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L’inasprimento del trattamento sanzionatorio

Il “precipitato” della sicurezza collettiva a livello di tecniche di tutela penale

3. Strumenti di intervento di carattere penale

3.2 L’inasprimento del trattamento sanzionatorio

Frequentemente la risposta istituzionale al bisogno di pena proveniente da parte dei consociati è consistita in un inasprimento del trattamento sanzionatorio. Ciò ha portato, talvolta, alla configurazione di pene sproporzionale e, dunque, irragionevoli.

Ad esempio, con riferimento al fenomeno del terrorismo, le risposte penali sono state caratterizzate, in primo luogo, da un aumento delle pene edittali; tale tratto della legislazione antiterroristica ha sortito, indubbiamente, nell’immediato l’effetto di rassicurare l’opinione pubblica, ribadendo la gravità dei delitti terroristici ed evidenziando la determinatezza dello Stato nel fornire rimedi istituzionali. Tuttavia, sebbene l’esigenza di rassicurazione collettiva e di rafforzamento della coscienza sociale dei consociati risulti essere un aspetto ineliminabile della prevenzione generale, gli effetti a lungo termine di un progressivo aumento della pena non sono positivi ed anzi possono essere addirittura criminogeni. Acquisire consenso davanti all’opinione pubblica non è una motivazione di giustizia; è però un aspetto della politica, e segnatamente della democrazia politica (320).

(320) L. VIOLANTE, Populismo e plebeismo nelle politiche criminali, in Criminalia, 2014, p. 199. Evidenzia l’Autore come “società, mezzi di comunicazione e potere politico chiedono sempre più spesso all’autorità giudiziaria non l’accertamento della responsabilità penale di singoli attraverso l’applicazione della legge, ma il conseguimento di una finalità generale: la “lotta” contro la mafia, il terrorismo o la corruzione. Il P.M. o il giudice, com’è proprio delle fasi populistiche, diventano magistrati di scopo:

È stato, infatti, opportunamente evidenziato come gli obbiettivi di prevenzione generale non possono essere raggiunti tramite tale forma di intervento poiché la categoria dei terroristi è quella, tra le varie tipologie criminali, più insensibile all’intimidazione della pena. Ed anzi, frequentemente, il compimento di azioni cui sono ricollegate sanzioni particolarmente severe porta, nella mentalità dei terroristi, a rafforzare la percezione di essere eroi o simboli (321).

Una risposta ai fenomeni illeciti fornita dal legislatore spesso consiste nell’aumento dell’entità delle sanzioni; tale forma di intervento deve essere considerata espressione di una legislazione volta a soddisfare bisogni emotivi, carica di significati di autorappresentazione politica, che si risolve in un forte aggravio delle pene minacciate e (non sempre) di quelle applicate (322).

Inoltre tale risposta penale risulta essere chiara espressione di una concezione retributiva della pena che necessariamente, quantomeno con riguardo ai suoi presupposti etico – filosofici, deve essere contestata (323). I progressivi e consistenti aumenti di pena devono, dunque, essere considerati del tutto inefficaci; il diffuso convincimento dell’idoneità degli inasprimenti di pena a ridurre i tassi di criminalità è, infatti, del tutto sprovvisto di fondamenti razionali, ma, nonostante ciò, fortemente radicato. Si tratta di una convinzione giustificata da una generale assenza di informazione cui corrisponde l’assenza di dati oggettivi e la presenza di pregiudizi e congetture (324).

Nella politica legislativa più recente si è verificato un ritorno in dosi massicce, e con largo consenso, del trend degli aumenti di pena.

devono punire, duramente, il guidatore sbadato, per ammonire tutti i guidatori, devono individuare il politico o il pubblico funzionario potenzialmente colpevoli di malversazione perché rientrano nel tipo d’autore che il populismo ha configurato. P.M. e giudice sono spinti, proprio per assecondare questa pressione e per dare al proprio “prodotto” il senso di essere nel mainstream, a conferire un significato punitivo generale alle loro azioni, anche prescindendo dal caso che hanno sotto mano”.

(321) F. STELLA,La tutela penale della società, in G. MARINUCCI, E. DOLCINI, Diritto penale in trasformazione, cit., p. 77.

(322) D. PULITANÒ, Intervento, in La società punitiva. Populismo, diritto penale simbolico e ruolo del penalista, in www.penalecontemporaneo.com, 2016, p. 5.

(323) Sul punto si veda E. DOLCINI, La commisurazione della pena, 1979, Cedam, pp. 131 ss. e i riferimenti bibliografici ivi contenuti. L’Autore evidenzia come debba essere considerato moralmente ingiusto ripagare il male con il male, laddove la risposta più corretta deve necessariamente essere ravvisata nel perdono e nel senso di corresponsabilità.

(324) Siffatta asserzione supportata, paradigmaticamente, dai numerosi studi intervenuti in tema di pena di morte, i quali hanno in maniera concordante dimostrato come l’abolizione della pena capitale non sia corrisposta ad un aumento della criminalità. In tema si veda G. PIFFER, L’efficacia generalpreventiva della pena di morte, in Jus, 1981, pp. 361 ss..

Emblematica è la legge 27 maggio 2015, n. 69, la quale ha previsto un’aumento indiscriminato delle pene; con tale normativa, infatti, il legislatore ha aumentato il carico sanzionatorio non solo in tema di delitti dei pubblici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione, ma anche in materia di associazione per delinquere di stampo mafioso e i reati ad essa collegati (325).

Tale aumento indiscriminato del carico sanzionatorio, in evidente chiave “simbolico – espressiva”, si pone in contrasto, però, con l’insegnamento, di carattere illuminista, per cui la pena, per esercitare le note funzioni general e special – preventive, deve essere non solo proporzionalmente giusta, ma soprattutto certa e pronta (326).

Da ultimo, ma non isolato caso (327), si pensi alla legge sull’omicidio stradale, che porta i livelli di pena carceraria per fatti colposi all’altezza delle sanzioni previste per fatti criminosi dolosi gravi (328). Ed infatti l’approvazione della legge sull’omicidio stradale e le lesioni personali stradali (329) ha portato la riemersione della tradizionale contrapposizione tra istanze diffuse di tutela (330), abilmente veicolate dai media e prontamente recepite da una classe politica alla costante ricerca del consenso della collettività, e posizioni dottrinali che mirano alla difesa di principi fondanti l’ordinamento nazionale, quali la sussidiarietà e la meritevolezza della pena. La legge

(325) V. VALENTINI, La controriforma del sistema penale anticorruzione. Uno sguardo criticocostruttivo alla L. n. 69/2015, in A. CADOPPI, S. CANESTRARI, A. MANNA, M. PAPA , Trattato di diritto penale. Parte generale e speciale, Riforme 2008- 2015, Utet, 2015, pp. 347 ss.

(326) Cfr., come noto, C. BECCARIA, Dei delitti e delle pene, 1764, nuova ed. Einaudi 2007, pp. 13 ss. il quale ha affermato che “uno dei più grandi freni dei delitti non è la crudeltà delle pene, ma l’infallibilità di esse” poiché, mentre l’atrocità delle pene “fa che si commettano più delitti, per fuggir la pena di uno solo”, "la certezza di un castigo, benché moderato, farà sempre una maggiore impressione che non il timore di un altro più terribile, unito colla speranza dell’impunità”.

Si veda, in tema, A. MANNA, Alcuni recenti esempi di legislazione penale compulsiva e di ricorrenti tentazioni circa l’utilizzazione di un diritto penale simbolico, in La società punitiva, cit., pp. 7 ss.

(327) Si pensi anche al d.l. 14 agosto 2013, n.93, convertito in l. 15 ottobre 2013, n. 119, contenente disposizioni di contrasto alla violenza di genere ed agli inasprimenti sanzionatori ivi previsti in riferimento alle fattispecie degli atti persecutori e dei maltrattamenti contro familiari e conviventi. In tema si rinvia a F. BASILE, Violenza sulle donne: modi, e limiti, dell’intervento penale, in www.penalecontemporaneo.it, 11 dicembre 2013.

(328) Le nuove forme colpose possono raggiungere tetti di pena analoghi a quelli imposti per forme dolose, determinando un notevole disequilibrio sistemico. La lesione colposa grave legata alla assunzione di sostanze alcoliche o stupefacenti raggiunge la forbice da 3 a 5 anni, mentre quella di affine gravità dolosa si arresta poco più sotto a 3/7 anni, mala soglia può essere raggiunta e persino superata nel caso in cui il conducente in colpa grave abbia patente sospesa o revocata.

(329) In tema, tra i numerosi contributi, si segnalano M. MANTOVANI, In tema di omicidio stradale, in www.penalecontemporaneo.it, 9 dicembre 2015 e P. PISA, L’omicidio stradale nell’eclissi giurisprudenziale del dolo eventuale, in Dir. pen. proc., 2016, p. 145.

(330) Si noti che il sito www.omicidiostradale.it, che enfatizza il crescente bisogno di pena in riferimento sia alla retribuzione che alla deterrenza ha superato le 81.000 adesioni.

sull’omicidio e le lesioni personali stradali, peraltro, evidenzia l’inclinazione a differenziare la tutela per settori, in quanto essa interviene su un quadro normativo che già aveva previsto significativi scostamenti rispetto al paradigma della fattispecie base, soprattutto in riferimento ai livelli edittali, e ciò costituisce ulteriore riprova dell’inadeguatezza di una politica della sicurezza stradale interamente incentrata sul ricorso al carcere e sulla severità/esemplarità delle pene (331).

Ciò che viene a configurarsi, di conseguenza, è l’alterazione della proporzione tra gravità oggettiva del reato ed entità della sanzione; tale situazione è determinata dall’ingresso in campo di nuove gerarchie di valori, spesso prive di razionalità giuridica perché dettate dallo spirito del tempo, dalla convenienza politica e dalle pressioni mediatiche (332).

In disparte il problema relativo all’effettiva efficienza di tale forme di intervento, si impone la necessità di considerare la pena detentiva quale extrema ratio e, unitamente alle conseguenti questioni relative al rapporto con la libertà personale, il tema del rispetto del principio di proporzionalità e di ragionevolezza.

Sebbene non possa sottacersi la funzione, non primaria, ma di certo non irrilevante della pena, di dissuasione, in un’ottica general – preventiva, è stato opportunamente evidenziato come l’intensità dell’effetto intimidatorio della pena è direttamente proporzionale alla credibilità ed efficacia della minaccia stessa, caratteristiche riconducibili entrambe alla concreta prospettiva dell’irrogazione della pena (333). Peraltro l’effetto intimidatorio correlato a trattamenti penali severi mantiene

(331) A. ROIATI, L’introduzione dell’omicidio stradale e l’inarrestabile ascesa del diritto penale della differenziazione, in www.penalecontemporaneo.it, 1 giugno 2016.

(332) In quest’ottica “il primato della sanzione prescinde dalla natura dell’oggetto e dalla coerenza del sistema: che tipo di pena, in quale misura, con quali accorgimenti. È determinato da motivazioni di carattere strumentale nelle quali il tipo e la misura della pena sono scelti non per stabilire un’equa punizione, ma per acquisire consenso davanti all’opinione pubblica, per impedire la prescrizione, per consentire le intercettazioni”. Così L. VIOLANTE, Populismo e plebeismo nelle politiche criminali, cit., p. 199.

(333) P. J. A. FEUERBACH, Revision der Grundsätze und Grundbegriffe des positiven peinlichen Rechts, Erfurt, 1799, vol. I, p. 50. L’Autore evidenzia come il meccanismo della deterrenza tanto più funziona, quanto maggiore è la credibilità e l’efficacia, in ultima analisi, dell’intero sistema punitivo.

Anche Montesquieu sottolineò l’inefficacia in termini preventivi delle pene severe: “l’esperienza ha fatto osservare che nei paesi in cui le pene sono miti, lo spirito del cittadino ne è impressionato come altrove lo è delle pene gravi”, in C. MONTESQUIEU, De l’esprit des lois, 1748, (trad. it. Lo spirito delle leggi, Utet, 1999, p. 237).

I risultati di interessanti ricerche teoriche ed empiriche sulla c.d. deterrence sono esposte in: J. P. GIBBS, Crime, punishment and deterrence, Elsevier, New York, 1975: l’Autore evidenzia come le indagini effettuate in relazione ad una serie di reati, quali le aggressioni, le violenze e i furti gravi, mentre in generale hanno confermato l’esistenza di un nesso negativo tra certezza della reclusione e numero di

un significato marginale con riferimento a soggetti scarsamente integrati e sembra possibile affermare che, soprattutto per quanto attiene a reati gravi e dal disvalore fortemente percepibile, i consociati rispettino la norma più che per costrizione, per convinzione, in virtù di un’intima adesione al contenuto proibitivo della stessa (334).

Sebbene la Corte Costituzionale funga da argine al fenomeno dell’inasprimento del trattamento sanzionatorio, laddove esso si ponga in contrasto con il principio di ragionevolezza (335), è indispensabile che già nella fase di elaborazione delle modifiche normative sia il legislatore ad effettuare scelte razionali e proporzionate.

In conclusione è necessario assicurare la costruzione di un sistema ragionevole di risposte al reato, in particolare per quanto concerne la pena detentiva, sia a livello di comminatoria edittale sia di effettiva esecuzione della stessa da parte del giudice. L’inasprimento del trattamento sanzionatorio si presenta come una risposta alla domanda di sicurezza proveniente dalla collettività, nella quale dilaga la convinzione che una pena inferiore a certi limiti edittali risulti destinata a rimanere del tutto inattuata, potendosi agevolmente ricorrere alle riduzioni previste per i riti premiali, ai benefici di legge, alle misure alternative alla detenzione, alla prescrizione e così via. In realtà ciò su cui si deve, più correttamente, porre l’attenzione non è la cornice edittale, quanto più l’effettività/ineffettività dell’applicazione della pena (336). Dunque è su questo aspetto che l’intervento legislativo deve puntare, al fine di assicurare la certezza della pena, più che ad aggravare la sua afflittività (337).

crimini, non hanno riscontrato, al contrario, alcuna rilevanza della variabile severità ai fini del controllo della criminalità e della tutela della sicurezza collettiva. Si veda, inoltre, C. R. TITTLE, Crime Rates and Legal Sanctions, 1969, Oxford University Press, p. 416, secondo il quale “it would seem that severity alone is simply irrelevant to the control of deviance”.

(334) L. M. FRIEDMAN, Il sistema giuridico nella prospettiva delle scienze sociali, Il Mulino, 1978, p. 219: “Produce una maggior quantità d’ottemperanza al diritto il convincimento morale profondo che la semplice nozione di cosa è legittimo, se a quest’ultima non si accompagnano altri fattori: contro l’omicidio vale di più la morale che la legge; e se la morale e la legge confliggono, è la legge che cede il passo”.

(335) Si veda, da ultimo, Corte Cost. 10 ottobre 2016 n. 236, in Cass. pen., II, 2017, pp. 508 ss., con nota di E. Aprile. Tale pronuncia si segnala per la ridefinizione effettuata dai delle leggi della cornice edittale del reato di alterazione di stato ex art. 567, comma 2, c.p.

(336) G. LATTANZI, L’omicidio stradale. Relazione al convegno sul tema “Ipotesi su una nuova figura di reato: l’omicidio stradale – Napoli 7 marzo 2014”, in Cass. pen., 2014, p. 1988, secondo il quale ciò che disorienta l’opinione pubblica non è tanto l’entità della pena quanto la sua ineffettività.

(337) Osserva sul punto il Prof. Paliero: “il fattore decisivo per la cd. “funzione di orientamento” del diritto penale è rappresentato, non tanto dal sistema dei precetti (men che meno, dalle regole generali per la loro applicazione) e neppure dal rationale della pena (“perché si punisce”), quanto piuttosto dalla certezza (e il grado di certezza) e dalla quantità delle pene fattualmente inflitte (“se e come si punisce”)”. “La prevenzione generale positiva presuppone necessariamente un medium, funziona, cioè, soltanto in