• Non ci sono risultati.

La disciplina del rapporto di lavoro: i contratti “atipici” e il licenziamento

Il lavoratore avviato obbligatoriamente ha diritto, anzitutto, ad essere assunto per la qualifica e le mansioni indicate nella richiesta del datore di lavoro o successivamente concordate con l’ufficio competente. La conclusione deriva dalla nuova impostazione della L. n. 68/99 che, consentendo al datore di lavoro di indicare la qualifica richiesta al lavoratore, al tempo stesso lo vincola al rispetto della professionalità del disabile.

118 Risulta quasi incomprensibile il fatto che si sanzioni la decadenza dalla sola indennità di disoccupazione e non anche da tutte le altre prestazioni di tutela dei disoccupati, quale per esempio l’indennità di mobilità.

119 La norma in esame propone una variazione più “morbida” dell’art. 30, 2° comma, legge n. 223 del 1991, il quale commina la decadenza dall’indennità di disoccupazione e la cancellazione dalle liste del lavoratore che senza giustificato motivo, rifiuti un posto di lavoro a tempo indeterminato corrispondente ai suoi requisiti professionali o non risponda alla convocazione degli organi del collocamento.

120 S. Renga, Le sanzioni a carico del disabile che rifiuta il lavoro, in op. cit., a cura di M. Cinelli e P. Sandulli, pag.

354.121 Quindi le dimissioni volontarie comportano la decadenza dal trattamento così come il rifiuto di una occupazione adeguata.

122 Al proposito Cass. 6 marzo 1986, n. 1493, in Foro it., 1986, I, 1292.

La novità principale, per quanto attiene ai contratti stipulabili, riguarda il lavoro a domicilio. Escluso dalla giurisprudenza precedente123, il lavoro a domicilio viene ora ammesso, insieme con il telelavoro, come modalità di assunzione obbligatoria, con la precisazione che, in tale ipotesi, il datore di lavoro è tenuto a procurare ai lavoratori

«una prestazione continuativa corrispondente all’orario normale di lavoro». La previsione risponde all’intento di ampliare le possibilità di occupazione del disabile: è evidente, infatti, che il lavoro a domicilio e il telelavoro consentono di risolvere i problemi legati alla difficoltà, per i disabili con ridotta capacità motoria, di raggiungere il posto di lavoro.

Stupisce tuttavia che la previsione delle suddette modalità di lavoro non sia riservata alle convenzioni124, che sono gli strumenti più idonei a valutare l’effettiva convenienza, per il disabile, del lavoro fuori dai locali dell’impresa125. L’obbligo di affidare al lavoratore una quantità di lavoro “corrispondente all’orario normale di lavoro”, se «giustifica l’apertura» verso tali modalità di lavoro126, potrebbe, d’altro canto, far sorgere qualche dubbio proprio sull’utilizzabilità del part-time che invece, come si è visto, sembra essere ammesso senza alcuna limitazione.

Per quanto attiene alla disciplina del rapporto di lavoro con l’invalido avviato obbligatoriamente, la norma di cui all’art. 10, comma 1, L. n. 68/99, stabilisce che deve applicarsi il trattamento economico e normativo previsto dalle leggi e dai contratti collettivi, con la precisazione che il datore di lavoro non può richiedere al disabile una prestazione non compatibile con le sue minorazioni (comma 2). La disposizione è conforme all’elaborazione giurisprudenziale precedente127 ed è riferibile anche alle modificazioni della posizione del lavoratore richieste dal datore in corso di rapporto nell’esercizio del suo potere direttivo.

Di particolare rilievo risulta poi la disciplina dettata dall’art. 10, comma 3, per il caso dell’aggravamento delle condizioni di salute del disabile, che comporti l’impossibilità di

123 Cass. 1° dicembre 1980, n. 6290, in Mass. Giur. Lav., 1981, 179.

124 Così A. Tursi, op. cit., 756; si è visto, fra l’altro, che proprio alle convenzioni è riservata la possibilità di accedere al Fondo regionale per l’occupazione dei disabili anche per l’apprestamento di posizioni di telelavoro, secondo quanto stabilisce il Decreto Min. Lav. n. 91/2000, cit..

125 Non c’è dubbio, infatti, che il telelavoro, così come il lavoro a domicilio, comporti il rischio di isolamento del lavoratore, il rischio cioè di una “solitudine lavorativa, segnata dalla mancanza di legami concreti (non virtuali) con gli altri colleghi di lavoro”: così P. Pascucci, Libertà e attività sindacale, in L. Gaeta, P. Pascucci, a cura di, Telelavoro e diritto, Torino, Giappichelli, 1998, 146.

126A. Tursi, op. cit., 756.

127 Si v., per tutte, Cass. 23 febbraio 1995, n. 2036, in Foro It., 1995, I, 1149.

svolgere le mansioni precedentemente affidategli128. In tal caso, su richiesta del datore di lavoro o dello stesso disabile, la Commissione di cui all’art. 4, L. n. 104/92, deve svolgere l’accertamento circa la compatibilità tra le condizioni di salute del disabile e l’attività svolta. La legge precisa che la richiesta d’accertamento e il periodo necessario al suo svolgimento non costituiscono causa di sospensione del rapporto di lavoro. Il procedimento in parola può portare alla verifica dell’incompatibilità dell’invalidità del lavoratore con le mansioni affidate. In tale ipotesi, la nuova disciplina non consente l’immediata risoluzione del rapporto di lavoro, ma ne impone la sospensione «fino a che l’incompatibilità persista». La norma è evidentemente volta a consentire al datore di lavoro di ricollocare l’invalido all’interno della propria organizzazione produttiva, anche attraverso i «possibili adattamenti dell’organizzazione del lavoro» stessa. Questa ultima previsione rappresenta un’assoluta novità rispetto all’orientamento consolidato, secondo il quale il datore di lavoro non può “essere costretto a modificare o adeguare la propria organizzazione aziendale alle condizioni di salute del lavoratore protetto”129, ed è destinata a creare un acceso dibattito, specie in relazione al significato da attribuire al termine “possibili”.

Il lavoratore, dunque, potrà essere licenziato solo qualora la Commissione accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all’interno dell’impresa, nonostante gli adattamenti di cui sopra.

L’art. 7, comma 1, stabilisce che il datore di lavoro, pubblico o privato, è tenuto a conservare il posto di lavoro ai soggetti divenuti inabili per infortunio sul lavoro o malattia professionale, a prescindere dalla responsabilità del datore di lavoro. La norma smentisce seccamente la giurisprudenza che ammetteva il licenziamento conseguente alla sopravvenuta impossibilità del lavoratore di svolgere la prestazione, anche nell’ipotesi in cui tale impossibilità derivasse da malattia professionale o infortunio sul lavoro130.

L’art. 4, comma 4, precisa poi che i lavoratori divenuti inabili per malattia o infortunio, sul lavoro o meno, non possono essere licenziati per giustificato motivo qualora possano essere adibiti a mansioni equivalenti o, in mancanza, a mansioni inferiori, in

128 La stessa disposizione si applica anche nel caso in cui la sopravvenuta incompatibilità del disabile con le mansioni assegnate derivi da “significative variazioni nell’organizzazione del lavoro”.

129 Cass. 13 maggio 1994, n. 4667, in Riv. It. Dir. Lav., 1995, II, 81, con nota di P. Stolfa.

quest’ultimo caso con diritto alla conservazione del più favorevole trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza131. Nel caso in cui risulti impraticabile anche tale soluzione, i lavoratori vengono avviati, previo licenziamento132, presso altra azienda, senza inserimento nella graduatoria di cui all’art. 8, L. n. 68/99.

Un cenno merita, infine, la disposizione di cui all’art. 10, comma 4, secondo la quale il licenziamento collettivo (ex art. 4 e 24, L. 223/91) e il licenziamento per giustificato motivo oggettivo sono annullabili se comportano una riduzione della quota d’obbligo al di sotto di quella stabilita dalla legge.

130 Cass. 13 marzo 1996, n. 2067, cit.; Cass. 12 gennaio 1984, n. 266, in Foro It., 1985, I, 234, con nota di O.

Mazzotta.

131 La previsione è stata ritenuta “di dubbia costituzionalità” da A. Vallebona, op. cit., 480, presumibilmente in relazione all’art. 36 Cost., ed in particolare al diritto ivi consacrato del lavoratore ad una retribuzione proporzionale alla qualità e alla quantità del lavoro prestato. Se è corretta la ricostruzione del pensiero dell’Autore citato, occorre replicare che la norma in parola non esclude affatto che la retribuzione possa essere più che proporzionata, né tantomeno preclude al legislatore di prevederlo in casi specifici.

132 Si v. A. Tursi, op. cit., 750.

Capitolo 3

I disabili nella riforma del mercato del lavoro

La riforma del mercato del lavoro133 realizzata con il D.Lgs. 10/9/2003 n. 276, attuativo della legge delega n. 30 del 14/2/2003, interviene anche sul collocamento al lavoro delle persone disabili: in particolare gli art. 13 (Misure d’incentivazione del raccordo pubblico e privato), 14 (Cooperative sociali e inserimento lavorativo dei lavoratori svantaggiati) e il Capo II (Il contratto di inserimento) del Titolo VI, D.Lgs. 10/9/2003 n.

276. Queste norme, apparentemente sembrano introdurre nuovi strumenti per favorire

“l'inclusione sociale”134 dei disabili (e, più in generale, della categoria delle persone svantaggiate135). In realtà, esse si prestano facilmente ad essere utilizzate in maniera alternativa (ed elusiva) alla legge n. 68/99 (Norme per il diritto lavoro dei disabili). Infatti, da un lato, l’art. 14, 3° comma, deroga al principio dell'inserimento in azienda del disabile oggetto di collocamento obbligatorio; dall’altro, l’art. 13 e il contratto d’inserimento, consentono alle imprese private di adempiere all’obbligo di assunzione di lavoratori disabili attraverso il lavoro in affitto e i contratti a termine. Non va dimenticato, poi, l'art. 22 comma 6, per cui le norme sulle assunzioni obbligatorie non valgono nei casi di somministrazione di lavoro, anche nel caso di somministrazione a tempo

133 Per un’analisi più approfondita del d.l. n. 276/03 è possibile consultare il sito http://www.cgil.it/giuridico; v.

anche De Luca Tamajo R., Nuovi strumenti di inserimento al lavoro: dal contratto di formazione e lavoro all'accordo di inserimento formativo per l'assunzione, in Realfonzo R. – Zoppoli L. (cura di), Formazione e lavoro:

l'efficacia dei nuovi strumenti giuridici e istituzionali, Franco Angeli, Milano, 2003; Domenico Garofalo, Organizzazione e disciplina del mercato del lavoro. Dal collocamento al rapporto giuridico per il lavoro, in Pietro Curzio (cura di), Lavoro e diritti dopo il decreto legislativo 276/2003, Cacucci Editore – Bari, 2004, pp. 31 e ss.

134 L’espressione attiene al vasto ambito delle politiche sociali promosse, negli ultimi anni, dalla UE. Innanzitutto quelle connesse alla povertà, all’emarginazione, alla devianza sociale e, più di recente, ai problemi posti dalle società multietnica. Le politiche di “inclusione sociale” entrano a pieno titolo nel diritto del lavoro attraverso il recente sviluppo dell’Europa sociale. Si guardino i nuovi testi del TCE: v. artt. 136,1 e 137,1 lett. c),h),j),k). La

“lotta contro l’esclusione sociale” (lett. j) compare dopo il Trattato di Nizza del 2000, ma fa rapidi progressi: v. il programma quinquennale (termine dicembre 2006) di sostegno per incoraggiare la cooperazione tra gli Stati membri al fine di combattere l’emarginazione sociale, adottato dal Parlamento e dal Consiglio con la decisione 50/2002/CE del 7.12.01, in GUCE, 12.1.02, serie L, n. L/10.

135 In questa categoria rientrano tutti coloro indicati nel Regolamento UE n. 2204 del 2002, cioè i giovani in attesa di prima occupazione lavoratori migranti, appartenenti a minoranze etniche, persone desiderose di intraprendere o riprendere un'attività lavorativa, adulti soli con figli a carico; persone prive di un titolo di studio di livello secondario o equipollente, prive o in procinto di perdere un lavoro; disoccupati di lungo periodo; persone affette da una dipendenza riconosciuta da una legge nazionale; persone in attesa di un reimpiego a seguito di pena detentiva; donne di un'area geografica al livello Nuts II. E inoltre le categorie indicate dall’art. 4 della legge n. 381/91, cioè, invalidi fisici, psichici e sensoriali; ex degenti d’istituti psichiatrici; soggetti in trattamento psichiatrico., tossicodipendenti;

alcolisti; minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà famigliare; condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione.

indeterminato. Tradotto vuol dire che una società specializzata per somministrare lavoratori a tempo indeterminato per i settori definiti dall’art. 20, 3° comma, D.Lgs. n.

276/03 - ad esempio il settore informatico o tutte le nuove attività nel mezzogiorno - non sarà più obbligata ad assumere ogni tanti lavoratori un disabile o un soggetto svantaggiato. Nei dieci e passa settori dove la somministrazione a tempo indeterminato sarà da subito possibile, i disabili potrebbero non trovare mai più occupazione.

3.1 La somministrazione di manodopera quale strumento di