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Sviluppo e validazione di un nomogramma predittivo di sopravvivenza a 6 mesi dall'inizio del trattamento con FOLFIRINOX in pazienti con carcinoma del pancreas avanzato.

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DIPARTIMENTO DI RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE

NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea Magistrale

“SVILUPPO E VALIDAZIONE DI UN NOMOGRAMMA PREDITTIVO DI SOPRAVVIVENZA A 6 MESI DALL’INIZIO DEL TRATTAMENTO CON FOLFIRINOX IN PAZIENTI CON CARCINOMA DEL PANCREAS AVANZATO”

Relatore:

Chiar.mo Prof. Alfredo Falcone

Correlatore:

Dott. Lorenzo Fornaro

Candidato:

Laura Bernardini

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Indice generale

RIASSUNTO ... 5

CAPITOLO 1. Introduzione ... 9

1.1 Cenni di epidemiologia ... 9

1.2 Presentazione clinica, diagnosi e stadiazione ... 12

1.2.1 Presentazione clinica ... 12

1.2.2 Diagnosi ... 14

1.2.3 Stadiazione ... 24

1.3 Trattamento della malattia resecabile e localmente avanzata ... 29

1.3.1 Trattamento chirurgico della malattia localizzata ... 29

1.3.2 Terapia adiuvante e neoadiuvante ... 34

1.3.3 Terapia della malattia borderline-resectable ... 40

1.3.4 Terapia della malattia localmente avanzata non resecabile ... 43

1.4 Terapia medica della malattia metastatica ... 48

1.4.1 Opzioni di chemioterapia di prima linea ... 48

1.4.2 Opzioni di chemioterapia di seconda linea ... 56

1.4.3 Fattori prognostici ... 60

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CAPITOLO 3. Pazienti e metodi ... 69

3.1 Selezione dei pazienti ... 69

3.2 Obiettivi ... 71

3.3 Considerazioni statistiche ... 72

CAPITOLO 4. Risultati ... 75

4.1 Caratteristiche dei pazienti ... 75

4.2 Analisi dei fattori prognostici ... 76

4.3 Sviluppo del nomogramma ... 77

4.4 Validazione esterna del nomogramma ... 78

CAPITOLO 5. Discussione... 80

BIBLIOGRAFIA ... 92

TABELLE ... 127

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RIASSUNTO

Il carcinoma pancreatico (PC) è una delle principali cause di morte nel mondo: si trova al quarto posto tra le cause di decesso attribuibili al cancro, la sua mortalità è in aumento e si stima che diventerà la seconda neoplasia più letale entro il 2030. La chirurgia seguita da un trattamento chemioterapico adiuvante rappresenta l’unica opzione curativa nel caso di malattia resecabile. Nella maggior parte dei casi la malattia viene diagnosticata in stadio avanzato (per la presenza di metastasi a distanza o per il coinvolgimento di strutture vascolari che controindica la resezione), ed il trattamento è rappresentato dalla chemioterapia con intento palliativo. Malgrado i recenti progressi nel trattamento sistemico, il carcinoma pancreatico metastatico (metastatic pancreatic cancer, MPC) o localmente avanzato non resecabile (locally

advanced pancreatic cancer, LAPC) rimangono dunque delle patologie a prognosi

infausta.

Nel trattamento di questa neoplasia, gli studi di fase 3 hanno individuato la terapia con FOLFIRINOX (5-fluorouracile / leucovorin, oxaliplatino e irinotecan) o con gemcitabina in associazione a nab-paclitaxel come standard attuali nel trattamento di prima linea dei pazienti con MPC con buon performance status e adeguata funzione midollare e di organo. Anche se la chemioterapia a tre farmaci con FOLFIRINOX ha dimostrato di migliorare in modo significativo l’outcome dei pazienti con MPC, tale regime è gravato dal rischio di tossicità rilevanti, e la sopravvivenza globale (overall

survival, OS) mediana dei pazienti trattati con FOLFIRINOX è di poco superiore a

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Alla luce del profilo di tossicità di una strategia intensiva di trattamento come FOLFIRINOX, la capacità di predire la prognosi del singolo paziente è di grande valore. Infatti, questo consente di discutere del rapporto rischio / beneficio del regime e di prendere una decisione più consapevole riguardo alle diverse opzioni terapeutiche di prima linea. Recenti evidenze della letteratura dimostrano inoltre che la discussione medico-paziente sulla prognosi in occasione della visita oncologica rafforza la relazione paziente-oncologo, suggerendo la necessità di identificare strumenti validati e di facile utilizzo per la condivisione delle informazioni sul rischio di progressione e decesso a determinati intervalli di tempo. Inoltre, in caso di studi clinici, strumenti prognostici come i nomogrammi potrebbero essere utili per una migliore stratificazione dei pazienti arruolati.

A tal fine, questo lavoro riporta i risultati di uno studio mirato allo sviluppo e alla validazione di un semplice nomogramma in grado di prevedere la probabilità di decesso e quindi la OS a 6 mesi nei pazienti con MPC / LAPC dall’inizio del trattamento di prima linea col regime FOLFIRINOX. Per questo, sono stati considerati 137 pazienti con MPC e LAPC trattati presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana da gennaio 2008 a dicembre 2014, e di questi sono state analizzate diverse variabili potenzialmente correlate all’OS dopo l’inizio del trattamento con FOLFIRINOX. Tra i diversi parametri indagati, quattro sono risultati associati alla OS a 6 mesi in maniera indipendente all’analisi multivariata, ovvero:

performance status, presenza di metastasi epatiche, livelli basali di CA 19-9 e

rapporto neutrofili / linfociti (neutrophil-to-lymphocite ratio, NLR). I risultati ottenuti presso l’istituzione pisana sono stati poi validati in una coorte separata di

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206 pazienti con MPC o LAPC trattati presso diverse istituzioni italiane e francesi da gennaio 2011 a giugno 2017.

Ad ogni parametro prognostico è stato quindi assegnato un punteggio numerico, variabile in base alla forza della associazione del parametro con la OS a 6 mesi. Il nomogramma relativo alle variabili identificate è stato quindi validato nella coorte di pazienti italo-francese, per testarne la performance prognostica. La valutazione globale della validità del nomogramma è stata effettuata con diversi test statistici e, anche alla validazione esterna, la capacità discriminativa del nostro nomogramma è risultata buona, con un C-index di 0,762 (95% CI 0,713-0,825).

Inoltre, per evidenziare il valore dei parametri individuati nel nostro studio, i pazienti sono stati classificati in 4 sottogruppi diversi sulla base del numero di fattori prognostici sfavorevoli che presentavano: la prognosi delle singole sottoclassi è risultata significativamente diversa, variando da 7,2 mesi per i pazienti con > 2 fattori di rischio fino a 18,3 mesi per i pazienti senza alcun fattore di rischio (P < 0,0001 per il confronto globale).

In conclusione, grazie al nostro nomogramma ed ai parametri clinici e di laboratorio che esso include, abbiamo l’opportunità di prevedere con buona precisione la probabilità di morte entro 6 mesi dall’inizio della terapia con FOLFIRINOX in pazienti con MPC o LAPC. Questo strumento, insieme alla stratificazione prognostica dei pazienti in base alle diverse categorie di rischio, fornisce un valido aiuto nella comunicazione medico-paziente per valutare l’opportunità di un trattamento intensivo come FOLFIRINOX. Inoltre, viste le opzioni di trattamento medico oggi disponibili, riteniamo che sia motivata la validazione del nostro

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nomogramma anche per altri regimi terapeutici, come ad esempio gemcitabina / nab-paclitaxel.

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CAPITOLO 1. Introduzione

1.1 Cenni di epidemiologia

Il carcinoma del pancreas è uno dei carcinomi con il più alto tasso di mortalità in assoluto. Esso rappresenta infatti la quarta causa di morte correlata al cancro sia negli uomini sia nelle donne1 , e ha una sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi inferiore al 10%2. Secondo i dati più recenti, sono stati stimati 55440 nuovi casi per entrambi i sessi (29200 nei maschi, 26240 nelle femmine) e 44330 casi di morte negli USA3. Negli Stati Uniti, è stato stimato un rischio medio di malattia di circa l’1.5%4. La

malattia è più frequente negli uomini rispetto alle donne, anche se tale differenza di genere si è ridotta negli ultimi anni5.

In Italia, il tumore del pancreas rappresenta l’ottava neoplasia per incidenza nell’uomo e la sesta nella donna; inoltre è presente un gradiente Nord-Sud, visto che nel Centro l’incidenza si attesta al -18% nei maschi e -23% nelle donne rispetto all’Italia settentrionale. Sempre in Italia, secondo le stime dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica pubblicate nel 2017, l’incidenza di questa neoplasia è in crescita significativa tra gli uomini.

A differenza delle neoplasie di altri distretti, la sopravvivenza per questa malattia non è cambiata significativamente negli ultimi quattro decenni, indipendentemente dallo stadio di diagnosi; i pazienti con malattia metastatica continuano ad avere una sopravvivenza a 5 anni del 2% o meno6,7. Sebbene le terapie a bersaglio molecolare e l’immunoterapia siano adesso abitualmente utilizzate per trattare altri tipi di cancro, tali farmaci biologici non hanno ancora avuto successo nel trattamento

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dell’adenocarcinoma pancreatico. Per questo, il carcinoma del pancreas rimane una malattia mortale ed è attualmente curabile solo in una minoranza di pazienti con malattia localizzata e resecabile.

Il carcinoma del pancreas è tendenzialmente una malattia dell’età avanzata8: questo

tumore infatti si presenta raramente prima dei 45 anni, ma la sua incidenza aumenta drasticamente dopo i 70 anni. Visto che ci si aspetta che la durata media della vita aumenti in futuro, è probabile che il tumore del pancreas aumenti la propria prevalenza.

Fattori razziali possono inoltre avere un ruolo nello sviluppo e nell’outcome del carcinoma pancreatico: in generale, questo tumore colpisce maggiormente gli individui residenti negli Stati occidentali e nelle parti del mondo industrializzate, con la maggior incidenza riferita in Nuova Zelanda, tra i neri americani (in cui è stata riscontrata una maggior incidenza della mutazione di KRAS rispetto alle altre razze9) e negli hawaiani; l’incidenza più bassa invece è riportata tra i residenti in Nigeria e in India7.

Approssimativamente, il 5-10% dei pazienti ha una storia familiare di carcinoma pancreatico, ed è stato stimato inoltre che il 10-15% dei pazienti abbia una causa genetica specifica per il PC5. Gli individui con storia familiare hanno un rischio

aumentato di svilupparlo10–12, e tale rischio sembra particolarmente elevato per le persone con familiari affetti da carcinoma del pancreas diagnosticato sotto ai 50 anni di età13.

Le sindromi genetiche che predispongono allo sviluppo del carcinoma del pancreas sono pancreatiti ereditarie (che rappresentano il 3-6% di tutte le pancreatiti, e che

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comportano un aumento del rischio di carcinoma del 40-55%)14–16, mutazioni associate al cancro al seno (BRCA1 e soprattutto BRCA217–20), sindrome familiare

dei nevi melanomi atipici multipli21–23, sindrome di Peutz-Jeghers24–26, atassia teleangectasia12 e sindrome di Lynch27 (Tabella 1).

Altri fattori di rischio sono poi: la pancreatite cronica16,28, la fibrosi cistica29, il diabete e un alterato metabolismo del glucosio30–33, l’anemia perniciosa34,35, una pregressa gastrectomia31⁠ e un gruppo sanguigno diverso da 036.

Sono inoltre presenti anche alcuni fattori di rischio ambientali, quali il fumo di sigaretta (che rappresenta il fattore di rischio maggiormente associato, con un’incidenza doppia per i fumatori rispetto ai non fumatori)37–41, alcool (il consumo

di alcol pesante ≥ 9 bevande / die è associato a un odds ratio di 1.6)42–44, abitudini

alimentari45,46, farmaci (in particolare, è stato studiato il ruolo protettivo di Sartani e ACE inibitori47, e dei FANS in particolare Aspirina48), obesità (il rischio di carcinoma pancreatico nei soggetti obesi è maggiore del 19% rispetto agli individui normopeso49–51, probabilmente a causa della produzione di ormoni quali Insulina e IGF-1, influenze infiammatorie sulle cellule pancreatiche, e di un’aumentata esposizione cancerogena correlata al consumo di cibo45), ed infezioni (in particolare da Helicobacter pylori e virus dell’epatite B52,53). Per quanto riguarda i rischi

professionali, gli idrocarburi clorurati e gli IPA sono risultati più coerentemente correlati al PDA e all’aumento del rischio relativo di un grado comparabile a quello del fumo54,55.

Le varianti genetiche che costituiscono un fattore di rischio determinante sono rappresentate da BRCA1, BRCA2, MSH2, MSH6, PMS2, PRSS1, ATM, APC, KRAS, p16 / CDKN2A, TP53, EGFR e STK1156–60: secondo questa teoria genetica,

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la maggior parte dei tumori pancreatici condivide un fondamento comune di mutazioni genetiche che interrompono specifici controlli regolatori cellulari. Queste anomalie condivise sono responsabili dei processi di crescita del cancro, invasione e metastasi nei singoli pazienti. Infatti, così come esiste una progressione nel colon-retto dall’epitelio non neoplastico all’adenoma fino al carcinoma invasivo, una analoga progressione esiste anche nel pancreas: si ha infatti un’evoluzione dall’epitelio non neoplastico alle lesioni non invasive istologicamente ben definite a carico dei piccoli dotti e dei duttuli (chiamate “neoplasie pancreatiche intraepiteliali”,

Pancreatic Intraepithelial Neoplasias, PanIN, Figura 1) fino al carcinoma

invasivo28,61,62

1.2 Presentazione clinica, diagnosi e stadiazione

1.2.1 Presentazione clinica

La maggior parte dei carcinomi pancreatici viene diagnosticata ad uno stadio già avanzato.

Nonostante la rilevanza fisiologica delle sue funzioni esocrine ed endocrine, infatti, la localizzazione retroperitoneale, la vaghezza di segni e sintomi che frequentemente si associano al carcinoma pancreatico in fase iniziale e la precoce tendenza alla diffusione a distanza fanno sì che la maggior parte dei tumori progrediscano in maniera pressoché inapparente per lunghi periodi di tempo, tanto da restare, tuttora, una fonte di frustrazione per la medicina moderna62 (Figura 2)⁠ . La presentazione

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clinica con sintomi non specifici e la localizzazione retroperitoneale del pancreas rappresentano quindi una sfida per la diagnosi precoce di carcinoma pancreatico.

Solitamente, quando iniziano a comparire sintomi e segni clinici spesso il tumore è già esteso ed ha invaso le strutture anatomiche circostanti o organi a distanza; allo stadio iniziale invece il carcinoma pancreatico è di norma asintomatico63,64.

La presentazione clinica del PC differisce in base al tipo di tumore e alla sua localizzazione (testa, corpo o coda del pancreas). La maggior parte dei tumori colpisce la testa del pancreas (60-70%), e il resto sono localizzati nel corpo (5-15%) e la coda. I tumori che coinvolgono il corpo del pancreas o la coda sono tipicamente di dimensioni maggiori alla diagnosi rispetto a quelli che colpiscono la testa del pancreas, perché tendono a dare una sintomatologia ancora più tardiva. Il diametro principale di un tumore della testa del pancreas è mediamente di 2,5-3,5 cm, mentre per i tumori localizzati nel corpo-coda è di 5-7 cm.

In molti casi, comunque, i sintomi sono vaghi e non specifici, ed includono: perdita di appetito, perdita di peso inspiegabile (con perdita di massa magra), dolore aspecifico addominale (che solitamente inizia come dolore viscerale in epigastrio per poi irradiarsi posteriormente a barra verso la schiena65,66, e che rappresenta l’unico sintomo che può manifestarsi in tumori di piccole dimensioni < 2 cm67), nausea,

anoressia, astenia e coluria (Tabella 2). Nei tumori della testa del pancreas, si può verificare una colestasi ostruttiva a causa dell’ostruzione o infiltrazione della via biliare principale65: questo evento causa l'accumulo di bilirubina, con conseguente ittero “a ciel sereno” e prurito (con eventuali lesioni eczematose da grattamento, causate dalla presenza in circolo di sali biliari). Alcuni tumori della testa comunque

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non interessano la via biliare ma piuttosto il duodeno, determinando occlusioni intestinali alte.

È stato dimostrato inoltre che i pazienti con cancro al pancreas possono avere disglicemia31, con eventualmente diabete mellito franco di nuova insorgenza nel 10%

o con scompenso di un diabete mellito diagnosticato precedentemente30,68,69; tali patologie nel 20% dei casi migliorano o vanno incontro a remissione dopo la resezione del tumore.

Possono poi essere presenti depressione, pancreatite acuta (data dall’occlusione acuta del dotto pancreatico70), cachessia neoplastica, liponecrosi sottocutanea diffusa al tronco e agli arti inferiori, ipercalcemia e tromboflebite migrante o sindrome di Trousseau (ovvero una sindrome paraneoplastica associata all’adenocarcinoma pancreatico, che consiste in fenomeni di coagulazione del sangue spontanea)71.

All’esame obiettivo, possono essere riscontrati epatomegalia, una massa addominale, il segno di Courvoisier-Terrier positivo (ovvero la presenza di una colecisti palpabile distesa non dolente accompagnata da ittero)72 e ascite.

1.2.2 Diagnosi

In considerazione della prognosi sfavorevole associata al cancro del pancreas, è fondamentale il rilevamento precoce della malattia. Infatti, se la malattia viene rilevata precocemente, può essere possibile agire attraverso la resezione chirurgica, con migliori risultati in termini di sopravvivenza per i pazienti.

Alla diagnosi, solo un terzo dei pazienti con carcinoma della testa del pancreas si presenta al I stadio, mentre nessuno dei tumori del corpo e della coda del pancreas si

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presenta alla fase iniziale e oltre l’80% di questi tumori viene diagnosticato al quarto stadio13,65.

Le principali tecniche diagnostiche sono rappresentate dagli studi di imaging, dall’analisi del fluido cistico pancreatico, dalla sierologia, dalla citologia tramite “fine needle aspiration”, e dalla biopsia “core needle”.

Quadro bioumorale. Non vi sono reperti specifici per il carcinoma del

pancreas. È possibile comunque riscontrare i dati relativi all’ittero ostruttivo quando vi è compressione del dotto biliare principale, con aumento della bilirubinemia fino a livelli molto elevati (20 mg / dL), difficilmente raggiungibili nelle stenosi benigne della via biliare principale, ed elevazione degli enzimi sierici di colestasi (LDH, FA, γ-GT). Può essere inoltre presente un metabolismo glicidico alterato, con diabete di nuova insorgenza o scompenso di un diabete di vecchia data.

Si può riscontrare poi l’aumento dei livelli di CA 19-9 nel sangue; in particolare: ◦ Marker tumorale: CA 19-961⁠ . Tale marcatore è quello maggiormente

utilizzato nel contesto del carcinoma pancreatico. Ci sono stati diversi studi circa la possibilità di screening col CA 19-9 (antigene carboidratico 19-9); questo è un antigene associato al tumore originariamente scoperto nel 1981 in pazienti con tumore del colon-retto e del pancreas73,74. Tuttavia, l'American Society of Clinical

Oncology attualmente consiglia di non utilizzare il rilevamento di CA 19-9 come

screening di routine per carcinoma pancreatico75⁠ perché la sua specificità e

sensibilità non sono sufficienti a sostenere un'accurata diagnosi di adenocarcinoma pancreatico. Infatti, si riscontrano frequentemente pazienti con tumore del pancreas che non hanno livelli elevati di CA 19-9 (falsi negativi), oppure pazienti con elevati livelli di CA 19-9 potrebbero non avere il cancro al pancreas (falsi positivi, in caso di

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ostruzione biliare benigna da calcolosi biliare, cirrosi epatica, pancreatite cronica o altre neoplasie)76.⁠

Se viene rilevato il CA 19-9 in un paziente con cancro del pancreas, questo può essere però usato per determinare quanto un paziente sta rispondendo alla chemioterapia e se questo particolare regime terapeutico deve essere continuato. Infatti, se la specificità del CA 19-9 nella diagnosi della malattia non è molto elevata, il suo significato nel monitoraggio della malattia stessa risulta di gran lunga superiore, soprattutto dopo interventi di resezione77,78.

Un livello CA 19-9 pre-operatorio marcatamente elevato ha valore prognostico alla pari con le caratteristiche patologiche convenzionali. I livelli di CA 19-9 pre-operatori sono stati anche utilizzati da alcuni chirurghi come predittori di una malattia non resecabile nonostante la lesione apparisse resecabile sull'imaging. Circa il 30% dei pazienti con valori sierici superiori a 300 U / ml è risultato avere una controindicazione alla resezione attraverso la laparoscopia diagnostica79–81. Tuttavia,

l’utilizzo del CA 19-9 pre-operatorio è particolarmente limitato nei pazienti con ostruzione biliare poiché l'antigene risulta falsamente elevato in questo sottogruppo di pazienti77,82,83. Inoltre, la sensibilità è ulteriormente limitata perché il 5-10% della popolazione non è in grado di esprimere CA 19-9 a causa della variabilità genetica dell'antigene di Lewis (correlata alla presenza o all'assenza di una fucosiltransferasi)73,84. I livelli di CA 19-9 sono più utili dopo la resezione chirurgica, ovvero quando l'ostruzione biliare non è più una variabile confondente e c'è stata una clearance macroscopica della malattia. Una drastica diminuzione dei livelli di CA 19-9 a seguito della resezione chirurgica correla con un buon grado di asportazione di

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neoplasia attiva; viceversa, un aumento del CA 19-9 in corso di follow-up post-operatorio correla con la presenza di metastasi o di recidiva in sede pancreatica78.

Ecografia transaddominale. Se un paziente si presenta con dolore

addominale o ittero ostruttivo (sintomi tipici del tumore del pancreas), un'ecografia addominale è spesso il primo approccio utilizzato per determinarne la causa; questa è la tecnica di scelta nella diagnosi delle lesioni pancreatiche, in quanto è non invasiva, più economica di altre procedure e facilmente disponibile85. Un’ecografia che mostri una massa ecogena, dilatazione del dotto pancreatico o dilatazione del dotto biliare comune può essere indicativa di un tumore pancreatico.

Questo esame mostra una sensibilità del 75-89% e una specificità del 90-99%86, e

attraverso l’utilizzo del mezzo di contrasto la sensibilità viene aumentata a tal punto da superare quella della TC multistrato87. L’accuratezza dell’ecografia è

notevolmente aumentata negli ultimi anni grazie al miglioramento tecnico degli apparecchi (che ha consentito una migliore risoluzione) e per la maggiore esperienza acquisita dagli specialisti88.

Questa metodica riveste particolare importanza per eseguire una diagnosi differenziale con altre patologie che possono causare un’ostruzione del dotto biliare e quindi ittero (ad esempio, i calcoli biliari nel coledoco). Attraverso la modalità Color Doppler, può essere inoltre valutato il coinvolgimento dei vasi principali da parte del tumore89.

Il maggior potere risolutivo per tale metodica di imaging è per i tumori a livello della testa del pancreas.

La maggior parte dei tumori però, sia di tipo endocrino sia esocrino, viene mostrata agli ultrasuoni come un'area ipoecogena nel pancreas, e il problema ovvio che ne

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deriva è che l'ecografia non può, quindi, distinguere tra i diversi tipi di tumore pancreatico (dotati di aggressività sensibilmente differente).

Un altro svantaggio dell’utilizzo di questa tecnica è che la sensibilità del test dipende fortemente dall'operatore; reperti come l'eccesso di gas intestinale e il contenuto di grassi (in relazione all’obesità) possono influenzare i risultati.

Come tale, l'ultrasuono è quindi un utile strumento di imaging per un’analisi iniziale del cancro del pancreas, ma deve essere generalmente seguito da altre tecniche, come la tomografia computerizzata (CT), per aiutare a stabilire una diagnosi più accurata.

TC multistrato. Rappresenta allo stato attuale l’indagine più precisa per

un’accurata definizione dell’immagine del pancreas e della sua patologia88⁠ : essa

fornisce infatti informazioni dettagliate sulla presenza della neoplasia, sulle sue dimensioni e sui rapporti con le strutture anatomiche circostanti90,91; consente poi la visualizzazione della neoplasia anche a livello del corpo e della coda del pancreas. Attraverso l’angio-TC, è inoltre possibile individuare la presenza di infiltrazione dei vasi sanguigni da parte del tumore (tronco spleno-mesenterico-portale)92.

Radiologicamente, gli adenocarcinomi duttali nel 92% dei casi appaiono come masse ipodense alla TC rispetto al parenchima pancreatico circostante non coinvolto dalla neoplasia, con dilatazione a monte del dotto pancreatico principale a causa dell’ostruzione duttale93. La lesione risulta più evidente nella fase contrastografica

parenchimale (circa 40 s dopo la somministrazione del contrasto). Il “Double-duct

sign” (ovvero la dilatazione di entrambi i dotti biliare comune e pancreatico) induce

il sospetto di carcinoma della testa del pancreas. Altri elementi che suggeriscono la diagnosi di neoplasia pancreatica sono l’atrofia distale pancreatica e i contorni irregolari del pancreas94 (Figura 3).

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Tale metodica viene solitamente utilizzata per la caratterizzazione delle lesioni pancreatiche sospette all’ecografia, per definire l’invasione vascolare e la resecabilità della neoplasia e per la stadiazione della malattia (attraverso la ricerca di metastasi e dell’interessamento linfonodale)94.

I criteri minimi di refertazione di una TC multistrato comprendono:

• la lesione e i suoi rapporti con tripode celiaco, arteria mesenterica superiore, vena mesenterica superiore, confluente portale – vena porta, aorta;

• il tipo di interessamento vascolare, quando presente

• la presenza di metastasi epatiche, segni di carcinosi peritoneale, linfoadenopatie.

Risonanza magnetica (MRI). Se una scansione TC si rivela inconcludente

(cioè non è possibile effettuare una diagnosi definitiva), la risonanza magnetica (MRI) è un'altra tecnica che può essere utilizzata per aiutare a caratterizzare una lesione pancreatica95. Questa metodica possiede una sensibilità simile alla TC, ma è migliore nel definire le lesioni cistiche del pancreas per una corretta diagnosi differenziale86.

Quando il paziente presenta ittero, le sequenze di RM dedicate allo studio delle vie biliari (Colangiopancreatografia-RM, o MRCP) consentono di diagnosticare la sede e la causa della loro ostruzione in modo non invasivo90,92,96,97.

La risonanza magnetica con contrasto è inoltre superiore alla TC nel definire la presenza di piccole metastasi epatiche.

PET (F-fluorodesossiglucosio PET). Non viene utilizzata di routine nella

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di falsi positivi (in caso di pseudocisti o lesioni infiammatorie causate da pancreatiti) e falsi negativi (in caso di iperglicemia)98,99.⁠

Tale metodica può essere però indicata per la diagnosi differenziale tra masse pancreatiche benigne e maligne (anche a carattere cistico) con una sensibilità dell’89% e una specificità del 69%, per identificare la progressione della neoplasia a livello linfonodale, per la conferma di una remissione completa clinico-radiologica e per la ristadiazione della malattia in caso di sospetta recidiva100–102.

Colangiopancreatografia retrogada endoscopica (ERCP). È una metodica

ormai in disuso ai fini diagnostici per via delle possibili gravi complicanze (emorragia, pancreatiti, perforazione del duodeno, colangite acuta)103, e attualmente viene utilizzata principalmente ai fini terapeutici. Tale metodica mantiene il suo ruolo terapeutico nella palliazione dell’ittero dovuto all’ostruzione delle vie biliari da parte del tumore, consentendo il posizionamento di uno stent104,105.⁠

Dal punto di vista diagnostico, fornisce informazioni sulla morfologia del sistema duttale, consentendo una più precisa definizione diagnostica delle lesioni pancreatiche. Tale metodica consente in particolare l’evidenziazione di segni indiretti del carcinoma pancreatico, riferibili alle alterazioni causate dal processo neoplastico: è presente un restringimento irregolare o un’ostruzione completa del dotto pancreatico principale o del tratto terminale del coledoco, con alterazioni della morfologia duttale.

Se però il tumore è piccolo e non causa ancora alterazioni evidenti dell’albero duttale, la ERCP risulta negativa88.

Comunque, tale esame permette inoltre di dosare alcuni marker tumorali nel liquido di lavaggio del sistema duttale pancreatico, quali CEA, α-fetoproteina e antigene

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oncofetale pancreatico (POA)88, così da effettuare una corretta diagnosi differenziale con altre lesioni pancreatiche (quali il cistoadenoma sieroso, il cistoadenoma mucinoso, le IPMN e le pseudocisti pancreatiche).

Ecografia endoluminale (EUS) o ecoendoscopia. È uno strumento di imaging

di più recente introduzione nella pratica clinica. Tale metodica associa due tecniche, l’endoscopia e l’ecografia, al fine di evitare i limiti costituiti dalla presenza di tessuto osseo, adiposo e di gas nella cavità intestinale97,106.

A causa dei rapporti anatomici tra lo stomaco e il pancreas, lo stomaco rappresenta la cavità che meglio consente la visualizzazione con EUS del pancreas. Grazie alla vicinanza fra la sonda ed il pancreas, tale metodica possiede un’elevata risoluzione per la visualizzazione del pancreas e delle strutture anatomiche vicine, permettendo di ottenere immagini molto dettagliate dell’organo106,107⁠ (più di una normale

ecografia: vengono utilizzate sonde a frequenza più elevata rispetto all’ecografia transaddominale) e di visualizzare anche lesioni di 2-3 mm106,108.⁠

Il corpo e la coda del pancreas vengono esaminati attraverso la porzione prossimale e intermedia dello stomaco, mentre la testa del pancreas viene esaminata attraverso la seconda porzione del duodeno.

Tale procedura, come anche l’ERCP, consente poi di determinare l'istologia della lesione individuata: aspirazione con ago sottile guidato da EUS109.⁠

Biopsia: agobiopsia percutanea del pancreas sotto guida US o TC o tramite

ERCP. Quando la biopsia viene correttamente eseguita da personale esperto, consente

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Non è essenziale ottenere una diagnosi istologica pre-operatoria per tutti i tumori del pancreas. Le indicazioni alla biopsia includono casi in cui (1) è consigliato un trattamento neoadiuvante o (2) la probabilità pre-test di una diagnosi alternativa è considerevole. In questi casi, una EUS con biopsia di aspirazione con ago sottile (FNA) è un metodo efficace per ottenere il tessuto necessario ed ha un'accuratezza superiore al 90%110. Quando la diagnosi è già evidente sulla base della storia clinica e dell’imaging, è opportuno invece procedere con la resezione chirurgica senza una diagnosi pre-operatoria sui tessuti.

Macroscopicamente, l’adenocarcinoma duttale è di colore bianco-giallastro, sclerotico, e si presenta come una massa scarsamente definita che cancella la normale architettura lobulare della ghiandola pancreatica. La consistenza del tessuto è aumentata e duro-lignea. I limiti della lesione sono sfumati, con spicole stellate infiltranti il tessuto normale (Figura 4).

Microscopicamente, l’adenocarcinoma duttale pancreatico forma strutture ghiandolari o duttali da ben definite a scarsamente differenziate, che infiltrano diffusamente il parenchima pancreatico ed evocano una reazione desmoplastica stromale florida. Confrontati con i tumori poco differenziati, i carcinomi bene o moderatamente differenziati presentano una maggior differenziazione in senso ghiandolare, una maggior produzione di mucina, un minor numero di mitosi, e una minore atipia nucleare e polimorfismi.

Anche se i meccanismi molecolari che sono alla base della biologia aggressiva di questo tipo di tumore rimangono scarsamente compresi, ci sono alcune caratteristiche dell’adenocarcinoma pancreatico che sono particolari; queste includono: l'eterogeneità molecolare, una tendenza all'invasione perineurale (in particolare,

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all’invasione del perinevrio e dei piccoli fasci nervosi localizzati posteriormente al pancreas attorno all’arteria mesenterica superiore), una notevole tolleranza alla privazione di nutrienti e uno stroma abbondante111,112. L'invasione linfatica e la necrosi tumorale sono frequentemente presenti. Il microambiente dell'adenocarcinoma pancreatico, costituito da uno stroma denso con proliferazione di miofibriblasti, deposizione di collagene di tipo I, acido ialuronico e altri componenti della matrice extracellulare, ha un ruolo complesso nella crescita del tumore e nella risposta terapeutica112. Gli adenocarcinomi pancreatici hanno frequentemente una bassa densità microvascolare con conseguente ipossia intratumorale. Lo stroma fibroso può contribuire a questo ridotto flusso sanguigno, e questa alta pressione interstiziale può compromettere la diffusione e quindi l’efficacia dei farmaci chemioterapici (Figura 5).

Laparoscopia. Nonostante i progressi nella diagnostica per immagini, spesso

all’esplorazione chirurgica vengono rilevate delle metastasi non precedentemente evidenziate con le metodiche di imaging pre-operatorie. A tal fine, la laparoscopia diagnostica cerca di individuare eventuali metastasi occulte sulla superficie della cavità addominale (carcinosi peritoneale) e del fegato prima dell’intervento di resezione, il quale in presenza di metastasi risulterebbe del tutto inutile113. Si ritiene

giustificato un approccio laparoscopico in caso di neoformazione del corpo-coda del pancreas con diametro > 3 cm, tumore localmente avanzato, presenza di ascite, CA 19.9 > 400 U/ml o ipoalbuminemia, marcato calo ponderale e/o presenza di dolore posteriore80.⁠

La diagnosi differenziale del carcinoma pancreatico si pone spesso con la pancreatite cronica che può mimare il carcinoma pancreatico duttale all’esame

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clinico e patologico. Questa forma però spesso colpisce pazienti più giovani (< 40 anni) e coinvolge diffusamente la ghiandola, senza evidenziare una massa definita; istologicamente, non sono presenti cellule maligne ma è comune la presenza di stroma reattivo.

Alcune volte, anche i carcinomi ampollari o periampollari e i colangiocarcinomi del dotto biliare comune distale possono mimare l’adenocarcinoma duttale della testa del pancreas.

1.2.3 Stadiazione

La stadiazione nel tumore del pancreas ha implicazioni prognostiche e predittive, oltre che terapeutiche. Esistono due sistemi di stadiazione tipicamente utilizzati: il

TNM staging dell’American Joint Committee on Cancer (AJCC), e il sistema di

classificazione clinica basata sugli studi di imaging secondo le linee guida del

National Comprehensive Cancer Network (NCCN)114.

In accordo con l’ottava edizione di stadiazione dell’American Joint Committee on

Cancer (AJCC), i tumori da pT1 a pT3 vengono stadiati primariamente basandosi

sulla dimensione del tumore, mentre i tumori pT4 si basano sulla invasione dei grandi vasi94⁠ . “N stage” e “M stage” sono determinati invece dal coinvolgimento dei linfonodi regionali o dalla presenza di metastasi a distanza. Questa è la stadiazione secondo il sistema TNM:

Tumore primitivo

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◦ T0: nessuna evidenza di tumore primario ◦ Tis: carcinoma in situ, incluso PanIN-3

• T1: tumore limitato al pancreas, di dimensioni uguali o inferiori a 2 cm nel diametro maggiore

◦ T1a: tumore di dimensioni uguali o inferiori a 0,5 cm

◦ T1b: tumore di dimensioni maggiori a 0,5 cm e inferiori a 1 cm ◦ T1c: tumore di dimensioni maggiori a 1 cm ma non maggiori di 2 cm

• T2: tumore limitato al pancreas, di dimensioni maggiori di 2 cm ma non maggiori di 4 cm

• T3: tumore di dimensioni maggiori a 4 cm nel diametro maggiore e/o che si estende oltre il pancreas senza coinvolgimento dell’asse celiaco o dell’arteria mesenterica superiore

• T4: tumore che interessa l’asse celiaco o l’arteria mesenterica superiore e/o l’arteria epatica comune

Linfonodi regionali (devono essere valutati almeno 12-15 linfonodi)

◦ Nx: lo stato dei linfonodi regionali non può essere definito ◦ N0: non metastasi ai linfonodi regionali

◦ N1: metastasi in 1-3 linfonodi regionali ◦ N2: metastasi in 4 o più linfonodi regionali • Metastasi a distanza

◦ Mx: la presenza di metastasi a distanza non può essere definita ◦ M0: assenza di metastasi a distanza

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◦ M1: presenza di metastasi a distanza

Questi tre parametri TNM sono combinati tra loro per classificare la malattia in uno stadio, che varia da I a IV.

Stadi: • Stadio 0: Tis N0 M0 • Stadio IA: T1 N0 M0 • Stadio IB: T2 N0 M0 • Stadio IIA: T3 N0 M0 • Stadio IIB: T1-T3 N1 M0 • Stadio III: T4 QualsiasiN M0

• Stadio IV: QualsiasiT QualsiasiN M1.

L’importanza prognostica del sistema di stadiazione TNM è stato validato utilizzando il National Center Database (NCDB)115. Come ci si aspetterebbe, la stadiazione del cancro ha un impatto significativo sul tasso di sopravvivenza a 5 anni: all’aumentare dello stadio del cancro, la sopravvivenza diminuisce.

La stadiazione sviluppata dal National Comprehensive Cancer Network (NCCN) nel 2017 si basa invece su criteri di resecabilità del tumore stabiliti su definiti aspetti di imaging (principalmente organizzati sulla base di una TC multistrato, con la possibilità di ricostruzioni vascolari). Tali linee guida forniscono uno strumento facilmente accessibile e universalmente riconosciuto sul tema della resecabilità nel carcinoma del pancreas, al fine di standardizzare l’approccio terapeutico e uniformare la nomenclatura.

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I criteri utilizzati per la definizione di “resecabilità” di un carcinoma pancreatico comprendono l’asse venoso e l’asse arterioso, come segue (Figura 6):

Neoplasia Resecabile116

◦ assenza di contatto tra tumore e vena mesenterica superiore o vena porta, o contatto < 180° senza alcuna alterazione del loro profilo

◦ assenza di contatto tra tumore e tripode celiaco, arteria mesenterica superiore o arteria epatica comune

◦ assenza di metastasi a distanza

Neoplasia Borderline-Resectable (BRPC)

◦ assenza di metastasi a distanza

◦ Testa del pancreas / processo uncinato

▪ contatto della neoplasia con la vena mesenterica superiore / vena porta > 180°, contatto < 180° con irregolarità del profilo venoso o trombosi venosa tale da permettere una resezione sicura e completa e ricostruibile chirurgicamente

▪ contatto della neoplasia con la vena cava inferiore ◦ Corpo / coda del pancreas

▪ contatto della neoplasia con l’arteria epatica comune ma senza estensione al tronco celiaco o alla biforcazione dell’arteria epatica, tale da permetterne la resezione e successiva ricostruzione in sicurezza

▪ contatto della neoplasia con l’arteria mesenterica superiore < 180°

▪ presenza di variante arteriosa (arteria epatica destra accessoria, arteria epatica destra dalla arteria mesenterica superiore) il cui contatto con la neoplasia può determinare una variazione nella pianificazione chirurgica

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▪ contatto della neoplasia con il tripode celiaco < 180°

▪ contatto della neoplasia con il tripode celiaco > 180° senza coinvolgimento dell’aorta o della arteria gastroduodenale (da alcuni ritenuto criterio di non resecabilità)

Neoplasia Localmente avanzata / Non resecabile

◦ Infiltrazione o trombosi non ricostruibile della vena mesenterica superiore / vena porta

◦ metastasi a distanza, comprese adenopatie a distanza (non loco-regionali) ◦ contatto della neoplasia con la arteria mesenterica superiore > 180° ◦ contatto della neoplasia con il tripode celiaco > 180°

◦ contatto della neoplasia con la prima arcata digiunale della arteria mesenterica superiore

◦ contatto della neoplasia > 180° con arteria mesenterica superiore o tripode celiaco

◦ contatto della neoplasia con tripode celiaco e infiltrazione dell’aorta.

L’invasione dell’arteria splenica non viene presa in considerazione come criterio di non resecabilità, a meno che non sia stata infiltrata la sua origine in corrispondenza dell’asse celiaco.

Una volta completata la stadiazione preoperatoria, viene stabilita con valutazione multidisciplinare, unendo le competenze di chirurghi, radiologi e oncologi, la strategia terapeutica più adeguata per ogni singolo caso.

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1.3 Trattamento della malattia resecabile e localmente

avanzata

1.3.1 Trattamento chirurgico della malattia localizzata

La resezione chirurgica è l’opzione terapeutica più efficace nei casi in cui sia possibile asportare il tumore; essa viene considerata l’unico trattamento potenzialmente curativo per il tumore localizzato del pancreas localizzato, nonostante la resezione da sola esiti in un tasso di sopravvivenza globale mediana di circa 20 mesi117. I pazienti che si sottopongono a resezione chirurgica con intento curativo hanno infatti un tasso di recidiva del 77%118.

Purtroppo, visto che la maggior parte dei tumori pancreatici viene diagnosticata quando sono ormai in fase avanzata (solo il 10-20% di tutti i casi di carcinoma del pancreas è candidabile ad un intervento chirurgico119), la chirurgia spesso non è un'opzione attuabile, e in casi come questi la chemioterapia viene utilizzata per prolungare la sopravvivenza ma non si propone come un trattamento curativo.

Con il termine di “malattia localizzata” vengono indicati i tumori in stadio I e II secondo la classificazione TNM. Il criterio di resecabilità viene valutato a seconda del coinvolgimento dei vasi locali, come osservato precedentemente con la stadiazione NCCN.

Uno studio ha esaminato i risultati della chirurgia per pazienti con piccoli tumori (< 1 cm) asportati, e ha mostrato una sopravvivenza media a 5 anni del 57%120.

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carcinoma del pancreas (attualmente inferiore al 5%), si può capire quanto sia importante in termini di sopravvivenza mediana la diagnosi precoce di questa malattia. Purtroppo, tuttavia, a differenza di altri tumori, non esiste un biomarker di sensibilità e specificità sufficiente da permettere uno screening su larga scala della popolazione.

La resezione viene tentata se:

(1) i pazienti sono medicalmente idonei per una pancreasectomia, (2) non ci sono evidenze di metastasi e

(3) si ritiene che i pazienti abbiano una malattia resecabile. La resecabilità è in definitiva decisa dal chirurgo operativo sulla base delle linee guida NCCN che si basano sulla probabilità di ottenere una resezione completa a margini negativi121.

La resecabilità del tumore corrisponde ad un'alta probabilità di resezione R0 (ovvero assenza di malattia residua macroscopica e microscopica), e tale resezione si associa a tassi di sopravvivenza maggiori; la resecabilità borderline corrisponde invece ad un probabile risultato di resezione R1 (ovvero con margini microscopici positivi); il LAPC corrisponderà invece ad un’alta probabilità di resezione R2 (ovvero di residuo macroscopico), con tassi di sopravvivenza simili a quelli dei pazienti con malattia avanzata non sottoposti a resezione122. I criteri di resecabilità del tumore sono già stati esaminati nel paragrafo precedente, con le linee guida NCCN.

La maggior parte dei chirurghi addominali offre ai pazienti con lesioni resecabili la possibilità di resezione immediata (anche se alcuni centri promuovono il trattamento neoadiuvante prima della resezione anche per lesioni già resecabili123–125. Rimane un dibattito considerevole invece per i carcinomi del pancreas resecabili borderline: la

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resezione può essere comunque effettuata, ma sempre più spesso si raccomanda un trattamento neoadiuvante per ridurre prima della chirurgia l’interessamento dell’asse vascolare e rendere più agevole l’intervento chirurgico126–128. La chemioterapia

neoadiuvante (± radioterapia) può facilitare la resezione e può aumentare la probabilità di una resezione completa con margini negativi, anche in assenza di risposta all’imaging129vv.

La gestione dell’ittero è una parte importante del processo decisionale che precede la chirurgia. Il posizionamento tramite endoscopia di uno stent biliare viene eseguito frequentemente nei pazienti itterici per ridurre le complicanze prima dell’intervento chirurgico77,82,104, ma risulta essenziale solo in casi selezionati. Uno studio multicentrico ha confrontato il drenaggio biliare pre-operatorio e la conseguente resezione chirurgica ritardata con l’intervento chirurgico precoce senza stent in pazienti itterici con carcinoma pancreatico; è stato riscontrato un aumento delle complicanze anche gravi nel gruppo con drenaggio biliare (74% contro 39%; p <0,001), suggerendo che la decompressione biliare vada riservata ai pazienti itterici incapaci di sottoporsi a resezione chirurgica nel breve periodo (da 1 a 2 settimane)105. La duodenocefalopancresectomia viene infatti eseguita in modo complessivamente sicuro anche qualora la bilirubina totale sia abbastanza elevata; in generale quindi l’ittero asintomatico o moderato non necessita di essere corretto prima della chirurgia. Viceversa, in presenza di ittero severa, colangite, prurito severo, paziente debilitato, o se è stata programmata una terapia neoadiuvante, lo stenting biliare deve essere considerato.

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A seconda delle dimensioni e della sede del tumore pancreatico, è possibile effettuare diverse tipologie di intervento chirurgico:

• Per i tumori del pancreas del lato destro (ovvero situati alla destra dell’istmo pancreatico), viene solitamente eseguita una duodenocefalopancresectomia (DCP), ed essa rappresenta una delle più comuni tecniche chirurgiche utilizzate per il trattamento del cancro della testa del pancreas130. Tale intervento può essere eseguito secondo due modalità: nella prima, detta anche DCP secondo Whipple, vengono asportati, oltre alla testa del pancreas fino al suo istmo (in cui la transezione è tipicamente a livello del collo), anche la colecisti, il terzo distale dello stomaco, il duodeno, la prima ansa digiunale, il tratto distale del dotto biliare comune e il maggior numero di linfonodi (almeno 12-15, per una corretta stadiazione); nella seconda, detta anche DCP secondo Longmire-Traverso, vengono invece preservati l’antro gastrico e il piloro. Le possibilità di ricostruzione della continuità biliare, pancreatica e gastrointestinale sono poi molteplici88.

• Una spleno-pancreasectomia distale comporta invece la resezione del corpo e della coda del pancreas, con una splenectomia “en bloc” che viene eseguita per garantire una corretta linfoadenectomia131.

• La pancreasectomia totale viene effettuata nei casi di di carcinoma multicentrico. Vi è stata una tendenza nel corso degli anni ad effettuare una chirurgia più aggressiva nelle resezioni pancreatiche, con ampie demolizioni e resezioni degli assi vascolari eventualmente infiltrati. Nonostante tale chirurgia possa avere occasionalmente una sua giustificazione, non è stato dimostrato che essa correli con una maggiore sopravvivenza. Analogamente, è stato osservato che non esiste

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differenza significativa in termini di sopravvivenza tra pazienti operati di pancreasectomia totale o DCP88.

È possibile eseguire anche una pancreasectomia minimamente invasiva mediante laparoscopia o con tecnica robotica, nonostante tale approccio minimamente invasivo sia più comunemente riservato a lesioni benigne e premaligne132.

Le possibili complicanze delle varie procedure chirurgiche consistono in infezioni della ferita chirurgica, emorragie, ascessi intraddominali, fistola pancreatica, disturbi intestinali (meteorismo, feci poco formate, aumento della frequenza dell’evacuazione), diabete (data la riduzione della produzione di insulina), deiscenza dell’anastomosi chirurgica e rallentamento dello svuotamento gastrico.

La sopravvivenza mediana dopo resezione chirurgica per il carcinoma del pancreas è di circa 20 mesi133; circa il 20% dei pazienti operati con

duodenocefalopancresectomia (DCP) sopravvive per più di 5 anni, mentre l’8-15% sopravvive per più di 5 anni in caso di splenopancreasectomia sinistra134,135.

La morbilità e la mortalità conseguenti alla resezione chirurgica sono diminuite drasticamente rispetto agli anni passati, in particolare nelle ultime decadi. La mortalità è adesso sotto al 5% nei centri ad alto volume136,137, e i pazienti (anche i più anziani) possono aspettarsi di ritornare alle normali attività e ad una buona qualità di vita.

Per quanto riguarda la sorveglianza, le attuali linee guida NCCN raccomandano che il follow-up del paziente dopo la resezione includa visite ogni 3 o 6 mesi per 2 anni, e successivamente ogni anno. È necessaria una valutazione delle scansioni TC e dei markers tumorali (o almeno del CA 19-9) insieme all’esame fisico del paziente138.⁠

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Viste la scarsa probabilità di sopravvivenza dopo recidiva di malattia e la mancanza di un comprovato beneficio da parte della chemioterapia di salvataggio, si discute ancora se sia necessaria una stretta sorveglianza. Tuttavia, grazie alle aumentate possibilità terapeutiche di seconda linea contro il PDA, sarà possibile prolungare la sopravvivenza grazie alla diagnosi precoce di recidiva e trattamento tempestivo. Bisogna notare inoltre che un aumento del CA 19-9 precede spesso l'evidenza radiografica di recidiva di 3-12 mesi78; ⁠ tuttavia, l'inizio della chemioterapia sulla base dei soli cambiamenti a livello dei marker tumorali non è attualmente raccomandabile (sebbene ampiamente praticato), a causa del rischio di risultati falsi positivi e falsi negativi.

Alcuni pazienti selezionati possono beneficiare anche di una metastasectomia. Le metastasi polmonari (rispetto alle metastasi epatiche o peritoneali) si presentano tipicamente in modo ritardato dopo l'intervento chirurgico. Pertanto, la biologia e la storia naturale dei pazienti che sviluppano metastasi polmonari isolate possono rappresentare un sottogruppo unico in cui la resezione di queste lesioni può risultare vantaggiosa118.⁠

1.3.2 Terapia adiuvante e neoadiuvante

Il trattamento neoadiuvante è un approccio terapeutico allettante, in quanto consente di valutare in vivo la risposta del tumore, fornisce una terapia per le metastasi subcliniche o non rilevabili con le tecniche di imaging prima dell'intervento, può agire su tessuti maggiormente ossigenati (e quindi maggiormente bersagliati dalla radioterapia), sterilizza il campo operatorio prima dell’intervento e migliora inoltre la

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possibilità di ottenere una resezione margini-negativa (R0) riducendo le dimensioni del tumore139.

Anche se la progressione di malattia si verifica comunque nel 45-74% dei casi dopo radioterapia neoadiuvante140,141 e nel 30-78% dei casi dopo chemioterapia

neoadiuvante117,125,134, la rivalutazione della malattia in seguito a terapia neoadiuvante permette di evitare una chirurgia inutile in caso di progressione di malattia e la morbilità associata all’intervento nel sottogruppo di pazienti che sviluppano una malattia metastatica precoce.

La terapia neoadiuvante è stata associata a tassi di resezione R0 migliorati125, senza un aumento significativo della morbilità e della mortalità post-intervento chirurgico. I trials prospettici dimostrano che i pazienti che raggiungono una resezione R0 hanno una sopravvivenza migliore rispetto ai pazienti con margini positivi (R1 o R2) a seguito dell’intervento chirurgico139,142,143. Inoltre, una meta-analisi ha dimostrato

che l'uso della terapia neoadiuvante nel cancro del pancreas può potenzialmente aumentare il numero di candidati all’intervento chirurgico, convertendo tumori da

borderline o localmente avanzati non resecabili a tumori resecabili144. In questo studio, circa un terzo dei pazienti con tumori non resecabili è stato convertito in candidato alla chirurgia e sono stati dimostrati tassi di sopravvivenza simili a quelli con malattia inizialmente già resecabile. Riveste quindi una grande importanza l'identificazione accurata della malattia potenzialmente resecabile, valutando la relazione tra tumore e vaso e la presenza o assenza di malattia extrapancreatica attraverso l’imaging145, per suggerire un intervento chirurgico o viceversa un

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In definitiva, il trattamento neoadiuvante è sicuramente da prendere in considerazione nei pazienti con malattia resecabile borderline, allo scopo di evitare interventi chirurgici non vantaggiosi nei pazienti con malattia già metastatica subclinica non ancora rilevabile all’imaging e per rendere l’eventuale intervento chirurgico meno demolitivo e a maggior probabilità di margini negativi R0. Pochissimi centri utilizzano invece questo approccio neoadiuvante in pazienti ritenuti avere una malattia resecabile al momento di diagnosi. Non sono stati effettuati infatti studi prospettici randomizzati che confrontino l'efficacia della terapia neoadiuvante con quella del trattamento adiuvante nei pazienti con malattia resecabile al momento della diagnosi, e non vi è quindi alcun chiaro vantaggio dimostrato nel favorire il trattamento neoadiuvante piuttosto che una terapia adiuvante in questo contesto di malattia. In tal senso, secondo le linee guida dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica redatte nel 2017, nei pazienti con malattia resecabile un trattamento neoadiuvante non dovrebbe essere preso in considerazione come opzione terapeutica di prima intenzione per migliorare gli outcome chirurgici e oncologici146.

I principali schemi terapeutici adottati nel trattamento chemioterapico neoadiuvante della malattia resecabile borderline sono costituiti da FOLFIRINOX (che si associa a maggiore probabilità di resezione chirurgica, a fronte però di maggiori tossicità), Gemcitabina / Nab-Paclitaxel o Gemcitabina / Cisplatino123.

Per quanto riguarda invece il trattamento adiuvante dopo resezione chirurgica di una neoplasia pancreatica, sia la chemioterapia adiuvante sia la chemioradioterapia sono state associate ad un vantaggio di sopravvivenza rispetto alla semplice osservazione dopo resezione chirurgica in studi prospettici e retrospettivi147. Con il termine di

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terapia adiuvante, comprendiamo sia la terapia sistemica chemioterapica che serve a ridurre il rischio di metastasi a distanza, sia la chemioradioterapia che serve a ridurre il rischio di recidiva locoregionale. La chemioradioterapia adiuvante in particolare viene raccomandata nei pazienti con margini positivi, che sono a maggior rischio di fallimento locoregionale148.

Nonostante la resezione chirurgica continui a rappresentare l’unica opzione curativa per il tumore del pancreas, gli studi condotti negli ultimi decenni hanno dimostrato come la chemioterapia adiuvante aggiunga un beneficio in termini di ritardo della recidiva e maggiore sopravvivenza globale133.

Secondo le linee guida del National Comprehensive Cancer Network (NCCN), la chemioterapia adiuvante è raccomandata nei pazienti che si ristabiliscono in forze dall’intervento di resezione pancreatica114. Le strategie accettabili includono la

chemioterapia da sola (gemcitabina da sola o in combinazione con Capecitabina, 5-fluorouracile, capecitabina)133 protratta per 6 mesi, o la radioterapia e la chemioterapia (gemcitabina o monoterapia 5-FU, somministrate prima o dopo la chemioradiazione)148. Tali trattamenti vengono solitamente iniziati dopo due mesi dall’intervento chirurgico, anche se un ritardo nell’inizio della terapia adiuvante non influenza la sopravvivenza a patto che vengano completati i sei mesi di terapia83.

Una meta-analisi di cinque studi randomizzati comprendente 951 pazienti ha concluso che la terapia adiuvante fornisce un vantaggio mediano di sopravvivenza a 3 mesi e un miglioramento assoluto del 3% nella sopravvivenza a 5 anni149.⁠ Sebbene queste cifre possano apparire poco attraenti per molti pazienti, la realtà è più complessa: molti pazienti infatti non riceveranno alcun beneficio dal trattamento, ma un sottogruppo di pazienti riceverà invece un beneficio di sopravvivenza robusto e

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duraturo grazie a questi trattamenti adiuvanti. Identificare quali pazienti hanno maggiori probabilità di ottenere un beneficio in termini di sopravvivenza è importante quanto scoprire altri regimi di trattamento più efficaci; pertanto, prima di iniziare il trattamento si raccomanda al paziente l’esecuzione di alcuni esami, quali la conta eritrocitaria, LDH, albumina, CA 19-9, parametri di funzionalità renale ed epatica138⁠ , e soprattutto di confermare l’assenza di metastasi a distanza o recidive precoci prima dell’inizio del trattamento116.⁠

La chemioradioterapia adiuvante è comunemente eseguita in aggiunta alla chemioterapia negli Stati Uniti, mentre la chemioterapia (senza radiazioni) rappresenta lo standard in Europa.

Lo studio Gastrointestinal Tumor Study Group (GITSG) è stato il primo degli studi sul trattamento adiuvante, ed è stato un piccolo studio di fase III (secondo gli standard odierni, n = 49 pazienti trattati tra il 1974 e il 1982) svolto negli Stati Uniti. Il braccio sottoposto al trattamento chemioradioterapico è stato confrontato con un braccio di sola osservazione, e il gruppo sottoposto a chemioradioterapia ha avuto una sopravvivenza superiore (20 contro 11 mesi; p = 0,04)150. Tale studio è stato però criticato per la piccola dimensione del campione di pazienti; inoltre, non è noto se il beneficio osservato fosse attribuibile alla chemioterapia, alla chemioterapia di mantenimento o ad entrambi. Tuttavia, questo studio ha stabilito il ruolo di riferimento per la chemioradioterapia adiuvante come trattamento accettabile per il carcinoma pancreatico resecato negli Stati Uniti.

Lo studio europeo EORTC (European Organization for Research and Treatment of

Cancer) è stato la risposta europea allo studio GITSG, e si è dimostrato il più grande

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totale di 218 pazienti con carcinoma del pancreas o altro tumore periampollare sono stati randomizzati per ricevere chemioradioterapia o osservazione. La OS è risultata di 21,6 mesi nel braccio sottoposto a trattamento, e di 19,2 mesi nel braccio sottoposto a osservazione (p = 0,5).

Lo studio ESPAC-1 ha invece confrontato in 289 pazienti affetti da adenocarcinoma duttale del pancreas sottoposti a chirurgia radicale (R0-R1) l’efficacia della terapia per quattro diversi bracci di trattamento, ovvero: una chemioterapia sistemica post-operatoria con 5-fluorouracile seguito da radioterapia, chemioterapia sistemica da sola, chemioterapia e radioterapia concomitante, e la semplice osservazione. I risultati di questo studio hanno dimostrato un vantaggio in termini di OS nei bracci che avevano ricevuto la chemioterapia sistemica associata o meno a chemioradioterapia rispetto a quelli che avevano ricevuto solo chemioradioterapia oppure osservazione (20.1 vs 15.5 mesi, p=0.009)148,151.⁠

Lo studio CONKO-001133,152 ha invece preso in considerazione 368 pazienti con

adenocarcinoma duttale resecato R0-R1, e ha confrontato i pazienti sottoposti alla sola osservazione dopo chirurgia con quelli sottoposti invece a chirurgia seguita da gemcitabina per 6 mesi (Figura 7). I dati che sono stati raccolti hanno dimostrato sia una sopravvivenza libera da recidiva di malattia (DFS) più lunga per il braccio trattato con chemioterapia (13.4 vs 6.9 mesi, p=0.01), sia una OS più lunga per i pazienti trattati con gemcitabina (22.1 versus 20.2 mesi; sopravvivenza a 5 anni 22.5% versus 11.5%; p=0.06). Attraverso tale studio, è stato quindi confermato il beneficio introdotto dalla terapia adiuvante con Gemcitabina.

Lo studio ESPAC-3 (che comprendeva 1088 pazienti sottoposti a trattamento adiuvante per 6 mesi o con 5-fluorouracile + Leucovorin o con Gemcitabina) non ha

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invece riscontrato una sostanziale differenza in termini di sopravvivenza tra i due diversi schemi terapeutici, nonostante la Gemcitabina si sia dimostrata un trattamento gravato da minori tossicità rispetto al 5-fluorouracile (7% vs 14% di tossicità severe)153,154.⁠

Lo studio ESPAC-4, basandosi su 732 pazienti sottoposti a chirurgia radicale e suddivisi in due diversi bracci di trattamento, ha dimostrato un miglioramento considerevole in termini di sopravvivenza nei pazienti trattati con regime combinato Gemcitabina + Capecitabina rispetto al trattamento con la sola Gemcitabina (28 vs 25,2 mesi)153.

I principali studi che hanno analizzato il vantaggio di un trattamento adiuvante sono riassunti in Tabella 3.

In definitiva, secondo le linee guida dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica, la radioterapia adiuvante può essere considerata nei pazienti affetti da adenocarcinoma duttale del pancreas in stadio Ia-III resecato in modo macroscopicamente radicale (R0-R1) sia dopo chirurgia R0 sia dopo chirurgia R1, con una dose di radioterapia di almeno 50 Gy in associazione a Gemcitabina o a fluoropirimidina.

1.3.3 Terapia della malattia borderline-resectable

Per migliorare la selezione dei pazienti e l’outcome di sopravvivenza, i tumori del pancreas non metastatici che si sono estesi oltre il pancreas sono stati classificati come BRPC e LAPC. Questi due gruppi comprendono circa il 30% di tutte le presentazioni di tumore pancreatico5.

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La malattia “borderline resectable” si caratterizza per un elevato rischio di resezione non radicale in caso di esplorazione chirurgica e di recidiva precoce dopo

intervento chirurgico155,156.

Le attuali linee guida NCCN consigliano quindi un approccio di tipo neoadiuvante nei pazienti resecabili borderline, in modo da ridurre il rischio di effettuare una chirurgia a margini positivi (R1-R2). Attraverso un imaging preoperatorio accurato e sulla base dei parametri clinici del paziente (età del paziente, performance status e presenza di comorbidità), è comunque possibile individuare il trattamento ottimale e decidere quindi quali pazienti dovrebbero essere sottoposti direttamente ad una resezione chirurgica radicale e quali invece beneficerebbero di una terapia neoadiuvante.

La sopravvivenza dei pazienti con tumore del pancreas borderline dopo resezione e trattamento neoadiuvante sembra essere paragonabile a quella dei pazienti con PDA resecabile già alla diagnosi139. Invece, i pazienti non trattati con PDA borderline hanno una sopravvivenza di circa 1 anno, ovvero simile ai pazienti con malattia localmente avanzata157.⁠ Inoltre, la morbilità e la mortalità dell’intervento chirurgico non sembrano essere incrementate dal trattamento chemioterapico o chemioradioterapico preoperatorio in condizioni di malattia borderline resecabile158.

Per questo, le linee guida dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica raccomandano che nei pazienti con adenocarcinoma del pancreas borderline

resectable un trattamento chemioterapico preoperatorio venga preso in

considerazione come opzione terapeutica di prima intenzione in alternativa ad una resezione chirurgica immediata159.⁠

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C’è da osservare però che circa il 40% dei pazienti con tumori potenzialmente resecabili non viene sottoposto a resezione dopo aver utilizzato un approccio di tipo neoadiuvante. Se nel corso del trattamento viene riscontrata una progressione di malattia tale da precludere l’opzione chirurgica oppure la malattia rimanga comunque non resecabile anche senza segni evidenti di progressione124, il trattamento consigliato è lo stesso di quello consigliato in caso di malattia localmente avanzata (LAPC) o metastatica64.

In alcuni casi, tuttavia, anche in assenza di una regressione dell’estensione della malattia alle indagini di imaging in corso di trattamento neoadiuvante, è stato osservato che la chirurgia rimane comunque un’opzione praticabile con possibilità di margini negativi di resezione anche se non sono stati raggiunti i criteri di resecabiltà160,161.

Gli schemi terapeutici previsti per il trattamento neoadiuvante in questo sottogruppo di pazienti sono a base di FOLFIRINOX (Oxaliplatino, Irinotecano, Leucovorin e 5-Fluorouracile) o di Gemcitabina in monoterapia. In particolare, il regime a base di FOLFIRINOX si è dimostrato maggiormente efficace in termini di sopravvivenza rispetto alla sola Gemcitabina126, a fronte però di maggiori tossicità.

Recentemente, sono stati condotti degli studi per valutare l’efficacia di un regime neoadiuvante combinato a base di Gemcitabina e Nab-Paclitaxel (visti i risultati importanti ottenuti nei confronti della malattia metastatica), e due studi di fase I162,163 e II164⁠ in particolare sembrerebbe dimostrare un’efficacia interessante di questo regime anche come terapia neoadiuvante nei confronti della malattia resecabile

borderline165. Inoltre, uno studio comparativo ha dimostrato come il trattamento

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un’effettiva opzione terapeutica nel trattamento del carcinoma del pancreas potenzialmente resecabile, a dispetto di un approccio chirurgico immediato: la OS dei pazienti trattati con terapia neoadiuvante si è dimostrata infatti quattro volte superiore rispetto a quella dei pazienti immediatamente resecati chirurgicamente166.

1.3.4 Terapia della malattia localmente avanzata non resecabile

I pazienti con carcinoma pancreatico localmente avanzato (LAPC) hanno evidenza di malattia primitiva non resecabile (stadio III) e nessuna evidenza clinica / radiologica di metastasi a distanza167. La progressione locale può diventare sintomatica (con ostruzione biliare, dolore, ipertensione portale e ostruzione gastrica) e avere un impatto significativo sulla qualità di vita del paziente.

La malattia localmente avanzata non resecabile presenta una prognosi sfavorevole, con una sopravvivenza globale mediana di 9-11 mesi168. Diversi fattori specifici del paziente sono stati associati alla prognosi in questo contesto di malattia, tra cui anemia, scarso performance status, CA 19-9 elevato e punteggio di comorbidità di Charlson elevato. Inoltre, la risposta alla chemioterapia sistemica, prima della chemioradioterapia, sembra condizionare favorevolmente la sopravvivenza169. Gli obiettivi del trattamento della malattia LAPC sono: (1) Migliorare la qualità della vita raggiungendo il controllo locoregionale, e (2) prolungare la sopravvivenza impedendo lo sviluppo di malattia metastatica a distanza e progressione locale. La chemioterapia sistemica di combinazione è raccomandata in prima battuta per la maggior parte dei pazienti, dato che il 30-50% dei pazienti con LAPC sviluppa metastasi a distanza entro 3 mesi170. I regimi chemioterapici sviluppati per la malattia metastatica sono diventati la terapia di prima linea per il tumore del pancreas non

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