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Nonostante l’introduzione di nuovi schemi terapeutici quali GemNab / FOLFIRI- NOX / FOLFOXIRI come standard di trattamento per il tumore del pancreas meta- statico o localmente avanzato, l’aspettativa di vita dei pazienti non candidabili a chi- rurgia rimane davvero scarsa2: infatti, nello studio condotto da Conroy et al. nel 2011 che ha portato all’introduzione della terapia con FOLFIRINOX come standard di trattamento per il MPC / LAPC, la sopravvivenza globale mediana è risultata di 11,1 mesi nel gruppo FOLFIRINOX (rispetto a 6,8 mesi nel gruppo gemcitabina), la so- pravvivenza mediana libera da progressione è stata di 6,4 mesi e il tasso di risposta obiettiva è stato del 31,6%.

Nei pazienti con malattia non resecabile, l’unica terapia attuabile per prolungare l’OS rimane la chemioterapia, la quale (soprattutto nel caso di FOLFIRINOX) rima- ne però gravata da pesanti effetti collaterali che possono limitare la qualità di vita del paziente (Tabella 8). Sono state testate diverse strategie volte a migliorare la tollera- bilità al trattamento, per lo più basate su dosi leggermente modificate di 5- fluorouracile e / o irinotecan (globalmente note come “FOLFIRINOX modificato”) o sulla somministrazione anticipata del supporto dei fattori di crescita granulocitari8⁠ : questo approccio sembra in effetti in grado di ridurre il tasso di eventi gastrointesti- nali o ematologici di grado 3-4, con risultati comparabili in termini di OS con lo stu- dio PRODIGE4-ACCORD118⁠ .

Data questa grande tossicità di FOLFIRINOX, sarebbe importante riuscire a prevedere la prognosi del singolo paziente in trattamento con questo schema terapeutico, al fine di migliorare la comunicazione tra paziente e oncologo242⁠ e soprattutto per poter escludere dalla terapia quei pazienti che non ne trarrebbero beneficio in termini di sopravvivenza. Lo sviluppo di un nomogramma che potesse predire la sopravvivenza a 6 mesi dei pazienti trattati con FOLFIRINOX ci è sembrato una interessante soluzione per ovviare a questa questione, vista la sua facilità di utilizzo e l’immediatezza dei risultati: questo strumento consente infatti di predire diversi outcomes (nel nostro caso, il rischio di morte precoce entro i 6 mesi dall’inizio della terapia con FOLFIRINOX) sulla base di alcune caratteristiche prognostiche prese in esame nel singolo paziente; a tali caratteristiche viene infatti assegnato un punteggio, e dalla somma di tutti i punteggi rilevati per i singoli parametri clinici e laboratoristici considerati deriva un punteggio totale cui corrisponde una probabilità di decesso a 6 mesi (Figura 10 e 11). Inoltre, in caso di studi clinici, un nomogramma prognostico potrebbe dimostrarsi uno strumento utile per una migliore stratificazione dei pazienti arruolati, consentendo la suddivisione della popolazione in sottogruppi prognostici.

Abbiamo esplorato numerosi fattori che, secondo la letteratura precedente, si ritiene che potenzialmente siano associati all’OS dei pazienti con MPC, quali: sesso, età, ECOG PS, sede del tumore, stadio TNM, chirurgia di resezione precedente, chemioterapia adiuvante, numero di sedi metastatiche coinvolte, metastasi epatiche, metastasi polmonari, metastasi peritoneali, metastasi ossee, livelli di CA 19.9, NLR e PLR. Tali fattori sono stati scelti perché fossero facilmente disponibili e misurabili, e

perché avessero un impatto significativo sulla prognosi di questa popolazione di pazienti. Nella Tabella 9, sono riportati i principali fattori prognostici individuati dagli studi MPACT e PRODIGE 4/ACCORD 11 per quanto riguarda la terapia con Gemcitabina / Nab-paclitaxel e FOLFIRINOX192, e nella Tabella 10 sono riportati i

fattori prognostici che sono stati riscontrati come indipendentemente associati all’OS all’analisi multivariata nei pazienti in trattamento con GONO FOLFOXIRI nello studio condotto da Vivaldi et al.

Il nostro studio ha quindi identificato quattro variabili che sono state accettate come parametri indipendenti associati all’OS all’analisi multivariata nei pazienti trattati con FOLFIRINOX, ovvero: ECOG PS, NLR, metastasi epatiche e i livelli di CA19.9. Visto che questi parametri sono rapidamente abbordabili e quantificabili nel corso della storia clinica del paziente, questo rende il nostro nomogramma accessibile nella routine clinica.

Per quanto riguarda il valore di CA 19.9, la letteratura precedente ha già dimostrato come i pazienti con livelli elevati di CA 19-9 all'inizio della chemioterapia di prima linea presentino una sopravvivenza significativamente ridotta rispetto agli altri73; la

normalizzazione o una diminuzione dei livelli sierici di CA 19-9 ≥ 20 - 50% rispetto al basale dopo chemioterapia è associata invece ad una sopravvivenza prolungata.

L’importanza di questo marcatore era stata già analizzata da Ziske C. et al. nel 2003197, con uno studio che comprendeva 46 pazienti con MPC sotto trattamento con Gemcitabina: la OS mediana di tutti i pazienti era risultata di 392 giorni, ma nei pazienti con una concentrazione basale di CA 19.9 normale era stata di 579 giorni (IC 95% 442-734), mentre nei 41 pazienti che presentavano una concentrazione

basale di CA 19-9 aumentata era stata di 281 giorni (95% CI 223-339 giorni). I pazienti che rispondevano alla chemioterapia con una diminuzione dei livelli di CA 19-9 > 20% avevano avuto una OS di 383 giorni (95% CI 304-462 giorni), ovvero significativamente più lunga rispetto alla OS dei pazienti non responder (242 giorni, 95 % CI 214-270 giorni; P = 0,006); anche la PFS dei pazienti responder è risultata significativamente più lunga (199 giorni, 95% Cl 157-241 giorni) rispetto ai pazienti non responder (61 giorni, IC 95% 33-89 giorni; 0,002). Era già stata dunque ipotizzata un'implementazione razionale della determinazione di CA 19-9 durante la chemioterapia nel trattamento del PC, al fine di definire in modo migliore i sottogruppi di pazienti che avrebbero beneficiato o meno del trattamento (Figura

13).

È stato poi dimostrato come una diminuzione > 15% della concentrazione di CA 19-9 durante il trattamento con il vecchio schema terapeutico a base di 5-fluorouracile, epirubicina e cisplatino, fosse correlata ad una migliore sopravvivenza ed all’assenza di progressione obiettivamente valutata con la TC, rispetto invece ad un aumento della concentrazione di CA 19-9 (Gogas et al, 1998)243.

Nello studio condotto da Reni et al. nel 2017, invece, è stata valutata l’influenza del valore di CA 19.9 nei pazienti con BLPC e LAPC trattati con chemioterapia neoa- diuvante seguita dall’eventuale resezione chirurgica. È stato quindi riscontrato, a sot- tolineare l’importanza del CA 19.9 come fattore prognostico quale è risultato anche alla nostra analisi, che tra i pazienti sottoposti a chirurgia la sopravvivenza mediana (MS) è stata significativamente correlata ai valori di CA 19.9 piuttosto che alla di- stinzione BLPC / LAPC o alla risposta radiologica: infatti, nei pazienti resecati ma con assenza di diminuzione dei valori di CA 19.9, la sopravvivenza è risultata infe-

riore rispetto ai pazienti responder (MS 15.0 vs 31.5 mesi, P = 0.04) ed è stata simile ai pazienti non responder che non sono stati neanche sottoposti a resezione (MS 10.9 mesi, P = 0.25).

Per concludere, come dimostrato anche in questo studio, la risposta del CA19.9 può quindi consentire una migliore selezione dei pazienti che beneficeranno della resezione dopo chemioterapia primaria in caso di BLPC o LAPC.

Per quanto riguarda l’ECOG PS, diversi studi hanno già dimostrato come il

performance status sia un importante fattore prognostico indipendente per la

sopravvivenza. Inoltre, i pazienti con uno scarso PS di solito non beneficiano di regimi di chemioterapia combinati o intensi. Louvet et al. hanno confrontato il trattamento con gemcitabina / oxaliplatino con metastasi a distanza in due gruppi, uno con PS scadente (ECOG 2) e l’altro con un buon PS, dimostrando che questa variabile è un fattore prognostico negativo indipendente244.

Per quanto riguarda le metastasi epatiche, lo studio condotto da Conroy et al. nel 2013173 ha già dimostrato come esse siano fattori indipendenti predittivi di scarsa prognosi nei pazienti con MPC trattati con Gemcitabina / Nab-paclitaxel. Il numero di sedi metastatiche e le metastasi polmonari, peritoneali e ossee non sono invece ri- sultate significative all’analisi multivariata nel nostro studio.

Per quanto riguarda il rapporto neutrofili / linfociti, è già stato dimostrato come un elevato NLR sia correlato ad una OS peggiore245,246. Questo è dovuto al legame di questo fattore con l’infiammazione sistemica: in particolare, i neutrofili possono

secernere il VEGF ed altre citochine (quali l’IL-10 e il TNF-alfa) che agiscono come promotori della crescita tumorale188.

La trombocitosi e quindi il PLR, nonostante siano anch’esse fattori correlati all’infiammazione cronica, alla nostra analisi multivariata non hanno dimostrato di avere un valore prognostico indipendente.

La letteratura supporta l'importanza prognostica di queste variabili individuate anche nei pazienti con carcinoma pancreatico trattati con la chemioterapia a base di gemcitabina, in particolare per quanto riguarda i valori di PS e CA19.9223,241,247: ⁠ negli studi condotti da Kurihara et al. nel 2015 e da Sawaki et al. nel 2008, sono state riscontrate come variabili indipendenti legate alla prognosi dei pazienti trattati con Gemcitabina il PS, la conta assoluta dei neutrofili (ANC), lo stadio, la sede del tumore primario e i livelli di proteina C reattiva; lo studio di Kou et al. del 2016, invece, prendendo in considerazione 306 pazienti con APC e trattati con chemioterapia palliativa, ha identificato sei fattori prognostici significativi all’analisi multivariata, ovvero PS, la presenza di malattia metastatica, lo status unresectable alla diagnosi, i livelli di CEA, i livelli di CA 19.9 e NLR.

Alcune delle variabili che erano già state individuate in questi studi (PS, livelli di CA 19.9 nel siero e NLR) sono state quindi confermate anche nel nostro nomogramma.

Comunque, dai dati disponibili in letteratura, la nostra analisi è il primo tentativo di includere questi fattori prognostici in un modello in grado di prevedere la mortalità

precoce dei pazienti MPC / LAPC trattati con un regime più moderno quale è FOLFIRINOX.

Inoltre, stratificare i pazienti in base alla presenza di ogni singola variabile ha portato all’identificazione di quattro sottogruppi associati a diversi tassi di sopravvivenza (Figura 14: curve di sopravvivenza per le diverse categorie di rischio). In particolare, nel gruppo di pazienti a rischio minore (ovvero che non possedevano alcuna caratteristica prognostica negativa), l’OS mediana è risultata maggiore di quasi tre volte (18.3 vs 7.2 mesi) rispetto a quella osservata nella categoria a rischio più alto (presenza di > 2 caratteristiche prognostiche sfavorevoli), rendendo l'informazione recuperata dal nomogramma utile sia per la pratica clinica che per la ricerca; negli altri due sottogruppi individuati, la OS mediana è risultata di 10.8 mesi (95%CI 9.4-12.9) per i pazienti con 2 caratteristiche prognostiche sfavorevoli e di 13.9 mesi (95%CI 12.5-16.6) per i pazienti con un solo fattore di rischio.

Tale suddivisione in sottogruppi a diversa prognosi è già stata studiata nella lettera- tura precedente per quanto riguarda i trattamenti con Gemcitabina e con Gemcitabina / Nab-Paclitaxel. In particolare, nello studio condotto da Sawaki et al. su pazienti con MPC trattati con gemcitabina, la popolazione è stata suddivisa in tre gruppi a pro- gnosi buona (prognostic index, PI = 3 o 4), discreta (prognostic index = 5-7) e scarsa (prognostic index = 8) sulla base delle caratteristiche precedentemente citate nel te- sto, e la sopravvivenza mediana è risultata di 265, 155 e 65 giorni per ciascun cam- pione, rispettivamente (P <0.0001).

Invece, nello studio condotto da Kou et al. nel 2016 su pazienti con tumore del pan- creas avanzato (APC) trattati con chemioterapia palliativa, i pazienti sono stati classi- ficati in tre gruppi prognostici, favorevole (PI 0-1, n = 73), intermedio (PI 2-3, n = 145) e scarso (PI 4-8, n = 88), sempre sulla base delle caratteristiche precedenti, e il periodo di OS mediana per ciascun sottogruppo prognostico è stato di 16,5, 12,3 e 6,2 mesi, rispettivamente (P <0,001).

In mancanza di biomarcatori predittivi convalidati in tale setting209⁠ , il nostro nomogramma potrebbe rappresentare un surrogato sufficiente per l'individuazione di sottogruppi molecolari con un potenziale impatto sul decorso della malattia e stimola la ricerca sulle basi biologiche dimostrando l'influenza di queste variabili cliniche sull'outcome di sopravvivenza.

Lo studio di fase III MPACT, condotto da Conroy et al.2, aveva identificato all’analisi univariata come fattori prognostici clinici indipendenti predittivi di una prognosi negativa l’ECOG PS 1, il sesso maschile, il tumore primitivo del corpo o della coda, le metastasi epatiche, le metastasi sincrone e un basso valore di albumina basale. Tuttavia, all’analisi multivariata, tali fattori prognostici negativi per la so- pravvivenza globale sono stati ridotti a quattro, ovvero metastasi sincrone, metastasi epatiche, un basso livello basale di albumina (< 3.5 g / dL) ed un’età > 65 anni, uti- lizzando il modello di regressione di Cox: due di queste variabili sono state quindi confermate anche dal nostro studio per quanto riguarda la terapia con FOLFIRINOX. Invece, per quanto riguarda il nomogramma sviluppato a partire dalla banca dati MPACT, tra i sette diversi fattori che erano stati individuati nel loro studio, tre sono stati inclusi anche nel nostro nomogramma. Il nomogramma sviluppato da Goldstein

et al. nel 2017 per gli 861 pazienti trattati con Gemcitabina plus Nab-Paclitaxel com- prendeva infatti, come variabili indipendenti, performance status, NLR, metastasi epatiche, i livelli di albumina sierica, la somma delle lesioni a diametro maggiore, l’uso analgesico ed il braccio di trattamento240⁠ . Le diverse variabili individuate da

Goldstein et al. sono riportate nella Figura 15.

Tale affinità dei parametri tra il nostro nomogramma e quello sviluppato da Goldstein et al. sottolinea ulteriormente la validità esterna del nostro lavoro. Inoltre, dal nomogramma MPACT di Goldstein et al., era emerso un contributo limitato del CA19.9 all’OS dei pazienti quando preso in analisi insieme a PS, NLR, lesioni epatiche e albumina sierica: infatti, i livelli di CA19-9, il numero di siti metastatici e le metastasi polmonari hanno contribuito individualmente solo di 1 punto all’interno del nomogramma; l’età ha invece contribuito fino a 7 punti, e il numero di metastasi fino a 10 punti. Al contrario, nel nostro studio, i livelli di CA19.9 si sono dimostrati il fattore predittivo di OS più forte tra le variabili analizzate, e ciò risulta in linea con la letteratura precedente: numerosi studi (tra cui uno dello stesso Goldstein del 2015248) hanno

infatti già stabilito in modo convincente come questo marcatore tumorale sia il principale determinante attendibile della prognosi del paziente in questa popolazione234,235⁠ .

Inoltre, il nomogramma MPACT è gravato da alcune limitazioni che lo rendono di scarsa utilità immediata nella pratica clinica di routine. Infatti, la mancanza di una validazione esterna, i pochi punti assegnati ad alcune variabili (quali l'uso di analgesici e il braccio di trattamento), la bassa riproducibilità di altri parametri (come ad esempio la somma dei diametri maggiori del tumore) e l'inclusione di pazienti

altamente selezionati a partire da un trial di fase III, sono tutti fattori che impediscono l'applicazione di questi risultati ad altre popolazioni e / o ad altri regimi di trattamento.

D'altra parte, alla luce delle variabili parzialmente sovrapposte incluse nei due nomogrammi e della facilità d'uso delle nostre variabili prognostiche, potrebbe essere interessante testare la validità di questo nomogramma FOLFIRINOX tra i pazienti trattati con altri regimi terapeutici, ovvero con Gemcitabina / Nab-paclitaxel.

Quando abbiamo pianificato lo sviluppo di questo studio, abbiamo deciso di costruire un nomogramma che si occupasse nello specifico del rischio di mortalità precoce invece che dell’OS in generale. Questa decisione è stata presa alla luce del rischio di tossicità associato a uno schema intensivo come FOLFIRINOX (vista l’elevata probabilità di gravi reazioni avverse quali neutropenia di grado 3 o 4, neutropenia febbrile, trombocitopenia, diarrea e neuropatia periferica) e di altri potenziali problemi che influenzano la vita quotidiana del paziente, come la necessità di impiantare un catetere venoso centrale per le infusioni prolungate dei farmaci. In effetti, FOLFIRINOX (a seconda del programma utilizzato) rimane indubbiamente un'opzione di trattamento impegnativa, da utilizzare idealmente nei pazienti in grado di trarre il massimo beneficio in termini di OS e risparmiando invece la terapia a quei pazienti che otterrebbero pochi se non nessun beneficio a causa dell’alta probabilità di scarsa sopravvivenza.

La scelta del periodo di 6 mesi come misura dell’outcome primario è basata sui risultati dello studio PRODIGE4-ACCORD11, che riportava una PFS mediana di 6,4 mesi e una OS mediana di 11,1 mesi nel braccio sperimentale3⁠ . A nostro avviso,

andare incontro ad una mortalità precoce entro i primi 6 mesi dall’inizio del trattamento (cioè un lasso di tempo inferiore alla PFS mediana prevista con FOLFIRINOX) può essere considerato un criterio di esclusione accettabile dalla chemioterapia con FOLFIRINOX.

La critica maggiore appuntabile al nostro studio si basa sulla sua natura retrospettiva. Tuttavia, le caratteristiche dei pazienti sono state in genere ben bilanciate nel DS e nel VS, e il campione di pazienti analizzati è numeroso: sono state incluse infatti 343 persone, di cui 137 incluse nel DS e 206 incluse nel VS, rispetto ai 303 pazienti inclusi nello studio di Kou et al., ai 223 di Reni et al., ai 182 di Kurihara et al. e ai 62 di Sawaki et al.

Inoltre, quando sono state studiate l'attività e l'efficacia del trattamento, non è stata riportata alcuna differenza in termini di RR (tasso di risposta), PFS e OS tra le due coorti e i risultati erano compatibili con i dati della letteratura.

In definitiva, è possibile prevedere con precisione il rischio di morte nei primi 6 mesi dall’inizio di FOLFIRINOX nel tumore del pancreas MPC / LAPC grazie a pochi parametri clinici e di laboratorio accessibili, riproducibili ed economici.

Il nostro nomogramma e le diverse categorie di rischio consentono una stratificazione prognostica immediata e forniscono uno strumento di facile interpretazione sia per i medici che per i pazienti. Nella pratica clinica, questo strumento potrebbe facilitare la comunicazione medico-paziente e migliorare la stratificazione prognostica nella ricerca clinica. È quindi giustificata la validazione di

questo strumento anche per altri regimi di trattamento come Gemcitabina / Nab- paclitaxel.

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