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È stato, poi, da più parti sostenuto come la sicurezza debba essere considerata essa stessa un diritto. La sicurezza può, in quest’ottica, qualificarsi come “bene inscindibilmente legato alla vita, alla incolumità fisica, al benessere dell’uomo e alla qualità della sua esistenza, nonché alla dignità della persona” (58). Da ciò ne deriva che la sua titolarità, oltre che in capo allo Stato, nella forma di interesse a garantire una situazione di pace sociale, è riferibile a ciascun individuo come diritto a un’esistenza protetta, indispensabile al godimento degli altri diritti di cui è titolare in condizioni di sicurezza (59).

Il principale argomento che ricorre nella tesi di coloro che ritengono la sicurezza come diritto fondamentale dell’individuo sembrerebbe di natura meramente testuale. Ed infatti, frequentemente viene sostenuto che un siffatto diritto sussisterebbe giacché sarebbe richiamato in numerose Carte costituzionali: così, ad esempio, l’art. 2 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 annovera il “diritto alla sicurezza” tra i diritti inalienabili dell’uomo; allo stesso modo l’art. 6 della CEDU afferma che “ogni individuo ha diritto alla libertà e alla sicurezza”; inoltre, l’art. 1 della

(57) R. BIN, Diritti e argomenti. Il bilanciamento degli interessi nella giurisprudenza costituzionale, Giuffrè, 1992, p. 81.

(58) In tal senso T. E. FROSINI, Il diritto costituzionale alla sicurezza, in www.forumcostituzionale.it, 2006.

(59) Si avverte l’eco del pensiero di Montesquieu, il quale nel De l’esprit des lois (libro XII, cap. 2) scriveva: “La libertà politica consiste nella sicurezza, o almeno nell’opinione che si ha della propria sicurezza. Questa sicurezza non è mai tanto minacciata come nelle accuse pubbliche o private. Dunque dalla bontà delle leggi penali dipende principalmente la libertà del cittadino”.

legge francese 15 novembre 2001 afferma che “la sicurezza è un diritto fondamentale. Essa è una condizione per l’esercizio delle libertà” (60). Si richiama poi l’articolo 3 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani secondo cui “ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona”.

Tuttavia, si ritiene che l’argomento posto a sostegno di questa tesi possa essere superato considerando che le disposizioni richiamate sono né più, né meno che generiche enunciazioni di principi; in altri termini, è possibile ritenere che esse assumano un rilievo meramente politico e non giuridico e non siano, di conseguenza, idonee a fondare la sussistenza di un vero e proprio diritto alla sicurezza (61).

Peraltro “la denominazione della sicurezza come diritto fondamentale” altro non è che “l’autorizzazione concessa ad uno Stato autoreferenziale e autolegittimante ad intervenire sempre di più” (62).

La tematica della sicurezza, secondo un’autorevole dottrina, andrebbe invece affrontata da una prospettiva diversa da quella che la assimila ad un vero e proprio diritto. È stato, infatti, evidenziato come la crescita nei diversi ordinamenti dei compiti pubblici e le nuove emergenze di ordine pubblico hanno messo in luce una componente “dinamica” della sicurezza medesima: essa comporta “non soltanto una protezione dei

(60) G. CERRINA FERRONI, G. MORBIDELLI, La sicurezza: un valore superprimario, in Perc. cost., 2008, pp. 32 ss. Tra i compiti dello Stato, secondo gli Autori, rientrerebbe anche quello di “tutelare un diritto fondamentale, come quello della sicurezza”. Essi richiamano, poi, ulteriori disposizioni che enunciavano il diritto alla sicurezza: l’art. 1 della Costituzione della Gironda del 1793, l’art. 2 della Costituzione giacobina del 1793, l’art. 1 della Costituzione di Bologna del 1796, l’art. 1 della Costituzione cisalpina del 1797, l’art. 1 della Costituzione romana del 1798. Vengono menzionate anche ulteriori disposizioni contenute in altre Costituzioni che, invece, si riferivano espressamente ad un dovere di protezione da parte dello Stato dei propri cittadini: in particolare gli artt. 10 e 24 della Costituzione della Repubblica napoletana del 1799 e l’art. 8 della Costituzione della Seconda Repubblica francese del 1848. Nella Costituzione del Portogallo del 1911 era invece prevista, all’art. 3, l’inviolabilità dei diritti di sicurezza dell’individuo. Infine, disposizioni analoghe caratterizzano anche le vigenti Costituzioni spagnola (art. 17) e portoghese (art. 27).

(61) In senso non dissimile si è espresso anche il Bundesverfassungsgericht tedesco: esso, in una pronuncia del 1978, ha fatto riferimento a “la sicurezza della popolazione che lo Stato deve garantire”, ma, ha altresì specificato, che essa e “la sicurezza dello Stato come disciplinato potere di pace e di ordine” non sono diritti, bensì “sono valori costituzionali dello stesso rango di altri valori e sono valori indispensabili, poiché l’istituzione Stato deriva da essi la sua vera e ultima giustificazione”. La sicurezza è stata intesa, dunque, dalla Corte, come valore della collettività e non come diritto individuale del singolo.

L’impossibilità di configurare un vero e proprio diritto alla sicurezza, che, del resto, è stata negata anche dalla Corte costituzionale nell’ordinanza n. 187 del 2001, comporta che nessuno possa invocarne la corrispondente e, peraltro, inesistente tutela, né nei confronti dello Stato, né nei riguardi di terzi. Che l’aspettativa “a vedere protetta la propria sicurezza dalla commissione di fatti puniti come reato” non costituisca, ex art. 2 Cost., un diritto inviolabile è stato, infatti, affermato dalla stessa Corte costituzionale, con specifico riferimento alla riconosciuta discrezionalità del legislatore nella disciplina delle misure cautelari personali.

beni giuridici esistenti fondata sulla reazione nei confronti dell’aggressione portata ad essi, ma la garanzia della continuità nel tempo del godimento di diritti e di aspettative future, attraverso la prevenzione dei bisogni dell’esistenza”. Tuttavia, ciò non significa che i singoli possano vantare un diritto fondamentale alla sicurezza: si tratterebbe piuttosto della “sicurezza dei loro diritti”, che è cosa del tutto diversa (63).

È stato sul punto affermato che l’enucleazione di un “diritto fondamentale alla sicurezza” non può essere altro che il “risultato di una costruzione costituzionale falsa o perversa” . Se tale preteso diritto si traduce nella “legittima domanda di sicurezza di tutti i diritti da parte di tutti i soggetti”, la costruzione è “superflua” e comunque la terminologia è fuorviante. Viene in rilievo la “sicurezza dei diritti” o del “diritto ai diritti”, identificabile anche come “diritto umano ai diritti civili”, non già in quello proprio del “diritto alla sicurezza”. Se, invece, parlando di diritto alla sicurezza si intende selezionare “alcuni diritti di gruppi privilegiati e una priorità di azione per l’apparato amministrativo e giudiziale a loro vantaggio”, la costruzione è “ideologica”, funzionale ad una limitazione della sicurezza dei diritti attraverso l’artificio del “diritto alla sicurezza” (64).

La sicurezza non deve divenire strumento atto a legittimare interventi senza limiti dei pubblici poteri, che possano giungere a comprimere oltre la ragionevole e giustificata necessità l’esercizio dei diritti fondamentali.

Sembra più corretto affermare che il “diritto alla sicurezza” non possa essere qualificato come bisogno primario, idoneo ad entrare nel gioco del bilanciamento con i diritti fondamentali. Il che non significa negare che possano venire in rilievo come legittimi limiti per i diritti fondamentali alcune espressioni della “sicurezza”, intesa come interesse della collettività, specificamente prese in considerazione nella nostra Costituzione (artt. 13, commi 2 e 3, 14, commi 2 e 3, 16, 17, comma 3, 41), nonché le situazioni emergenziali, che siano effettivamente tali, ossia eventi, non previsti dal sistema ordinario, che richiedono risposte “eccezionali”.

In conclusione è possibile affermare che ricondurre la sicurezza nell’alveo dei diritti abbia portato alle fallimentari politiche sociali degli ultimi anni, cui hanno

(63) P. RIDOLA, Libertà e diritti nello sviluppo storico del costituzionalismo, in P. RIDOLA, R. NANIA, I diritti costituzionali, I, Giappichelli, Torino, 2006, pp. 147 ss.

(64) A. BARATTA, Diritto alla sicurezza o sicurezza dei diritti?, in M. PALMA, S. ANASTASIA, La bilancia e la misura, Milano, 2001, p. 21.

corrisposto politiche securitarie, che, frequentemente, hanno teso all’emarginazione del diverso. Se il carcere è sempre più “discarica sociale” (65) lo si deve anche alle scelte compiute in tema di tossicodipendenze, di immigrazione e di recidiva (66), frutto di quella che appare davvero come una strategia distorta, tacciata in più occasioni di anticostituzionalità, volta all’isolamento del diverso. Si tratta di una strategia che ha fatto leva sulla rappresentazione della paura e sulla conformazione attorno ad essa di un preteso diritto dell’individuo alla sicurezza. Si è perseguita la via politicamente e, all’apparenza, economicamente più semplice di garantire il diritto alla sicurezza dell’individuo, dimenticando che la strada migliore anche per mantenere l’ordine pubblico è proprio garantire la sicurezza dei diritti, mettendo tutti nella condizione di esercitarli effettivamente. Si ritiene, infatti, che la sicurezza, intesa come diritto dei consociati, sia assurta, così, ad esigenza primaria, in grado di offuscare la sicurezza sociale, contribuendo a far perdere di vista quelle che sono, indiscutibilmente, le priorità costituzionali (67).

(65) Si veda, tra gli altri, il contributo di A. MARGARA, Sorvegliare e punire: storia di 50 anni di carcere, in Quest. Giust., 2009, pp. 102 ss., nonché M. RUOTOLO, Dignità e carcere, Edizioni Scientifiche, 2011.

(66) E. DOLCINI, La recidiva riformata. Ancora più selettivo il carcere in Italia, in Riv. it. dir. proc. pen.,2007, pp. 515 ss.

(67) M. DOGLIANI, Il volto costituzionale della sicurezza, in G. COCCO, I diversi volti della sicurezza, LaFeltrinelli, 2012, p. 6, si interroga, alludendo ad una risposta negativa: “il soddisfacimento del bene ‘sicurezza’ inteso in senso soggettivo può comprimere la tutela dei beni specifici costituzionalmente protetti, subordinando il bilanciamento tra i medesimi all’obiettivo di rafforzare la percezione soggettiva della sicurezza stessa?”.