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Tecniche di tutela extra – penali della sicurezza collettiva

Il “precipitato” della sicurezza collettiva a livello di tecniche di tutela penale

2. Tecniche di tutela extra – penali della sicurezza collettiva

2. Tecniche di tutela extra – penali della sicurezza collettiva.

Sebbene il presente contesto non risulti idoneo ad un approfondimento specifico di siffatti strumenti di tutela, merita, ad ogni modo, effettuare un rapido cenno per completezza anche alle tecniche di tutela di carattere extra – penale.

Forme di intervento non penali volte a tutelare la sicurezza collettiva possono estrinsecarsi, innanzitutto, in ipotesi di prevenzione sociale; si tratta di un’impostazione

(272) D. PULITANÒ, Politica criminale, in G. MARINUCCI, E. DOLCINI, Diritto penale in trasformazione, Giuffrè, 1985, p. 6.

(273) F. BRICOLA, Politica criminale e politica penale dell’ordine pubblico (a proposito della l. 22 maggio 1975 n. 152), in Quest. Crim., 1975, pp. 221 ss.

che origina da un approccio eziologico alla criminalità ed infatti siffatta tipologia d’intervento ha l’obiettivo di ridurre o rimuovere i “fattori criminogeni” (274).

Il presupposto di fondo è quello di poter intervenire sulle motivazioni che spingono i soggetti a commettere atti devianti, prodotto essenzialmente di una serie di agenti sociali (275). Le azioni in parola sono rivolte ai potenziali autori ed al loro contesto socio – culturale, inteso come serie di condizioni capaci di rendere un ambiente più favorevole allo sviluppo della delinquenza. Gli interventi riconducibili a tale tipo di prevenzione possono essere inseriti nell’ambito delle politiche generali orientate al benessere e alla vivibilità. Esse sono trasversali a diverse ed eterogenee aree amministrative, tra cui, in particolare, rilevano il settore dei giovani e della famiglia, nonchè quelle sanitarie e di integrazione sociale.

Simile approccio preventivo ed i suoi programmi sono caratterizzati da un’ottica prevalentemente collettiva piuttosto che individuale e concentrata, soprattutto, su soggetti considerati vulnerabili. Si tratta di azioni che vanno ampliandosi e che, sempre di più, devono essere valorizzate, involgendo esse obiettivi di pacificazione dei conflitti e rassicurazione civica in senso lato (276).

Viene in rilievo, poi, con riferimento specifico ad interveti di carattere non penale, una declinazione della sicurezza collettiva quale sicurezza urbana e il perseguimento dell’obiettivo, e cioè la sicurezza dei cittadini, necessita di strumenti capaci di adattarsi al contesto geografico di riferimento. La tradizione culturale degli amministratori, la tradizione criminale di un luogo, il senso civico di una comunità, inteso come senso di appartenenza, il peso dell’associazionismo solidale e così via diventano i naturali tracciati di riferimento per la costruzione e la progettualità delle politiche per la sicurezza.

La sicurezza diventa, quindi, uno dei capitoli del governo locale, assumendo dignità nella strategia dell’amministrazione della cosa pubblica. Le funzioni di ordine e di sicurezza pubblica sono esercitate in modo integrato, attraverso forme di coordinamento e di collaborazione istituzionale tra Stato ed enti locali.

Nell’ambito delle principali norme della legislazione ordinaria che regolano in concreto l’esercizio della funzione di sicurezza e ordine pubblico un ruolo preminente è

(274) Si veda sul punto FORTI,G., L’immane concretezza, cit., p. 142. (275) D. GILLING, Community safety: a critique, Mike Brogden, 1997. (276) R. SELMINI, La sicurezza urbana, Il Mulino, 2004, pp. 261 ss..

senza dubbio rivestito dall’art. 54 del T.U.E.L. (D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267) così come introdotto dal d.l. 23 maggio 2008, n. 92 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della L. n. 125/2008 (277). Il primo comma, in particolare, specifica come “il sindaco, quale ufficiale del Governo, sovrintende […] allo svolgimento delle funzioni affidategli dalla legge in materia di pubblica sicurezza” (lett.b), preoccupandosi di sottolinearne la competenza anche per quanto riguarda “[...] la vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l'ordine pubblico, informandone preventivamente il prefetto” (lett.c).

La disposizione è rivolta a responsabilizzare la funzione amministrativa del Sindaco che, in veste di ufficiale di governo, è chiamato a collaborare con la struttura prefettizia su tutte le questioni che, per l’appunto, possano avere una rilevante influenza nella gestione dell’ordine pubblico (278).

Il rapporto di collaborazione tra l’Ente locale e lo Stato trova un riconoscimento centrale nel secondo comma dell’art. 54 T.U.E.L. Esso prevede che il Sindaco, nell’esercizio delle funzioni di pubblica sicurezza che gli sono affidate, “concorre ad assicurare anche la cooperazione della polizia locale con le forze di polizia statali, nell’ambito delle direttive di coordinamento impartite dal Ministro dell’interno-Autorità nazionale di pubblica sicurezza”.

Si noti, in tema, che, con la sentenza n. 115/2011, la Corte Costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità dell’art. 54 del decreto legislativo n. 267 del 2000, in particolare per la presenza della congiunzione “anche”, prima delle parole “contingibili e urgenti” (279). La Corte è giunta a dichiarare l’illegittimità dell’art. 54, co. 4, TUEL, ritenendo costituzionalmente illegittima la norma che, a partire dal 2008, consentiva al sindaco, quale ufficiale del Governo, di adottare ordinanze, anche non contingibili e urgenti. Si trattava del comma 4 del novellato art. 54 del d.lgs. n. 267 del

(277) G. NAPOLITANO, Sicurezza urbana, ruolo del Sindaco e delle Polizie municipali nella visione del “Pacchetto sicurezza”. Come cambia l’art. 54 del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, tra aspettative e perplessità, in www.giustamm.it.

(278) Si veda in tema di sussidiarietà verticale e autonomie locali M. DI RAIMONDO, Ordine pubblico e sicurezza pubblica. Profili ricostruttivi e applicativi, Giappichelli, 2010, pp. 157 ss.

(279) La sentenza in esame trae origine dal ricorso proposto, dinanzi al TAR del Veneto, da un’associazione antirazzista, al fine di ottenere l’annullamento di un’ordinanza sindacale recante il divieto di chiedere l’elemosina in ampie zone del territorio comunale, con l’applicazione di apposite sanzioni amministrative per i contravventori. Nel dettaglio oggetto del divieto era la richiesta di denaro in luoghi pubblici effettuata anche in forma invasiva e molesta, ossia non necessariamente con tali modalità. In caso di trasgressione era altresì prevista la confisca delle somme eventualmente ottenute mediante donazioni dei passanti, nonché la sanzione amministrativa pecuniaria.

2000 (è il vigente Testo unico in materia di enti locali), recante le modifiche deliberate con il primo “pacchetto sicurezza” della legislatura in corso (cioè con il decreto-legge n. 92 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 125 del 2008). La disposizione aveva contenuto, fino alla novella, la norma tradizionale che conferiva al sindaco il potere di adottare ordinanze contingibili e urgenti in materia di incolumità pubblica.

La Corte costituzionale, elidendo la locuzione “anche”, che il legislatore della riforma aveva anteposto all’espressione “contingibili e urgenti” nel definire le ordinanze di competenza sindacale in materia di sicurezza urbana e incolumità pubblica, ha sostanzialmente riportato sul piano esclusivo della contingibilità e dell’urgenza i poteri del sindaco, che restano estesi alla sicurezza urbana, ma che si devono limitare alle ipotesi di situazioni straordinarie e limitate nel tempo; ne consegue l’inammissibilità di ordinanze “normative” con effetti di carattere generale ed a tempo indeterminato. I giudici delle leggi giungono a tale conclusione avendo ravvisato una violazione del principio di legalità sostanziale, in forza del quale l’attività dell’amministrazione, quando investe direttamente lo spazio di libertà dei consociati, deve essere determinata dalla legge nei mezzi e nei contenuti, oltre che nei fini (280).

Da ultimo deve essere menzionato, in tema, il d.l. n. 42/2017, convertito con modificazioni nella l. n. 48/2017 (c.d. decreto Minniti sulla sicurezza urbana), il quale costituisce l’ultimo intervento normativo in merito ai soggetti ed ai poteri funzionali alla tutela della sicurezza urbana. Quest’ultima viene definita come “il bene pubblico che afferisce alla vivibilità e al decoro delle città, da perseguire anche attraverso interventi di riqualificazione, anche urbanistica, sociale e culturale, e recupero delle aree o dei siti degradati, l’eliminazione dei fattori di marginalità ed esclusione sociale, la prevenzione della criminalità, in particolare di tipo predatorio, la promozione della cultura rispetto della legalità e l’affermazione di più elevati livelli di coesione sociale e convivenza civile […]” (art. 4).

L’art. 54, comma 4 bis TUEL, così come modificato dall’art. 8 l. 48/2017, precisa che i provvedimenti adottati dal sindaco, quale ufficiale di governo, in tema di sicurezza urbana sono diretti a “prevenire e contrastare l’insorgere di fenomeni criminosi o di illegalità, quali lo spaccio di stupefacenti e lo sfruttamento della prostituzione, la tratta di persone, l’accattonaggio con impiego di minori e disabili,

(280) In tema si veda G. LEO, Corte Cost., 7 aprile 2011, n. 115, Pres. De Siervo, rel. Silvestri (Ordinanze sindacali in materia di sicurezza urbana), in www.penalecontemporaneo.it, 8 aprile 2011.

ovvero riguardanti fenomeni di abusivismo, quale l’illecita occupazione di spazi pubblici, o di violenza, anche legati all’abuso di alcool o all’uso di sostanze stupefacenti”. Peraltro il sindaco, quale rappresentante della comunità locale, può adottare ordinanze, anche contingibili e urgenti, volte a contrastare situazioni di grave incuria e degrado del territorio, dell’ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e di riposo dei residenti.

Si noti come, in tal modo, si attribuiscono ai sindaci poteri di prevenzione e repressione di fatti penalmente rilevanti (quali lo sfruttamento prostituzione e lo spaccio di stupefacenti), o depenalizzati, come l’ubriachezza in luogo pubblico o l’accattonaggio.

Di particolare rilievo, inoltre, è la finalità che ha determinato il legislatore ad intervenire; la relazione governativa al decreto legge evidenzia, infatti, che la normativa mira in primo luogo a rassicurare i cittadini sull’impegno dello Stato e degli altri enti territoriali e a rafforzare la percezione dei consociati della sicurezza delle città (281).