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CAPITOLO 4 I servizi sociali

4.2 La disciplina dei servizi sociali

La legge 328/2000 intende promuovere un Sistema integrato di

interventi e servizi sociali la cui programmazione e organizzazione

compete agli Enti locali, alle Regioni, allo Stato e le cui finalità sono, non soltanto la garanzia di livelli essenziali di prestazioni sociali su tutto il territorio nazionale, ma anche la promozione di forme di solidarietà sociale e il miglioramento della qualità, della programmazione e della gestione degli interventi.

Tale sistema è definito all'art.22 come “l'insieme di politiche e

prestazioni coordinate nei diversi settori della vita sociale, integrando servizi alla persona con eventuali misure economiche, e la definizione di percorsi attivi volti ad ottimizzare l'efficacia delle risorse, impedire sovrapposizioni di competenze e settorializzazione delle risposte”.

Inoltre tale legge ha ricalcato il modello di ripartizione delle materie tra Stato, Regioni ed Enti locali, anticipando, se così si può dire, il disegno poi trasposto nel testo del titolo V della

Costituzione, per cui:

ai Comuni sono state attribuite le funzioni amministrative riguardanti gli interventi sociali svolti a livello locale ed esercitano, inoltre, funzione di programmazione e di organizzazione dei servizi di assistenza e beneficenza;

alle Province è stata affidata la programmazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, in particolare la promozione, d'intesa con i Comuni, di iniziative di formazione e la partecipazione alla definizione e all'attuazione dei piani di zona; alle Regioni sono state assegnate le funzioni di programmazione, coordinamento e indirizzo degli interventi sociali e la loro attuazione a livello territoriale.

Allo Stato, infine, spetta la determinazione dei principi e degli obiettivi della politica sociale, attraverso l'emanazione di un piano nazionale, mantenendo quindi la funzione legislativa di indirizzo generale e di coordinamento rispetto alle Regioni.

Tale legge costituisce quindi uno dei maggiori tentativi di riforma del sistema di organizzazione dei servizi sociali, tant'è che ha messo in campo un esteso tentativo di decentramento territoriale e di redistribuzione delle responsabilità, investendo gli enti locali di un ruolo centrale e cercando di individuare un livello ottimale per l'organizzazione e la gestione della rete di interventi e servizi

sociali.

In particolare vengono confermate le importanti competenze dei Comuni nell'ambito degli interventi sociali, anche per adottare sul piano territoriale gli assetti maggiormente funzionali per la gestione del nuovo scenario amministrativo.

Le amministrazioni locali sono infatti considerate le vere protagoniste del nuovo sistema di intervento nei servizi sociali, confermando la teoria secondo cui l'Ente della collettività locale è il primo a farsi carico del benessere della propria cittadinanza. Esso viene considerato il fulcro del sistema integrato di interventi e servizi sociali, tant'è che l'art.6, co.1 della legge stabilisce che “i

Comuni sono titolari delle funzioni amministrative concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale e concorrono alla programmazione regionale” e il co.2 afferma che tra le funzioni del

Comune si menziona la “programmazione, progettazione,

realizzazione del sistema locale dei servizi sociali a rete”, nonché “l'indicazione delle priorità e dei settori di innovazione attraverso la concertazione delle risorse umane e finanziarie locali, con il coinvolgimento dei soggetti di cui all'art.1, co.5” (cioè dei soggetti

privati).

Inoltre, al fine di realizzare il sistema integrato di interventi e servizi sociali, possono acquistare servizi e interventi organizzati

dai soggetti del Terzo settore ovvero procedere all'affidamento della gestione dei servizi, secondo quanto previsto dal D.P.C.M. 30 Marzo 2001.

Perciò si sottolinea che rientrano nella competenza dei Comuni non soltanto le funzioni di programmazione ma anche quelle di realizzazione e gestione della rete dei servizi sociali, adottando sul piano territoriale gli assetti più funzionali alla gestione, alla spesa e al rapporto con i cittadini.

Sempre la legge 328/2000 al capo IV individua gli strumenti per favorire il riordino del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali, indicando nel metodo della programmazione uno strumento principe “per la realizzazione degli interventi e dei

servizi sociali, in forma unitaria ed integrata” (art.3, co.1, legge

328/2000).

Precisamente agli art.18 e 19 indica gli atti programmatori previsti, cioè il Piano nazionale e regionale degli interventi e dei servizi sociali e i Piani di zona:

• Il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali viene predisposto ogni tre anni dal Governo, tramite decreto del Presidente della Repubblica e controllo preventivo della Corte dei Conti.

l'individuazione di progetti obiettivo e di azioni programmate, le modalità di attuazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali e le azioni da integrare e coordinare, gli indirizzi per la predisposizione di programmi integrati e di interventi e servizi sociali per le persone anziane non autosufficienti e per i soggetti disabili. L'elenco delle materie individuate dall'art.18 è notevole, tuttavia si sono ricondotte le varie indicazioni del Piano a due funzioni principali: da una parte quella rivolta alla garanzia del diritto all'assistenza sociale, tramite la definizione dei servizi, delle prestazioni e delle condizioni di accessibilità ( art.18, co.3, lett. a, d, f, g, h, n ); e in secondo luogo quella tesa a stabilire le linee fondamentali di indirizzo, attuazione e sviluppo del sistema socio- assistenziale (lett. b, c, e, i, l, o)36.

• Il Piano regionale, previsto sempre dall'art.18 della legge, viene adottato dalle Regioni, in relazione alle indicazioni del Piano nazionale, tramite forme di intesa con i Comuni interessati.

Nello specifico tale Piano regionale deve provvedere all'integrazione socio-sanitaria e al coordinamento con le 36 Vedi R.Morzenti Pellegrini, “Manuale di legislazione dei servizi sociali”, pp.58

politiche dell'istruzione, della formazione professionale e del lavoro. Tuttavia la legge ha lasciato un notevole spazio alla legislazione regionale, pertanto una disciplina analitica dei Piani regionali può trovarsi nelle singole leggi regionali, che stabiliscono il procedimento, i contenuti, le competenze e le eventuali forme di partecipazione dei soggetti privati.

Alcune Regioni hanno optato per una programmazione ad hoc delle politiche sociali; altre, invece, sulla base di esigenze di integrazione con altre politiche contigue, hanno approvato un Piano socio-sanitario che definisce i criteri per l'attuazione di servizi nell'ottica di un'unica rete socio-sanitaria (questo perché l'integrazione tra politiche, che è uno dei punti cardine della legge del 2000, costituisce un livello su cui converge l'attenzione di molti Piani regionali, i quali sono basati sulla necessità di favorire delle funzioni unitarie di accesso e presa in carico dei servizi, soprattutto a causa della scarsità di risorse). • Infine i Piani di zona, disciplinati dall'art.19 della legge

quadro, sono lo strumento per la definizione degli obiettivi e delle priorità sociali.

programma che viene sottoscritto dai comuni dell'ambito territoriale e dall'azienda sanitaria locale e al quale possono partecipare anche i soggetti del Terzo settore. Il ricorso alla figura dell'accordo si spiega perché tale Piano non è l'atto di un Comune isolato, ma di più “Comuni associati”, presenti negli ambiti territoriali determinati dalla Regione per la gestione unitaria dei servizi. Attraverso questo accordo i Comuni si dotano della configurazione necessaria per la gestione delle funzioni di loro competenza. Tale piano è volto in particolare a favorire la formazione di sistemi locali di intervento stimolando le risorse locali e responsabilizzando i cittadini nella programmazione e nella verifica dei servizi.

Quindi, sotto il profilo contenutistico, il Piano di zona è lo strumento tramite cui i Comuni pianificano in modo integrato le varie politiche, non solo quelle sociali, ma in generale quelle che soddisfano i bisogni della persona e della famiglia allo scopo di prevenire i bisogni stessi e di mettere fine a condizioni di disagio.

Infine va evidenziato il fatto che l'assetto organizzativo del Piano è sempre caratterizzato dal profilo politico, ad esempio allo scadere di un mandato elettorale, e quindi al

momento del rinnovo degli organi dei Comuni interessati, cambia sia l'interesse che la partecipazione della sfera politica all'attività di Piano37.

4.3 Il ruolo del Terzo settore nei servizi