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Valutazione di fattori clinico-patologici prognostici in pazienti con carcinoma pancreatico localmente avanzato trattati con chemioterapia primaria con FOLFOXIRI e sottoposti a resezione chirurgica

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Academic year: 2021

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Università degli studi di Pisa

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea

Valutazione di fattori clinico-patologici prognostici in pazienti con

carcinoma pancreatico localmente avanzato trattati con chemioterapia

primaria con FOLFOXIRI e sottoposti a resezione chirurgica

Relatore

Prof. Alfredo Falcone

Candidato

Valentina Massa

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Indice

Indice ... 1 Riassunto ... 3 1 Introduzione ... 7 1.1 Epidemiologia ... 7 1.2 Cenni anatomo-fisiologici ... 13 1.3 Fattori di rischio ... 14

1.3.1 Fattori di rischio modificabili ... 14

1.3.2 Fattori di rischio non modificabili ... 15

1.3.3 Patologie correlate ... 16

1.4 Predisposizione genetica ... 18

1.5 Classificazione e lesioni preneoplastiche ... 20

1.6 Anatomia patologica ... 23

1.7 Genetica e biologia molecolare ... 26

1.8 Quadro clinico, diagnosi e stadiazione ... 28

1.9 Evoluzione clinica ... 38

1.10 Criteri di resecabilità ... 39

1.10.1 Introduzione ... 39

1.10.2 Status di non resecabilità ... 40

1.10.3 Criteri di resecabilità morfologica ... 40

1.10.4 Criteri di resecabilità biologica... 41

1.10.5 Criteri clinici di operabilità... 44

1.11 Trattamento della malattia resecabile ... 44

1.11.1 Chirurgia ... 44

1.11.2 Terapia adiuvante ... 46

1.11.3 Ruolo terapia neoadiuvante ... 49

1.12 Trattamento della malattia “borderline resectable” ... 54

1.13 Trattamento della malattia localmente avanzata ... 55

1.13.1 Generalità... 55

1.13.2 Radio-chemioterapia ... 55

1.13.3 Ruolo della chemioterapia ... 57

1.14 Trattamento della malattia metastatica ... 61

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2

1.14.2 Terapia di II linea ... 68

1.15 Trattamento del dolore e dei sintomi... 69

1.15.1 Ostruzione delle Vie Biliari ... 69

1.15.2 Ostruzione Gastrica e Duodenale ... 71

1.15.3 Dolore addominale tumore-associato ... 71

1.15.4 Malattia tromboembolica ... 72

1.15.5 Anoressia e perdita di peso ... 73

2 Analisi retrospettiva di fattori clinico-patologici prognostici in pazienti con carcinoma pancreatico localmente avanzato trattati con FOLFOXIRI ... 75

2.1 Razionale dello studio ... 75

2.2 Materiali e metodi ... 78

2.2.1 Criteri di selezione dei pazienti ... 78

2.2.2 Trattamento primario ... 78

2.2.3 Obiettivi ed endpoint dello studio ... 79

2.2.4 Disegno dello studio e considerazioni statistiche ... 80

2.2.5 Metodologia dell’esame anatomopatologico e valutazione del TRG ... 82

2.3 Risultati ... 87

2.3.1 Caratteristiche dei pazienti ... 87

2.3.2 Attività del trattamento chemioterapico primario con FOLFOXIRI ... 90

2.3.3 Profilo di tollerabilità del FOLFOXIRI ... 91

2.3.4 Dati di sopravvivenza in tutta la popolazione studiata ... 92

2.3.5 Fattori clinici prognostici ... 94

2.3.6 Fattori clinici ed istopatologici nei pazienti trattatati con chemioterapia primaria con FOLFOXIRI e sottoposti a resezione chirurgica ... 100

2.4 Discussione ... 105

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Riassunto

Il carcinoma pancreatico costituisce la settima causa di morte per tumore nel mondo, con incidenza in continua e progressiva crescita. È una neoplasia ad elevata letalità, con un tasso di sopravvivenza a 5 anni pari all’8-10%: la prognosi infausta della malattia è da ricondurre alla sua aggressività biologica e alla diagnosi spesso eseguita tardivamente. La chirurgia rappresenta l’unica opzione potenzialmente curativa, tuttavia solo il 20% dei pazienti affetti da carcinoma pancreatico presenta alla diagnosi una malattia resecabile. Nel 45-50% dei casi i pazienti presentano metastasi alla diagnosi, mentre nel 30% dei casi rientrano nel quadro di una malattia localmente avanzata (LAPC) o borderline resectable (BRPC).

La definizione di LAPC e BRPC è stabilita sulla base del coinvolgimento dei vasi peripancreatici, in accordo con i criteri NCCN (National Comprehensive Cancer Network) versione 2.2017. Sebbene il trattamento ottimale per questi stadi di malattia non sia stato ancora identificato in maniera univoca, la tendenza attuale è di impiegare una chemioterapia primaria, rivalutando il paziente ed eventualmente inviandolo a resezione chirurgica. Il regime farmacologico più studiato in questo ambito è la tripletta di chemioterapia con 5-Fluorouracile/Acido Folinico, Irinotecan e Oxaliplatino (detta FOLFIRINOX o FOLFOXIRI). La somministrazione di una terapia neoadiuvante consentirebbe di controllare la malattia micrometastatica, oltre ad aumentare il tasso di resecabilità e di resezioni radicali. Inoltre, permetterebbe di selezionare i pazienti in grado di ottenere un reale beneficio dalla resezione chirurgica escludendo i pazienti che progrediscono nel corso del trattamento primario.

La possibilità di disporre di fattori prognostici e predittivi di risposta alla chemioterapia neoadiuvante consentirebbe di scegliere il miglior iter terapeutico per ciascun paziente, in vista di una terapia sempre più personalizzata. Attualmente la valutazione di resecabilità viene effettuata in ambito multidisciplinare, sulla base di immagini radiologiche che, tuttavia, non sono in grado di distinguere la reazione fibrotica post-terapia dal tumore primitivo e di evidenziare metastasi peritoneali ed epatiche di dimensioni inferiori alla sensibilità dello strumento. Recenti studi hanno valutato il ruolo di diversi fattori, sia clinici (performance status, valore basale e variazione percentuale del CA19-9) che istopatologici (numero di linfonodi metastatici, rapporto tra questi e i linfonodi asportati, stato dei margini di resezione, grado di regressione tumorale o TRG).

Il nostro studio si inserisce in questo background, ponendosi l’obiettivo di valutare la correlazione tra alcuni fattori clinici ed istopatologici e le variabili di sopravvivenza, PFS

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(sopravvivenza libera da progressione) e OS (sopravvivenza globale). I fattori clinici presi in esame nel nostro studio sono distinguibili in basali (età, sesso, ECOG PS, stadio, grading preoperatorio, sede del tumore primitivo e valore basale del CA19-9) e correlati al trattamento (risposta RECIST, variazione percentuale del CA19-9 dopo chemioterapia primaria e resezione chirurgica). Invece, i fattori istopatologici esaminati sono stati l’istotipo, il grading, gli stadi T ed N post-trattamento primario (ypT e ypN), l’infiltrazione del margine di resezione, della vena e arteria mesenteriche superiori, l’infiltrato infiammatorio perighiandolare ed i TRG secondo CAP, MDACC, EVANS, DWORAK e HARTMANN.

Sono stati individuati retrospettivamente 77 pazienti consecutivi con diagnosi di carcinoma pancreatico localmente avanzato ed ECOG PS 0-1, trattati presso il Polo Oncologico pisano, dal 2010 al 2017, con FOLFOXIRI.

I pazienti sono stati rivalutati ad intervalli periodici mediante esame TC e/o RM al fine di valutare la risposta obiettiva di malattia (in accordo con i criteri RECIST). Sul totale dei soggetti inclusi, 39 sono andati incontro a resezione chirurgica. La valutazione dei fattori clinici è stata effettuata sia sull’intera popolazione in studio sia su 37 dei 39 pazienti resecati; i fattori istopatologici sono stati valutati in 29 soggetti, per i quali era disponibile un esame patologico sufficientemente accurato per i parametri esaminati nella nostra analisi.

Alla rivalutazione, nel 9,1% dei pazienti è stata evidenziata progressione di malattia (PD), nel 35,1% risposta parziale (RP) e nel 55,8% stabilità di malattia (SD). Per quanto riguarda il profilo di tollerabilità, nel complesso FOLFOXIRI si è confermato un regime polichemioterapico sicuro e ben tollerato: non sono state registrate morti tossiche e le reazioni avverse che si sono verificate con maggior frequenza sono state la neutropenia di grado G3-G4 (42,9%) e le tossicità gastrointestinali di grado 1-2, come nausea (67,5%), vomito (36,4%) e diarrea (50,6%).

La sopravvivenza mediana libera da progressione di malattia (PFS) è risultata di 11,9 mesi; la sopravvivenza globale mediana (OS) è stata di 17,6 mesi.

Per quanto riguarda la PFS, dall’analisi univariata sulla popolazione totale sono emersi come fattori clinici associati ad una differenza statisticamente significativa nella sopravvivenza la resezione chirurgica (p < 0,0001; 16,0 mesi nei resecati vs 8,2 mesi nei non resecati) e la variazione percentuale del valore di CA19-9 (p = 0,004; 14,5 mesi in caso di riduzione del CA19-9 superiore al 50% vs 9,4 mesi in caso di riduzione inferiore al 50%). All’analisi multivariata in funzione della PFS, solo la resezione chirurgica si è rivelata fattore prognostico indipendente (p = 0,029).

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All’analisi univariata in funzione dell’OS sono risultati correlati alla prognosi la resezione chirurgica (p = 0,0002; 23,5 mesi vs 13,9 mesi), la variazione percentuale dei valori di CA19-9 (p = 0,001; 24,6 mesi vs 12,7 mesi) e l’ECOG PS (p = 0,014; 1CA19-9,3 mesi in caso di PS 0 vs 10,1 mesi in caso di PS 1). All’analisi multivariata sia la variazione percentuale del CA19-9 (p = 0,003) che l’ECOG PS (p = 0,026) si sono rivelati fattori prognostici indipendenti per la sopravvivenza globale. Il tasso di sopravvivenza a 5 anni nei pazienti resecati è stato del 17% (sovrapponibile al dato nei soggetti resecati upfront), mentre è stato nullo nei pazienti non sottoposti a chirurgia.

Nell’analisi univariata per i fattori clinici, effettuata sui 37 soggetti resecati, nessuno di questi è risultato correlato in modo statisticamente significativo con l’outcome dei pazienti né in termini di PFS che di OS.

Su 29 dei 39 pazienti resecati è stata eseguita l’analisi univariata per i fattori istopatologici, dei quali sono risultati correlati in maniera significativa con la PFS solo l’istotipo tumorale (p = 0,027; 15,5 mesi adenocarcinoma duttale vs 12,5 mesi adenocarcinoma su IPMN vs 9,0 mesi carcinoma adenosquamoso), il TRG DWORAK classico (p = 0,031; grado 0, 11 mesi vs grado 1, 13,4 mesi vs grado 2, 25,9 mesi vs grado 3, 11 mesi) e raggruppato (p = 0,028; grado 0-1, 13,4 mesi vs grado 2-3, 25,9 mesi); con l’OS sono risultati correlati l’istotipo (p = 0,019; 23,7 mesi vs 17,6 mesi vs 11,9 mesi), il grading (p = 0,004; 23,7 mesi in G2 vs 19,8 mesi in G3) e il TRG DWORAK (p = 0,016; grado 0, 14,5 mesi vs grado 1, 19,8 mesi vs grado 3, 11,6 mesi). In questo subset di pazienti la PFS mediana è risultata di 13,8 mesi e l’OS mediana di 20,8 mesi, in linea con i valori di PFS ed OS dell’intera popolazione dello studio.

Pur non avendo identificato fattori predittivi individuabili basalmente (eccezion fatta per il performance status), la riduzione percentuale del CA19-9 si è confermata un parametro utile nella scelta dell’iter terapeutico ottimale: un decremento minore del 50% del suo valore basale potrebbe indurre il clinico a sconsigliare la resezione chirurgica.

Invece, la valutazione del grado di regressione tumorale (TRG) post-chemioterapia potrebbe essere utilizzata per valutare la possibilità di impiegare nei pazienti che ottengono minor risposta un ulteriore trattamento post-operatorio chemioterapico o chemio-radioterapico, per provare a migliorarne la prognosi. Sarebbe inoltre interessante valutare se il grado di regressione patologica possa essere similare in pazienti trattati con regimi chemioterapici differenti (es. Gemcitabina+Nab-Paclitaxel), ma soprattutto se siano ottenibili informazioni clinico-radiologiche preoperatorie (ad esempio da esami PET o RMN) che possano predire la risposta patologica.

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La resezione chirurgica sembra avere un impatto prognostico positivo sulla sopravvivenza; è necessario comunque sottolineare la probabile esistenza di un bias di selezione, essendo stati sottoposti a chirurgia i pazienti che avevano risposto meglio alla chemioterapia primaria, probabilmente per via di una malattia più chemiosensibile e meno aggressiva dal punto di vista biologico. Al fine di ridurre tale bias abbiamo effettuato l’analisi della sopravvivenza in funzione della chirurgia escludendo i pazienti andati incontro a progressione nel corso della terapia primaria.

I risultati ottenuti devono essere comunque interpretati tenendo conto dei limiti della nostra analisi, ovvero la sua retrospettività (sebbene siano stati inclusi tutti i pazienti consecutivi trattati nel periodo di analisi che rispettassero i criteri di inclusione) e la difficile riproducibilità della valutazione della risposta patologica con gli score utilizzati. A questo proposito è in corso una revisione in cieco delle risposte patologiche da parte di un anatomo-patologo indipendente per valutare la concordanza con i risultati ottenuti e quindi la riproducibilità del test.

L’importanza del nostro studio risiede nel fatto che i fattori clinici e patologici prognostici sono stati valutati in una popolazione di pazienti omogenea dal punto di vista del trattamento primario; inoltre, a differenza degli studi precedentemente eseguiti, è stato impiegato un regime chemioterapico dalla comprovata attività, il FOLFOXIRI. Infine, i nostri pazienti non sono stati sottoposti a radio-chemioterapia preoperatoria, caratteristica che rende più attendibile la valutazione del TRG, in quanto la RCT determina lo sviluppo di un’estesa reazione fibrotica responsabile di una difficoltosa interpretazione della risposta tumorale.

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1 Introduzione

1.1 Epidemiologia

Ogni anno il carcinoma pancreatico è responsabile di circa 331.000 morti in tutto il mondo, rappresentando la settima più comune causa di morte tumore-correlata1, nonostante occupi solo il dodicesimo posto tra i tumori a maggior incidenza; tale dato è da ricondurre alla particolarmente infausta prognosi della neoplasia, la quale presenta un tasso di mortalità del 98%2. I tassi di incidenza e di mortalità standardizzati per età (ASR, Age Standardized Ratio) sono pressoché equivalenti nei due sessi, con valori lievemente maggiori nei maschi (ASR di incidenza 4,9 ; ASR di mortalità 4,8) rispetto alle femmine (3,6; 3,4).2

Incidenza e mortalità maggiori si osservano nelle regioni più sviluppate del mondo, con tassi variabili tra 7 e 9 casi su 100.000 uomini e 5 e 6,5 su 100.000 donne, mentre nelle regioni meno sviluppate i tassi variano da 1,3 a 5 su 100.000 negli uomini e da 0,8 a 4 su 100.000 nelle donne (Figura 1).2 Verosimilmente la variabilità dei tassi dipende sia da una diversa esposizione ai fattori di rischio, più tipici di uno stile di vita occidentale, che da un difetto di diagnosi, più probabile invece nei paesi meno sviluppati.2

Figura 1 Incidenza e mortalità nelle regioni più o meno sviluppate del mondo nel 2012 (a) nei maschi

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Un’ulteriore ipotesi che, sommata alle precedenti, spiegherebbe le variazioni geografiche nei tassi di incidenza e mortalità del cancro pancreatico si basa sull’osservazione della variazione di questi tassi in maniera inversamente proporzionale alla radiazione solare: tali tassi sono infatti 3 o 4 volte superiori nei paesi del nord, come Islanda, Finlandia e il nord degli USA, rispetto ai paesi più vicini all’equatore (Egitto, Tunisia, Zimbabwe ed India). Questo fenomeno è particolarmente evidente all’interno del Giappone, paese che copre una vasta gamma di latitudini. La base biologica di questo pattern di variazioni sembra risiedere in un ridotto livello di vitamina D, fortemente dipendente dall’esposizione alla radiazione ultravioletta; pare infatti che il deficit di vitamina D possa essere un fattore di rischio per lo sviluppo di molti tumori, tra cui quello pancreatico.3

L’andamento nel tempo dei tassi di incidenza e mortalità sembra essere stato caratterizzato da una continua e progressiva crescita, tuttavia questo trend potrebbe essere spiegato dalla maggiore sensibilità dei metodi diagnostici piuttosto che da un aumento effettivo del numero dei casi.3

In realtà, l’aumento della durata della vita media determinerà, con molta probabilità, un aumento della frequenza assoluta del cancro del pancreas, e questo soprattutto in Cina, India e altre regioni asiatiche, le quali hanno grandi popolazioni in invecchiamento. Inoltre, in contrasto con quanto sta avvenendo nei paesi occidentali, in queste regioni la prevalenza del fumo di sigaretta, importante fattore di rischio anche per il tumore del pancreas, è in aumento, e probabilmente contribuirà ad un ulteriore incremento del numero di casi di questa patologia. Infine, mentre per diversi tumori, come quello di mammella, colon-retto e cervice uterina, sono disponibili efficaci procedure di screening, strumenti altrettanto efficaci non esistono per il cancro al pancreas.3

Infatti è stato previsto che, entro il 2030, il carcinoma del pancreas diventerà la terza causa di morte tumore-correlata in entrambi i sessi (preceduto da quello di polmone e fegato negli uomini e da quello di polmone e mammella nelle donne) e la seconda per numero totale di morti.4 (Figura 2)

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Figura 2 Proiezioni di mortalità per neoplasia al 2030.4

Nel 2017 negli Stati Uniti sono stati diagnosticati 53.670 nuovi casi di tumore del pancreas, mentre il numero di morti ad esso correlate è stato di 43.090. Negli ultimi decenni (dal 1975 al 2013), oltre ad aver fatto registrare un incremento progressivo della sua incidenza, il carcinoma pancreatico, contrariamente a quanto avvenuto per i quattro tumori più frequenti (polmone, mammella, prostata e colon-retto), non ha subito alcuna deflessione in termini di mortalità, che ha continuato ad aumentare leggermente nei maschi (di 0,3% all’anno) e si è livellata nelle femmine.5 (Figura 3)

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Figura 3Trend dei tassi di mortalità in entrambi i sessi e specifici per tumore, USA, 1930-2014.5

I tassi di incidenza e mortalità per questa neoplasia sono pressoché uguali nei due sessi (il rapporto tra maschi e femmine è di 1,3) e costituisce la quarta causa di morte per tumore sia negli uomini (dopo quello di polmone, prostata e colon-retto) che nelle donne (dopo quello di polmone, mammella e colon-retto).5 (Figura 4)

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Figura 4 Le dieci principali neoplasie per incidenza e mortalità, USA, 2017.5

In Europa è prevista, nel 2017, un’ulteriore riduzione dei tassi di mortalità globali e specifici per tumore. Fanno però eccezione il tumore del polmone femminile e il tumore del pancreas. In quest’ultimo infatti, la mortalità risulta stabile negli uomini, mentre nelle donne sembra addirittura aumentare leggermente.6 (Figura 5)

Figura 5 Tassi di mortalità standardizzati per età (popolazione mondiale) per l’anno 2012 (BLU) e

tassi di mortalità previsti per il 2017 (ARANCIONE) con intervalli di previsione del 95% per tutti i tipi di tumore complessivamente e per le otto sedi più importanti di tumore negli uomini e nelle donne

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In Italia nel 2017 ci sono stati circa 13.700 nuovi casi di tumore pancreatico, che rappresentano il 3% circa di tutte le diagnosi di tumore. Nelle donne oltre i 70 anni è la quarta neoplasia più frequente (5%). La sua incidenza, al netto di variazioni di età nella popolazione, ha avuto nel tempo una chiara tendenza alla crescita progressiva, più significativa negli uomini. Come per la maggior parte delle altre neoplasie, anche per il carcinoma del pancreas esiste un netto gradiente Nord-Sud: si può infatti osservare la progressiva riduzione dei suoi livelli di incidenza spostandosi dalle regioni settentrionali verso quelle meridionali, con un decremento, rispetto al nord, del 20% negli uomini e del 18% nelle donne a livello delle regioni centrali e del 25% e del 28% rispettivamente a livello di quelle del meridione. Il tumore del pancreas è la quinta causa di morte per tumore, la quarta nelle donne (7%), la sesta negli uomini (5%). Nelle età centrali della vita (50-69 anni) occupa il quarto posto sia nei maschi che nelle femmine (7%). Anche la mortalità ha mostrato un lieve ma costante incremento nel tempo, sia negli uomini che nelle donne (+0,9% e +0,5% all’anno).7(Figura 6)

Figura 6 Stima dei trend tumorali di incidenza e mortalità 2003-2017. Tassi standardizzati nuova

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1.2 Cenni anatomo-fisiologici

Il pancreas è un organo retroperitoneale, disposto in modo trasversale al davanti della colonna vertebrale (a livello di L1-2) e posteriormente allo stomaco; si estende dalla “c” duodenale all’ilo splenico per una lunghezza di 15-20 cm. Dal punto di vista funzionale è una ghiandola extramurale anficrina annessa all’apparato gastrointestinale.

Esso deriva dalla fusione di 2 abbozzi di origine endodermica: un abbozzo ventrale, da cui derivano la porzione inferiore della testa del pancreas ed il processo uncinato, ed uno dorsale, che dà origine alla parte superiore della testa, al corpo e alla coda. Il dotto che origina dall’abbozzo ventrale si unisce al coledoco e costituisce il dotto pancreatico principale (o di Wirsung); il dotto che origina dall’abbozzo dorsale, invece, drena direttamente nel duodeno costituendo il dotto accessorio (o di Santorini). I due dotti si fondono nella testa pancreatica in modo tale che il pancreas esocrino dreni attraverso il dotto di Wirsung, il quale confluisce nell’ampolla di Vater insieme al dotto biliare comune, sulla faccia mediale della seconda porzione del duodeno. Il flusso delle secrezioni pancreato-biliari è regolato dallo sfintere di Oddi, un gruppo di fibre muscolari posto all’altezza dell’ampolla di Vater.

Sulla base dei rapporti con l’aorta discendente e la confluenza della vena mesenterica superiore con la vena porta, l’organo può essere suddiviso in 3 porzioni: la testa, che rappresenta circa la metà della massa pancreatica e si continua inferiormente e medialmente nel processo uncinato, e il corpo e la coda, che rappresentano il restante 50%.

Il pancreas possiede una ricca vascolarizzazione proveniente sia dall'asse celiaco che dall'arteria mesenterica superiore. L’irrorazione della testa è assicurata dalle arcate pancreaticoduodenali dorsale e ventrale, originate dall’anastomosi tra i rami dell’arteria pancreaticoduodenale superiore (dalla gastroduodenale, ramo dell’arteria epatica comune) ed inferiore (dalla mesenterica superiore); tali arcate costituiscono una rete anastomotica tra il tripode celiaco e l’arteria mesenterica superiore. Il corpo e la coda del pancreas sono vascolarizzati dai rami forniti dall’arteria splenica lungo il suo decorso sul margine pancreatico superiore e dall’arteria pancreatica inferiore, che decorre sul margine inferiore ed origina dall’arteria mesenterica superiore.

La maggior parte delle arterie sono accompagnate da vene drenate in definitiva dalla vena porta; le vene pancreaticoduodenali superiori sono dirette tributarie della vena porta, quelle inferiori della vena mesenterica superiore, e costituiscono le arcate anastomotiche che raccolgono il

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sangue refluo della testa pancreatica. Le piccole vene di corpo e coda si riversano invece nella vena splenica.

La vascolarizzazione linfatica della testa drena, in alto, nei linfonodi pancreaticoduodenali anteriori, in quelli del legamento epatoduodenale, prepilorici e postpilorici, e in basso nei linfonodi mesenterici superiori. I linfatici provenienti dalla metà superiore del corpo sono tributari dei linfonodi dell’arteria lienale, quelli della metà inferiore dei linfonodi mesenterici superiori e mesocolici; i vasi linfatici della coda sono tributari dei linfonodi dell’ilo splenico. Il drenaggio finale avviene nei linfonodi celiaci, para-aortici e aorto-cavali.

I nervi che si portano al pancreas derivano dal plesso celiaco per mezzo di plessi secondari che seguono le arterie proprie del pancreas e con esse penetrano nel contesto della ghiandola. Il pancreas è una ghiandola anficrina costituita da una preponderante componente esocrina e da una endocrina: la prima, formata da strutture acinari, assicura la produzione giornaliera di un litro di succo pancreatico, ricco di acqua, elettroliti ed enzimi con funzioni digestive, mentre la seconda, costituita dalle isole del Langerhans, è responsabile della sintesi di ormoni deputati alla regolazione del metabolismo glucidico (insulina e glucagone) e delle secrezioni gastrointestinali (somatostatina e polipeptide PP).

1.3 Fattori di rischio

Nel corso degli anni, è stato ipotizzato per diversi fattori di rischio un ruolo nella genesi del tumore pancreatico; tuttavia, solo per una parte di essi l’implicazione è stata dimostrata. Possono essere distinti in fattori di rischio modificabili, non modificabili e patologie predisponenti.

1.3.1 Fattori di rischio modificabili

Il fumo di sigaretta rappresenta il fattore di rischio più chiaramente associato all’insorgenza di questa neoplasia8 ed è responsabile del 30% di tutti i tumori pancreatici9. I fumatori hanno un rischio di sviluppare il carcinoma pancreatico 2-3 volte maggiore rispetto ai non fumatori (OR 1,74-2,2)10; tale effetto è dose-dipendente11. È stato osservato un aumento del rischio anche nella popolazione esposta a fumo passivo (OR 1,2)9. La cessazione del fumo determina una riduzione di questo rischio, che tuttavia persiste per almeno 10 anni dopo l’interruzione.10,12 La responsabile di questo effetto è l’azione mutagena dei nitroderivati presenti nel tabacco, i quali determinano spesso mutazioni attivanti l’oncogene K-ras.

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Anche l’esposizione ad agenti chimici e metalli pesanti come β-naftilammina, benzidina, pesticidi, asbesto, benzene, solventi e derivati del petrolio, sembra essere associata ad un aumentato rischio di cancro pancreatico.13–15

Un consumo di alcool lieve o moderato non sembra invece essere correlato con un rischio aumentato di tumore del pancreas; mentre un consumo elevato (≥ 9 unità al giorno) determina un incremento del rischio (RR 1,15)16 persistente anche a distanza di molti anni (> 10 anni di follow up), e potenzia l’effetto cancerogeno del fumo di sigaretta.17

L’obesità rappresenta il secondo fattore di rischio più importante per lo sviluppo di questa neoplasia: un BMI (Body Mass Index, indice di massa corporea) ≥ 25 Kg/m2 nel giovane adulto è associato ad un rischio sensibilmente aumentato di carcinoma del pancreas e alla sua insorgenza precoce; un BMI > 30 Kg/m2 nell’anziano si associa ad un rischio di morte per carcinoma pancreatico maggiore del 20-40% rispetto ad un BMI inferiore.18 Il ruolo patogenetico dell’obesità è legato allo stato infiammatorio cronico che un eccesso di tessuto adiposo determina, legato all’iperattivazione dei pathway cellulari pro-infiammatori.19

Numerosi fattori dietetici sono stati chiamati in causa nella patogenesi del tumore del pancreas, attualmente però non sono state raggiunte evidenze conclusive a causa dell’assenza di studi randomizzati e della presenza di fattori di confondimento.20 Tuttavia è stato osservato un ridotto rischio di carcinoma pancreatico nelle persone che seguono una dieta mediterranea, ricca di frutta, vegetali, olio di oliva e a basso contenuto di carni rosse e grassi saturi21,22; la tipica dieta occidentale sembra invece aumentarne il rischio, soprattutto nel sesso maschile.23,24

Come detto in precedenza, esiste una distribuzione geografica ben precisa del tumore del pancreas: sebbene sia sicuramente presente un bias relativo alla ridotta possibilità di accesso alle cure in determinate aree del mondo, sembra che il ridotto tasso di incidenza in India, Africa e sud-est asiatico sia imputabile proprio al diverso stile di vita.2

1.3.2 Fattori di rischio non modificabili

Il tumore del pancreas è una patologia dell’anziano, quasi inesistente al di sotto dei 45 anni; la maggior parte dei casi si verificano tra i 60 e gli 80 anni ed è chiaro come la sua incidenza aumenti all’aumentare dell'età.3

Gli uomini sono più spesso colpiti rispetto alle donne, anche se questa differenza è minima (RR 1,3).5

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Negli USA, numerosi studi hanno evidenziato come la popolazione afro-americana abbia un’incidenza più elevata di questo tumore rispetto alle altre etnie. Probabilmente queste differenze sono il risultato di una diversa prevalenza di fattori di rischio noti, come fumo e diabete, piuttosto che l’espressione di fattori genetici predisponenti.3,25

Gli individui con gruppi sanguigni A, B e AB hanno un rischio leggermente aumentato rispetto a quelli di tipo 0 (rispettivamente OR 1,60, 1,09 e 1,14) di sviluppare un tumore del pancreas.3 1.3.3 Patologie correlate

Il diabete mellito di tipo 2 è probabilmente il terzo fattore di rischio più importante per il carcinoma pancreatico, dopo il fumo di sigaretta e l'obesità, ed è associato ad un aumento del rischio di 1,5-2 volte. Alla base di questa correlazione vi sono vari meccanismi: l’insulinoresistenza, l'iperglicemia, l'iperinsulinemia e l'infiammazione. Le vie di segnalazione che regolano il metabolismo glucidico svolgono un ruolo importante nella proliferazione cellulare e nella crescita tumorale. L'iperattività e l’ipertrofia delle β-cellule pancreatiche, in risposta alla resistenza insulinica, sono responsabili dell’ipersecrezione dell'insulina stessa, ormone mitogeno che, come tale, promuove la proliferazione cellulare oltre ad aumentare l'uso del glucosio. Inoltre, l'insulina aumenta la biodisponibilità dell’IGF, dotato di attività mitogena ed antiapoptotica più potenti di quelle dell'insulina, riducendo la produzione epatica di proteine che lo legano. In pazienti iperinsulinemici, le cellule del tessuto pancreatico esocrino, che esprimono elevati livelli dei recettori per insulina e IGF, sono cronicamente esposte a concentrazioni locali insuliniche molto elevate. Oltre che mediante l'effetto proliferativo diretto mediato da insulina e IGF, il diabete mellito di tipo 2, come l’obesità, aumenta il rischio d’insorgenza del carcinoma pancreatico inducendo uno stato proflogistico basale: livelli elevati di citochine proinfiammatorie promuovono angiogenesi, progressione tumorale e metastatizzazione. In linea con questo razionale, ci si può aspettare un effetto inibitorio dei farmaci antidiabetici sulla carcinogenesi di questa neoplasia, tuttavia questo sembra variare in base alla classe di farmaci. Il trattamento con metformina è associato ad un rischio più basso di cancro rispetto a quello con secretagoghi o insulina, che sembrano invece aumentarlo.26

D'altra parte, il diabete di nuova insorgenza può rappresentare un sintomo precoce di carcinoma pancreatico. Aggarwal et al. hanno dimostrato che il 40% dei pazienti con carcinoma del pancreas sviluppava diabete mellito nei 36 mesi precedenti la diagnosi, confermando come l’innalzamento dei livelli di glucosio possa essere considerato indicatore di tumore pancreatico subclinico. Tuttavia, il suo uso nella sorveglianza deve essere ulteriormente validato; esistono

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dubbi sull’attuabilità di uno screening basato sul diabete di recente diagnosi in quanto solo il 2% dei pazienti che lo sviluppano presentano un tumore del pancreas e gli esami strumentali necessari per accertarlo non sarebbero né economici né adeguatamente sensibili o specifici.27,28 La prevalenza del diabete è molto più elevata nei pazienti con carcinoma pancreatico (68%) rispetto a pazienti con altri tipi di cancro; perché il diabete si sviluppi più frequentemente in questi rimane poco chiaro. Una ipotesi è che gli agenti che causano il cancro, come ad esempio i cancerogeni del tabacco, causino la distruzione delle cellule insulari, con il conseguente diabete; un'altra ipotesi è che il diabete sia causato dalla pancreatite distale dovuta all’ostruzione biliare associata al tumore.26

I pazienti con pancreatite cronica hanno un rischio notevolmente aumentato di tumore del pancreas rispetto alla popolazione generale (con RR che varia da 2,3 a 18,5 nei diversi studi)29,30; tuttavia la percentuale di carcinomi pancreatici evitabili in caso di prevenzione della pancreatite è estremamente bassa (1,34%)31. Oltre il >70% delle pancreatiti croniche nei paesi occidentali è legato al consumo cronico di alcool, con un modesto contributo di fumo e fattori genetici.

La pancreatite acuta sembra invece essere una manifestazione precoce del carcinoma pancreatico, secondaria all’ostruzione duttale da parte del tumore; in pazienti con pancreatite idiopatica il carcinoma pancreatico dovrebbe essere considerato una sua possibile causa, in particolare in pazienti di più di 40 anni.32

Altri fattori di rischio presumibilmente coinvolti nella genesi del carcinoma pancreatico sono una pregressa gastrectomia e l’infezione da Helicobacter pylori; i composti N-nitrosi prodotti da questo batterio sembrano avere, oltre ad un’azione tossica, responsabile della gastrite atrofica, un effetto mutageno e trofico sull’epitelio duttale pancreatico. Il tipo di lesione correlata dipende dal ceppo del microrganismo, dall’antigene secernente di Lewis (gruppo sanguigno), dalle citochine infiammatorie e dalle loro interazioni.33,34

Una meta-analisi ha dimostrato come la positività per HBsAg sia associata ad un aumentato rischio di carcinoma pancreatico (OR 1,50); l’infezione pregressa (positività sierologica degli anticorpi anti-HBc) invece non è correlata ad un aumento significativo del rischio. Sono tuttavia necessari ulteriori studi per definirne chiaramente l'associazione.35

Sulla base di tutti questi dati e a causa dell’assenza di programmi di screening validati, la prevenzione primaria assume un ruolo fondamentale nel ridurre le morti legate al carcinoma pancreatico; i fattori di rischio su cui bisogna agire, con campagne di informazione sul territorio

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e di educazione nelle scuole, sono il fumo di sigaretta, l’obesità, il diabete mellito e la dieta, avendo come obiettivo quello di modificare lo stile di vita della popolazione. Per comprendere l’importanza di provvedimenti di questo genere basti pensare che l’astensione dal fumo di sigaretta potrebbe, da sola, prevenire circa il 30% dei tumori del pancreas.36

1.4 Predisposizione genetica

Il 10% dei pazienti con tumore pancreatico presenta una storia familiare, definita come la presenza di almeno due parenti di primo grado affetti dallo stesso tumore (FPC, Familial Pancreatic Cancer); tuttavia solo nel 3% dei casi è possibile riconoscere una mutazione genetica alla base dell’aggregazione familiare.37,38 Gli individui con almeno un parente di primo grado con carcinoma pancreatico hanno un rischio maggiore di svilupparlo (OR 1,76); questo rischio aumenta ulteriormente in caso di due o più parenti affetti (OR 4,26). Inoltre, da registri prospettici è emerso che è possibile un’ulteriore stratificazione del rischio all’interno delle stesse famiglie con FPC; il rischio aumenta rapidamente in base al numero di membri della famiglia colpiti: di 4.6 volte con un caso, di 6.4 volte con due e di 32 volte con tre parenti di primo grado affetti.39

Le sindromi genetiche e le malattie ereditarie più spesso associate ad una maggior suscettibilità al carcinoma pancreatico sono diverse (Tabella 1):

• Sindrome di Peutz-Jeghers: legata alla mutazione germinale del gene STK11; è caratterizzata da poliposi gastrointestinale, aumentato rischio di tumore colon-rettale e pancreatico. Nel 5% dei carcinomi pancreatici è presente una mutazione somatica dello stesso gene.40

• Pancreatite ereditaria autosomica dominante: indotta da mutazioni del gene PRSS1 e SPINK1; il rischio d’insorgenza del tumore pancreatico aumenta di 70 volte.41

• Sindrome del nevo displastico (FAMMM, Familial Atypical Multiple Mole-Melanoma): causata dalla mutazione germinale del gene CDKN2A; oltre ad aumentare da 20 a 47 volte il rischio di carcinoma pancreatico, è responsabile di una sua insorgenza più precoce.42 • Sindrome di Lynch (HNPCC, Hereditary Non-Polyposis Colorectal Cancer): è la più

comune forma di predisposizione genetica allo sviluppo di cancro colon-rettale; è causata dalla mutazione germinale di geni coinvolti nella riparazione del DNA (geni MMR, DNA Mismatch Repair); determina un incremento di 9-11 volte del rischio di carcinoma pancreatico.43

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• Sindrome del cancro mammella e ovaio: le mutazioni germinali del gene BRCA244 e PALB245 e, molto più raramente, di BRCA146 sono associate a maggior rischio di sviluppare carcinoma pancreatico familiare.

• Atassia teleangectasia: mutazioni del gene ATM sono state descritte nell’1% dei pazienti con storia di carcinoma pancreatico familiare; tale mutazione sembra incrementare anche il rischio di sviluppare carcinomi mammari.47

• Carcinoma pancreatico familiare associato a mutazioni di BRCA2 o di geni dell’Anemia di Fanconi: mutazioni germinali del gene BRCA2 al di fuori della sindrome mammella-ovaio48 o dei geni codificanti per le proteine dell’anemia di Fanconi (C e FANC-G)49, che appartengono allo stesso sistema di riparazione del DNA, sono state riscontrate in pazienti con aggregazioni familiari di carcinoma pancreatico.

Sindrome genetica Gene mutato Rischio relativo

Sindrome di Peutz-Jeghers STK11 132

Pancreatite ereditaria PRSS1

SPINK1

69 Sconosciuto Sindrome del nevo

displastico (FAMMM) CDKN2A 46,6

Sindrome di Lynch MLH1/MLH2/MSH6 8,6-10,7

Sindrome di Li Fraumeni P53 7,3

Poliposi adenomatosa

familiare (FAP) APC 4,46

Sindrome del cancro mammella e ovaio BRCA2 BRCA1 PALB2 3,5-22 1-2,8 Sconosciuto

Atassia telangectasia ATM 2,7

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Per i soggetti appartenenti a famiglie a rischio è possibile ricorrere a test genetici per la ricerca delle specifiche mutazioni. Attualmente non esistono protocolli di screening validati utili alla prevenzione secondaria; tuttavia negli USA è presente a livello sperimentale uno screening basato sull’eco-endoscopia, che si è rivelata in grado di identificare, nel 10% dei pazienti esaminati, una neoplasia ad uno stadio pre-invasivo.51 Inoltre esiste uno strumento informatico utile nella valutazione del rischio individuale e nella scelta di avviare questi soggetti allo screening.52

1.5 Classificazione e lesioni preneoplastiche

I tumori del pancreas sono stati classificati dall’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) in base al loro aspetto macroscopico (solidi, cistici, intraduttali), alla linea di differenziazione cellulare (duttale, acinare, endocrina) e al profilo immuno-fenotipico (qualora l’aspetto isto-morfologico non risulti dirimente), come riportato in Tabella 2.

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Tumori Benigni Tumori Borderline Tumori Maligni

Cistoadenoma sieroso Cistoadenoma mucinoso IPMN (Neoplasia mucinosa papillare intraduttale) Adenoma duttale

Neoplasia mucinosa cistica con displasia moderata

IPMN con displasia moderata Neoplasia pseudopapillare solida Cistoadenocarcinoma sieroso Cistoadenocarcinoma mucinoso Carcinoma mucinoso papillare intraduttale Carcinoma a cellule acinari Pancreatoblastoma

Carcinoma pseudoapillare solido

Adenocarcinoma duttale con le sue varianti:

 Carcinoma adenosquamoso  Adenocarcinoma

mucinoso non cistico (colloide)

 Carcinoma a cellule disperse con castone (signet-ring cell)  Carcinoma midollare  Carcinoma indifferenziato  Carcinoma indifferenziato a cellule giganti simil-ostoclastiche

 Carcinoma misto duttale-endocrino  Carcinoma epatoide

Tabella 2 Classificazione dei tumori pancreatici redatta dall’Organizzazione Mondiale della Salute

(OMS).

L’adenocarcinoma duttale, con le sue varianti, costituisce l’85% delle neoplasie epiteliali del pancreas; esso origina da lesioni preneoplastiche non invasive, microscopiche (Neoplasia intraepiteliale pancreatica, PanIN) o radiologicamente evidenti (Neoplasia mucinosa papillare intraduttale, IPMN e Neoplasia mucinosa cistica, MCN).

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22 Neoplasia intraepiteliale pancreatica

La maggior parte degli adenocarcinomi duttali si sviluppa a partire da queste lesioni. Le PanIN sono neoplasie microscopiche (< 5 mm) epiteliali non invasive che originano dai piccoli dotti pancreatici; sono distinte in base al grado di displasia in 3 categorie: PanIN-1 (a, flat type; b, papillary type) con basso grado di displasia; PanIN-2 con grado intermedio e PanIN-3 con marcata displasia e considerato carcinoma in situ. Esse insorgono più frequentemente nella testa del pancreas. Sarebbe fondamentale, al fine di migliorare la sopravvivenza, identificare tutte le PanIN ed in particolare quelle lesioni con alto grado di displasia e quindi ad alto rischio di trasformazione maligna.53

Neoplasia mucinosa papillare intraduttale

Dal 3 al 5% delle neoplasie pancreatiche originano dalle IPMN, le quali sono delle lesioni cistiche mucino-secernenti che originano dalle cellule duttali. Le IPMN si localizzano prevalentemente a livello della testa pancreatica (70%); possono essere classificate in base al grado di displasia in basso e alto grado, alla sede d’interessamento duttale in periferiche (SB, side branch, dotti secondari), centrali (MD, main duct, dotto principale) o miste, oppure in base alle caratteristiche morfologiche ed immuno-fenotipiche in intestinale, bilio-pancreatico, gastrico-foveolare ed oncocitico. Tali forme sono associate ad evoluzione e prognosi differenti: la forma gastrica raramente degenera in una forma invasiva, mentre quella bilio-pancreatica presenta l’andamento clinico peggiore.54 Il rischio di trasformazione maligna dipende anche dalla sede delle lesioni: le IPMN MD hanno un rischio decisamente più elevato rispetto alle SB (63% versus 20%).55

I carcinomi invasivi associati a IPMN sono in genere di tipo colloide e presentano una prognosi migliore rispetto all’adenocarcinoma duttale classico.

Neoplasia mucinosa cistica

Le MCN sono responsabili del 2-5% degli adenocarcinomi pancreatici. Sono presenti quasi esclusivamente nelle donne in età fertile; il 90% di queste lesioni è localizzato a livello di corpo e coda pancreatici.56 Nella maggior parte dei casi non presentano comunicazioni con il sistema duttale; sono costituite da uno stroma di tipo ovarico e un epitelio colonnare muco-secernente e hanno dimensioni comprese tra 1 e 12,5 cm.57 Il 30% dei pazienti con MCN presentano un carcinoma invasivo associato, i quali, se sottoposti a resezione chirurgica, hanno una

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sopravvivenza a 5 anni del 50-60%, decisamente superiore a quella dell’adenocarcinoma non insorto su MCN.58

1.6 Anatomia patologica

Caratteristiche macroscopiche

L’adenocarcinoma duttale in genere consiste in una massa solida, di dimensioni in media intorno ai 3 cm, colorito biancastro e consistenza duro-lignea. Le neoplasie di dimensioni maggiori possono avere un aspetto disomogeneo per la presenza di fenomeni regressivi di tipo necrotico. I margini sono irregolari a causa della diffusa infiltrazione nei confronti di tessuti e organi adiacenti; costante è l’invasione del sistema duttale che, nei tumori della testa pancreatica, è responsabile dell’ostruzione e conseguente dilatazione del dotto di Wirsung e del coledoco terminale, visibile radiograficamente come il “segno del doppio dotto”. L’esame macroscopico ha anche il ruolo di distinguere i carcinomi insorti su IPMN e MCN, a prognosi migliore, da quelli originati da lesioni intraepiteliali.59

Caratteristiche microscopiche

Microscopicamente, l’adenocarcinoma duttale infiltrante, è caratterizzato da un abbondante stroma desmoplastico (particolarmente rappresentato a livello pancreatico, ma meno pronunciato o del tutto assente nelle sedi metastatiche) in cui sono disperse strutture ghiandolari neoplastiche. Talvolta la reazione desmoplastica è così intensa da nascondere quasi la componente epiteliale duttale, spesso costituita da ghiandole neoplastiche ben differenziate, rendendo difficoltosa la distinzione con le ghiandole reattive della pancreatite cronica.59 La reazione desmoplastica è costituita da componenti cellulari e non cellulari. Le proteine della matrice extracellulare, come collagene, fibronectina e laminina, rappresentano le componenti non cellulari; il compartimento cellulare comprende invece cellule infiammatorie, fibroblasti, cellule endoteliali vascolari e linfatiche, periciti e cellule dei nervi periferici, andando a costituire il microambiente tumorale con il quale le cellule tumorali vere e proprie interagiscono. Le cellule di natura infiammatoria sono la tipologia cellulare più rappresentata e sono responsabili della produzione di fattori di crescita, pro-angiogenici ed enzimi degradanti la matrice extracellulare che sostengono la proliferazione, l'invasione e la metastatizzazione da parte delle cellule tumorali; i fibroblasti sembrano avere un ruolo equivalente. Le cellule endoteliali, reclutate durante l'angiogenesi tumorale, mostrano distinti pattern di espressione

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dei recettori dei fattori di crescita e sembrano avere un ruolo sia nel nutrimento che nella disseminazione del tumore. I periciti, per la loro funzione di regolazione della permeabilità e dell'integrità dei vasi, sembrano essere implicati nel processo di metastatizzazione del carcinoma pancreatico.60 Inoltre, la reazione desmoplastica induce una considerevole riduzione del letto vascolare, che costituisce uno dei segni utili per la diagnosi differenziale radiologica tra tessuto normale e carcinoma oltre a rappresentare la principale causa del limitato apporto a livello del tumore dei farmaci chemioterapici.

Il grading istologico dell’adenocarcinoma duttale pancreatico, riassunto in Tabella 3 sulla base della morfologia ghiandolare, della capacità di produrre mucina, del numero di mitosi per campo microscopico (pcm) e del grado di atipia nucleare, è un importante fattore prognostico indipendente. Sulla base delle caratteristiche citoarchitetturali l’OMS ha riconosciuto tre gradi di differenziazione61:

o G1, ben differenziato: le ghiandole neoplastiche tubulari rimangono distinte l’une dalle altre e sono associate ad acini ed isole di cellule non neoplastiche; le cellule sono prevalentemente colonnari mucina-secernenti, dal citosol chiaro, eosinofilico, con nuclei rotondi o ovali e nucleolo evidente.

o G2, moderatamente differenziato: le strutture tubulari, di media dimensione, sono immerse in un ricco stroma desmoplastico che ha sostituito completamente le strutture acinari. Le atipie cellulari e le figure mitotiche sono più rappresentate rispetto al G1. o G3, scarsamente differenziato: le strutture ghiandolari sono fittamente ammassate

senza l’interposizione di tessuto acinare. Sono presenti foci di differenziazione squamosa o completamente anaplastici ed aree cistiche necrotico-emorragiche.

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25 Grado tumorale Differenziazione ghiandolare Produzione di mucina

Mitosi (pcm) Atipie nucleari

Grado 1 Ben differenziato Intensa 5 Lieve

polimorfismo, riarrangiamento polare Grado 2 Moderatamente differenziato Irregolare 6-10 Polimorfismo moderato Grado 3 Scarsamente differenziato Assente >10 Polimorfismo marcato, aumento delle dimensioni nucleari

Tabella 3 Grading istologico dei carcinomi pancreatici

Immunoistochimica

La maggior parte degli adenocarcinomi duttali esprime le citocheratine 7, 8, 18, 19 e talvolta 20, le apomucine MUC1, MUC4 e MUC5AC, alcuni marcatori tumorali aspecifici, come l’antigene carboidratico 19-9 (CA19-9) e l’antigene carcinoembrionario (CEA) e altri specifici per il carcinoma pancreatico (mesotelina e S-100A4).59 Inoltre, l'immunoistochimica può evidenziare indirettamente la presenza di alterazioni genetiche, andando a cercare le conseguenze fenotipiche di tali alterazioni: la maggior parte degli adenocarcinomi duttali mostra un’anomala colorazione nucleare con anticorpi anti-P53 (iperespressione o perdita di espressione sono correlate alla presenza di una mutazione genica a carico di TP53)62 e il 55% presenta la perdita di espressione di SMAD463.

Una fase fondamentale dell’esame anatomo-patologico è rappresentata dalla valutazione dei margini di resezione chirurgica. Negli interventi di duodeno-cefalopancreasectomia, dovranno essere valutati: la superficie anteriore, rivestita dalla sierosa peritoneale, per escludere la presenza di carcinomatosi; la superficie mediale, costituita dal tessuto adiposo che avvolge i vasi mesenterici nel loro decorso peripancreatico; la superficie posteriore, costituita dal margine dell’uncinato, con i linfonodi in esso inglobati, e dalla superficie pancreatica posteriore; il margine di resezione della via biliare e di transezione pancreatica dovrebbero essere valutati intraoperatoriamente su sezioni criostatiche. Negli interventi di pancreasectomia distale dovranno essere esaminati il margine di transezione pancreatica e la superficie anteriore e posteriore del corpo-coda pancreatici. Il sistema utilizzato per la valutazione standardizzata dei margini di resezione è basato sul parametro R, tumore residuo61:

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o Rx: la presenza di tumore residuo non può essere definita;

o R0: assenza di tumore residuo sia macroscopico che microscopico;

o R1: presenza di residui microscopici del tumore in corrispondenza del margine (per alcuni autori, anche la presenza di residui microscopici entro 1 o 1,5 mm dal margine di resezione);

o R2: tumore residuo macroscopico.

1.7 Genetica e biologia molecolare

L’adenocarcinoma pancreatico è una neoplasia caratterizzata da marcata eterogeneità genetica sia inter-tumorale (tra tumori dello stesso istotipo) che intra-tumorale (all’interno dello stesso tumore); ciononostante sono stati individuati 4 geni, definiti “genetic mountains”, che risultano alterati in maniera quasi costante in questo tumore e una serie più numerosa di mutazioni geniche, “genetic hills”, osservate con una frequenza minore.64,65

I 4 “genetic mountains” sono il protooncogene KRAS e gli oncosoppressori TP53, CDKN2A/p16 e SMAD4.

Il protooncogene KRAS, localizzato sul braccio corto del cromosoma 12, codifica per una piccola proteina ad attività GTPasica coinvolta nel processo di trasduzione del segnale all’interno della cellula; la proteina Ras, una volta attivata dal legame di fattori di crescita come EGR con i propri recettori di membrana tirosin-chinasici, innesca l’attivazione a cascata di proteine-chinasi implicate nelle vie di segnalazione che regolano la proliferazione e il metabolismo energetico della cellula, tra cui la via delle MAPK (Mitogen-Activated Protein Kinase). KRAS risulta mutato in più del 90% degli adenocarcinomi duttali del pancreas; la sua conversione ad oncogene si presenta precocemente nel corso della tumorigenesi, essendo evidenziabile già nelle lesioni preneoplastiche PanIN-1A e B. Le mutazioni di KRAS responsabili dell’iniziazione neoplastica sono quelle che rendono la proteina Ras costituzionalmente attiva, in grado di attivare i processi proliferativi e anti-apoptotici, il metabolismo energetico, il rimodellamento del microambiente tumorale e la migrazione cellulare indipendentemente dai segnali a monte. Sono stati individuati diversi tipi di mutazioni in base al codone di insorgenza che influenzano, anche in maniera importante, la biologia e l’evoluzione del tumore; le più frequenti sono quelle a carico del codone 12, seguite da quelle del 13 e del 61. Gli adenocarcinomi pancreatici che presentano una mutazione attivante del codone 61 hanno una prognosi migliore rispetto a quelli con la mutazione del 12; tale evidenza

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sarebbe riconducibile alla minor attività MAPK-correlata che deriva dall’alterazione del codone 61.66

Il gene oncosoppressore CDKN2A/p16 si trova sul cromosoma 9p21 ed è inattivato nel 95% degli adenocarcinomi pancreatici; il suo prodotto, la proteina p16, ha il ruolo di mediatore nella via di segnalazione del retinoblastoma (RB): impedendo la fosforilazione di RB blocca l’ingresso della cellula in fase S (fase di sintesi del DNA). La sua inattivazione, per delezione omozigotica, mutazione inattivante o ipermetilazione del promotore di un allele associate a delezione dell’altro, è responsabile di una proliferazione accelerata ed incontrollata delle cellule. L’inattivazione di p16 accompagna il progressivo incremento di atipie citologiche ed architetturali a carico delle lesioni duttali e si ritrova generalmente nelle PanIN-2 e 3.67

Il gene oncosoppressore TP53 risulta mutato nel 50-80% degli adenocarcinomi duttali pancreatici. La proteina P53 funziona da “garante” per l’integrità del DNA cellulare: in presenza di danno genomico blocca la progressione del ciclo cellulare in attesa di una eventuale riparazione del danno; se viene riparato, la cellula prosegue nel suo normale ciclo fino alla mitosi, se invece il danno non è riparabile, la P53 induce l’apoptosi cellulare. Perciò, le mutazioni del TP53 responsabili della progressione tumorale sono quelle che impediscono la produzione della P53 o della sua forma attiva; le più comuni alterazioni sono le sostituzioni di una base, le inserzioni o le delezioni che determinano, in ultimo, la modificazione della sequenza amminoacidica della P53. Tali mutazioni devono interessare entrambi gli alleli o essere associate alla perdita dell’allele sano.68

Le proteine Smad mediano a livello nucleare la trasduzione del segnale da parte dei recettori appartenenti alla superfamiglia del TGFβ, tra queste la proteina Smad4 è il prodotto del gene SMAD4 (DPC4 o MDH4), localizzato sul braccio lungo del cromosoma 18 e mutato nel 30-60% dei tumori pancreatici. La via di segnalazione del TGFβ è essenziale nel mantenere l’omeostasi dei tessuti, in quanto controlla la proliferazione delle cellule non solo epiteliali ma anche endoteliali, stromali ed immunitarie. Per questo, la sua inattivazione induce un effetto proliferativo, la transizione epitelio-mesenchimale, la neoangiogenesi e l’immunosoppressione sul microambiente tumorale. La perdita di espressione di SMAD4 sembra essere correlata ad una prognosi sfavorevole e ad un incremento della capacità metastatica del tumore.69

Sebbene alcuni studi abbiano evidenziato per il carcinoma pancreatico un modello di cancerogenesi multi-step, è più probabile che la progressione della neoplasia avvenga in

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maniera sequenziale ma discontinua, con possibili brusche accelerazioni dello sviluppo tumorale.70

Mutazioni somatiche meno frequenti si riscontrano a carico di geni che codificano per i recettori dimerici del TGFβ o di quelli i cui prodotti sono implicati nei processi di riparazione delle rotture a doppio filamento del DNA (BRCA2, PALB2, FANCC e FANCG).

Un recente studio di sequenziamento dell’intero genoma, eseguito dal Consorzio Internazionale per lo studio del Genoma del Cancro (ICGC), ha classificato, sulla base delle variazioni genetiche strutturali, gli adenocarcinomi duttali pancreatici in 4 sottotipi71:

o stable (20% dei campioni), caratterizzato da diffusa aneuploidia, suggerendo la presenza di difetti prettamente a livello del ciclo cellulare;

o locally rearranged (30%), ulteriormente suddivisibile in forme caratterizzate dall’amplificazione o da mutazioni attivanti di geni come KRAS e forme con gravi riarrangiamenti genomici secondari a processi di cromotripsi;

o scattered (36%), con meno di 200 variazioni strutturali casuali;

o unstable (14%), con almeno 200 variazioni strutturali, probabilmente legate alla maggior sensibilità della cellula nei confronti degli agenti di danno genomico a causa di difetti dei geni implicati nei sistemi di riparazione del DNA, come BRCA1, BRCA2, PALB2, che effettivamente sono risultati mutati in una percentuale elevata di questi tumori. In virtù della comprovata sensibilità ai derivati del platino di tumori mammari BRAC1/2 mutati, alcuni pazienti con il sottotipo instabile sono stati trattati con terapia a base di platino, mostrando una risposta eccezionale.

Questo risultato, seppur preliminare, rende chiaro come la caratterizzazione molecolare sia destinata ad assumere un ruolo prognostico e terapeutico sempre più importante anche nel carcinoma del pancreas.72

1.8 Quadro clinico, diagnosi e stadiazione

Nelle fasi iniziali il tumore del pancreas è, di solito, clinicamente silente; nella maggior parte dei casi, infatti, diventa francamente sintomatico solo negli stadi avanzati, quando la malattia si è già diffusa oltre il pancreas, ai tessuti circostanti o a distanza.73 I comuni sintomi di presentazione sono del tutto aspecifici e hanno un’insorgenza insidiosa; inoltre il pancreas, a

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causa della sua posizione profonda all’interno della cavità addominale, è praticamente inaccessibile all'esame obiettivo. Tutti questi fattori contribuiscono a rendere la diagnosi precoce del carcinoma pancreatico particolarmente rara.

La tipologia di presentazione clinica di questa neoplasia e i tempi entro i quali si rende manifesta sono strettamente correlati alla posizione della stessa all’interno della ghiandola.

Il 60-70% dei tumori del pancreas si localizzano a livello della testa, mentre il 20-25% a livello di corpo e coda.

I segni e i sintomi legati all’ostruzione del dotto biliare comune sono la presentazione tipica dei tumori della testa del pancreas. In larga parte, i tumori che originano in questa sede, diventano clinicamente evidenti quando sono di dimensioni relativamente piccole e ancora confinati alla ghiandola. La vicinanza anatomica, infatti, è responsabile della compressione o infiltrazione tumorale a carico delle vie biliari e/o del coledoco già nelle prime fasi della crescita tumorale; in genere ciò assicura una prognosi relativamente più favorevole.74 Talvolta anche i tumori del corpo-coda che si sono diffusi attraverso tutto il pancreas possono dar vita a questo tipo di sintomatologia, ma in questi casi si tratta di una malattia ormai avanzata, diffusa spesso già ben oltre il pancreas. Inoltre l’ittero può essere secondario ad una compressione da parte di linfonodi metastatici localizzati a livello del tratto extraepatico della via biliare o dell’ilo epatico. L’ittero (presente nel 75% dei pazienti con carcinoma della testa) appare particolarmente sospetto quando si presenta “a ciel sereno”, vale a dire senza essere preceduto e accompagnato dal tipico dolore crampiforme delle coliche biliari causate dalla calcolosi. Si tratta di un ittero colestatico, ovvero a bilirubina diretta, con urina scura (contente bilirubina coniugata ma non urobilinogeno), feci acoliche (color argilla bianca per l’assenza dello stercobilinogeno), steatorrea (feci gialle e flottanti per la presenza di grassi indigeriti), creatorrea (contenenti fibre muscolari indigerite) e prurito alla pelle (per il passaggio in circolo dei sali biliari). Il segno di Courvoisier-Terrier (presente nel 25% dei pazienti con ostruzione maligna del dotto biliare), ovvero la presenza di una colecisti distesa e palpabile all’inspirazione profonda, in un paziente itterico e senza dolore, depone per un’ostruzione neoplastica piuttosto che per una calcolosi.75 Il dolore addominale, l’anoressia e la perdita di peso sono invece correlati a tumori in fasi avanzate, a livello locale o metastatici; in genere si tratta di tumori del corpo-coda che hanno molto più spazio per accrescersi prima di dare una sintomatologia. Il dolore epi-mesogastrico può derivare dalla compressione degli organi vicini e dall’infiltrazione dei plessi nervosi peri-pancreatici; viene considerato un segno prognostico sfavorevole perché si associa ad una malattia estesasi oltre il pancreas. Il dolore è a barra, con una peculiare irradiazione al dorso,

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all’inizio vago, poi opprimente. La perdita di peso è un sintomo relativamente frequente in questi pazienti e può essere causata dall’ostruzione duodenale da parte del tumore, o, più frequentemente, dal malassorbimento dovuto alla mancata o ridotta secrezione dei succhi bilio-pancreatici, dagli effetti inibitori indotti dalla neoplasia sulla motilità gastrica, che determinano un senso di sazietà precoce e quindi anoressia. Inoltre la perdita di peso è riconducibile all’elevato carico di cellule tumorali e agli effetti delle citochine prodotte dal tumore sul metabolismo dell’ospite.76

I pazienti con carcinoma del pancreas spesso descrivono un senso vago di malessere e di astenia nei mesi precedenti lo sviluppo di manifestazioni che conducono alla diagnosi della malattia.74 Il carcinoma pancreatico sembra essere particolarmente associato ad una sindrome coagulativa, la sindrome di Trousseau o tromboflebite migrante (causata probabilmente da fattori procoagulanti prodotti dal tumore) e alla sintomatologia depressiva, anch’essa probabilmente indotta da molecole prodotte dalla neoplasia stessa.77

Segni e sintomi meno comuni sono nausea e vomito, la presenza di una massa palpabile, un diabete di tipo 2 di nuova diagnosi e difficile da controllare78,79 o un episodio di pancreatite acuta in pazienti con più di 50 anni. Decisamente rari sono la necrosi nodulare del tessuto adiposo sottocutaneo (o panniculite pancreatica) e la linfoadenopatia sovraclaveare sinistra (o Linfonodo di Virchow).

In virtù della sempre maggior aggressività e complessità dei trattamenti chirurgici ed oncologici disponibili nei confronti del carcinoma pancreatico, il ruolo dell’imaging ha assunto rilievo non solo nella diagnosi e stadiazione iniziali, ma anche nella valutazione della resecabilità della neoplasia e nel monitoraggio della risposta alla terapia.80,81

La diagnosi di certezza necessita dell’esecuzione di un esame cito-istologico; tuttavia, quando il sospetto clinico di malignità è elevato, non è indispensabile. Il materiale istologico può essere ottenuto dal pezzo operatorio, nei pazienti sottoposti a chirurgia primaria, o, nei pazienti che non possono essere resecati in prima istanza, mediante biopsia percutanea eco o TC-guidata o, preferibilmente, mediante eco-endoscopia (EUS, Endoscopic Ultrasonography) con agoaspirato (FNA, Fine Needle Aspiration), in virtù del ridotto rischio di disseminazione neoplastica82,83; la diagnosi cito-istologica può essere effettuata anche mediante biopsia eco o TC guidata in corrispondenza dei siti metastatici.

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31 Ecografia transaddominale

L’ecografia transaddominale rappresenta molto spesso il primo esame strumentale a cui vengono sottoposti pazienti con ittero o dolore addominale essendo una modalità di imaging ampiamente diffusa, economica e non invasiva. La sensibilità dell’ecografia, che nei vari studi oscilla tra 50-90%, dipende dall’esperienza dell’operatore, dall’habitus corporeo del paziente e dal grado di progressione della malattia, per questo motivo tale metodica non può essere considerata uno strumento affidabile né per una diagnosi né per una stadiazione accurata. L’ecografia senza mezzo di contrasto non è in grado di differenziare il carcinoma pancreatico da altre lesioni, come il tumore neuroendocrino o la pancreatite cronica. Il tumore del pancreas si presenta come una massa solida ipoecogena con margini mal definiti; se la neoplasia è localizzata a livello della testa è possibile evidenziare gli effetti secondari alla presenza del tumore quali la dilatazione dei dotti biliare e pancreatico. Per le neoplasie di corpo e coda la rilevazione ecografica è invece più difficile a causa della possibile presenza di bolle di gas nello stomaco o nel colon trasverso; in questi casi però la somministrazione orale di acqua può aiutare a delineare l’intero organo.80

Tomografia computerizzata multistrato (MDTC)

Attualmente la MDTC costituisce l’esame preoperatorio più importante nei pazienti con sospetto carcinoma pancreatico essendo dotata di una buona risoluzione spaziale e di un’ampia copertura anatomica che le permettono di eseguire una valutazione sia a livello locale che a distanza. È la metodica di scelta per la stadiazione clinica e, in combinazione con la PET/TC (Tomografia ad emissione di positroni), per il monitoraggio della risposta al trattamento. Tuttavia la TC può non evidenziare piccole metastasi epatiche o peritoneali (< 2cm)84 e tumori isodensi. Si è dimostrata molto accurata nella diagnosi e nella valutazione del coinvolgimento vascolare da parte del tumore e quindi nel predirne la resecabilità, sebbene l’aggiunta di altre metodiche di imaging, come l’EUS, potrebbe migliorarne ulteriormente l’accuratezza. 85 Il protocollo di esecuzione della MDTC specifico per il pancreas: prevede l’acquisizione di immagini prima della somministrazione del mezzo di contrasto per via endovenosa, a 17-25 secondi dall’inizio dell’iniezione del contrasto (fase arteriosa precoce), a 35-50 secondi (fase pancreatica) ed infine a 55-70 secondi (fase venosa portale).Le immagini di fase pancreatica mostrano un picco di enhancement da parte del parenchima pancreatico sano fornendo il miglior contrasto tra lesione neoplastica e pancreas. Le immagini della fase portale sono utili per valutare l'entità del coinvolgimento venoso e identificare possibili metastasi epatiche.81 I

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carcinomi pancreatici alla TC generalmente appaiono ipodensi, soprattutto in fase arteriosa; tuttavia circa il 10% sono isodensi rispetto al parenchima pancreatico di fondo (in particolare le lesioni di dimensione < 2 cm) rendendo così la diagnosi più difficoltosa: in queste situazioni, i segni indiretti, come la dilatazione del dotto pancreatico a monte o il doppio segno del dotto causato dall'ostruzione del dotto biliare pancreatico e comune, sono utili per la diagnosi.80

Risonanza magnetica (RM) e colangio-pancreatografia RM (RMCP)

Grazie alla maggior risoluzione di contrasto della RM, il suo impiego ha dimostrato dei vantaggi rispetto alla TC in diverse situazioni: piccoli tumori, ipertrofia della testa pancreatica, lesione isodensa alla TC ed infiltrazione grassa focale del parenchima; la sua indicazione principale è rappresentata dalle condizioni dubbie, nelle quali la TC non sia riuscita a chiarire la presenza e la natura delle lesioni.

La RMCP è una tecnica di RM utilizzata nel delineare in modo non invasivo il sistema duttale bilio-pancreatico, come alternativa all’ERCP (Colangio-Pancreatografia Retrograda Endoscopica); è in grado di individuare eventuali sottili restringimenti del dotto pancreatico, che possono suggerire la presenza di piccole masse, permettendo la diagnosi di tumori in una fase molto precoce; può delineare l’eventuale presenza di calcoli responsabili della dilatazione duttale; può aggiungere informazioni alle immagini TC nell’ambito della diagnosi e della stadiazione, determinare il coinvolgimento arterioso e venoso nei carcinomi del pancreas e quindi la resecabilità, caratterizzare metastasi epatiche sospette e rilevare lesioni omentali e nodali.80

Donahue et al. hanno condotto uno studio retrospettivo su pazienti con malattia borderline resecabile trattati con chemioterapia neoadiuvante per determinare l’accuratezza dei segni di coinvolgimento vascolare, visibili alle immagini TC e RM dopo trattamento primario, nella valutazione della resecabilità. Hanno evidenziato la persistenza delle caratteristiche suggestive di infiltrazione vascolare anche dopo la chemioterapia; ciononostante i pazienti sono stati sottoposti ad intervento chirurgico con intento curativo sulla base di altre caratteristiche come la riduzione del CA19-9, l’assenza di progressione di malattia all’imaging e un buon stato funzionale. Nell'83% dei pazienti si è potuta ottenere una resezione completa; in questi, la causa del “coinvolgimento” vascolare osservato all'imaging preoperatorio era la fibrosi e non il tumore, concludendo che la TC e la RM hanno una bassa sensibilità (71%) e specificità (58%) nel predire il coinvolgimento e la resecabilità vascolare nel setting post-chemioterapico.86

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