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3. IPERTENSIONE INTRACRANICA E UTILIZZO DEL TCD NELLE PATOLOGIE ENCEFALICHE

3.1. TRAUMA CRANICO

3.1.1. EPIDEMIOLOGIA

Il trauma cranico rappresenta per frequenza e per impiego di risorse che comporta, uno dei maggiori problemi sanitari a livello mondiale. E’, infatti, la causa principale di morte e disabilità nella popolazione giovane e adulta. L’OMS ha stimato circa 7.800.000 nuovi casi ogni anno, 1.500.000 decessi e 2.500.000 persone affette da danni permanenti. Nel mondo ogni 15 secondi si verifica un trauma cranico e ogni 12 minuti un decesso per tale causa.

L’Italia, tra i paesi industrializzati, ha un’incidenza tra le più alte: almeno 200-300 persone per 100.000 abitanti ogni anno sono ricoverate in ambiente ospedaliero a causa di un trauma cranico, con una mortalità di 10 casi su 100.000 abitanti/anno. Il trauma cranico è responsabile del 50% di tutte le morti traumatiche e del 2% di tutti i decessi. L’incidenza più alta è nei giovani, con picco tra i 15 ed i 24 anni e picchi secondari comprendenti i bambini e gli anziani. La fine della primavera e l’estate rappresentano i periodi annuali in cui avvengono più traumi cranici, mentre il venerdì e il sabato (pomeriggio e notte) i giorni della settimana a più alta frequenza. Si deve inoltre ricordare che più del 50% dei pazienti con trauma cranico grave presenta un politrauma associato, con conseguente aggravamento dei costi sociali.

Gli incidenti stradali (48%) rappresentano la percentuale maggiore tra le diverse cause responsabili del trauma cranico e ciò spiega anche la più alta incidenza di traumi cranici nei giovani e durante il weekend. Il gran numero di persone che subisce lesioni, più o meno gravi, in seguito a incidenti stradali costituisce la prova che, anche in termini di costi sociali legati all’assistenza e alla riabilitazione, i traumi cranici rappresentano una “emergenza” non trascurabile. Non bisogna tuttavia dimenticare che una notevole importanza assumono anche i traumi cranici da incidenti domestici, che rappresentano  25% di tutti i traumi cranici. In particolare, oltre il 50% dei traumi cranici dovuti a incidenti domestici si riferisce, in entrambi i sessi, alla classe di età compresa al di sotto dei 4 anni e, in questa classe di età, rappresenta la prima causa di morte.

Per quanto riguarda la mortalità per trauma cranico da incidente stradale, l’OMS ha stimato in circa 1.200.000 i decessi da attribuire a questa causa, con una maggiore prevalenza nei Paesi poveri del mondo e con centinaia di migliaia di feriti e di invalidi permanenti. Per quanto riguarda il nostro Paese, al di sotto dei 40 anni di età, la mortalità per incidente stradale rappresenta oltre

il 50% del totale dei decessi. Mentre nel 1970 circa il 70% dei decessi da incidente stradale era secondario a trauma cranico, col passare degli anni questa quota si è stabilizzata intorno al 50% e, sempre in termini relativi, le lesioni del torace, dell’addome e del bacino hanno assunto maggiore importanza, rendendo conto di circa il 40% delle lesioni mortali.

3.1.2. FISIOPATOLOGIA

La specificità delle richieste metaboliche e la limitata riserva energetica rendono il tessuto cerebrale particolarmente vulnerabile a qualsiasi insulto traumatico. In condizioni di fisiologiche variazioni della pressione di perfusione cerebrale (CPP) esiste un efficiente accoppiamento tra apporto di ossigeno sostenuto dal flusso ematico cerebrale (CBF) e consumo metabolico di ossigeno (CMRO2). In seguito a un trauma, riduzioni della CPP dovute a un’ipotensione sistemica o

a un incremento della pressione intracranica (ICP) possono condurre a una riduzione globale o regionale dell’apporto di ossigeno.

Concettualmente il danno da trauma cranico può essere classificato in lesioni primarie e lesioni

secondarie. Le lesioni primarie sono dovute all’impatto durante il trauma, quelle secondarie

avvengono come conseguenza di ischemia o ipossia. Il trattamento del paziente con neurotrauma è focalizzato sulla prevenzione di quest’ultime.

Figura 3.1. Rappresentazioni schematiche dello sviluppo del danno in seguito a trauma cranico.

Nel momento dell’impatto il capo è soggetto a una varietà di forze esterne delle quali le maggiori sono la dimensione e la direzione dell’accelerazione e/o decelerazione subita in funzione del tempo. Poiché il tessuto cerebrale non è uniformemente composto e possiede proprietà visco- elastiche eterogenee, esso viene sottoposto a una complessa combinazione di sollecitazioni compressive, distorsive e di tensione che risultano in altrettanto complesse lesioni strutturali diffuse o focali, macroscopiche (ematomi intra o extra-assiali, contusioni) o microscopiche.

Bisogna inoltre ricordare che una forza applicata improvvisamente alla teca cranica può dare inizio a un’onda di pressione inducendo così lesioni da contraccolpo o danni alle strutture profonde.

A livello cellulare e microscopico il trauma scatena una risposta infiammatoria e citotossica: l’accumulo di neurotrasmettitori eccitatori induce l’attivazione dei recettori NMDA il cui risultato finale è la morte cellulare sia per la via apoptotica che necrotica. La risposta infiammatorie è sostenuta da una produzione di citochine pro-infiammatorie (IL-6) e anti-infiammatorie (IL-10) aumentata a cui si associa una upregulation delle molecole di adesione. Queste molecole causano un influsso precoce dei neutrofili nel tessuto lesionato e un arruolamento tardivo dei linfociti e macrofagi nonché una trasformazione delle cellule della microglia in cellule dendritiche. Quest’ultime sembrerebbero contribuire alla deposizione di amiloide nelle fasi più avanzate della risposta infiammatoria tardiva.

Perfusione cerebrale

Classicamente il flusso ematico cerebrale (CBF) ha un comportamento “trifasico” in seguito al trauma.

1. Nelle prime 12 h si osserva a una globale riduzione del CBF legata a una disfunzione del microcircolo che limita la capacità del tessuto cerebrale danneggiato di autoregolare per valori di pressione di perfusione (CPP) < 60-70 mmHg, per cui il CBF regionale può scendere sotto i livelli ischemici.

2. Tra le 12 e le 24 h dopo il trauma, il CBF aumenta al di sopra dei valori di normalità. Molti Autori fanno riferimento a questa fase in termini di iperemia, in realtà l’assenza di una relativa riduzione nella frazione di estrazione di ossigeno suggerisce che l’accoppiamento flusso-metabolismo venga preservato, pertanto pare più appropriato parlare di iperperfusione piuttosto che di iperemia almeno in certi casi.

3. I valori di CBF cadono dopo alcuni giorni dopo l’evento. Tali riduzioni riconoscono come possibile meccanismo lo sviluppo di vasospasmo secondario alla presenza di sangue nello spazio subaracnoideo (emorragia subaracnoidea post-traumatica).

Le risposte emodinamiche sopracitate definiscono inoltre il contributo del compartimento vascolare alle variazioni incrementali della pressione intracranica (ICP) nel tempo. Immediatamente dopo il trauma, l’aumento dell’ICP è solitamente conseguenza dell’edema citotossico in cui si verifica un rigonfiamento cellulare secondario all’accumulo di cationi all’interno di neuroni e astrociti. A partire dal secondo giorno, l’aumento del flusso ematico cerebrale (CBF) e del volume ematico cerebrale (CBV) fa sì che la congestione vascolare contribuisca in maniera importante all’ipertensione intracranica. L’integrità della barriera emato-

encefalica sembra diventare compromessa: la presenza di gradienti osmotici (ionici e macromolecolari) e idrostatici inducono rigonfiamento cerebrale dovuto alla formazione di edema vasogenico con stravaso di ultrafiltrato proteinaceo. Il processo alla base di tale disfunzione della barriera emato-encefalica non è ancora del tutto compreso, diversi sono i meccanismi che sono stati proposti: retrazione delle cellule endoteliali, disaccoppiamento delle

tight junction, proteolisi delle membrane (che si possono verificare per attivazione della cascata

infiammatoria). In casi estremi lo stress ossidativo secondario a prolungata ischemia e aggravato dalla riperfusione, può compromettere l’integrità capillare a tal punto da condurre a una conversione emorragica del quadro.

In condizioni fisiologiche, l’ICP rappresenta la pressione per la quale produzione e riassorbimento di liquido cefalo-rachidiano (CSF) sono in equilibrio. La produzione di CSF solitamente rimane costante se la CPP è adeguata, mentre il riassorbimento è un processo passivo guidato dalla pressione del liquido cefalorachidiano stesso.

Il contenuto della scatola cranica è confinato rigidamente dalla teca ossea, pertanto piccoli incrementi nel volume dovuti a edema cerebrale, congestione vascolare o presenza di lesioni con effetto massa possono essere inizialmente compensati da una traslocazione di liquor nello spazio subaracnoideo spinale o da una riduzione del volume ematico venoso. Una volta che questo meccanismo si è esaurito oppure se la circolazione e/o drenaggio del CSF sono alterati (i.e. compressione delle cisterne della base, sangue nello spazio subaracnoideo o nei ventricoli), la pressione intracranica necessariamente aumenterà secondo una curva di compliance (pressione- volume).

Dal momento che la CPP è determinata dalla differenza tra la pressione arteriosa media (MAP) e l’ICP, un’ICP elevata causa ischemia cerebrale. Aumenti prolungati della pressione intracranica sono associati a prognosi infausta; ogni incremento dell’ICP al di sopra dei 20-25 mmHg per più di 5 min va trattato.

La pressione parziale di anidride carbonica nel sangue arterioso (PaCO2) è uno dei più potenti

regolatori dell’emodinamica cerebrale, infatti il CBF aumenta linearmente (per vasodilatazione) di circa il 33% per ogni aumento di 10 mmHg nella PaCO2 (quando la PaCO2 si trova in un range tra

22 e 75 mmHg). La relazione tra PaCO2 e CBV e ICP è molto meno prevedibile. Il CBV costituisce

solo il 5% del volume intracranico totale ma dal momento che il cervello è situato in uno spazio chiuso, anche un piccolo cambiamento del volume ematico cerebrale può avere importanti effetti sull’ICP soprattutto in quadro di ridotta compliance intracranica. L’ipossia è un altro potente vasodilatatore cerebrale in grado di disabilitare la vasocostrizione da ipocapnia. Il CBF aumenta rapidamente quando la PaO2 cade al di sotto i 50-60 mmHg.