4. PROTOCOLLO SPERIMENTALE
4.1. RAZIONALE E SCOPO DELLO STUDIO
Come integrazione al trattamento intensivistico dei traumi cranici, la pressione intracranica (ICP) dovrebbe essere controllata quando la pressione di perfusione cerebrale (CPP) scende al di sotto di 60-70 mmHg (a seconda della causa del danno) e/o l’ICP è > 20 mmHg.
L’ipertensione intracranica si presenta in 40% di tutti i pazienti con danno cerebrale severo e non è infrequente in pazienti con danno cerebrale non traumatico, come l’emorragia subaracnoidea (SAH), l’emorragia intracerebrale spontanea (SICH), e lo stroke ischemico (IS), e la presenza di ipertensione intracranica e inadeguata CPP è stata correlata con una cattiva prognosi. Perciò, sistemi di monitoraggio di ICP e CPP dovrebbero essere messi in atto precocemente nei pazienti con danno cerebrale severo.
4.1.1. MONITORAGGIO
Il monitoraggio dei pazienti con danno cerebrale (BI) è essenziale per guidare e ottimizzare la terapia. Il razionale del monitoraggio è il rilevamento precoce e la diagnosi di insulti cerebrali secondari, sia sistemici sia intracranici, e deve comprendere un monitoraggio neurologico sia generale sia specifico.
Le linee guida della Brain Trauma Foundation (BTF) per la gestione dei TBI raccomanda che “l’ICP dovrebbe essere monitorata in tutti i pazienti salvabili con TBI severo e un’anormale TC”.
Basandosi su princìpi fisiologici, potenziali benefici del monitoraggio dell’ICP includono:
rilevazione precoce di lesioni intracraniche occupanti massa;
guida alla terapia;
evitamento dell’uso indiscriminato di terapie per il controllo dell’ICP;
drenaggio del CSF con riduzione dell’ICP e miglioramento della CPP;
determinazione della prognosi.
Attualmente i metodi disponibili per il monitoraggio dell’ICP includono le vie epidurale, subdurale, subaracnoidea, parenchimale e ventricolare. Storicamente, il cateterismo ventricolare è stato usato come procedura standard ed è preferito quando possibile. E’ il metodo più accurato e affidabile per il monitoraggio dell’ICP [100]. I monitoraggi subaracnoideo, subdurale ed epidurale sono meno accurati.
una componente di rischio e da un costo.
Il trattamento dell’ipertensione intracranica dovrebbe essere iniziato quando l’ICP supera il valore soglia di 20 mmHg (alcuni centri hanno come valore soglia 25 mmHg). Molti clinici supportano l’uso del monitoraggio dell’ICP in pazienti con BI a rischio di ipertensione intracranica: valori di ICP assoluti sono predittivi della prognosi neurologica. Treggiari et al. hanno condotto uno studio sistematico per la stima dell’associazione tra i valori e i pattern di ICP e le prognosi vitale e neurologica a breve e lungo termine. Valori di ICP > 40 mmHg sono stati associati con un elevato OR di morte. Pattern di ICP refrattari sono stati associati a drammatici incrementi del rischio relativo di morte.
4.1.2. DOPPLER TRANSCRANICO
Nuovi metodi sono stati sviluppati per la misurazione non invasiva dell’ICP. Una di queste utilizza il Doppler transcranico (TCD).
Le tecniche per il monitoraggio dell’emodinamica cerebrale attraverso l’uso del TCD sono state introdotte da Aaslid et al. nel 1982 [42]. Utilizzando un Doppler a bassa frequenza pulsata di 2 MHz, attraverso le finestre acustiche (dove le ossa craniche sono più sottili) o attraverso il forame magno, è possibile misurare le velocità di flusso delle arterie cerebrali maggiori.
E’ stato proposto un vasto spettro di scenari di utilizzo del TCD, compresi il riscontro di vasospasmo nella SAH, il rilevamento di embolizzazione cerebrale e di malattia steno-occlusiva, valutazione dei circoli collaterali, valutazione della ricanalizzazione, studio dell’autoregolazione cerebrovascolare, evidenza dell’arresto del circolo cerebrale, misurazione dell’ICP [101] [102]. L’American Society of Neuroimaging’s Practice Guidelines Committee ha sviluppato linee guida standardizzate per l’utilizzo del TCD [103] [104].
Il primo approccio alla valutazione della pressione intracranica attraverso il Doppler è avvenuto nel 1987 grazie al lavoro di Klingelhofer e colleghi in cui veniva correlato all’aumento di ICP un concomitante incremento del resistivity index (RI) [105] [106]. Questo indice, chiamato anche indice di Pourcelot, è espresso dalla formula:
𝑅𝐼 =𝐹𝑉𝑝𝑒𝑎𝑘 𝑠𝑦𝑠− 𝐹𝑉𝑒𝑛𝑑 𝑑𝑖𝑎 𝐹𝑉𝑝𝑒𝑎𝑘 𝑠𝑦𝑠
E’ indicativo della resistenza di un organo al flusso ematico. Malgrado l’innovatività di tale approccio, l’RI è stato negli anni discusso a causa della notevole influenza esercitata dalle velocità sistoliche sul calcolo dell’indice stesso, che possono facilmente alterare il vero significato di resistenza espresso dall’RI stesso.
Per ovviare a tale confondimento, la formula che attualmente viene più sfruttata nella stima dell’ICP è il pulsatility index (PI) di Gosling, introdotto nel 1974 [107]:
𝑃𝐼 =𝐹𝑉𝑝𝑒𝑎𝑘 𝑠𝑦𝑠− 𝐹𝑉𝑒𝑛𝑑 𝑑𝑖𝑎 𝐹𝑉𝑚𝑒𝑎𝑛
Entrambi gli indici sono basati sul cambiamento che si verifica nell’onda di flusso quando l’emodinamica intracranica si modifica: quando l’ICP cresce, il flusso diastolico si riduce più di quello sistolico e di conseguenza aumenta la loro differenza, che si traduce in un incremento dei valori di PI e di RI.
La fortuna che RI e PI hanno riscontrato nella pratica clinica consta nel non essere influenzati dall’angolo di insonazione, a differenza delle loro singole componenti, eliminando così un possibile fattore confondente [108].
Nel 2012, uno studio pubblicato da De Riva et al. ha messo in discussione la reale affidabilità del PI come indice di ipertensione endocranica, mostrando come un aumento dell’indice di Gosling possa essere riscontrato sia in caso di onde plateau (in cui si osserva una vasodilatazione e una diminuzione delle resistenze vascolari) sia in caso di ipocapnia, che si accompagna a vasocostrizione e aumento delle resistenze vascolari cerebrali [109].
Un più innovativo approccio per la valutazione delle pressioni vigenti all’interno del compartimento intracranico è stato successivamente introdotto da Schmidt e dal gruppo di neuroricercatori dell’Università di Cambridge a ridosso degli anni 2000 [110] [111] [112] [113]: a differenza dei lavori precedenti, il punto di partenza considerato da questi Autori è stato un modello matematico, slegandosi completamente dalla tradizione degli anni precedenti basata sul PI.
Questo modello è basato in termini spaziali sulla relazione tra un input e un output di un sistema lineare non variabile nel tempo [110] e la sua capacità di essere controllato da parametri emodinamici, dove il segnale “ICP” viene considerato la risposta del sistema al segnale “ABP”. Questo approccio è stato giustificato precedentemente da studi condotti sugli animali [111] con l’intento di ricavare la forma dell’onda di polso dell’ICP.
Figura 4.1. [110]
Nei loro studi, le leggi di trasformazione dell’ABP in ICP erano controllate e continuamente aggiustate da alcuni parametri emodinamici selezionati e derivati dall’utilizzo del TCD, i quali risultavano caratterizzanti sia il pattern di presentazione delle velocità di flusso, che la relazione FV-ABP.
Attraverso tali calcoli è stato possibile giungere alla formula per la stima della CPP non invasiva (CPPs):
𝐶𝑃𝑃𝑠 = 𝑀𝐴𝑃 × 𝐹𝑉𝑒𝑛𝑑 𝑑𝑖𝑎−𝑀𝐶𝐴 𝐹𝑉𝑚𝑒𝑎𝑛−𝑀𝐶𝐴 + 14
dimostrando, inoltre, che la differenza tra CPPs e CPP è < 10 mmHg nell’89% dei casi, e < 13% nel 92% dei casi.
Gli Autori specificano nel medesimo lavoro che modificazioni della PaCO2, aterosclerosi e
vasospasmo, alterando le resistenze cerebrovascolari, possono allo stesso modo alterare il calcolo di CPPs al TCD: tipicamente nel vasospasmo, le velocità di flusso aumentate possono determinare una sovrastima della CPPs, mentre nell’ipercapnia, sebbene il risultato di sovrastima della CPPs sia identico, si assiste a una riduzione della velocità di flusso con concomitante squilibrio del rapporto tra la velocità telediastolica e quella media dell’MCA.
A partire da questa formula, dato che
𝐶𝑃𝑃 = 𝑀𝐴𝐵𝑃 − 𝐼𝐶𝑃 allora