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CAPITOLO 1. Introduzione

1.3 Trattamento della malattia resecabile e localmente avanzata

1.3.2 Terapia adiuvante e neoadiuvante

Il trattamento neoadiuvante è un approccio terapeutico allettante, in quanto consente di valutare in vivo la risposta del tumore, fornisce una terapia per le metastasi subcliniche o non rilevabili con le tecniche di imaging prima dell'intervento, può agire su tessuti maggiormente ossigenati (e quindi maggiormente bersagliati dalla radioterapia), sterilizza il campo operatorio prima dell’intervento e migliora inoltre la

possibilità di ottenere una resezione margini-negativa (R0) riducendo le dimensioni del tumore139.

Anche se la progressione di malattia si verifica comunque nel 45-74% dei casi dopo radioterapia neoadiuvante140,141 e nel 30-78% dei casi dopo chemioterapia

neoadiuvante117,125,134, la rivalutazione della malattia in seguito a terapia neoadiuvante permette di evitare una chirurgia inutile in caso di progressione di malattia e la morbilità associata all’intervento nel sottogruppo di pazienti che sviluppano una malattia metastatica precoce.

La terapia neoadiuvante è stata associata a tassi di resezione R0 migliorati125, senza un aumento significativo della morbilità e della mortalità post-intervento chirurgico. I trials prospettici dimostrano che i pazienti che raggiungono una resezione R0 hanno una sopravvivenza migliore rispetto ai pazienti con margini positivi (R1 o R2) a seguito dell’intervento chirurgico139,142,143. Inoltre, una meta-analisi ha dimostrato

che l'uso della terapia neoadiuvante nel cancro del pancreas può potenzialmente aumentare il numero di candidati all’intervento chirurgico, convertendo tumori da

borderline o localmente avanzati non resecabili a tumori resecabili144. In questo studio, circa un terzo dei pazienti con tumori non resecabili è stato convertito in candidato alla chirurgia e sono stati dimostrati tassi di sopravvivenza simili a quelli con malattia inizialmente già resecabile. Riveste quindi una grande importanza l'identificazione accurata della malattia potenzialmente resecabile, valutando la relazione tra tumore e vaso e la presenza o assenza di malattia extrapancreatica attraverso l’imaging145, per suggerire un intervento chirurgico o viceversa un

In definitiva, il trattamento neoadiuvante è sicuramente da prendere in considerazione nei pazienti con malattia resecabile borderline, allo scopo di evitare interventi chirurgici non vantaggiosi nei pazienti con malattia già metastatica subclinica non ancora rilevabile all’imaging e per rendere l’eventuale intervento chirurgico meno demolitivo e a maggior probabilità di margini negativi R0. Pochissimi centri utilizzano invece questo approccio neoadiuvante in pazienti ritenuti avere una malattia resecabile al momento di diagnosi. Non sono stati effettuati infatti studi prospettici randomizzati che confrontino l'efficacia della terapia neoadiuvante con quella del trattamento adiuvante nei pazienti con malattia resecabile al momento della diagnosi, e non vi è quindi alcun chiaro vantaggio dimostrato nel favorire il trattamento neoadiuvante piuttosto che una terapia adiuvante in questo contesto di malattia. In tal senso, secondo le linee guida dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica redatte nel 2017, nei pazienti con malattia resecabile un trattamento neoadiuvante non dovrebbe essere preso in considerazione come opzione terapeutica di prima intenzione per migliorare gli outcome chirurgici e oncologici146.

I principali schemi terapeutici adottati nel trattamento chemioterapico neoadiuvante della malattia resecabile borderline sono costituiti da FOLFIRINOX (che si associa a maggiore probabilità di resezione chirurgica, a fronte però di maggiori tossicità), Gemcitabina / Nab-Paclitaxel o Gemcitabina / Cisplatino123.

Per quanto riguarda invece il trattamento adiuvante dopo resezione chirurgica di una neoplasia pancreatica, sia la chemioterapia adiuvante sia la chemioradioterapia sono state associate ad un vantaggio di sopravvivenza rispetto alla semplice osservazione dopo resezione chirurgica in studi prospettici e retrospettivi147. Con il termine di

terapia adiuvante, comprendiamo sia la terapia sistemica chemioterapica che serve a ridurre il rischio di metastasi a distanza, sia la chemioradioterapia che serve a ridurre il rischio di recidiva locoregionale. La chemioradioterapia adiuvante in particolare viene raccomandata nei pazienti con margini positivi, che sono a maggior rischio di fallimento locoregionale148.

Nonostante la resezione chirurgica continui a rappresentare l’unica opzione curativa per il tumore del pancreas, gli studi condotti negli ultimi decenni hanno dimostrato come la chemioterapia adiuvante aggiunga un beneficio in termini di ritardo della recidiva e maggiore sopravvivenza globale133.

Secondo le linee guida del National Comprehensive Cancer Network (NCCN), la chemioterapia adiuvante è raccomandata nei pazienti che si ristabiliscono in forze dall’intervento di resezione pancreatica114. Le strategie accettabili includono la

chemioterapia da sola (gemcitabina da sola o in combinazione con Capecitabina, 5- fluorouracile, capecitabina)133 protratta per 6 mesi, o la radioterapia e la chemioterapia (gemcitabina o monoterapia 5-FU, somministrate prima o dopo la chemioradiazione)148. Tali trattamenti vengono solitamente iniziati dopo due mesi dall’intervento chirurgico, anche se un ritardo nell’inizio della terapia adiuvante non influenza la sopravvivenza a patto che vengano completati i sei mesi di terapia83.

Una meta-analisi di cinque studi randomizzati comprendente 951 pazienti ha concluso che la terapia adiuvante fornisce un vantaggio mediano di sopravvivenza a 3 mesi e un miglioramento assoluto del 3% nella sopravvivenza a 5 anni149.⁠ Sebbene queste cifre possano apparire poco attraenti per molti pazienti, la realtà è più complessa: molti pazienti infatti non riceveranno alcun beneficio dal trattamento, ma un sottogruppo di pazienti riceverà invece un beneficio di sopravvivenza robusto e

duraturo grazie a questi trattamenti adiuvanti. Identificare quali pazienti hanno maggiori probabilità di ottenere un beneficio in termini di sopravvivenza è importante quanto scoprire altri regimi di trattamento più efficaci; pertanto, prima di iniziare il trattamento si raccomanda al paziente l’esecuzione di alcuni esami, quali la conta eritrocitaria, LDH, albumina, CA 19-9, parametri di funzionalità renale ed epatica138⁠ , e soprattutto di confermare l’assenza di metastasi a distanza o recidive precoci prima dell’inizio del trattamento116.⁠

La chemioradioterapia adiuvante è comunemente eseguita in aggiunta alla chemioterapia negli Stati Uniti, mentre la chemioterapia (senza radiazioni) rappresenta lo standard in Europa.

Lo studio Gastrointestinal Tumor Study Group (GITSG) è stato il primo degli studi sul trattamento adiuvante, ed è stato un piccolo studio di fase III (secondo gli standard odierni, n = 49 pazienti trattati tra il 1974 e il 1982) svolto negli Stati Uniti. Il braccio sottoposto al trattamento chemioradioterapico è stato confrontato con un braccio di sola osservazione, e il gruppo sottoposto a chemioradioterapia ha avuto una sopravvivenza superiore (20 contro 11 mesi; p = 0,04)150. Tale studio è stato però criticato per la piccola dimensione del campione di pazienti; inoltre, non è noto se il beneficio osservato fosse attribuibile alla chemioterapia, alla chemioterapia di mantenimento o ad entrambi. Tuttavia, questo studio ha stabilito il ruolo di riferimento per la chemioradioterapia adiuvante come trattamento accettabile per il carcinoma pancreatico resecato negli Stati Uniti.

Lo studio europeo EORTC (European Organization for Research and Treatment of

Cancer) è stato la risposta europea allo studio GITSG, e si è dimostrato il più grande

totale di 218 pazienti con carcinoma del pancreas o altro tumore periampollare sono stati randomizzati per ricevere chemioradioterapia o osservazione. La OS è risultata di 21,6 mesi nel braccio sottoposto a trattamento, e di 19,2 mesi nel braccio sottoposto a osservazione (p = 0,5).

Lo studio ESPAC-1 ha invece confrontato in 289 pazienti affetti da adenocarcinoma duttale del pancreas sottoposti a chirurgia radicale (R0-R1) l’efficacia della terapia per quattro diversi bracci di trattamento, ovvero: una chemioterapia sistemica post- operatoria con 5-fluorouracile seguito da radioterapia, chemioterapia sistemica da sola, chemioterapia e radioterapia concomitante, e la semplice osservazione. I risultati di questo studio hanno dimostrato un vantaggio in termini di OS nei bracci che avevano ricevuto la chemioterapia sistemica associata o meno a chemioradioterapia rispetto a quelli che avevano ricevuto solo chemioradioterapia oppure osservazione (20.1 vs 15.5 mesi, p=0.009)148,151.⁠

Lo studio CONKO-001133,152 ha invece preso in considerazione 368 pazienti con

adenocarcinoma duttale resecato R0-R1, e ha confrontato i pazienti sottoposti alla sola osservazione dopo chirurgia con quelli sottoposti invece a chirurgia seguita da gemcitabina per 6 mesi (Figura 7). I dati che sono stati raccolti hanno dimostrato sia una sopravvivenza libera da recidiva di malattia (DFS) più lunga per il braccio trattato con chemioterapia (13.4 vs 6.9 mesi, p=0.01), sia una OS più lunga per i pazienti trattati con gemcitabina (22.1 versus 20.2 mesi; sopravvivenza a 5 anni 22.5% versus 11.5%; p=0.06). Attraverso tale studio, è stato quindi confermato il beneficio introdotto dalla terapia adiuvante con Gemcitabina.

Lo studio ESPAC-3 (che comprendeva 1088 pazienti sottoposti a trattamento adiuvante per 6 mesi o con 5-fluorouracile + Leucovorin o con Gemcitabina) non ha

invece riscontrato una sostanziale differenza in termini di sopravvivenza tra i due diversi schemi terapeutici, nonostante la Gemcitabina si sia dimostrata un trattamento gravato da minori tossicità rispetto al 5-fluorouracile (7% vs 14% di tossicità severe)153,154.⁠

Lo studio ESPAC-4, basandosi su 732 pazienti sottoposti a chirurgia radicale e suddivisi in due diversi bracci di trattamento, ha dimostrato un miglioramento considerevole in termini di sopravvivenza nei pazienti trattati con regime combinato Gemcitabina + Capecitabina rispetto al trattamento con la sola Gemcitabina (28 vs 25,2 mesi)153.

I principali studi che hanno analizzato il vantaggio di un trattamento adiuvante sono riassunti in Tabella 3.

In definitiva, secondo le linee guida dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica, la radioterapia adiuvante può essere considerata nei pazienti affetti da adenocarcinoma duttale del pancreas in stadio Ia-III resecato in modo macroscopicamente radicale (R0-R1) sia dopo chirurgia R0 sia dopo chirurgia R1, con una dose di radioterapia di almeno 50 Gy in associazione a Gemcitabina o a fluoropirimidina.

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