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2. Tecniche diagnostiche nel carcinoma squamo-cellulare orale

2.4 Tecniche di imaging

2.4.2 Risonanza magnetica nucleare

La Risonanza Magnetica Nucleare (MRI) rappresenta una tecnica di imaging basata sull’applicazione di un campo magnetico e di onde radio senza quindi esporre il paziente a radiazioni ionizzanti.

Il nostro organismo si compone di molteplici nuclei atomici in grado di comportarsi come dipoli magnetici (spin), dotati di un polo positivo e uno negativo, caratteristica che tuttavia può essere apprezzata solo in specifici atomi come il fluoro, il calcio, il sodio e, soprattutto, l’idrogeno che rappresenta infatti l’atomo maggiormente sfruttato nella MRI vista la ricca rappresentazione di acqua presente nei tessuti biologici. In condizioni basali i nuclei di H, pur possedendo tale proprietà, presentano un orientamento di tipo casuale, ma quando sono sottoposti all’azione di un campo magnetico assumono l’orientamento del campo magnetico stesso. Nella MRI i nuclei di H, indicati anche come protoni o con il termine generale di spin che è attribuibile a tutti i nuclei magnetici che si

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comportano come dipoli, si posizionano secondo la direzione del campo magnetico detto B0 (“B con zero”) o campo magnetico statico e con un verso che può essere parallelo o antiparallelo rispetto al vettore che descrive B0 (Figura 8).

Figura 8

Questo allineamento rappresentabile tramite un vettore di magnetizzazione che esprime la sommatoria di allineamento dei nuclei di H e dall’intensità tanto maggiore quanti più protoni sono coinvolti. L’orientamento si accompagna ad un altro fenomeno detto di precessione che prevede la rotazione dei nuclei sul proprio asse ed è caratterizzato da una frequenza specifica detta frequenza di precessione

o di Larmor. Il valore della frequenza di precessione è influenzato da due

parametri: la natura dei nuclei atomici considerati e l’entità del campo magnetico B0. In questo modo i nuclei di H precedono con un’identica frequenza che risulta diversa da quella di altri dipoli e, inoltre, tale parametro tende ad aumentare all’accrescersi dell’intensità del campo magnetico statico.

Una volta allineati i nuclei di H, il sistema è interrogato tramite un’onda a radiofrequenza. Un coil invia impulsi intermittenti rilasciati ad intervalli di millisecondi e in grado di generare un secondo campo magnetico, detto B1 o campo magnetico dinamico, orientato ortogonalmente rispetto a B0 con il quale interferisce. Tramite l’emissione della radiofrequenza, la cui frequenza deve essere sovrapponibile a quella di precessione, gli spin risentiranno non più del

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campo magnetico B0 ma di B1, e nel breve tempo subiranno un’eccitazione da parte del campo magnetico che cederà energia al sistema di protoni. Nel momento in cui la radiofrequenza si arresta decade l’influenza di B1 e si assiste al ripristino della magnetizzazione secondo B0, fenomeno a cui consegue la cessione del quanto di energia ricevuto il quale viene ritrasmesso all’antenna radio che lo trasforma in un impulso luminoso sulla matrice. Pertanto l’antenna radio funziona da ricetrasmittente in quanto non solo genera gli impulsi, ma permette anche la loro ricezione. Questo sistema consente di indirizzare lo studio su una popolazione di nuclei specifici in quanto il sistema di ricetrasmissione è in grado di mettere in risonanza soltanto i dipoli dotati di una frequenza di precessione sovrapponibile alla radiofrequenza emessa. In tal modo è possibile ottenere un segnale puro che deriva dalla capacità di interagire con una specifica popolazione atomica che, nel caso della MRI, corrisponde all’idrogeno. In altri termini la risonanza è un fenomeno legato all’assunzione e riemissione di energia a parità di frequenze cioè si verifica quando la frequenza di precessione è uguagliata dalla frequenza dell'onda radio.

Questo sistema di studio pone tuttavia alcune problematiche, infatti la percentuale dei nuclei in precessione è in funzione dell’intensità del campo magnetico in maniera tale che all’accrescersi di quest’ultimo parametro la percentuale di nuclei non allineati ed esclusi dal fenomeno di risonanza si riduce con un netto miglioramento del segnale ricevuto. D’altro canto il ricorso a macchinari in grado di generare un campo B0 sempre più intenso comporta un incremento dei costi relativo sia al magnete da utilizzare che ai problemi ingegneristici non indifferenti da risolvere.

Infatti un aumento dell’intensità di B0 comporta inevitabilmente un incremento della frequenza di precessione e di conseguenza della frequenza delle onde radio a cui ricorrere per interrogare il sistema. Le onde con frequenza molto elevata hanno però una minore capacità di penetrazione con il rischio che l'area di interesse non sia completamente saturata dalla radiofrequenza. Per questo motivo

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all’aumentare di B0 è necessario costruire sistemi in grado di garantire la penetrazione dell'onda radio.

Inoltre per garantire la risonanza è necessario che il campo magnetico sia omogeneo, ovvero costante nella sua intensità; tuttavia all’accrescersi di quest’ultimo parametro l’omogeneità tende a ridursi con la possibilità che si generino aree in cui viene meno il fenomeno di risonanza per l’assenza di congruità tra la frequenza di precessione e la frequenza radio, circostanza a cui consegue l’assenza di segnale e la genesi di un buco nero sull’immagine.

Il segnale di risonanza captato è di tipo multiparametrico, e tra questi i più significativi sono tre: la densità protonica, il tempo di rilassamento T1, il tempo di rilassamento T2.

Il primo si basa sul fatto che all’aumentare del numero di protoni si accresce il segnale, pertanto in ricchezza d’acqua il segnale è nitido, mentre si attenua quando tale rappresentazione è ridotta e scompare in presenza di aria.

Tempo di rilassamento T1, corrisponde al tempo di ripristino della magnetizzazione secondo B0, ovvero il tempo che impiega la popolazione di nuclei di H a tornare nella situazione antecedente l’immissione dell’onda radio.

Al contrario il tempo di rilassamento T2, corrisponde al tempo di perdita della magnetizzazione secondo B1, ovvero il tempo del progressivo accorciamento del vettore di magnetizzazione sul piano assiale in relazione all’onda radio.

Da ciò si evince che le rilevazioni in MRI vengono effettuate durante la fase di sospensione della radiofrequenza, che consente infatti il fenomeno della risonanza, mentre non si esegue alcuna misura durante l’emissione dell'onda radio.

Descrivendo T1 e T2 in modo dinamico, all’accorciamento progressivo del vettore “onda radio” si assiste al progressivo all’allungamento del vettore “campo statico” su due assi diversi e ortogonali tra loro (z e y), processo che termina con la scomparsa del primo e la completa ristabilizzazione del secondo. In particolare gli spin impiegano più tempo a ritornare nella situazione iniziale rispetto alla

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perdita di magnetizzazione sul piano assiale per cui il T1 ha una durata maggiore rispetto al T2. I tempi di rilassamento si modificano nei diversi tessuti in funzione della complessità molecolare, ovvero all’architettura della molecola contenente idrogeno e del legame che quest’ultimo forma con gli altri atomi, infatti possono essere descritte sia molecole semplici come l’acqua che complesse come la cheratina o il colesterolo. Nello specifico una molecola complessa si caratterizza per un T1 più breve rispetto ad una molecola semplice. Il campionamento del segnale di ritorno permette di ottenere un contrasto in quanto una struttura con T1 breve offre un segnale più elevato rispetto ad una struttura con T1 lungo in quanto ripristinata più velocemente.

Il T2 varia in base alla popolazione atomica e alla molecola a cui uno stesso atomo può legarsi, infatti il T2 risulta più lungo se i nuclei di H sono inseriti in molecole semplici come l’acqua mentre è più breve se sono inseriti in molecole complesse come il colesterolo o le proteine. Passando dal piano molecolare a quello tissutale, T2 risulta più lungo per i liquidi mentre è più breve per strutture complesse (es: parenchimi, tessuto adiposo) pertanto i primi offrono un segnale più elevato e duraturo mentre i secondi lo perdono progressivamente procedendo con la campionatura, consentendo così di ottenere un contrasto tra le diverse strutture.

Ricapitolando le molecole complesse (es: colesterolo) presentano T1 e T2 brevi mentre le molecole semplici (es: acqua) hanno T1 e T2 lunghi, tuttavia il contrasto T1 è legato al fatto che la molecola più complessa dà più segnale rispetto a quella semplice mentre tale parametro è invertito nel contrasto apprezzato in T2.Quindi tessuti con un T1 breve o con un T2 lungo danno un segnale intenso e perciò sono rappresentati con una tonalità di grigio chiara.

Complessivamente per dedurre se un’immagine è T1- o T2-dipendente è utile andare a valutare l’aspetto delle strutture liquide o adipose, infatti le prime risulteranno caratterizzare da un forte segnale in T2 e scarso in T1 mentre l’aspetto è speculare nel secondo caso (Figura 9). Oltre a questi estremi è possibile

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apprezzare strutture che mantengono un discreto segnale in entrambe le acquisizioni come le vertebre grazie al contenuto del midollo osseo, tuttavia il contorno rappresentato dalla corticale appare assolutamente nero, privo di segnale, vista l’assenza di idrogeno in grado di entrare in risonanza.

Figura 9: immagini T1 e T2 pesate110.

Infine è importante sottolineare che le immagini in MRI sono acquisite secondo tutti i piani dello spazio, utile a seguire la direzione in cui è posta la struttura di interesse, pertanto non è necessaria una ricostruzione in quanto l’acquisizione è diretta, al contrario nella CT dove la rilevazione spirale permette di definire un volume che può essere successivamente indagato sui diversi piani attraverso una ricostruzione.

La matrice utilizzata nelle immagini MRI si caratterizza per dimensioni più ridotte rispetto alla CT in quanto il segnale in risonanza è meno consistente e l’immagine che ne deriva si caratterizza per una minore risoluzione spaziale.Il contrasto dell’immagine in MRI dipende principalmente dal T1 e dal T2: molti tessuti, infatti, hanno una densità protonica simile, mentre differiscono nei valori di T1 e T2. Scegliendo opportunamente la sequenza di impulsi è possibile imporre al sistema di spins una determinata dinamica, così da ottenere l'informazione dal

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segnale. I parametri che influenzano il risultato dell'immagine sono i tempi Repetition time (TR), ovvero il tempo tra l’applicazione di due impulsi, e Time to Echo (TE), cioè il tempo tra la generazione dell’impulso e la ricezione del segnale di ritorno. Mediante la combinazione di TR e TE lunghi o brevi, si avranno immagini pesate in T1 e in T2. Infatti le immagini T1 sono prodotte utilizzando brevi TR e TE, mentre usando TR e TE lunghi si formano immagini T2.

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