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2. Tecniche diagnostiche nel carcinoma squamo-cellulare orale

2.4 Tecniche di imaging

2.4.5 Mezzi di contrasto

I mezzi di contrasto (MdC) sono sostanze in grado di modificare il modo in cui una regione analizzata appare in una immagine medica. In particolare essi alterano il contrasto di un organo, di una lesione, o di qualsiasi altra struttura rispetto a ciò che la circonda, in modo da rendere visibili dettagli che altrimenti risulterebbero non apprezzabili.

I mezzi di contrasto utilizzati in radiologia corrispondono a sostanze introdotte per varie vie al fine di modificare l’assorbimento dei raggi X da parte degli organi e degli apparati rispetto ai tessuti circostanti e si suddividono in radiotrasparenti e radiopachi.

I MdC radiotrasparenti consentono di abbassare il numero atomico della struttura valutata rendendo l’immagine più nera per il minor assorbimento delle radiazioni, sono utilizzati per enfatizzare gli organi cavi del corpo come il colon, la faringe ed i seni paranasali, per tale motivo non vengono iniettati endovena e corrispondono all’aria, all’O2 ed alla CO2.

I MdC radiopachi consentono di incrementare il numero atomico e l’assorbimento dei raggi X rendendo la struttura in esame di una tonalità bianca o grigio chiara.

I MdC radiopachi presentano alcune caratteristiche generali quali un’elevata radiopacità, una buona tollerabilità da parte del paziente, l’assenza di attività farmacologica e una rapida e totale eliminazione dal corpo umano. Questi MdC sono il gruppo più numeroso e complesso e si suddividono in base alla loro natura chimica in baritati e iodati.

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I MdC baritati contengono al loro interno il bario (Z=56), una sostanza inerte legata ad una molecola di solfato in una sospensione liquida o semi-liquida che viene somministrata al paziente per os (pasto baritato) o per via rettale al fine di opacizzare le vie digestive prima di acquisire l’immagine radiografica.

I MdC iodati sono più utilizzati rispetto a quelli baritati e sfruttano lo iodio (Z=53) che riesce a formare legami particolarmente stabili con alcune molecole organiche consentendo la realizzazione di soluzioni di concentrazione adeguata all’esigenze di diagnostica radiologica le quali si attestano attorno ad un valore di 150 mg/ml per i parenchimi e di 400 mg/ml per le strutture vascolari. I MdC iodati si suddividono in liposolubili e idrosolubili.

I primi corrispondono ad oli iodati in cui lo iodio risulta legato agli acidi grassi insaturi di oli vegetali, non possono essere iniettati per via endovenosa e sono meno utilizzati rispetto a quelli idrosolubili. Quest’ultimi consistono in sali idrosolubili di molecole organiche contenenti iodio legato in modo stabile i quali vengono iniettati per via endovenosa. Questo gruppo di MdC veniva classicamente distinto in MdC colecisto-colangiografici ed uro-angiografici in cui i primi consistono in contrasti dotati di un’eliminazione biliare che ad oggi non sono più reperibili in quanto la colecistografia è stata del tutto sostituita dalla colangio-MR, mentre i secondi devono il proprio nome all’originario utilizzo nell’ambito dello studio vascolare urologico. che infatti prevedeva, in epoca pre- CT, di ricorrere a dei MdC angiografici dotati di una selettiva eliminazione renale. I MdC uro-angiografici possono essere ulteriormente distinti in base alle caratteristiche chimiche in ionici, che non sono somministrati per via endovenosa e sono utilizzati nello studio di organi cavi, e non ionici che al contrario possono essere somministrati per via endovenosa.

I mezzi di contrasto utilizzati in ambito ecografico differiscono da quelli sfruttati in CT o in MRI in quanto possiedono una natura fisica e non chimica dovendo di fatto modificare l’omogeneità del tessuto per incrementare la variazione di impedenza acustica e, con essa, il segnale ricevuto dalla sonda.

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Questi MdC sono costituiti da bolle gassose di 2-10 µm di diametro in grado di attraversare il filtro polmonare. Questi MdC, iniettabili per via endovenosa in dispersione acquosa, hanno impedenza acustica molto diversa dai fluidi circostanti costituendo così nuove interfacce che incrementano la riflessione del fascio di US.

Si riconoscono MdC di prima e di seconda generazione sebbene soltanto questi ultimi siano ormai realmente utilizzati configurandosi come microbolle circondate da una membrana fosfolipidica e contenenti al loro interno il gas fluorano113.

In seguito alla preparazione, le microbolle sono iniettate per via venosa e, grazie alle piccole dimensioni di poco inferiori a quelle di un globulo rosso, riescono a superare i capillari polmonari per distribuirsi all’intera circolazione sistemica diversamente dai MdC di prima generazione che consentivano di studiare esclusivamente le camere cardiache destre.

i MdC ecografici si configurano come puramente vascolari in quanto le loro dimensioni esigue, sebbene sufficienti per il transito all’interno dei capillari, non consentono di superare le piccole fenestrature dell’endotelio che le separano dall’interstizio114.

Dal punto di vista funzionale le microbolle nel torrente ematico incrementano l’ecogenicità del sangue, che si presenta fisiologicamente come ipo-/anecogeno, così da poter studiare non tanto i vasi, comunque apprezzabili in ecocolordoppler, bensì la vascolarizzazione degli organi tissutali non altrimenti visibile con quest’ultima metodica.

Nonostante i notevoli vantaggi di questi MdC, correlati soprattutto alla mancanza di effetti collaterali, la pratica descritta è in realtà meno sfruttata rispetto ai classici MdC in quanto in tale eventualità non è possibile eseguire una valutazione panangiografica, diversamente possibile in CT e MRI, in quanto nello stesso momento temporale è possibile riconoscere aree a maggior concentrazione di microbolle alternate ad altre in cui queste ultime sono già andate incontro a

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diluzione con importante riduzione nella finestra esplorativa e possibilità di utilizzo generalmente limitato soltanto in corrispondenza di una lesione già precedentemente identificata. Inoltre un altro limite può derivare dal fatto che la fase interstiziale è spesso molto importante dal punto di vista diagnostico ma il fatto di non poterla valutare attraverso questo approccio può rendere più valido il ricorso ad altri MdC.

In risonanza magnetica l’uso di MdC, costituiti da sostanze paramagnetiche o, meno frequentemente superparamagnetiche, è importante per la valutazione delle lesioni focali e lo studio di fenomeni dinamici fisiologici e patologici. Queste sostanze agiscono andando a modificare i tempi di rilassamento dei nuclei di H manifestandosi così in maniera indiretta e non direttamente come nei MdC radiologici.

Le sostanze paramagnetiche (gadolinio, manganese) agiscono riducendo il tempo di rilassamento in T1 ed incrementando l’intensità del segnale115, cosicché l’immagine si presenti più bianca. Il gadolinio è il principale mezzo di contrasto utilizzato ed è tipicamente associato al DTPA, analogo dell’insulina con cui condivide la clearance, in tale maniera è infatti possibile ridurre la tossicità del gadolinio in quanto il composto Gd-DTPA che ne deriva risulta meno solubile e più facilmente eliminabile in sede renale con completa filtrazione glomerulare ed escrezione.

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