2. Tecniche diagnostiche nel carcinoma squamo-cellulare orale
2.4 Tecniche di imaging
2.4.4 Tomografia a emissione di positroni
La tomografia a emissione di positroni (PET, Positron Emission Tomography) è una tecnica di medicina nucleare e di diagnostica medica utilizzata per la produzione di bioimmagini che forniscono informazioni di tipo fisiologico ottenendo così mappe dei processi funzionali all'interno dell’organismo.
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La PET utilizza radioisotopi emettenti positroni (18F, 11C, 13N, 15O), i quali possono essere incorporati in un grande numero di composti organici consentendo di acquisire in vivo immagini tomografiche di qualità suggestiva e a contenuto informativo biochimico-metabolico spesso esclusivo.
Il radionuclide dotato delle migliori caratteristiche fisiche è il Fluoro-18, dato che forma con facilità legami covalenti con molti elementi e in particolare con il carbonio, rendendolo ideale per marcare molte molecole organiche. Inoltre presenta una bassa emivita pari a 109,8 minuti e la caratteristica di decadere a 18O prevalentemente con emissione di positroni. Tale radionuclide si ritrova nel radiofarmaco [18F]Fluoro-2-desossiglucosio ([18F]FDG), un analogo del glucosio in cui un gruppo OH è sostituito con un atomo di Fluoro-18. Il radiofarmaco è trasportato all’interno delle cellule dalle proteine GLUT (trasportatrici di glucosio) e viene fosforilato a formare il [18F]FDG-6-fosfato, il quale si accumula nelle cellule. I distretti che in misura maggiore accumulano il radiofarmaco sono quelli formati da cellule che utilizzano in maniera prevalente e in grande quantità il glucosio, ovvero l’encefalo, le cellule neoplastiche e quelle infiammatorie.
Il positrone è un elettrone dotato di carica elettrica positiva emesso dal nucleo di atomi contenenti un eccesso di protoni. Il positrone, una volta emesso, incontra rapidamente nel suo percorso un elettrone carico negativamente perdendo completamente la propria energia. Il positrone, combinandosi con l’elettrone carico negativamente, forma una particella temporanea denominata positronio che va incontro ad annichilazione, ossia ad un processo in cui la massa totale è convertita in energia generando due fotoni γ di 511 keV che si allontanano dal punto di annichilazione in direzione identica ma in verso opposto. La registrazione dell’emissione simultanea dei due fotoni ad alta energia mediante un sistema di detettori contrapposti permette la localizzazione del punto in cui hanno tratto origine.
Il sistema di rilevazione è costituito da cristalli di germanato di bismuto (BGO), ortosilicato di lutezio (LSO) e lutezio-ittrio (LYSO) in grado di interagire con i
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fotoni γ commutandoli in fotoni luminosi. Un sistema PET è caratterizzato da un elevato numero di detettori in grado di rilevare la coincidenza, ovvero di effettuare la contemporanea registrazione di due fotoni γ di 511 keV mediante una coppia di cristalli disposti sulla linea di volo dei due fotoni. I moderni tomografi sono ad anello completo, ovvero costituiti da file di cristalli di rilevazione posizionati in modo da descrivere più anelli interconnessi e fornire un campo di vista cilindrico lungo circa 15 cm, all’interno del quale si posiziona la regione corporea da analizzare. Lo scorrimento del lettino sul quale è posizionato il paziente permette anche acquisizioni su tutto il corpo.
Il sistema di rilevazione della PET presenta una risoluzione spaziale di circa 4- 5 mm per le apparecchiature di uso corrente, ma presentano il problema dell’elevata risoluzione temporale necessaria per rendere possibili l’individuazione dei fotoni di coincidenza emessi alle elevate frequenze comunemente presenti. La precisa localizzazione del positrone dipende dall’accuratezza nella determinazione dell’arrivo in coincidenza della coppia di fotoni γ. Malgrado venga usato il termine coincidenza, di fatto esiste una piccola differenza di tempo per tutte le emissioni che non originano dal centro del sistema, risultando nel corpo umano nell’ordine di 0,2 nanosecondi. A causa del tempo di risposta del rilevatore, tuttavia, viene impiegata una finestra temporale di 8-12 nanosecondi registrando così gli eventi in una determinata linea di coincidenza nella suddetta finestra di tempo. Per ovviare ai fenomeni di falsa coincidenza che tendono a svilupparsi per l’ampia finestra temporale, i moderni tomografi PET, denominati a tempo di volo, sono stati dotati di un particolare sistema in grado di rilevare la posizione esatta di annichilazione lungo la retta dei due fotoni tramite il calcolo del tempo che il fotone impiega dal momento dell’annichilazione al raggiungimento del rilevatore.
L’intensità di captazione dei radiofarmaci da parte dei tessuti può essere valutata tramite l’indice di captazione standardizzato (SUV) che esprime il rapporto tra la quantità di tracciante accumulata in una certa regione e la quantità
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che sarebbe presente in una regione di uguale volume se il tracciante fosse distribuito omogeneamente in tutto il corpo. Per questo motivo valori SUV maggiori di 1 indicano zone di accumulo preferenziale del tracciante. Non esistono però dei valori soglia di SUV al di sopra dei quali si può considerare una captazione come tipica di patologie neoplastiche, anche se esiste un valore orientativo, pari a SUV > 2,5, in cui si può sospettare un’origine neoplastica della lesione.
La possibilità di quantificare in maniera accurata la radioattività presente in un distretto è inoltre strettamente dipendente dalla capacità di correggere il flusso di fotoni acquisiti in funzione del fattore di attenuazione tissutale dovuto alla densità e allo spessore attraversato dai fotoni stessi. La combinazione in un’unica apparecchiatura di tomografi PET/CT rende possibile acquisire mediante la CT i dati densitometrici necessari per una veloce e precisa correzione dell’attenuazione dei dati PET e fornisce contemporaneamente immagini morfologiche ad alta risoluzione.
Figura 12: immagine PET/CT in cui risulta ben apprezzabile una lesione localizzata in un linfonodo sottomandibolare112.
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La fusione dei dati PET e CT rende possibile valutare quantitativamente il rapporto attività/massa delle lesioni neoplastiche permettendo una raccolta di informazioni più complete della lesione in esame.