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Segue: formulazione della fattispecie penale e profili di “tensione” con il principio di offensività: tra “vecchie” e “nuove”

questioni.

Nonostante il rapporto tra tecniche di strutturazione della fattispecie penale e principio di offensività sia da sempre al centro del dibattito penalistico, è soprattutto la legislazione penale degli ultimi decenni ad aver sollevato importanti spunti di riflessione.

Nel novero dei reati tradizionalmente oggetto di attenzione, in considerazione del loro “discostamento” rispetto al paradigma di illecito penale forgiato sulla scorta dei principi costituzionali, rientrano in primis i reati di pericolo indiretto, che incriminano il pericolo di una situazione

pericolosa83, e, tra questi, i cd. reati di sospetto, i quali (in un’ottica di

diritto penale d’autore) non fondano la rilevanza penale sul pregiudizio

arrecato a beni giuridici, bensì su qualità personali dell’agente, sanzionando comportamenti che lasciano ipotizzare la futura commissione di reati.

82 La problematicità di operazioni ermeneutiche simili, avallate peraltro dalla Corte costituzionale (sul punto v. infra § 9) è affrontata da M. CATENACCI, I reati di pericolo presunto, cit., pp. 1438; ID., I reati

ambientali e il principio di offensività, in Riv. quadr. dir. amb., 2010, pp. 52 ss. 83 In questi termini A. VALENTI, Principi di materialità e offensività, cit., p. 182.

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In un’ottica di “problematicità” si inseriscono “classicamente” anche i delitti di attentato, i quali, al fine di contrastare fenomeni che potrebbero assumere una portata devastante per l’assetto politico-costituzionale dello Stato, pervengono all’incriminazione di atti o fatti “diretti” a realizzare eventi lesivi, indipendentemente dalla loro effettiva attitudine alla realizzazione delle conseguenze che si intendono scongiurare e dalla esposizione a pericolo degli interessi tutelati.

Invero, le perplessità in ordine alla conformità di incriminazioni siffatte con il modello di illecito penale tratteggiato dalla Carta fondamentale hanno indotto gli interpreti e gli studiosi ad operare un’interpretazione “costituzionalmente orientata” delle disposizioni in esame, con conseguente assimilazione tra la struttura dei delitti di attentato e quella del delitto tentato84, sì da sanzionare condotte che determinano una situazione realmente pericolosa. La necessità di subordinare la punibilità dei fatti ricompresi nella categoria dei delitti di attentato alla loro capacità di offendere l’interesse tutelato è stata, peraltro, avallata in sede legislativa

84 V. sul punto G. DE VERO, Corso di diritto penale, cit., pp. 152 ss.; A.VALENTI, Principi di materialità e

offensività, cit., p. 383. Contrario ad un’assimilazione tra delitto tentato e delitti di attentato è G.

ZUCCALÀ, Profili del delitto di attentato, in Scritti in onore di Salvatore Pugliatti, Milano, 1979, pp. 1531 ss. L’Autore ritiene che l’assenza di qualunque accenno da parte dei delitti di attentato alla attitudine dell’azione alla produzione dell’evento rende inevitabile l’affermazione secondo cui «l’idoneità non può dirsi requisito tipico della condotta». Alla base di asserzioni di questa portata vi è l’assunto secondo cui nel nostro ordinamento non può ritenersi assoluto e inderogabile il principio di necessaria offensività dell’illecito penale. Così, secondo questo filone interpretativo, si tratterebbe di delitti «di mera obbedienza» e dall’esame delle norme «si evince chiaro l’intento del legislatore di configurare un reato a carattere squisitamente soggettivo. Non si spiega pertanto la tendenza ad agganciare le figure di attentato al tentativo e a creare quindi una copertura tecnico-giuridica di una volontà legislativa che è diretta invece a rafforzare lo Stato e le sue istituzioni».

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dalla riforma operata dalla legge 24 febbraio 2006, n. 85, che, intervenendo su alcuni delitti di attentato, ha inserito ai fini della tipicità del fatto il requisito della “idoneità” degli atti, nonché della loro natura violenta.

Tra le tecniche di strutturazione della fattispecie penale i cui profili di tensione con il principio di offensività sono da sempre oggetto di riflessione rientra, poi, una particolare classe di illeciti formulati in termini di reati a dolo specifico.

Nessun margine di incompatibilità con la necessaria offensività delle incriminazioni si profila con riferimento a quei reati la cui integrazione richiede, oltre alla realizzazione di elementi di carattere oggettivo che implicano un’offesa dell’interesse protetto, la direzione finalistica della condotta verso un fine specifico. In casi simili la portata offensiva del fatto è determinata dagli elementi oggettivi della fattispecie e il dolo specifico funge soltanto da criterio di delimitazione dell’area del penalmente rilevante.

Diverso è il caso in cui il comportamento incriminato non arrechi alcun pregiudizio all’interesse presidiato dalla fattispecie e l’intero disvalore della fattispecie sia incentrato nelle finalità cui tende la condotta del soggetto agente. È quanto accade con riferimento ai cd. reati di dolo specifico a condotta neutra i quali, incriminando un fatto

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indipendentemente dalla realizzazione di un’offesa, recano con sé evidenti profili di tensione con il principio di cui si tratta.

La problematicità di tecniche di incriminazione siffatte si acuisce allorquando ad essere incriminato è un fatto che non soltanto è lecito nelle sue manifestazioni oggettive, ma costituisce, addirittura, estrinsecazione di diritti costituzionalmente garantiti (paradigmatico, in tal senso, il delitto di cui all’art. 416 c.p., che punisce un fatto oggettivo, l’associarsi, di per sé assolutamente lecito ed espressione della libertà sancita dall’art. 18 della Costituzione, ma che assurge a illecito penale per il fine soggettivo cui l’associazione tende85).

Anche rispetto alla categoria in commento si è tentato di superare sul piano interpretativo la discrasia tra reati così strutturati e il modello di illecito penale costituzionalmente delineato; così, in dottrina e in giurisprudenza, è stata elaborata la soluzione ermeneutica secondo cui l’integrazione di fattispecie similmente strutturate richiede la realizzazione sul piano oggettivo di fatti che costituiscono attuazione della finalità soggettiva su cui si incentra il disvalore della fattispecie86.

E tuttavia, la questione del rapporto intercorrente tra reati a dolo specifico a condotta base neutra e principio di offensività non può affatto ritenersi sopita, giacché, soprattutto negli ultimi anni, il legislatore penale

85 G. DE VERO, Corso di diritto penale, cit., pp. 154 ss.

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ha introdotto numerose fattispecie così strutturate al fine di reprimere fenomeni particolarmente complessi, e che suscitano un particolare allarme sociale, quali quello terroristico, riproponendo così le “vecchie” questioni riconnesse a tale categoria di reati.

Le sollecitazioni relative alla necessità di interpretare in chiave “offensiva” le fattispecie incriminatrici vigenti hanno, poi, ricevuto ulteriore linfa negli ultimi decenni con la progressiva introduzione nel nostro sistema normativo di fattispecie criminali dirette a contrastare “i rischi della modernità” e che, ispirate al principio di precauzione, comportano uno “stravolgimento” del paradigma di reato di pericolo

astratto fondato su conoscenze certe.

Questi ultimi aspetti saranno oggetto di apposita trattazione87.