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CAPITOLO 1. Introduzione

1.4 Terapia medica della malattia metastatica

1.4.1 Opzioni di chemioterapia di prima linea

Circa il 50% dei pazienti con PDA viene diagnosticato con malattia metastatica a distanza (stadio IV) al momento della presentazione clinica65,135. La prognosi è negativa, con una OS mediana inferiore a 6 mesi e una sopravvivenza stimata a 2 anni di solo il 2%66.In questo contesto, la chemioterapia è utile per prolungare la sopravvivenza ed alleviare i sintomi.

Il 5-fluorouracile ha rappresentato la principale e praticamente unica opzione di trattamento per il cancro metastatico del pancreas fino al 1998179,180, nonostante i tassi di risposta fossero inferiori al 20% e la sopravvivenza mediana fosse di soli 6 mesi181.

Questa sostanza rappresenta un profarmaco che va incontro ad una serie complessa di reazioni biotrasformative che lo convertono in metaboliti ribosil- e

deossiribosilnucleotidici; il meccanismo d’azione è molteplice, agendo sia attraverso l’inibizione della timidilato sintetasi, sia attraverso l’incorporazione di 5-fluoro- uridina-trifosfato nell’RNA con relativa alterazione della sua elaborazione, sia attraverso l’incorporazione della 5-fluoro-desossiuridina-trifosfato nel DNA con relativa inibizione della sintesi e funzione182⁠ .

Il fluorouracile viene solitamente somministrato endovena, e la sua attività è fortemente condizionata dallo schema di somministrazione (in bolo o con schemi infusionali). Circa l’80-85% di una dose di 5-FU viene catabolizzato dalla diidropirimidindeidrogenasi (DPD), un enzima suscettibile di polimorfismi genetici.

Altri agenti chemioterapici o combinazioni di farmaci non hanno mostrato alcun miglioramento rispetto alla monoterapia 5-FU, fino allo studio randomizzato condotto nel 1997 da Burris et al.183⁠ che ha dimostrato la superiorità della gemcitabina (1000 mg / m2, da somministrare tramite infusione endovenosa in 30 minuti una volta a settimana per sette settimane consecutive, facendo poi seguire una settimana di riposo) rispetto al 5-fluorouracile (bolo settimanale di 600 mg / m2) per il carcinoma del pancreas avanzato: da questo studio emerse infatti che il gruppo trattato con Gemcitabina aveva avuto una risposta clinica significativamente migliore, definita in termini di miglioramento nel dolore, nel performance status e/o peso⁠ .

A partire da questo studio, la gemcitabina ha rappresentato quindi per anni il gold

standard di terapia nel trattamento dell’adenocarcinoma pancreatico metastatico e il

La Gemcitabina è un analogo fluorurato della desossicitidina che viene fosforilata a monofosfato dalla deossicitidina chinasi e successivamente da altre nucleosidochinasi che la trasformano in nucleosidi di- e tri-fosfati.

Il meccanismo d’azione di questo farmaco è molteplice: inibizione delle DNA polimerasi alfa e beta con relativo blocco della sintesi e riparazione di DNA, inibizione della ribonucleotide reduttasi con relativa diminuzione dei livelli di desossiribonucleosidi trifosfati necessari alla sintesi di DNA, incorporazione diretta di gemcitabina trifosfato nel DNA con relativa inibizione della sintesi e delle funzioni del DNA.

Questa molecola fu inizialmente approvata dalla FDA nel 1996 per il trattamento del cancro del pancreas e, in combinazione con cisplatino, per il trattamento del NSCLC⁠ .

Il successo della gemcitabina come singolo agente chemioterapico ha spinto i gruppi di ricerca di tutto il mondo a studiare altri possibili agenti chemioterapici che potessero ulteriormente migliorare i risultati e la sopravvivenza dei pazienti (Tabella

4).. Sono stati quindi condotti studi anche su una combinazione di altri farmaci con

comprovato successo nel cancro del colon-retto, tra cui FOLFIRINOX184,185 . Nel 2003 sono stati riportati i risultati di uno studio di fase I, che includeva 34 pazienti. Due dei pazienti con carcinoma pancreatico hanno presentato una risposta obiettiva, con una risposta completa⁠ . Queste osservazioni hanno dunque fomentato uno studio di fase II184 a braccio singolo in 47 pazienti naïve alla chemioterapia con carcinoma pancreatico avanzato⁠ . Nei 46 pazienti valutabili, il tasso di risposta globale è risultato del 26%, con un tasso di risposta completa del 4%. Il tempo mediano prima della progressione è stato di 8,2 mesi e la OS mediana è stata di 10 mesi. È stato

quindi avviato uno studio randomizzato di fase II, confrontando il regime FOLFIRINOX con la gemcitabina. Alla fine, i risultati promettenti (con tasso di risposta del 38,7% contro 11,7% della Gemcitabina) raggiunti in 88 pazienti sono stati presentati alla conferenza dell'American Society of Clinical Oncology (ASCO) del 2007, e lo studio è proseguito come studio randomizzato di fase III PRODIGE 4 / ACCORD 112.

Lo studio PRODIGE 4 / ACCORD 11 del 2011, condotto in 48 centri francesi, ha quindi randomizzato 342 pazienti con ECOG di 0-1 per ricevere il trattamento con FOLFIRINOX (oxaliplatino 85 mg / m2, irinotecan 180 mg / m2, leucovorin 200 mg / m2 e 5-FU 400 mg / m2 IV in bolo seguito da 5-FU 2.400 mg / m2 in infusione continua di 46 ore ogni 2 settimane) a confronto con Gemcitabina (1.000 mg / m2 settimanale × 7 settimane seguite da 1 settimana di riposo, quindi 3 volte a settimana × 3 ogni 4 settimane). L'endpoint primario è stata la OS, e il gruppo sottoposto a trattamento con FOLFIRINOX ha avuto una OS mediana di 11,1 mesi rispetto a 6,8 mesi nel braccio trattato con la sola gemcitabina (p <0,001)⁠ . Le sopravvivenze mediane senza progressione di malattia sono state di 6,4 mesi e 3,3 mesi (p <0,001), rispettivamente (Figura 8). I tassi di risposta obiettiva sono stati del 31,6% contro il 9,4% (p <0,001) e i tassi di controllo della malattia (risposta e stabilità della malattia) sono risultati rispettivamente del 70,2% e del 50,9%. Il regime FOLFIRINOX ha però comportato un sostanziale aumento della tossicità, tra cui neutropenia di grado 3 e 4 (45% versus 21%), neutropenia febbrile (5,4% versus 1,2%), trombocitopenia (9,1% versus 3,6%), diarrea (12,7% versus 1,8% ) e neuropatia sensoriale (9% versus 0%). Comunque, nonostante questi significativi effetti collaterali, solo il 31% dei pazienti del gruppo FOLFIRINOX ha presentato un peggioramento significativo

della qualità della vita (QoL), rispetto al 66% nel gruppo gemcitabina. Anche il tempo prima di raggiungere un deterioramento definitivo della qualità di vita (basato sul questionario QoL EORTC) è stato significativamente più lungo per il gruppo FOLFIRINOX⁠ .

FOLFIRINOX è un regime chemioterapico costituito da quattro farmaci, ovvero:

Leucovorin o acido folinico, un derivato della vitamina B che modula la

farmacodinamica del 5-fluorouracile;

Fluorouracile (5-FU), un analogo pirimidinico e antimetabolita;

Irinotecan, un inibitore della topoisomerasi. Questo composto appartiene alla

classe delle Camptotecine che, inibendo la topoisomerasi I, agiscono attraverso un danno del DNA. È un profarmaco che viene attivato principalmente dalla carbossiesterasi epatica per formare il metabolita SN-38, che è circa 1000 volte più potente nell’inibire la topoisomerasi I182;

Oxaliplatino, un agente antineoplastico derivato dal platino. Questo farmaco

è un derivato diamminocicloesanico di terza generazione del platino; esso, come tutti i derivati del platino, uccide le cellule in tutte le fasi del ciclo, inibisce la sintesi del DNA e si unisce ad esso attraverso la formazione di legami crociati tra i filamenti complementari. Inoltre, oltre che al DNA, i composti del platino possono legarsi a proteine citoplasmatiche e nucleari, contribuendo all’effetto citotossico e antiproliferativo.

Il regime con FOLFIRINOX ha subito successivamente numerose modificazioni per aumentarne la tollerabilità. Il regime modificato attualmente più utilizzato consiste nella somministrazione di FOLFIRINOX senza il bolo di 5-fluorouracile

(che viene quindi somministrato solo in infusione continua) e col supporto di fattori di crescita, unito eventualmente ad una riduzione della dose di Irinotecan a 165 mg/m2 per un’ora; tale terapia viene somministrata ogni due settimane fino alla progressione della malattia, al rifiuto del paziente o all’insorgenza di tossicità inaccettabili. Tale schema terapeutico (denominato FOLFOXIRI) era già utilizzato con successo nel trattamento dei tumori del colon-retto186,187⁠ secondo il regime sviluppato dal Gruppo Oncologico Nord-Ovest (GONO), ed è stato recentemente studiato anche nel trattamento dell’adenocarcinoma pancreatico, dimostrando la sua buona tollerabilità e la conservata efficacia. Lo studio condotto da Vivaldi et al. pubblicato nel 2016188⁠ , comprendente 137 pazienti affetti da adenocarcinoma pancreatico e trattati con FOLFOXIRI tra il 2008 e il 2014, ha confermato la legittimità del GONO FOLFOXIRI nel trattamento dei pazienti candidabili affetti da tumore del pancreas data l’equivalenza in termini di sopravvivenza rispetto a FOLFIRINOX ma con un profilo di tollerabilità più favorevole (lieve riduzione dell’incidenza di tossicità ematologiche e marcata riduzione dell’incidenza di diarrea), con una sopravvivenza mediana senza progressione di malattia (PFS) e una OS di 8,0 mesi (CI 95% 6,19-9,81) e 12 mesi (CI 95% 9.75-14.25) rispettivamente. Inoltre, è stato dimostrato che la prognosi dei pazienti sottoposti a FOLFOXIRI viene influenzata da vari fattori clinici e di laboratorio, come ECOG PS, metastasi epatiche e NLR (rapporto neutrofili / linfociti).

Successivamente all’avvento del regime con FOLFIRINOX, nel settembre 2013ci fu un’ulteriore svolta con l’associazione della Gemcitabina con Paclitaxel legato all’albumina in nanoparticelle (Nab-paclitaxel)189. Nel corso dello studio MPACT,

70-100, è stato osservato come la combinazione fra Gemcitabina e Nab-paclitaxel fosse in grado di migliorare la sopravvivenza libera da progressione di malattia (PFS, 5,5 mesi versus 3,7 mesi; HR 0,69; p<0,001) e sopravvivenza globale (OS, 8,7 mesi versus 6,6 mesi; HR 0,72; p<0,001) rispetto alla semplice Gemcitabina (Figura 9).

Tale miglioramento dell’outcome fu accompagnato però dall’atteso aumento delle tossicità rispetto alla terapia con Gemcitabina in monoterapia. Le reazioni avverse più comunemente osservate furono neutropenia, astenia e neuropatia. Nello studio MPACT173 , è stato quindi osservato che solo il 71% e il 63% dei pazienti rimasero a dose piena di farmaco con Nab-paclitaxel e Gemcitabina rispettivamente; per questo, c’è stato un interesse significativo nello sviluppo di un dosaggio alternativo per la terapia con Gemcitabina e Nab-Paclitaxel. Nella pratica clinica, per aumentare la tollerabilità al trattamento (così come per lo schema terapeutico con FOLFIRINOX), viene spesso somministrata una dose modificata (Nab-paclitaxel 100 mg/m2) o un programma terapeutico modificato.

Tale regime si è dimostrato tutto sommato gravato da minori tossicità ma forse anche meno efficace rispetto al trattamento con FOLFIRINOX, ma non vi sono prove sufficienti riguardo a un confronto fra i due differenti regimi a base di Gemcitabina plus Nab-paclitaxel e FOLFIRINOX190⁠ .

Nab-paclitaxel⁠ è una nuova formulazione di Paclitaxel legato ad albumina.

Il paclitaxel, o tassolo, è un veleno del fuso mitotico che si lega con alta affinità ai microtubuli ed aumenta la polimerizzazione della tubulina, con inibizione della mitosi e della divisione cellulare.

La caratteristica del Nab-Paclitaxel che lo rende particolarmente indicato in questo tipo di trattamento è la sua capacità di andare a raggiungere le cellule tumorali in

maniera opportuna, attraverso il legame con i recettori per l’albumina presenti sui vasi ematici tumorali e tramite il legame con la proteina SPARC (secreted protein

acidic and rich in cysteine)191⁠ .

Così, attualmente, sono presenti due diversi di regimi di combinazione considerati entrambi appropriati nel trattamento di prima linea nei pazienti con tumore del pancreas metastatico: Gemcitabina in associazione a Nab-paclitaxel e FOLFIRINOX. Entrambi questi regimi hanno un’efficacia superiore dimostrata nei confronti dello storico standard terapeutico con Gemcitabina in studi prospettici randomizzati. I due regimi di combinazione non sono però mai stati comparati testa a testa in uno studio prospettico e, in mancanza di biomarkers predittivi che guidino la selezione fra FOLFIRINOX192 versus Gem/Nab-paclitaxel, è necessario personalizzare la terapia basandosi sull’età del paziente, il performance status e le singole preferenze.

Inoltre, possono essere considerate anche altre opzioni terapeutiche, comprendenti Gemcitabina plus Erlotinib, Gemcitabina in monoterapia193⁠ o la fluoropirimidina orale S-1194 (se risulta necessario evitare del tutto una terapia endovenosa), nei pazienti con scarso o compromesso performance status.

Le linee guida dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica raccomandano quindi l’utilizzo di una terapia a base di FOLFIRINOX3 come opzione terapeutica di

prima intenzione nei pazienti con buon performance status (ECOG 0-1) ed età <70 anni, mentre nei pazienti con età >70 anni e peggior performance status (ECOG 0-2) sarebbe consigliabile come opzione terapeutica di prima intenzione il trattamento con Gemcitabina plus Nab-Paclitaxel. Se il performance status è particolarmente scadente (KPS < 70), allora è preferibile iniziare con una monoterapia a base di Gemcitabina.

La sopravvivenza a 2 anni dalla diagnosi di malattia metastatica era in precedenza un evento estremamente raro nei pazienti con carcinoma pancreatico metastatico, mentre attualmente grazie a questi nuovi regimi di combinazione viene invece osservata in circa il 10% dei pazienti che hanno ricevuto FOLFIRINOX o gemcitabina- nab-paclitaxel195,196⁠ .

Le terapie a bersaglio molecolare, a differenza di altre neoplasie, non hanno attualmente impatto sul trattamento del tumore pancreatico.

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