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La somministrazione di manodopera quale strumento di politica attiva per il lavoro

Al fine di promuovere l'inserimento o il reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori svantaggiati e dei disabili, il legislatore sperimenta136 (art. 13, D.Lgs. n.

276/03) il coinvolgimento delle agenzie di lavoro nell'attuazione delle politiche attive di lavoro e di workfare. Fa notare V. Pinto «Il ragionamento è semplice: se, infatti, il profitto delle imprese di somministrazione dipende - in definitiva - dalla loro capacità di reperire occasioni di lavoro e di soddisfare la domanda proveniente dalle imprese utilizzatrici, è utile indirizzare tale attività verso categorie e fasce di persone le cui prestazioni lavorative non siano normalmente richieste dalle imprese»137.

L’intervento dell’operatore privato appare interessante, anche alla luce, come ricorda Domenico Garofalo, della “inadeguatezza” mostrata dall’operatore pubblico138. Tuttavia, forti perplessità insorgono quando si passa a ricostruire e valutare il sistema di

136 Ai sensi dell’art. 86, comma 12, d.lgs. n. 276/03, le “misure di incentivazione dell'accordo pubblico privato”, previste dall’art. 13 hanno carattere sperimentale. Infatti, decorsi 18 mesi dalla loro entrata in vigore, il Ministro del lavoro, sulla base delle informazioni raccolte ai sensi dell’art. 17, procederà ad una verifica con le organizzazioni sindacali dei datori e dei prestatori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, degli effetti prodotti e ne riferirà al Parlamento, entro tre mesi, ai fini della valutazione della loro ulteriore esigenza. Domenico Garofalo, Organizzazione e disciplina del mercato del lavoro. Dal collocamento al rapporto giuridico per il lavoro, op. cit., p.

54.137 V. Pinto, La modernizzazione promessa. Osservazioni critiche sul decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276, in La modernizzazione promessa. Osservazioni critiche sul decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276, in Lavoro e nuove regole. Dal Libro Bianco al decreto legislativo 276/2003, collana Formazione ISF, diretta da Saul Meghnagi, Roma, Ediesse, in corso di pubblicazione. Cap. III p. 58 (il testo è consultabile nel sito www.unicz.it/lavoro/NOVITA.htm).

138 La nozione di “inadeguatezza” del sistema pubblico di collocamento è emersa in alcune pronuncie della Cassazione, sulla scorta dell'univoco orientamento in materia di C.G.C.E. (v. sent. 11 dicembre 1997, Causa C-55/96, in Notiziario giurisprudenza lav., 1997, pag. 683 ss. E 22 gennaio 2002, Causa C-218/00, in Foro it., 2002, IV, c. 243 ss.); ed infatti, il Supremo Collegio ha ritenuto in contrasto con l’art. 86 T.C.E. il divieto di far ricorso al sistema di mediazione privata quando gli uffici pubblici non siano in grado di soddisfare, per tutti i tipi d’attività, la domanda esistente sul mercato del lavoro (così da ultimo Cass. 15 marzo 2002, n. 3341, in Notiziario giurisprudenza lav., 2002, pag. 757 ss.). Domenico Garofalo, Organizzazione e disciplina del mercato del lavoro.

Dal collocamento al rapporto giuridico per il lavoro, op. cit., p. 54.

convenienze predisposto dal legislatore per orientare l'azione delle agenzie di lavoro verso i lavoratori svantaggiati e, soprattutto, per incentivare le imprese utilizzatrici ad avvalersi delle prestazioni lavorative di questi ultimi. Occorre, innanzitutto, precisare che il quadro legislativo in materia è delineato dall’art. 13 solo in linea di principio, essendo rimesso alla potestà legislativa delle Regioni il completamento dell’intera disciplina (art.

13, comma 6°).

L'incentivo maggiore per l'impresa utilizzatrice è certamente rappresentato dalla possibilità di riconoscere al lavoratore svantaggiato un trattamento economico e normativo inferiore (artt. 13, comma 1°, lett. a; 23, comma 2°) rispetto a quello cui hanno diritto - a parità di mansioni svolte - i dipendenti dell'utilizzatore medesimo e gli altri lavoratori somministrati (art. 23, comma 1°)139. Nei confronti dei lavoratori svantaggiati, interessati dalla somministrazione, opererà insomma, una deroga al principio di parità di trattamento.

Questa particolare utilizzazione dei soggetti svantaggiati sarà possibile solo sulla base di:

• convenzioni stipulate dalle agenzie di lavoro (cioè quelle autorizzate alla somministrazione di lavoro) con le Regioni, le Province o i Comuni140 (art. 13, comma 6°);

• un piano individuale di inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro, con interventi formativi idonei e il coinvolgimento di un tutore con adeguate competenze e professionalità (art. 13, comma 1°, lett. a);

• assunzione da parte delle agenzie autorizzate alla somministrazione, con contratto di durata non inferiore a sei mesi (art. 13, comma 1°, lett. a).

Inoltre, ove il lavoratore assunto dall’agenzia sia precettore di un trattamento di disoccupazione (indennità di mobilità, indennità di disoccupazione ordinaria o speciale,

139 Infatti, ai sensi dei primi due comma dell’art. 23 «i lavoratori dipendenti dal somministratore hanno diritto ad un trattamento economico e normativo complessivamente non inferiore a quello dei dipendenti di pari livello dell'utilizzatore, a parità di mansioni svolte. [...] La disposizione di cui al comma 1 non trova applicazione con riferimento ai contratti di somministrazione conclusi da soggetti privati autorizzati nell'ambito di specifici programmi di formazione, inserimento e riqualificazione professionale erogati, a favore dei lavoratori svantaggiati […]».

140 Non è da escludere che in futuro tali convenzioni possano essere stipulate con soggetti nazionali, come Italia lavoro spa: tanto sembrerebbe desumersi da Corte cost. n. 363 del dicembre 2003. Di questo avviso è Lorenzo Zoppoli, Gli obbiettivi di inclusione sociale nella riforma del mercato del lavoro (intervento al convegno Work in progress, Roma 18-19 marzo 2004). L’Autore, inoltre, solleva dei dubbi sulla correttezza delle convenzioni con comuni e province in assenza di qualsiasi normativa o coinvolgimento regionale (essendo le politiche sociali di competenza regionale in virtù del nuovo art. 117 Cost.). Consultabile nel sito www.unicz.it/lavoro/NOVITA.htm

altra indennità o sussidio corrisposti in relazione allo stato di disoccupazione o inoccupazione) e goda di contribuzione figurativa (indennità di mobilità, indennità disoccupazione ordinaria o speciale) e il contratto sia di durata non inferiore a nove mesi, l'agenzia può determinare il trattamento retributivo spettante al lavoratore, nonché la contribuzione dovuta agli enti previdenziali, detraendo da entrambi quanto eventualmente percepito dal lavoratore, ovvero l'ammontare dei contributi figurativi;

entrambe le agevolazioni possono avere una durata massima di 12 mesi (art. 13, comma 1°, lett. b). Come è stato osservato, la possibilità di percepire una retribuzione

«non farebbe venire meno quello stato di bisogno che costituisce la giustificazione dell'intervento previdenziale (con le conseguenze facilmente immaginabili in termini di risparmio della spesa pubblica), ma semplicemente consentirebbe all'imprenditore utilizzatore (leggasi agenzia del lavoro) un'ulteriore risparmio sul costo del lavoro»141. Secondo Lorenzo Zoppoli quanto disposto dall’art. 13, comma 1° lett. b, appare

«interessante sotto il profilo delle tecniche normative, perché configura una quota di retribuzione come computabile ad una obbligazione sociale fungibile con trattamenti solidaristici, e cioè in sostanza direttamente riconducibili alla cittadinanza sociale. Va però rimarcato che, così come viene regolata nella fattispecie, della retribuzione

“obbligazione-sociale” si avvantaggia essenzialmente l'agenzia che avrebbe dovuto corrispondere l'intero trattamento retributivo. In tal caso, se la norma viene giustificata con l'esigenza di motivare ancor più il lavoratore ad attivarsi nella ricerca di un vero e proprio inserimento lavorativo (il workfare qui comporta che il percorso agevolato non sospende, ma consuma il beneficio da welfare), in sostanza abbiamo l'utilizzazione di fondi destinati ai lavoratori svantaggiati per incentivare le agenzie di somministrazione ad occuparsi del loro inserimento o reinserimento. Pertanto la prestazione assistenziale rimane a carico dell'ente previdenziale pubblico, ma mutano natura, diventando un incentivo all'assunzione temporanea del lavoratore svantaggiato»142.

Sotto altro profilo, V. Pinto fa notare «come un simile assetto normativo (art. 13, comma 1° lett. b) sia potenzialmente in grado di falsare la concorrenza tra imprenditori, dato che chi acquisirà manodopera in questa forma potrà godere di un notevole

141 V. Pinto, La modernizzazione promessa. Osservazioni critiche sul decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276, op. cit., pag. 59.

142 Lorenzo Zoppoli, Gli obbiettivi di inclusione sociale nella riforma del mercato del lavoro (intervento al convegno Work in progress, Roma 18-19 marzo 2004), op. cit., pag. 8.

abbattimento dei costi di produzione. Di qui, appunto, il dubbio circa la compatibilità della norma in discorso con l’art. 87 del Trattato istitutivo della Comunità europea il quale, come è noto vieta gli “aiuti” concessi dagli Stati o mediante risorse statali, “sotto qualsiasi forma”, allorché “falsino o minaccino di falsare la concorrenza”»143.

Comunque, l'attività di somministrazione di lavoro per la realizzazione di politiche attive e di workfare, non potrà essere posta in essere direttamente dalle imprese accreditate per l'attività di somministrazione se non limitatamente al periodo transitorio (ossia, fino all'entrata in vigore delle discipline regionali: art. 13, comma 6°) e, come già detto, previa stipulazione di apposita convenzione. A regime, invece, saranno le agenzie di Personal Service, dette anche “appositi soggetti giuridici” (art. 13, comma 7) o “agenzie sociali per il lavoro” (art. 14, comma 2 lett. f), ad occuparsi specificamente del compito di agevolare l'inserimento lavorativo dei lavoratori a bassa “contrattualità sociale”. Tali agenzie saranno costituite dalle Regioni, dai centri per l'impiego o dagli enti locali in convenzione con le agenzie autorizzate alla somministrazione (art. 13, comma 7 e 8).

Anche in questo caso, sarà necessario attendere la legislazione regionale per valutare -sotto il profilo giuridico - la bontà del modello proposto.

Infine, strumentale alle misure d’incentivazione è l'apparato sanzionatorio. Ai sensi dell’art. 13 comma 2°, il lavoratore percettore di trattamenti previdenziali di disoccupazione, di cui al 1° comma, lett. b), decade dal trattamento in tre casi e cioè:

• quando rifiuti di essere avviato ad un progetto individuale di reinserimento nel mercato del lavoro [e cioè quello previsto dal 1° comma, lett. a)], ovvero rifiuti di essere avviato ad un corso di formazione professionale autorizzato dalla Regione, ovvero non lo frequenti regolarmente, fatti salvi i casi di impossibilità derivante da forza maggiore;

• quando non accetti l'offerta di un lavoro inquadrato in un livello retributivo non inferiore del 20% rispetto a quello delle mansioni di provenienza;

143 V. Pinto, La modernizzazione promessa. Osservazioni critiche sul decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276, op. cit., pag. 59. L’autore ricordando che gli aiuti di Stato sono soltanto eccezionalmente compatibili con il diritto della concorrenza richiama: gli Orientamenti in materia di aiuti alla occupazione della Commissione (in GUCE 12 dicembre 1995, C 334/4) nonché gli Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale (in GUCE, 10 marzo 1998, C 74); in letteratura, di recente Tiraboschi, Incentivi alla occupazione, aiuti di Stato, diritto comunitario della concorrenza, Torino, Giappichelli, 2002, spec. pp. 63 ss.

• quando abbia omesso di dare preventiva comunicazione alla competente sede Inps del lavoro prestato ai sensi dell’art. 8, comma 4° e 5° della legge 20 maggio 1988, n. 160144.

Tale apparato sanzionatorio non si applica, ai sensi del 3°comma, ai lavoratori inoccupati ad eccezione dell'ipotesi sub a); inoltre, si applica a condizione che le attività lavorative o formative offerte ai lavoratori siano congrue rispetto alle competenze e alle qualifiche del lavoratore stesso, nonché si svolgono in un luogo raggiungibile da quello della sua residenza in 80 minuti con mezzi pubblici.

Molti sono gli aspetti dell’art. 13 che destano forti perplessità. In primo luogo, vi è una questione di carattere generale che riguarda la deroga al principio di parità di trattamento contenuta nel 1°comma. Infatti, come osserva V. Pinto145, per un verso la deroga si presta ad essere giustificata in base alla particolare situazione in cui si trovano i lavoratori svantaggiati e alla necessità di garantire loro, rendendone più conveniente l'impiego, quel “ diritto al lavoro” solennemente sancito dall'art. 4 della Costituzione; per altro verso, però, si pone il problema della compatibilità con il principio di uguaglianza di cui all’art. 3, comma 2°, Cost.: è lecito avanzare il dubbio, insomma, che l'estrema differenziazione delle regole giuridiche dei trattamenti economici esorbiti e non sia più giustificabile adducendo l'obiettivo di rimuovere gli ostacoli economici e sociali che impediscono l'emancipazione dei cittadini.

In secondo luogo, il costo dell'inserimento, appare tutto a carico del lavoratore che risulta penalizzato sia come precettore di misure di sicurezza sociale – a pena di decadenza da ogni trattamento previdenziale o assistenziale deve accettare una retribuzione diretta decurtata (- 20%, ma da cui vanno anche sottratte le prestazioni di sicurezza sociale) e un luogo della prestazione più distante - sia per la già citata deroga alla parità di trattamento.

Vi è poi, l'enfatizzazione del ruolo di “gendarme”146 delle agenzie, che possono facilmente condizionare il lavoratore, poiché dalla loro comunicazione relativa a qualsiasi violazione da parte del lavoratore stesso (o da quella dei responsabili del suo

144 Quest'ultima norma sanzione il lavoratore che goda del trattamento d’integrazione salariale ove ometta di dare la comunicazione all'Inps dello svolgimento di attività di lavoro si autonomo, sia subordinato.

145 V. Pinto, La modernizzazione promessa. Osservazioni critiche sul decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276, op. cit., pag. 59.

146 Lorenzo Zoppoli, Gli obbiettivi di inclusione sociale nella riforma del mercato del lavoro (intervento al convegno Work in progress, Roma 18-19 marzo 2004), op. cit., pag. 9.

percorso formativo) deriva l’obbligo dell'ente pubblico di sospendere ogni trattamento di welfare.

Non va, inoltre, sottovalutata la circostanza che il legislatore nazionale non abbia delineato, neanche in linea di massima, i contenuti del “piano individuale d’inserimento o reinserimento”: la competenza a definirlo; il ruolo e le competenze del tutore, ma anche i requisiti di cui egli deve essere in possesso; il sistema dei controlli sul rispetto delle condizioni previste dalla legge. È stato osservato: «qualora si ritenga che essi (i contenuti), in quanto espressione delle politiche dell'occupazione, siano rimessi alla potestà legislativa delle Regioni, si dovrà anche ammettere che tale circostanza potrebbe innescare una deprecabile dinamica “al ribasso”: ciascuna Regione, in altri termini, potrebbe essere indotta a ridurre al minimo le garanzie dell'istituto al fine di attrarre, per quanto possibile la domanda di manodopera anche da parte di imprese ubicate in altre regioni»147.

Da ultimo, il complesso meccanismo posto in essere dall’art. 13, d.lgs. n. 276/03, sembra poggiare essenzialmente sull'iniziativa dei privati e su una grande progettualità degli enti locali.

3.2 Cooperative sociali e inserimento lavorativo dei lavoratori