p.7.

244 In termini simili, v. C. PIERGALLINI, op.cit., pp. 7 ss. Il tema della società del rischio verrà trattato diffusamente infra, cap. III, sez. I, § 2.

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Giova in tale contesto una considerazione preliminare.

Come già visto245, il bisogno di sicurezza reclamato dalla società moderna e fomentato dalla comunicazione mass-mediatica attiene, invero, alle realtà più varie: dalla sicurezza dal terrorismo internazionale alla sicurezza stradale, del lavoro, dell’ambiente, del prodotto, degli alimenti e così via.

Le ragioni del frequentissimo riferimento al bene “sicurezza” nella legislazione vigente si spiegano sulla scorta del suo carattere “strumentale” alla (anticipata) tutela dei più diversi interessi finali, sicché «l’idea della sicurezza tende ad espandersi come definizione di un bene giuridico ubiquitario, strumentale a qualsiasi altro»246.

Spostando l’attenzione dal linguaggio giuridico a quello sociale, si scorge, però, una “inversione prospettica”: la “sicurezza” non viene percepita come interesse funzionale alla tutela di beni ulteriori ma assurge essa stessa a diritto fondamentale e a “bene primario”247. Agli occhi dei consociati, gli eventi da prevenire in un’ottica securitaria interpellano necessariamente la pena criminale, sicché le politiche legislative, dinanzi

245 V. supra cap. II, sez. II, § 3.

246 D. PULITANÒ, Sicurezza e diritto penale, cit., pp. 547 ss.

247 Sulla percezione della sicurezza quale bene primario da bilanciare con la vita e la libertà personale dei consociati, v. M. DONINI, Sicurezza e diritto penale, in Cass. pen, 2008, pp. 3558 ss.

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alla possibilità di scegliere gli strumenti del diritto punitivo ritenuti più adeguati, fanno sovente ricorso al diritto penale.

Ne discende un notevole arretramento delle soglie di tutela penale che giunge al punto di presidiare in via anticipata un bene (la sicurezza, per l’appunto) la cui tutela, già di per sé considerata, arretra la protezione di interessi ulteriori. L’utilizzo della minaccia penale diviene, così, un’arma per la neutralizzazione della paura da pericoli presenti e futuri, effettivi e potenziali, noti e ignoti.

In questo contesto si inserisce il diritto penale del rischio che, muovendosi all’interno dei dettami del principio di precauzione, sanziona l’inosservanza delle politiche (promosse in sede nazionale ed europea) dirette al contenimento e alla gestione di potenziali pregiudizi la cui connessione causale con condotte umane non è ancora scientificamente nota.

Tutto ciò rappresenta ictu oculi un importantissimo banco di prova per la tenuta del modello costituzionale di illecito penale.

2. I “rischi” della modernità.

Una trattazione relativa ai problemi della modernità non può prescindere dal richiamo alla celebre opera con cui Ulrich Beck ha

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scandagliato i temi di quella che egli stesso ha denominato “società del

rischio”248.

Secondo la prospettiva dell’Autore, nelle società occidentali moderne è cambiata tanto la natura globale dei rischi quanto la consapevolezza degli stessi da parte degli individui.

Così, se i rischi della società industriale erano riconoscibili e assicurabili, i rischi della società post-industriale, legati allo sviluppo tecnico-scientifico, presentano caratteri di indefinitezza in ordine alla loro entità, alla loro durata e alle potenziali vittime e, quasi in un’ottica di “democratizzazione”, sono in grado di colpire tutti gli uomini allo stesso modo, senza distinzione di classe e ceto.

La portata dei nuovi rischi “tecnologici” è tale da renderli assimilabili a calamità naturali, eppure gli stessi sono opera dell’uomo e dipendono, dunque, dalle sue decisioni249.

Si pensi, in tal senso, ai rischi atomici, chimici, ecologici o, ancora, legati all’ingegneria genetica.

Nella gran parte dei casi è impossibile procedere ad una valutazione

ex ante circa la loro portata e la reale conoscenza degli stessi è subordinata

248 U.BECK, Risikogesellschaft. Auf dem Weg in eine andere Moderne, Frankfurt a. Main, 1986, trad. it.

La società del rischio, Roma, 2000, passim.

249 Per una disamina del pensiero di Beck, v. C. PIERGALLINI, Danno da prodotto e responsabilità penale, cit., pp. 6 ss.

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ad un’effettiva verificazione250, che potrebbe, però, aprire scenari del tutto inediti e catastrofici .

La società del rischio, diversamente dalla società industriale, è, allora, una società in cui il grandissimo sviluppo dell’industrializzazione e dei processi tecnologici pone gli uomini dinanzi a pericoli connessi alla loro stessa sopravvivenza.

Si assiste, così, ad un’insanabile paradosso, ove la ricerca tecnica e scientifica, da forza motrice per l’incremento del benessere umano, rivela il proprio “lato oscuro” trasformandosi in una potenziale arma distruttiva.

Ciò che in tale contesto risulta maggiormente allarmante è l’incapacità mostrata dall’analisi scientifica nel riconoscimento e nella valutazione dei rischi 251.

Si è, infatti, al cospetto di quella che è stata definita “de-

monopolizzazione” delle pretese della conoscenza scientifica252, ove la scienza, pur indispensabile per il progresso, risulta inadeguata nella definizione della realtà e, in discontinuità con la neutralità e l’affidabilità

250 V. F.CONSORTE, Tutela penale e principio di precauzione. Profili attuali, problematicità, possibili

sviluppi, Milano, 2013, p. 11.

251 Sul tema, C. PIERGALLINI, Danno da prodotto e responsabilità penale, cit., pp. 480 ss. 252 U. BECK, La società del rischio, cit. p. 230.

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che la connotavano in passato, è spesso asservita ad interessi politici ed economici 253.

Dalle caratteristiche dei rischi moderni, che si presentano come «involontari (colpiscono anche i soggetti che non vi si espongono volontariamente), irreversibili (distruggono risorse non sempre riproducibili) e occulti (sono troppo “complessi” perché li si possa decifrare)»254, discende il difficile compito di “placare” il senso di insicurezza e di paura dilagante tra i consociati, oggi rimesso, pressoché esclusivamente, agli organi politici.