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Il trattamento terapeutico ottimale del carcinoma pancreatico localmente avanzato non è stato ancora definito in maniera univoca; esistono numerose possibilità di terapia che prevedono la combinazione di radioterapia, chemioterapia e chirurgia. Da ciò deriva la necessità di individuare fattori in grado di predire la risposta a specifici trattamenti e fornire informazioni sulla prognosi del paziente. L’identificazione di tali biomarcatori potrebbe inoltre consentire la scelta del miglior iter terapeutico per ciascun paziente, nell’ottica di una terapia sempre più personalizzata.

Ad oggi la chirurgia viene considerata il solo trattamento potenzialmente curativo nel carcinoma pancreatico; per questo motivo i pazienti con malattia localmente avanzata vengono trattati con chemioterapia o radio-chemioterapia al fine di convertire la malattia alla resecabilità. Tuttavia, la valutazione della resecabilità dopo il trattamento primario è affidata all’imaging radiologico (TC) che presenta evidenti limiti legati all’incapacità di distinguere la reazione fibrotica post-terapia dal tumore primitivo e all’impossibilità di evidenziare metastasi peritoneali ed epatiche quando dimensionalmente inferiori alla sensibilità dello strumento. Recentemente è stato dimostrato il ruolo predittivo della variazione percentuale del CA19-9: Reni et al. hanno evidenziato tra i pazienti resecati dopo chemioterapia neoadiuvante una sopravvivenza globale mediana maggiore in coloro che hanno avuto una riduzione del CA19-9 superiore al 50% del valore pretrattamento rispetto a coloro che non hanno ottenuto tale riduzione (31,5 mesi vs 15 mesi, p = 0,04).281 Lo studio di Peixoto et al. invece ha descritto il ruolo prognostico del valore basale di CA19-9 e dell’ECOG PS nei pazienti con LAPC: un livello di CA19-9 > 1000 U/mL e un ECOG PS 2-3 si sono rivelati fattori prognostici indipendenti di una sopravvivenza meno prolungata.112 Krishnan et al. hanno individuato il PS secondo Karnofsky come fattore prognostico indipendente per DFS e OS nei pazienti con LAPC trattati con radio-chemioterapia e il livello emoglobinico pretrattamento come indipendentemente correlato alla OS.280

Nel nostro studio è stata valutata una casistica omogenea e relativamente ampia costituita da 77 pazienti affetti da carcinoma pancreatico localmente avanzato, in larga parte, e a resecabilità borderline, in un piccolo numero di casi. I pazienti inclusi nello studio sono stati trattati con una mediana di 8 cicli di FOLFOXIRI e seguiti con controlli periodici di rivalutazione per un follow up di durata mediana di 31 mesi.

Il trattamento con FOLFOXIRI si è confermato un regime attivo e sicuro anche nei pazienti con malattia localmente avanzata; infatti è stato responsabile di risposta parziale nel 35,1% dei

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pazienti trattati, mentre solo il 9,1% è andato incontro a progressione; nel restante gruppo di pazienti è stata evidenziata una stabilità di malattia. La sopravvivenza mediana libera da progressione è stata di 11,9 mesi, mentre la sopravvivenza globale mediana è risultata di 17,6 mesi. Per quanto riguarda il profilo di tollerabilità, non sono state registrate morti tossiche legate al trattamento chemioterapico; le reazioni avverse che si sono verificate con maggior frequenza sono state la neutropenia di grado G3-G4 (42,9%) e le tossicità gastrointestinali di grado 1-2, come nausea (67,5%), vomito (36,4%) e diarrea (50,6%). Tali tossicità sono state controllate mediante riduzioni del dosaggio (33,8% dei casi), rinvii nella somministrazione del ciclo di terapia (57,1% dei casi) e somministrazione di G-CSF (20,8% dei casi).

La rilevanza del nostro studio risiede nell’omogeneità del trattamento primario somministrato e nell’utilizzo di un regime polichemioterapico più moderno, dotato di comprovata attività ed efficacia, a differenza degli studi precedenti che hanno incluso pazienti trattati con differenti terapie farmacologiche o radio-chemioterapia. Alla luce della letteratura attualmente disponibile, una polichemioterapia con FOLFIRINOX rappresenta la scelta di trattamento più validata e anche la più utilizzata nella pratica clinica per i pazienti fit con carcinoma del pancreas localmente avanzato.

Dall’analisi dell’intera popolazione studiata, sono emersi come fattori clinici correlati con la sopravvivenza libera da progressione la variazione percentuale del CA19-9 e la chirurgia. I pazienti con una riduzione dei valori post-trattamento di CA19-9 maggiore del 50% hanno avuto un vantaggio in termini di PFS di 5 mesi rispetto ai pazienti con una riduzione minore del 50%. Nei pazienti sottoposti a resezione chirurgica la PFS è stata di 16 mesi, ovvero il doppio rispetto al gruppo di pazienti non resecati, in cui è stata di 8,2 mesi.

All’analisi multivariata solo la resezione chirurgica si è dimostrata un fattore prognostico indipendente per la sopravvivenza libera da progressione. Tuttavia, tale dato deve essere considerato con cautela alla luce del verosimile bias di selezione, in quanto i pazienti inviati a chirurgia sono stati coloro che hanno avuto una risposta migliore alla chemioterapia primaria, avendo probabilmente una malattia più sensibile e biologicamente meno aggressiva. Abbiamo tentato di ridurre l’impatto di questo bias rivalutando la PFS in funzione della chirurgia escludendo però i pazienti progrediti durante il trattamento primario; anche in questo caso i pazienti sottoposti a resezione chirurgica hanno mostrato una sopravvivenza più prolungata rispetto ai pazienti né resecati né progrediti.

Certamente il valore intrinseco della PFS può essere anche influenzato dall’aderenza agli schemi di rivalutazione. Infine, nei pazienti sottoposti all’intervento chirurgico può essere

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complesso individuare un’eventuale recidiva locale per la persistenza di ispessimenti e alterazioni anatomiche difficilmente distinguibili all’imaging. Questi limiti possono essere superabili dalla valutazione della sopravvivenza globale come endpoint.

L’ECOG PS, la variazione percentuale del CA19-9 e la resezione chirurgica sono risultati significativamente correlati con la sopravvivenza globale. In particolare, la chirurgia ha assicurato una OS mediana di 23,5 mesi, mentre nel gruppo dei pazienti non resecati la OS è risultata di 13,9 mesi. È importante sottolineare che la percentuale di pazienti vivi a 5 anni dalla terapia tra coloro che sono stati sottoposti a chirurgia è stata del 17%, sovrapponibile a quella dei pazienti con malattia resecabile trattati con resezione chirurgica upfront (20% di pazienti vivi a 5 anni). Nel gruppo di pazienti non resecati, invece, non ci sono stati lungo-sopravviventi. Da tali evidenze si potrebbe concludere che la chirurgia sia in grado di assicurare ai pazienti con malattia localmente avanzata una sopravvivenza globale simile a quella dei pazienti con uno stadio iniziale di malattia. Tuttavia, similmente alla PFS, anche il dato dell’OS deve essere interpretato tenendo conto del probabile bias di selezione, ridotto in parte da una successiva analisi, eseguita escludendo i pazienti progrediti: la correlazione tra resezione chirurgica e OS ha conservato la significatività statistica. L’impatto della resezione chirurgica sulla sopravvivenza non è stato confermato dall’analisi multivariata, nella quale sono risultati fattori prognostici indipendenti l’ECOG PS e la variazione percentuale di CA19-9: un ECOG PS 0 e una riduzione dei valori di CA19-9 maggiore del 50% sono indipendentemente associati ad una sopravvivenza maggiore.

L’analisi effettuata sul gruppo di pazienti resecati ha sottolineato come non siano disponibili fattori clinici basali in grado di predire la prognosi, in termini di PFS e OS, successiva all’intervento chirurgico.

Sebbene siano stati riportati i dati sull'efficacia clinica e sui risultati relativi a diversi regimi di chemioterapia, pochi studi hanno esaminato gli effetti istologici della terapia sulla lesione tumorale. Il grado di regressione tumorale dopo terapia preoperatoria, o TRG, è un fattore prognostico dimostratosi significativamente correlato all’outcome clinico in diverse neoplasie, in particolare del tratto gastrointestinale. Studi recenti suggeriscono che il TRG sia un fattore prognostico indipendente anche per l’adenocarcinoma pancreatico dopo trattamento chemioterapico o radiochemioterapico.299,300 Infatti, uno studio retrospettivo condotto dal MD Anderson Cancer Center (MDACC) ha descritto una correlazione statisticamente significativa tra il punteggio del TRG e la sopravvivenza globale mediana in 223 pazienti affetti da carcinoma pancreatico trattati con radio-chemioterapia neoadiuvante.299

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Nel nostro studio abbiamo valutato il TRG utilizzando cinque diversi metodi (CAP, Evans, MDACC, Dworak e Hartman), in assenza di dati conclusivi circa la maggior attendibilità di uno di essi e per avere una maggior probabilità di dimostrare una correlazione statisticamente significativa tra almeno un sistema e l’outcome. Certamente alcuni di questi score sono stati sviluppati specificamente per pazienti con carcinoma del pancreas al contrario di altri, ma spesso le casistiche di sviluppo o di validazione utilizzate prevedevano pazienti trattati prevalentemente con chemio-radioterapia preoperatoria e non con sola chemioterapia.

I fattori istopatologici risultati correlati con la sopravvivenza libera da progressione sono l’istotipo ed il TRG secondo DWORAK. L’associazione tra istotipo e PFS ha raggiunto la significatività statistica per via della presenza di un caso di carcinoma adenosquamoso, il quale, in accordo con la letteratura, ha avuto un andamento particolarmente infausto. Il TRG secondo DWORAK, ed in particolar modo la sua versione raggruppata in 2 categorie per aumentare la numerosità dei pazienti nei singoli gruppi (2-3 a buona risposta e 0-1 a peggiore risposta) ha evidenziato che i pazienti con una regressione tumorale più spiccata presentano una sopravvivenza libera da progressione maggiore (25,9 mesi vs 13,4 mesi, p = 0,028). Per quanto riguarda la sopravvivenza globale, i fattori istopatologici prognostici emersi dal nostro studio sono: l’istotipo, il grading e il TRG DWORAK. Nello specifico, l’OS mediana è risultata di 14,5 mesi per il TRG 0 (IC 95% 0,98-28,02), di 19,8 mesi per il TRG 1 (IC 95% 12,46-27,14) mentre non è stata raggiunta la mediana per il TRG 2; la OS mediana per il TRG 3 è stata di 11,6 mesi, sebbene per questo grado sia stato riportato un unico caso.

I risultati ottenuti dal nostro studio devono essere interpretati tenendo conto anche della retrospettività della nostra analisi, sebbene siano stati inclusi tutti i pazienti consecutivi trattati nel periodo di analisi che rispettassero i criteri di inclusione.

Altro possibile limite dello studio potrebbe essere la riproducibilità della valutazione della risposta patologica con gli score utilizzati. A questo proposito è in corso una revisione in cieco delle risposte patologiche da parte di un anatomo-patologo indipendente per valutare la concordanza con i risultati ottenuti e quindi la riproducibilità del test.

Ulteriore possibile limite dei risultati ottenuti è l’assenza di fattori predittivi significativi evidenziabili basalmente. Al riguardo sebbene tutti i pazienti inclusi fossero comunque in buone condizioni generali, solo la presenza di un PS 0 all’inizio del trattamento sembra correlare con una miglior sopravvivenza. Gli altri parametri riscontrati si riferiscono a variazioni ottenute durante il trattamento (riduzione del CA19-9) o studiabili dopo intervento chirurgico. Per quanto riguarda il CA19-9, certamente la sua riduzione dopo chemioterapia primaria appare un

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parametro importante da valutare prima di candidare i pazienti a resezione chirurgica e può essere di ausilio nella scelta del trattamento migliore per il singolo paziente.

Una maggiore risposta patologica (TRG DWORAK 2-3) è associata a migliore sopravvivenza dopo chirurgia ma è purtroppo analizzabile solo dopo l’intervento stesso. Questo fattore potrebbe però essere utilizzato per valutare la possibilità di impiegare nei pazienti che ottengono minor risposta un ulteriore trattamento post-operatorio chemioterapico o chemio-radioterapico, per provare a migliorarne la prognosi, esattamente come viene fatto nei pazienti con malattia resecabile alla diagnosi. Sarebbe inoltre interessante valutare se il grado di regressione patologica possa essere similare in pazienti trattati con regimi chemioterapici differenti (es. Gemcitabina+Nab-Paclitaxel), ma soprattutto se siano ottenibili informazioni clinico- radiologiche preoperatorie (ad esempio da esami PET o RMN) che possano predire la risposta patologica.

In conclusione, il nostro studio, parimenti al lavoro di Reni et al., ha confermato il ruolo prognostico della variazione percentuale del CA19-9 nei pazienti sottoposti a chemioterapia primaria: un decremento maggiore del 50% rispetto al valore pretrattamento assicura una sopravvivenza globale più lunga. Tale misurazione, in virtù dei costi contenuti e della semplicità di esecuzione, potrebbe rappresentare un valido ausilio nella pratica clinica, supportando le decisioni dell’oncologo nella selezione del più adeguato percorso terapeutico e nell’inclusione nello stesso della pancreasectomia. Inoltre, anche un performance status pari a 0 è stato in grado di predire una prognosi migliore. Resta ancora da approfondire il ruolo della valutazione del TRG come variabile correlata all’outcome e potenzialmente utilizzabile nella scelta di effettuare o meno un trattamento postoperatorio chemioterapico o radio- chemioterapico.

I risultati ottenuti devono essere interpretati tenendo conto dei limiti dello studio, tra cui l’assenza di fattori predittivi significativi evidenziabili basalmente, la natura retrospettiva dell’analisi e l’applicazione di criteri di inclusione stringenti che hanno portato a selezionare i pazienti in condizioni migliori. Sarebbe perciò necessario confermare tali risultati con studi prospettici su campioni di popolazione possibilmente più ampi; tuttavia, questo tipo di disegno di studio presenta diverse limitazioni, in particolare la difficoltà ad ottenere il consenso dei pazienti alla randomizzazione a causa della preferenza all’essere inseriti nel gruppo della chirurgia.

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