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Il nostro studio si è posto come obiettivo una revisione della letteratura in merito alle tecniche radiologiche utilizzate per la diagnosi di carcinoma squamo- cellulare. La nostra ricerca si è concentrata sul ruolo svolto da diverse tecniche

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diagnostiche nell’identificazione del tumore primario e della sua estensione, nella valutazione dei margini di escissione, nella rilevazione di metastasi linfonodali e nel follow up post-trattamento.

Uno studio accurato delle dimensioni e dell’espansione del tumore primario risulta di fondamentale importanza dato che influisce profondamente sulla progressione della neoplasia, sulla scelta del trattamento e infine sulla prognosi119. Per quanto riguarda le tecniche di imaging utilizzate nella valutazione del tumore primario, l’indagine di primo livello prevede il ricorso all’US, soprattutto in caso di neoplasie linguali. Come è possibile osservare nello studio di Yesuratnam et al. sui carcinomi della lingua, in cui è stato comparato lo spessore della lesione osservato con tecniche di imaging (US e MRI) con quello risultante all’istologia, l’utilizzo dell’US ha presentato una correlazione pari a r = 0.80 e un singolo fallimento su 78 casi analizzati120. Tale dato è analogo a quanto apprezzato in altre pubblicazioni come quella di Natori et al. che, attraverso uno studio su 110 pazienti con un carcinoma squamo-cellulare a carico della lingua, hanno dimostrato la capacità dell’US di distinguere la lesione dal parenchima linguale nell’88% dei casi con un’affidabilità che, comparata a quella della misurazione istologica, è risultata molto alta (R2: 0.74)121. Anche Lodder et al. hanno dimostrato un’alta correlazione tra i risultati dell’US e lo spessore istologico in 65 pazienti con carcinoma orale T1/T2122.

Per quanto riguarda le indagini di secondo livello, MRI e CT sono tuttora le tecniche di riferimento nella valutazione delle dimensioni del tumore iniziale, soprattutto in caso di piccole lesioni, nonché nella visualizzazione dell’invasione ossea123. Inoltre tali metodiche non presentano differenze statisticamente significative per quanto riguarda sensibilità, specificità e precisione,124,125 risultando così ugualmente efficaci quando utilizzati singolarmente126.

L’utilizzo dell’MRI con mezzo di contrasto risulta, invece, particolarmente utile nello studio del tumore primario per valutare la diffusione nei tessuti molli,

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come, per esempio, ritroviamo in lesioni a carico della base e/o del corpo linguale127 (Figura 13).

Figura 13: Immagine MRI T1-pesata con contrasto in cui si osserva una lesione neoplastica sul lato destro della base linguale128.

Bisogna comunque ricordare la frequente presenza di protesi e materiali dentari che possono determinare la creazione di artefatti nell’immagine prodotta con queste tecniche123. In presenza di questo problema è indicato l’utilizzo primario dell’MRI dato che comporta una minor rischio di distorsione129.

Recenti studi130,131 hanno dimostrato buoni risultati anche con la PET e le tecniche ibride, tuttavia tali indagini non hanno sostituito l’MRI o la CT e richiedono ulteriori studi per dimostrare i loro effettivi vantaggi123.

Facendo riferimento alla diffusione ossea del tumore primario, elemento di fondamentale importanza per la valutazione dei margini di escissione chirurgica,

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Uribe et al., studiando l’invasione al livello mandibolare, hanno osservato che tutte le metodiche utilizzate presentano un’alta precisione diagnostica. Nello specifico in termini di sensibilità si osservano valori pari al 94% per la MRI, e 83% per la CT mentre, per quanto concerne la specificità, si evidenziano misure molto alte, in particolare pari al 100% per CT, MRI, e al 97% per la PET/CT. Tali dati ci indicano che queste metodiche di imaging ci permettono di avere una medio-alta accuratezza diagnostica nello studio dell’invasione ossea mandibolare malgrado l’evidenza a disposizione sia scarsa a causa della non elevata qualità degli studi disponibili81. Si rendono pertanto necessari studi di maggior qualità soprattutto per quanto concerne la descrizione delle condizioni del paziente, gli strumenti di imaging utilizzati e i criteri di invasione impiegati nell’analisi delle immagini e dei risultati dell’istopatologia81.

Pur non facendo parte direttamente della nostra ricerca è stato ritrovato che la CBCT (cone beam CT) si mostra leggermente superiore rispetto alla MSCT (Multislice CT) e alla SPECT nella diagnosi dell’invasione ossea del tumore a livello dei mascellari. Tale risultato deriva dal vantaggio osservato per la CBCT per quanto riguarda la diagnosi, per l’ampiezza del campo visivo in relazione alla dose radiante, per una più facile ricostruzione della visione panoramica e per l’accessibilità clinica132. Una tipologia di algoritmo diagnostico proposto indica come indagine iniziale una tra la CBCT, l’MRI o MSCT seguita dall’utilizzo della SPECT in casi in cui non si osservi un’invasione ossea nella prima indagine133.

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Figura 14: immagine CBCT in cui osserviamo un'importante invasione ossea. (A) ricostruzione panoramica, (B) sezioni sul piano assiale, sagittale, coronale e ricostruzione in

3D134.

Oltre all’infiltrazione locale, uno dei più importanti parametri che influenzano negativamente il trattamento e la prognosi è sicuramente la presenza di metastasi linfonodali135. Nella ricerca e nello studio dei linfonodi metastatici risulta fondamentale l’utilizzo dell’US, un’indagine di primo livello che tuttavia può consentire un’adeguata visualizzazione della diffusione linfonodale senza la necessità di ricorrere indistintamente ad indagini di secondo livello come la PET/CT. Come evidenziato da Krestan et al. la prima scelta nelle tecniche di imaging convenzionale deve ricadere sull’US136 visto che la capacità di evidenziare la presenza di linfonodi metastatici utilizzando la PET/CT è minore rispetto all’utilizzo singolo dell’US e all’utilizzo combinato delle due tecniche. Tale maggior capacità diagnostica si esprime sia in termini di sensibilità che di specificità112, infatti l’utilizzo dell’US ad alta risoluzione è in grado di individuare

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linfonodi metastatici con un diametro di 2-3 mm risultando così estremamente efficace137. Non risulta quindi indicato l’utilizzo esclusivo della PET/CT nella stadiazione dei pazienti con un carcinoma orale dato che vi sono linfonodi metastatici che non captano i radiofarmaci oltre che aree, come IA e IB, che sono difficili da visualizzare con tale tecnica. Comunque la PET/CT è in grado di individuare i linfonodi metastatici nelle prime fasi dello stadio N nei quali l’US non evidenzia cambiamenti strutturali112. Per tale motivo l’utilizzo combinato delle due tecniche permette una stadiazione migliore dei pazienti con carcinoma orale, mentre il ricorso alla PET e alla PET/CT non è giustificato in tutti i casi indistintamente123.

Tra le indagini di secondo livello si ricorda il rilevante ruolo della CT e della MRI che offrono una simile capacità diagnostica nell’individuazione dei linfonodi metastatici e sono in grado di identificare un interessamento linfonodale clinicamente occulto123.

Figura 15: Visione di un linfonodo metastatico tramite CT (a) e PET/CT (b)138.

La possibilità di diagnosi di linfonodi metastatici con l’utilizzo della CECT (CT con mezzi di contrasto) e MRI dipende essenzialmente dalla dimensione e forma

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del linfonodo, dalla sua densità, dalla possibile diffusione extra-capsulare e dalla presenza di alterazioni dell’architettura interna, soprattutto in presenza di una necrosi centrale139,140.

La diffusione extra-capsulare è associata ad un’ulteriore diminuzione, pari al 50%, della sopravvivenza dei pazienti con metastasi linfonodali141, avendo così un forte impatto sul trattamento e sulla prognosi142. A causa della velocità e della difficile visualizzazione di tale fenomeno143, una diagnosi precoce risulta particolarmente complessa, così come la scelta di un’idonea tecnica di imaging144. La CT sembrerebbe avere una sensibilità relativamente bassa, così come l’MRI, nella diagnosi della diffusione extra-capsulare, anche se l’MRI mostra un recente trend positivo, mentre è scarsa l’evidenza sull’utilità della PET/CT e dell’US144. Detto questo è possibile affermare che l’utilizzo della CT e della MRI può risultare utile nella determinazione della categoria N123. Risultano, tuttavia, necessari ulteriori studi per confermare questi risultati e per evidenziare quale tecnica sia maggiormente indicata nello studio delle metastasi linfonodali e della diffusione extra-capsulare.

Oltre ad una finalità prettamente diagnostica è possibile utilizzare le tecniche di imaging nella guida delle procedure percutanee (biopsie, embolizzazione pre- operatoria) nel distretto testa-collo. Al tal proposito la fusione della MRI pre- procedurale con la CBCT intra-procedurale e la fluoroscopia permette di ottenere la triple-overlay technique, che consente un’eccellente visualizzazione anatomica dei tessuti molli e duri per una guida in tempo reale e in 3D delle procedure percutanee in questo specifico distretto anatomico. In questo modo è possibile aumentare la precisione del trattamento e una riduzione dell’esposizione ai raggi X145,146. Per i pazienti con piccole lesioni o con lesioni visibili esclusivamente con l’aiuto della MRI, la triple-overlay facilita in tempo reale e in modo accurato la diagnosi percutanea e il trattamento delle patologie del distretto testa-collo147.

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Di fondamentale importanza, visto il rischio di sviluppare lesioni recidivanti148, è l’utilizzo delle tecniche di imaging per il follow-up nel tempo dei pazienti trattati per carcinoma squamo-cellulare orale.

King et al. raccomandano l’utilizzo della MRI e della CT esclusivamente per un follow-up precoce (2-3 mesi) a causa della bassa presenza di falsi positivi che si riscontrano, mentre per il ricorso alla PET è necessario aspettare 12 settimane o più, a seconda dell’estensione della terapia, per evitare di incorrere in risultati falsamente positivi149. Tale indicazione è in accordo con Roland e Petri che consigliano l’utilizzo della PET 3-4 mesi dopo il trattamento come un ottimale protocollo di follow-up150.

L’elemento più utile nell’utilizzo della PET nel follow-up deriva dalla possibilità di valutare i cambiamenti post-trattamento, i quali possono svilupparsi dai sei mesi ai due anni, così come l’infiammazione derivata da una recidiva tumorale151.

È stato inoltre proposto anche l’utilizzo dell’US per il follow-up dei linfonodi cervicali come si evidenzia perfettamente nello studio di Sesaki et al.. Tali autori hanno proposto nel primo anno un follow-up basato sull’utilizzo dell’US a cadenza mensile per individuare eventuali recidive tumorali. In caso di lesioni sospette gli autori consigliano l’utilizzo successivo di CT o MRI148. L’utilizzo dell’US come prima tecnica è comunque criticata per la stretta dipendenza con le abilità dell’operatore151 e per la difficoltà di visualizzare ottimamente i tessuti più profondi. Per tale motivo la CT e l’MRI risultano essere le tecniche di prima scelta con la possibilità di utilizzare successivamente la PET.

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