Dalla sicurezza collettiva all’individuazione dei beni giuridici meritevoli di tutela
3. I principali beni giuridici che discendono dalla sicurezza collettiva
3.1 Ordine pubblico
Offerta una panoramica dei principali beni giuridici che il legislatore, orientato dalla finalità di perseguire la sicurezza collettiva, intesa quale bene comune, ha selezionato, è opportuno volgere lo sguardo in maniera più approfondita sul bene giuridico che, più di altri, presenta una relazione qualificata con la grandezza in parola.
La nozione di pubblica sicurezza è stata oggetto di innumerevoli ricostruzioni dottrinarie volte anche a distinguerne i confini da un altro concetto, a cui è tradizionalmente e normativamente essa viene abbinata: quello di “ordine pubblico” (212).
Il concetto di ordine pubblico, apparve per la prima volta nel Codice napoleonico presentandosi come una figura priva di esplicita definizione, in quanto la sua natura trasversale creava difficoltà nell’individuare una specifica ed unitaria classificazione.
Il sistema giuridico italiano utilizza l’espressione “ordine pubblico” in diverse occasioni: nella Costituzione (art. 117), così come nella legislazione di diritto privato (ad esempio agli artt. 1229 e 1343 c.c.) e di diritto internazionale privato (l. 218/1995), nelle norme di matrice penalistica (artt. 414 – 421 c.p.) così come nel vigente testo unico in materia di pubblica sicurezza (R.D. 773/1931). In nessuno di questi casi, tuttavia, viene fornita una puntuale e specifica definizione. La perimetrazione del concetto di ordine pubblico è stato pertanto affidata alla perizia di dottrina e giurisprudenza che, nel tempo, ne hanno teorizzato i confini e definito il contenuto,
tale interesse consiste in un mero riflesso della protezione che deve essere accordata in via esclusiva al singolo.
(212) Si vedano V. WAUTRAIN CAVAGNARI, Dei delitti contro l’ordine pubblico, in P. COGLIOLO, Trattato di diritto penale, Vallardi, 1888 e R. DE RUBEIS, Dei delitti contro l’ordine pubblico, in Enciclopedia del dir. it., VIII.
cercando di individuarne modalità e termini di utilizzo senza, per vero, mai raggiungere una definizione univoca (213).
La definizione più calzante di ordine pubblico resta quella di Karl Binding: “Rumpelkammer von Begriffen” (“ripostiglio di concetti”) (214). Tale espressione sottolinea l’eterogeneità del concetto, che emerge anche per quel che concerne la sistematica del codice penale italiano; infatti le disposizioni riunite nel titolo V del libro secondo, lungi dal far riferimento, sotto il profilo sostanziale, ad un’affidabile e ben definita oggettività, concernono, dal punto di vista dei beni tutelati, svariate situazioni, profondamente diversificate tra loro.
Nel codice penale del 1930 i reati contro l’ordine pubblico, si distinguono in delitti (libro II, titolo V, codice penale) ed in contravvenzioni (libro III, tit. I, capo I).
Se tutti i reati producono, indubbiamente, una sorta di turbamento dell’ordine pubblico, quelli inseriti in tale parte del Codice lo danneggiano in modo diretto e immediato perché ne pongono in dubbio la stessa esistenza.
Nella Relazione ministeriale al progetto del Codice penale si legge che i reati contro l’ordine pubblico di cui al Titolo V del Libro II “ledono l’ordine pubblico, non in qualche suo speciale aspetto, ma in sé, menomandolo nella sua essenza; in essi difficilmente è dato rinvenire una obiettività giuridica immediata, e distinta dal pericolo sociale che cagionano: la lesione dell’ordine pubblico, in altri termini, non è conseguenza di altra particolare violazione dell’ordine giuridico, ma si delinea come un effetto per sé stante, che investe direttamente la pace pubblica”.
Diversamente “gli altri reati minacciano o ledono l’ordine pubblico solo in relazione a particolari manifestazioni (proprietà, economia pubblica, buon costume, ecc.), onde si caratterizzano e classificano in rapporto all’oggetto giuridico che è loro proprio, e non già al danno sociale, che è immancabile in ogni reato” (215).
Sempre la medesima Relazione aiuta, poi, a comprendere cosa si debba intendere per “pace pubblica”: “l’ordine pubblico, in materia penale non coincide con
(213) C. LAVAGNA, Il concetto di ordine pubblico alla luce delle norme costituzionali, in Democrazia e Diritto, Franco Angeli, 1967, p. 360. Si veda anche O. RANELLETTI, La polizia di sicurezza, in V. E. ORLANDO, Primo trattato completo di diritto amministrativo, vol. IV, I, SEL, 1904, p. 421, in cui l’Autore descrive la nozione di ordine pubblico come “oscura ed incerta”.
(214) C. BINDING,Die Normen und ihre Ubertretung, Leipzig, 1910, p. 351.
(215) Relazione ministeriale al progetto del codice penale, II, Roma, 1929, p. 2012. Passo riportato in G. ROSSO, Ordine pubblico (delitti contro l’), in Novissimo Digesto Penale, XII, Torino, 1965, p. 152.
quello ampio e generico, a cui fa capo, come a suo immancabile presupposto, tutta la vita dello Stato: non deve, cioè, intendersi come ordine completo, perfetto del popolo; ordine interno ed esterno; ordine che non solo permette di vivere, ma aumenta i piaceri della vita della collettività. L’ordine pubblico tutelato dal diritto penale fa indubbiamente parte dell’ordine pubblico generale, ma specificamente riguarda il buon assetto o il regolare andamento del vivere civile, a cui corrispondono nella collettività, l’opinione e il senso della tranquillità e sicurezza.”
Vi è, appunto, una classe di reati, i quali direttamente colpiscono il senso della sicurezza sociale, cosicché questo turbamento non si verifica per il tramite di una lesione a beni diversi (vita, incolumità, pubblica amministrazione, giustizia, ecc.), ma immediatamente e direttamente come lesione al bene della incolumità pubblica; si potrebbe anzi dire che, da questo punto di vista, i reati contro l’ordine pubblico colpiscono due volte il bene della sicurezza sociale: prima direttamente (danno immediato), poi, come tutti gli altri, indirettamente (danno mediato).
Sono due le concezioni di ordine pubblico tradizionalmente proposte e consistono nell’ordine pubblico materiale e nell’ordine pubblico ideale. In via di prima approssimazione può essere evidenziato come il primo può essere correttamente considerato nel senso di pubblica tranquillità, mentre l’ordine pubblico ideale viene inteso come il complesso di principi sui quali si fonda la convivenza civile. L’ordine pubblico materiale è un oggetto di tutela, mentre l'ordine pubblico ideale è considerato più che altro una ratio di tutela (216).
Con riguardo specifico all’ordine pubblico “ideale”, esso veniva considerato come l’insieme di principi ispiratori legittimanti le attività di polizia di prevenzione e tutela, limite immanente a tutte le libertà civili e politiche; diversamente l’ordine pubblico “materiale” è inteso quale insieme di beni specifici oggetto di tutela. La dottrina ha nettamente orientato la propria preferenza verso questa seconda accezione fino ad arrivare a considerare il concetto di ordine pubblico così inteso equivalente a quello di sicurezza pubblica.
(216) C. FIORE, voce Ordine pubblico, in Enc. Dir., XXX, Giuffrè, 1980, pp. 320 ss. In relazione alla legislazione di emergenza, l’ordine pubblico cessa di rappresentare un interesse meritevole di tutela per divenire “scopo” interno dell’ordinamento e momento centrale dell’indirizzo politico. Sul tema, dello stesso Autore, si rinvia a C. FIORE, L’ordine pubblico tra codice penale e leggi eccezionali, in A. M. STILE, Bene giuridico e riforma della parte speciale, Jovene, 1985, pp. 279 ss., in particolare p. 282.
Più correttamente pare doversi precisare che tale equiparazione ha senso, come detto, laddove si consideri l’ordine pubblico una specifica promanazione della sicurezza collettiva, la quale non può essere essa stessa intesa alla stregua di un bene giuridico, a differenza del primo che assurge, invece, a specifico oggetto di tutela penale.
La Corte Costituzionale, specialmente con la sentenza n. 168/71, ha rielaborato le due concezioni di ordine pubblico, fornendone una terza di natura “costituzionale”, da identificare nella “preservazione delle strutture giuridiche della convivenza sociale, instaurate mediante le leggi”. Tuttavia, tale nozione riprende in sostanza quella di ordine pubblico ideale, motivo per cui essa è stata criticata in dottrina per la sua eccessiva astrattezza (217).
Oggi viene comunemente riconosciuto come il concetto tradizionale di ordine pubblico abbia subito un’evoluzione alla luce dei principi espressi dalla Carta costituzionale del 1948. Capovolgendo l’impostazione previgente, la Costituzione pone al centro dell’ordinamento, non più lo Stato, bensì la persona, i cui diritti, definiti come inviolabili, vengono riconosciuti e garantiti fin dai principi fondamentali (art. 2), e il cittadino, dei cui diritti e doveri si occupa la parte prima della Costituzione. L’ordinamento viene concepito in senso “dinamico”, perché è volto a consentire al singolo di estrinsecare la propria personalità non solo come individuo, ma anche come parte integrante di formazioni sociali a ciò finalizzate.
Circa la nozione di ordine pubblico in relazione al delitto di cui all’art. 419 c.p., autorevole dottrina sembra aver accolto appieno l’impostazione generale proposta dal legislatore nella già citata Relazione ministeriale, secondo la quale l’ordine pubblico tutelato deve essere inteso come sinonimo di pace sociale, cui corrisponde in capo ai cittadini “l’opinione e il senso della tranquillità e della sicurezza” (218). Nello stesso senso si staglia la giurisprudenza di legittimità, affermando che l’ordine pubblico tutelato dalle norme in esame può essere inteso solamente quale ordine pubblico in
(217) Si veda, per gli opportuni approfondimenti, M. PELISSERO, Le nozioni di ordine pubblico, in ID. (a cura di), Reati contro la personalità dello Stato e l’ordine pubblico, in Trattato teorico-pratico di diritto penale, diretto da F. PALAZZO, C. E. PALIERO, Giappichelli, 2010, p. 225. Nella manualistica si rinvia a G. FIANDACA, E. MUSCO, Diritto penale. Parte speciale, vol. I, V ed., Zanichelli, 2012, p. 474.
(218) Tra gli altri, si veda M. BOUCHARD, Devastazione e saccheggio, in Dig. Disc. pen., III, UTET, 1989, p. 442: in particolare, l’Autore qualifica l’ordine pubblico tutelato dall’art. 419 c.p. quale “ordre dans la rue”, ossia quale “interesse della popolazione a conservare la tranquillità nella vita e nelle occupazioni quotidiane”. Si veda anche G. CAPALDO, Approccio al problema della configurazione giuridica dei reati contro l’ordine pubblico, nota a Cassazione sez. I 25 gennaio 1973, Azzaretto, in La giust. Pen., 1974, parte II, p.145;
senso specifico, “come buon assetto o regolare andamento del vivere civile, a cui corrispondono, nella collettività, l’opinione e il senso della tranquillità e della sicurezza, suscettivi di essere direttamente o immediatamente compromessi da fatti come quelli considerati sotto il titolo V del libro II del codice penale” (219). In ogni caso, data l’origine pre – costituzionale dei delitti contro l’ordine pubblico, la più recente giurisprudenza di merito sottolinea la necessità di interpretare il bene giuridico “ordine pubblico” alla luce dei principi contenuti nella Carta Costituzionale che tutelano il singolo e la sua personalità, quest’ultima oggetto di espressione individualmente ed anche attraverso la partecipazione del cittadino a formazioni sociali. In quest’ottica, l’ordine pubblico “non può essere inteso quale mera conservazione e tutela dell’esistente […], bensì […] quale situazione idonea a favorire la pacifica evoluzione dei cittadini e della società, paragonabile in ciò alla dinamicità dell’intero ordinamento previsto dalla Costituzione” (220).
Sulla scorta di tale premessa, il concetto di “ordine pubblico” o pace sociale non può essere assunto quale mera conservazione e tutela dell’esistente, bensì deve essere considerato alla stregua di una situazione idonea a favorire la pacifica evoluzione dei cittadini e della società, paragonabile in ciò alla dinamicità dell’intero ordinamento previsto dalla Costituzione. La conseguenza di siffatta impostazione è che, se l’essenza della democrazia è la dialettica delle idee e quindi anche la manifestazione del dissenso, quest’ultimo di per sé solo non può integrare una violazione della pace sociale o ordine pubblico. Il concetto tradizionale di “pace pubblica” va dunque aggiornato nel segno dell’equilibrio e del rispetto tra diverse posizioni giuridiche soggettive quali riconosciute e tutelate dall’ordinamento democratico. Per essere conformi ai principi ed alle libertà costituzionali, le norme dedicate dal Codice penale ai reati contro l’ordine pubblico devono essere pertanto lette nel senso di punire solo quelle condotte che pongano in concreto pericolo la pubblica tranquillità, suscitando violente reazioni contro l’ordine pubblico (221).
(219) Corte Cass. sez. I 25 gennaio 1973, Azzaretto.
(220) Trib. Genova 14 dicembre 2007, in Foro it., 2008, pp. 23 ss. Nello stesso senso, si veda Trib. Roma 11 giugno 2012, in www.penalecontemporaneo.it, 19 dicembre 2012, avente ad oggetto disordini verificatisi a Roma nell'ottobre 2011 in occasione del cd. “corteo degli indignati”.
(221) Così Corte Cost., sent. 23/4/1974 n. 108, in relazione alla compatibilità con i principi costituzionali della seconda parte dell’art. 415 c.p., che incrimina la pubblica istigazione all’odio tra le classi sociali.
Si tratta, in altri termini, di condotte che devono essere idonee, per violenza, minaccia o insidiosità a creare timore e insicurezza nei cittadini, a violare il patto sociale fatto del reciproco riconoscimento di diritti, a porre in dubbio l’esercizio di questi e con ciò della stessa “pacifica” convivenza.
Negli interventi legislativi più recenti, sia costituzionali sia ordinari, le locuzioni (ordine pubblico e sicurezza collettiva) sono frequentemente utilizzate in maniera congiunta; le sentenze della giurisprudenza costituzionale ne hanno affinato il contenuto cercando di individuare la tipologia dei beni specifici oggetto di tutela.
Con riferimento ad una nozione di ordine pubblico di natura amministrativa (222), è possibile notare come, a partire dalla sentenza n. 77/1987, la Corte costituzionale abbia definito la “sicurezza pubblica” come la “funzione inerente alla prevenzione dei reati o al mantenimento dell’ordine pubblico”. Tale definizione è poi richiamata nella sentenza n. 218/1988, che distingueva, sulla base di un solco già tracciato dalla sentenza del 1987, tra la “polizia amministrativa” e la “pubblica sicurezza” definendo rispettivamente la prima come quelle “attività di prevenzione o di repressione dirette a evitare danni o pregiudizi che possono essere arrecati alle persone o alle cose nello svolgimento di attività ricomprese nelle materie sulle quali si esercitano le competenze regionali, senza che ne risultino lesi o messi in pericolo i beni o gli interessi tutelati in nome dell’ordine pubblico”; la seconda come l’insieme delle “misure preventive e repressive dirette al mantenimento dell’ordine pubblico”.
Si tratta di definizioni che si ripetono nelle sentenze successive (tra cui la n. 740/1988 e la n. 162/1990) e che avrebbero ispirato – alcuni anni dopo – le scelte legislative compiute nell’art. 159 del d.lgs. 112/1998 (223). È con la sentenza n.
(222) L’ordine pubblico amministrativo – materiale è imposto ai soggetti di un gruppo sociale ed è la tipica espressione dello Stato – persona perseguita tramite l’esistenza di istituti di polizia e di sicurezza pubblica. L’ordine pubblico così inteso, in senso positivo, si manifesta nello svolgimento pacifico delle attività della vita civile, come eccezione equivalente alla quiete collettiva, al buon ordine esteriore e sensibile, salvaguardia dell’incolumità pubblica; esso dunque coincide con il bene giuridico che l’ordinamento protegge tramite norme di pubblica sicurezza. In senso negativo, invece, l’ordine pubblico amministrativo è caratterizzato per l’assenza di turbamenti e di violenza e quindi come “assenza di fatti umani e naturali che abbiano la capacità di turbare la sicurezza”. Così C. FIORE, Ordine pubblico (dir.pen.), in Enc.dir., vol. XXX, Giuffrè, 1980, p. 1091.
(223) Art. 159. Definizioni. 1. Le funzioni ed i compiti amministrativi relativi alla polizia amministrativa regionale e locale concernono le misure dirette ad evitare danni o pregiudizi che possono essere arrecati ai soggetti giuridici ed alle cose nello svolgimento di attività relative alle materie nelle quali vengono esercitate le competenze, anche delegate, delle regioni e degli enti locali, senza che ne risultino lesi o messi in pericolo i beni e gli interessi tutelati in funzione dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica. 2. Le funzioni ed i compiti amministrativi relativi all'ordine
115/1995 che la Corte Costituzionale, nuovamente chiamata a pronunciarci sulla differenza tra i compiti di polizia amministrativa e quelli di polizia di sicurezza, ha l’occasione di meglio definire e puntualizzare il contenuto di questi ambiti. Nella sentenza 115/1995 si legge che la polizia di sicurezza ricomprende “le misure preventive e repressive dirette al mantenimento dell’ordine pubblico, da intendersi quale complesso dei beni giuridici fondamentali o degli interessi pubblici primari sui quali si fonda l’ordinata convivenza civile dei consociati” e la polizia amministrativa ricomprende “le misure preventive e repressive dirette ad evitare danni o pregiudizi che possono derivare alle persone e alle cose nello svolgimento di attività riconducibili alle materie sulle quali vengono esercitate competenze statali o regionali, senza che ne risultino pregiudicati o messi in pericolo gli interessi tutelati in nome dell’ordine pubblico” (224).