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6.1. VERIFICA DELL’IPOTESI

Dal livello di significatività emerso dallo studio t di Student su dati non categorizzati si evince che i valori rilevati tramite tecnica non invasiva siano sempre significativamente più elevati rispetto a quelli rilevati tramite tecnica invasiva. Nonostante questa differenza, i valori ottenuti con entrambe le metodiche dimostrano una forte correlazione. Dall’osservazione dei dati, si può osservare come il TCD non sottostimi mai il valore di ICP, confermando l’ipotesi elaborata all’inizio dello studio. A ulteriore conferma di questo dato, si noti come la sensibilità dello strumento nell’individuare uno stato di non ipertensione intracranica risulti del 100%, in quanto in nessuno dei pazienti il valore di ICPs risulta inferiore a quello di ICPi, e quindi il Valore Predittivo Negativo sia uguale a 1, derivando da una popolazione in cui in effetti il dato stimato tramite TCD non è mai normale se il gold standard invasivo è elevato.

I risultati ottenuti tramite categorizzazione per timing di acquisizione dei dati mostrano per ogni fase un indice di Pearson suggestivo di forte grado di correlazione: nonostante aprioristicamente avessimo ritenuto il primo momento di registrazione quello più facilmente soggetto a interferenze che potessero inficiare sul risultato statistico dello studio, nell’analisi dei dati raccolti è emerso che il timing di acquisizione con un indice di correlazione inferiore è stato il secondo (r = 0.602, con una p = 0,004 al limite della significatività statistica). In questa fase sono stati analizzati i dati raccolti dopo l’inserimento del catetere: per questo motivo, si ipotizza che la maggiore variabilità dei dati sia dovuta da una parte a un inevitabile effetto di fuoriuscita di liquor che si ottiene creando una soluzione di continuo tra lo spazio liquorale e l’esterno nel momento del posizionamento del sensore (che ha un piccolo ma apprezzabile effetto di diminuzione della pressione intracranica), e contemporaneamente a un aumento del CBF verificantesi durante la fase di recupero dall’anestesia indotta per l’esecuzione dell’intervento neurochirurgico. Quest’ultimo evento, già descritto in letteratura [140], si sospetta essere una risposta non specifica allo stress indotto dalla manipolazione del distretto intracranico.

Il maggiore agreement che invece si verifica nel primo tempo di acquisizione potrebbe essere spiegato dall’opposto effetto che ha l’anestesia sul CBF nelle fasi di post-induzione e mantenimento: studi animali [141] [142] avevano già suggerito un effetto di diminuzione del CBF secondario all’utilizzo di anestetici, che poi è stato confermato tramite studi sull’uomo, i quali hanno osservato una generale riduzione del CBF in corso di anestesia, accompagnata da diminuzione delle velocità in MCA [143]; questo stesso effetto potrebbe influenzare la stima

dell’ICP, rendendola in un certo senso più vicina al valore riscontrato tramite sensore, che invece risentirebbe negativamente della fuoriuscita di liquor che inevitabilmente si verifica nell’inserzione del catetere, come già analizzato precedentemente. Ciò che comunque è interessante notare è che, nonostante vi possano essere stati dei confondimenti determinati dall’utilizzo farmacologico e dalla manipolazione chirurgica, la correlazione sia sempre rimasta forte e, soprattutto, l’ICPs è sempre risultata maggiore di quella rilevata tramite sensore.

Per quanto riguarda la categorizzazione effettuata in base all’utilizzo o meno dell’EVD, dal grafico di Bland-Altman emerge una congruenza tra i dati dei pazienti con EVD e quelli con gli altri sensori, resa evidente dal fatto che la distribuzione dei dati è casuale ed essendo nella maggioranza dei casi contenuto all’interno dell’Intervallo di Confidenza al 95% della differenza media calcolato, nonostante questo intervallo sia molto ampio poiché riflette la diversità dei valori medi ottenuti tramite le due metodiche invasiva e non invasiva. Questa disparità di valori risulta tuttavia sovrapponibile a quella analizzata nel Diagramma di Bland-Altman effettuato sui dati non categorizzati, suggerendo che non ci siano differenze significative tra valori medi nei pazienti con EVD o senza, e che quindi i dati ottenuti tramite TCD e quelli ottenuti da tutte le tecniche invasive abbiano simile grado di congruenza.

6.2. PROSPETTIVE FUTURE: IL TCD COME GUIDA NELLA VALUTAZIONE

DELL’IPERTENSIONE INTRACRANICA NELLE PRIME FASI DI ACCETTAZIONE DEL PAZIENTE

RIANIMATORIO

Lo scopo per cui è stato ideato questo studio si proponeva di valutare l’affidabilità del Doppler transcranico nello stimare uno stato di non ipertensione intracranica nei pazienti a rischio di sviluppo di questa stessa complicanza. Recentemente, numerosi studi si sono proposti di valutare quale potesse essere il ruolo del TCD nella stima dell’ICP [144] [145] [146], ma ognuno di questi studi ha posto la propria attenzione sull’andamento dello strumento nel caso di rilevazione di ipertensione endocranica, ribadendo che a causa delle diverse condizioni che possono aumentare le resistenze cerebrovascolari, le velocità che vengono rilevate tramite TCD non possono essere considerate attendibili perché aumentate, e tale alterazione si esprimerebbe anche sulla formula nella stima dell’ICP, risultando in valori sensibilmente alterati. Nella nostra ottica, il punto di partenza è stato ribaltato: dimostrato che il TCD può non essere affidabile in caso di ipertensione endocranica, e considerato che le complicanze patologiche che intervengono in sede intracranica in caso di grave danno cerebrale possono comportare alterazioni tali da favorire la sovrastima dell’ICPs, ci si è chiesti se questo non potesse essere sfruttato nell’esclusione di ipertensione endocranica, in modo da poter guadagnare uno strumento utile nell’identificare quei pazienti candidabili all’inserimento di sensore invasivo. I dati da noi ottenuti, dimostrando una specificità dell’86,5% e una sensibilità del 100% dello strumento, sembrano convalidare quest’ipotesi, sostenendo quindi l’utilità del TCD non come strumento diagnostico di ipertensione endocranica quanto ottimo strumento in grado di escluderne la presenza, la cui applicazione potrebbe risultare utile sia nelle fasi precoci di triage del paziente con danno cerebrale acuto, sia nel contesto clinico di degenza del malato stesso. L’applicazione di tale metodica con lo scopo di escludere la presenza di questa devastante complicanza permetterebbe dunque di separare quei pazienti che non necessiterebbero di device invasivo dai pazienti che invece ne hanno bisogno, risparmiando loro il costo chirurgico e anestesiologico di un intervento non necessario. La prospettiva di utilizzo del Doppler nelle prime fasi di ammissione ospedaliera è da poco entrata in letteratura, anche se con scopi diversi rispetto a quelli da noi analizzati: in un recente studio sudamericano [148], è stata analizzata l’utilità del TCD nel guidare la prima fase di rianimazione dei pazienti in coma di diversa eziologia, prima dell’esecuzione dell’imaging e l’eventuale posizionamento di catetere invasivo; pur essendo uno studio a carattere interventistico incentrato sulla valutazione della perfusione e del CBF piuttosto che sulla valutazione della pressione intracranica, ed effettuato su una casistica estremamente eterogenea di pazienti che

potevano presentare o meno danno cerebrale acuto, condivide con il nostro studio lo scopo ultimo di introdurre il TCD nella pratica clinica di triage.

6.3. LIMITI DELLO STUDIO

Sicuramente, la limitazione principale dello studio è data dal piccolo numero di pazienti che è stato possibile includere: purtroppo, non è stato possibile utilizzare i dati di tutti i pazienti candidati al monitoraggio invasivo dell’ICP a causa dell’inaccessibilità della finestra acustica, che ha reso impossibile l’esecuzione dell’esame TCD.

In secondo luogo, lo studio si riferisce a un valore soglia di pressione intracranica pari a 20 mmHg, il quale non è tuttavia riconosciuto universalmente come limite di ipertensione endocranica [82]: alcuni Autori, infatti, fanno riferimento a una soglia di 25 mmHg per diagnosticare tale condizione. La scelta di includere nel protocollo pazienti con diverse condizioni patologiche e con l’utilizzo di diverse metodiche invasive per la valutazione dell’ICP può creare disomogeneità tra i dati raccolti, nonostante permetta anche di valutare la reale efficacia dello strumento esattamente nell’ambito e con le difficoltà con cui ci si propone di utilizzarlo in un’ottica futura. Per lo stesso motivo, il

timing di misurazione dei dati che si è scelto può da un lato includere dati soggetti ad alterazione

a causa delle manovre neurochirurgiche del posizionamento del sensore per la valutazione dell’ICP, ma dall’altro permette di valutare l’affidabilità dello strumento proprio nelle prime fasi di acquisizione del dato di ICP.