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2. Tecniche diagnostiche nel carcinoma squamo-cellulare orale

2.4 Tecniche di imaging

2.4.3 Ecografia

L’ecografia identifica un insieme di tecniche diagnostiche che utilizzano le riflessioni, denominati “echi”, che un fascio di ultrasuoni di idonee caratteristiche subisce nell’attraversare i tessuti biologici. Gli ultrasuoni non sono radiazioni, ovvero onde elettromagnetiche, bensì onde meccaniche con un comportamento del tutto sovrapponibile alle onde sonore da cui differiscono per la frequenza che risulta infatti più elevata (oltre i 20 kHz), non rientrando così nello spettro dell’udibile. La propagazione degli ultrasuoni ha luogo solamente in mezzi fisici sotto forma di moto ondulatorio che genera bande alternate di compressione e rarefazione delle particelle che costituiscono il mezzo stesso.

Il fascio ultrasonoro può essere generato dalle apparecchiature ecografiche attraverso il cosiddetto effetto piezoelettrico invertito secondo cui migliaia di microcristalli di quarzo localizzati in corrispondenza della sonda, una volta sottoposti ad una differenza di potenziale, entrano in vibrazione emettendo un’onda di tipo meccanico la quale risulta definita da specifici parametri in termini di frequenza e lunghezza. La frequenza non è identica per tutti i cristalli e varia al variare della sonda, in modo tale da permettere di studiare i tessuti con maggiore precisione in ogni singola circostanza. Infatti tale parametro risulta di fondamentale importanza nell’influenzare la visibilità delle strutture tissutalidato che all’aumentare della frequenza migliora la risoluzione spaziale lungo l’asse di propagazione del fascio, ma nel contempo, aumenta proporzionalmente

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l’assorbimento da parte dei tessuti, rendendo così possibile lo studio solo delle strutture corporee più superficiali.

L’onda emessa può trasmettersi soltanto qualora siano presenti degli opportuni mezzi elastici a consentirne la propagazione che infatti non si realizza nel vuoto, diversamente da quanto avviene per i raggi X. Questo fattore rende così necessario il contatto diretto tra la sonda ed il corpo del paziente. Durante l’attraversamento del corpo umano l’energia ultrasonora si indebolisce in maniera progressiva in un processo che può essere ricondotto ai fenomeni di attenuazione e di riflessione.

Nel fenomeno di attenuazione, l’energia ultrasonora si attenua in relazione ad un coefficiente biologico di assorbimento dei tessuti che risulta diverso a seconda della tipologia di tessuto stesso. Ad esempio è più elevato nel muscolo mentre tende progressivamente a ridursi nel tessuto adiposo e nel sangue. Tale evento risulta di cruciale importanza in quanto l’energia degli echi riflessi dal fascio ultrasonoro risulta proporzionale all’energia dell’onda meccanica incidente, pertanto in presenza di un’onda meccanica rapidamente esauribile per la presenza di un elevato coefficiente di attenuazione è possibile non apprezzare la genesi di alcun eco da parte delle strutture sottostanti o la formazione di echi non sufficientemente energetici con perdita della percezione ecografica. Nonostante l’importanza del fenomeno descritto, in realtà l’attenuazione dell’onda ultrasonora non viene misurata dall’apparecchiatura che infatti rileva soltanto l’eco ritrasmesso in corrispondenza della sorgente di emissione contrariamente a quanto si verifica nel caso delle tecniche basate sui raggi X.

Il fenomeno della riflessione è di cruciale importanza in quanto non determina soltanto la riduzione dell’energia del fascio ultrasonoro, ma consente la realizzazione dell’eco di ritorno che, a sua volta, utilizza una certa quota dell’energia ultrasonora di partenza identificando l’unico evento ad essere effettivamente misurato durante tale procedura diagnostica. Tale fenomeno si realizza ogniqualvolta sia presente una variazione di impedenza acustica tissutale, una proprietà caratteristica di ciascun mezzo in cui l’onda si propaga e che

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differisce tra i diversi tessuti esprimendo la diversa capacità di questi ultimi di trasmettere l’onda meccanica. I valori di impedenza acustica tissutale non risultano molto diversi tra l’acqua, il grasso, il sangue, l’encefalo, il fegato, il rene, il muscolo mentre sono molto diversi nel caso dell’aria e dell’osso che possiedono rispettivamente valori molto ridotti e molto elevati. L’eco si forma nel momento in cui l’US incidente passa da un tessuto dotato di una certa impedenza acustica ad un altro con un valore differente. Per tale motivo in presenza di una struttura omogenea non sarebbe possibile apprezzare un eco riflesso il quale può invece essere sempre documentato nella valutazione del corpo umano che risulta infatti costituito da milioni di interfacce (cute, sottocute, grasso, parenchima), soprattutto in condizioni patologiche tumorali. Quindi all’aumentare della disomogeneità dei tessuti attraversati incrementa il numero di echi di ritorno per le molteplici variazioni di impedenza.

Figura 10: formazione dell’eco in presenza di interfacce tissutali.

L’eco generatosi presenta una certa energia meccanica che riduce quella del fascio ultrasonoro incidente il quale prosegue con minore energia nell’attraversamento dei diversi tessuti dell’organismo formando echi di ritorno ad ogni interfaccia e perdendo progressivamente energia in corrispondenza di questi eventi fintanto che l’ultrasuono ha talmente perso energia e creato così tanti echi di ritorno da non poter più consentire la percezione.

L’energia posseduta dall’eco di ritorno non si correla tanto al valore assoluto dell’impedenza acustica quanto, piuttosto, alla differenza di tale valore tra i tessuti

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adiacenti interessati. In relazione a quanto affermato il fascio di ultrasuoni incidente riesce a procedere nell’attraversamento tissutale soltanto qualora la differenza di interfaccia tra i tessuti non sia troppo elevata, circostanza in cui l’eco di ritorno sarebbe infatti estremamente rappresentato determinando un pressoché totale affievolimento del fascio incidente con la conseguente possibilità di studiare soltanto i tessuti più superficiali rispetto alla sonda ecografica. L’aria e l’osso sono quindi tradizionalmente considerati i principali ostacoli dell’ecografia in quanto, possedendo valori di impedenza acustica molto diversi rispetto agli altri tessuti dell’organismo, ostacolano la progressione in profondità dell’ultrasuono incidente. Per evitare l’influenza dell’aria si rende necessario un intimo contatto tra la sonda ed il corpo e l’utilizzo di particolari gel per garantire un’adeguata trasmissione del fascio ultrasonoro. Inoltre, per consentire che l’eco torni in maniera perfettamente speculare in corrispondenza della sonda, è indispensabile assicurare una riflessione ortogonale del fascio ultrasonoro. Questo fenomeno può essere ottenuto posizionando la sonda perpendicolarmente al tessuto esaminato; in caso contrario, infatti, l’eco riflesso non sarebbe perpendicolare alla sonda ma formerebbe un angolo variabile con quest’ultima così da non poter essere captato dai cristalli.

La stessa sonda che ha emesso gli ultrasuoni riceve indietro l’eco che, per effetto piezoelettrico diretto, induce la vibrazione del cristallo di quarzo con genesi di una differenza di potenziale e di un impulso elettrico poi trasformato in segnale luminoso su una matrice con creazione di un’immagine digitale. La sonda quindi è un mezzo ricetrasmittente in quanto corrisponde sia alla sorgente sia alla sede di rilevazione del fenomeno. Il complesso assetto anatomico dei diversi organi può essere rappresentato mediante una matrice in quanto l’impulso luminoso generato sarà posizionato sulla matrice stessa in relazione al tempo. Infatti l’eco generato da una struttura superficiale impiegherà poco tempo per raggiungere la sonda mentre lo stesso parametro si presenta più dilatato nel caso di echi provenienti dalle regioni profonde. Valutando pertanto il tempo impiegato

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dall’ultrasuono per ritornare alla sonda sotto forma di eco è possibile stabilire la sede di formazione dell’eco collocandolo in un punto più o meno superficiale della matrice.

I parametri che vanno a determinare la qualità di un’immagine sono rappresentati essenzialmente dalla risoluzione laterale, dalla risoluzione assiale, dalla risoluzione di contrasto e dalla risoluzione temporale.

La risoluzione laterale definisce la capacità di distinguere due bersagli vicini ma disposti lungo un asse perpendicolare a quello del fascio di US. I due bersagli sono visualizzati in maniera distinta se la sezione del fascio risulta minore dello spazio che li separa.

La risoluzione assiale definisce la capacità del fascio di US di separare due oggetti disposti in serie lungo l’asse di propagazione. Questo parametro aumenta all’aumentare della frequenza del fascio.

La risoluzione di contrasto è un aspetto che risulta indispensabile in tutte le tecniche di imaging e consiste nell’avere un contrasto adeguato dell’area valutata rispetto a ciò che si colloca attorno.

La risoluzione temporale corrisponde alla capacità di acquisire un’immagine in tempi rapidi e nel caso dell’ecografia essa risulta massima. Il real-time rappresenta un enorme vantaggio dell’ecografia, dato che la rende sfruttabile in molte procedure di carattere interventistico come la biopsia eco-guidata in cui risulta infatti possibile valutare la correttezza della procedura durante l’introduzione dell’ago nella lesione da campionare.

Nell’ecografia valutando la quantità di echi prodotti si definisce la struttura che produce l’eco come anecogena, ipoecogena, isoecogena e iperecogena.

Un’immagine risulta anecogena quando si ha l’assenza di eco. Tale condizione può essere descritta nel caso dei liquidi che infatti identificano le sostanze anecogene per eccellenza in quanto l’assenza di interfaccia ne giustifica l’omogeneità. Tale assunto in realtà non è sempre veritiero in quanto i fluidi non sierosi come quelli corpuscolati (es: raccolta purulenta) e/o mucinosi perdono le

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caratteristiche di omogeneità presentando un certo grado di ecogenicità. In relazione a quanto espresso, uno dei primi, semplici e più importanti utilizzi dell’ecografia consiste proprio nel distinguere le masse liquide da quelle solide. In realtà la distinzione tra liquido e componente solida non risulta sempre così netta non soltanto perché alcuni liquidi possono risultare ecogeni ma anche perché alcune neoplasie possono presentarsi poco ecogene per la loro struttura molto omogenea.

Nel caso di una struttura ipoecogena sono generati pochi echi rispetto al parenchima circostante.

Al contrario in un’immagine iperecogena la struttura genera tanti echi di ritorno per la presenza di una differenza molto elevata di impedenza acustica.

Infine nel caso di una struttura isoecogena gli echi vengono generati in maniera eguale alle strutture circostanti.

Figura 11: Immagini ecografiche della base linguale in cui si osserva una lesione ipoecogena111.

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