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Il disinvestimento

1.5 Il ciclo di vita del fondo

1.5.4 Il disinvestimento

L’ultima parte del ciclo di vita dei fondi di private equity è la fase del disinvestimento in cui avviene lo smobilizzo delle partecipazioni assunte. Si tratta della fase più delicata per l’attività di investimento nel capitale di rischio poiché da essa dipende la possibilità di realizzare un guadagno in conto capitale, principale obiettivo di coloro che gestiscono il fondo.

Le problematiche connesse alla strategia di disinvestimento comprendono sostanzialmente due aspetti: il timing dell’operazione e la scelta del canale di disinvestimento più adeguato. Questi due fattori sono strettamente legati tra loro. Il primo aspetto permette di individuare il momento più favorevole per disinvestire in relazione, ad esempio, alla fase attraversata dal mercato borsistico o da quella che riguarda le operazioni di mergers&acquisitions. La scelta del canale, invece, dipende dalla tipologia dell’impresa target (dimensione, settore di attività, caratteristiche organizzative), dai risultati raggiunti, dalle specifiche volontà e preferenze degli stakeholders.

Esistono due tipologie di approcci72 con cui il gestore pianifica la fase del disinvestimento:

- Pro active approach: si prevede che la modalità di uscita sia stabilita sin

dal momento in cui viene realizzato l’investimento.

- Passive approach: il gestore, nel momento in cui acquisisce la

partecipazione in un’impresa, non ha in mente una precisa strategia di dismissione.

Generalmente l’approccio reale è una combinazione dei due profili descritti73, anche perché un moderato grado di pianificazione strategica garantisce la buona riuscita del processo di disinvestimento.

72 Ciò emerge da uno studio condotto da PRICE WATERHOUSE per EVCA.

73 L’investitore proattivo preferisce acquisire partecipazioni di maggioranza ed usare piani di stock

options per incentivare il management. Tale investitore ha come obiettivo principale la massimizzazione

dell’IRR. L’investitore passivo acquisisce quote di minoranza e si caratterizza per un lungo orizzonte temporale dell’investimento. La sua attenzione è rivolta principalmente ai dividendi senza prendere in considerazione da subito una specifica modalità d’uscita. Per approfondimenti sul tema si veda Private

Sul piano pratico le principali modalità di disinvestimento74 possono essere suddivise in:

1. Quotazione in Borsa tramite Initial Public Offering.

2. Cessione della partecipazione tramite trattativa privata (Trade Sale).

3. Cessione ad altro operatore di private equity (Replacement o Secondary

buy out).

4. Riacquisto della partecipazione da parte del socio originario, rimasto nella compagine azionaria per tutta l’operazione (Buy Back).

5. Azzeramento della partecipazione in seguito a fallimento (Write Off). Il disinvestimento tramite quotazione rappresenta uno dei temi principali del presente lavoro e viene approfondito nel prosieguo dello stesso.

Per quanto riguarda il trade sale, la cessione della partecipazione può avvenire, sotto il profilo tecnico, attraverso la trattativa privata o mediante un vero e proprio processo d’asta75. La trattativa privata rappresenta la modalità di cessione più diffusa. Essa presenta alcune particolari complessità. In primis, vi deve essere un accordo tra l’investitore e il gruppo imprenditoriale (management e soci) perché l’acquirente andrà ad interferire sia a livello strategico che a livello operativo. Inoltre, tale modalità di dismissione si presenta particolarmente indicata per la cessione di partecipazioni di controllo, quindi l’azionista di riferimento deve essere disposto a ridimensionare il proprio ruolo all’interno della compagine societaria.

I dati empirici mostrano quali sono i principali vantaggi e svantaggi76 della tipologia di disinvestimento in esame. I vantaggi possono riguardare un prezzo maggiore pagato dall’acquirente nel caso in cui l’acquisto abbia importanza strategica, la possibilità di liquidare in modo immediato l’intera partecipazione, minori costi e minori tempi rispetto alla quotazione. Gli svantaggi principali possono essere legati alla mancanza di acquirenti o ad un management contrario

74 L’EVCA suddivide le tipologie di disinvestimento in: trade sale (cessione ad imprese non finanziarie),

public offering (comprende IPO e successive vendite di Borsa), Sale to another venture capitalist

(cessione ad altri investitori istituzionali nel capitale di rischio), sale to financial institution (vendita ad istituzioni finanziarie), other means (cessione ad altro operatore di private equity), write off.

75 Questa è una prassi sempre più diffusa nei mercati maggiormente evoluti. 76

all’operazione. La cessione ad altro operatore di private equity comporta situazioni differenti a seconda dei casi in cui l’operazione abbia ad oggetto una partecipazione di maggioranza o di minoranza. Il primo caso presenta molte analogie con il trade sale, con la differenza che l’acquisto viene fatto da un fondo di private equity e non da un’azienda industriale. Il secondo caso caratterizza, spesso, il passaggio tra due diverse fasi del ciclo di vita di un’azienda, con la necessità di iniziare un nuovo percorso.

Altro canale di uscita è quello del riacquisto della partecipazione da parte del socio originario, rimasto nella compagine azionaria per tutta l’operazione. Tale possibilità può essere stabilita contrattualmente già al momento dell’investimento, momento in cui vengono stabiliti anche i parametri da utilizzare per la valutazione della partecipazione oggetto di acquisto, in modo da non svantaggiare l’investitore rispetto ad altre opportunità di dismissione.

Tra le modalità di disinvestimento deve essere compreso anche il write off77. Ci si riferisce al caso in cui vi è “l’abbattimento, parziale o totale, del valore della partecipazione a seguito di perdita di valore della stessa non correlata a un atto di cessione”.

Figura 6: Evoluzione della distribuzione % dell'ammontare investito per tipologia

21% 13% 5% 9% 52% 20% 23% 10% 11% 36% 19% 6% 11% 17% 47% 5% 4% 11% 49% 31% 4% 1% 16% 39% 40%

trade sale vendita ad altri

investitori istituzionali

IPO Write Off Altro

2003 2004 2005 2006 2007

FONTE: AIFI – PWC

77 Dagli ultimi dati e statistiche pubblicate da AIFI sul proprio sito internet, viene evidenziato che il

numero dei Write Offs è in netto calo. Dal 2006 al 2007 la percentuale dei disinvestimenti tramite tale canale è passata dal 4% all’1 %.

1.5.5 Il disinvestimento tramite IPO

La decisione di quotarsi rappresenta una scelta strategica di particolare rilevanza che merita un’attenta valutazione dell’impatto sull’attività aziendale, fatta alla luce dei vantaggi e degli svantaggi78 legati alla scelta stessa. La quotazione in borsa “permette di perseguire e accelerare i programmi di sviluppo senza squilibrare la struttura finanziaria e senza individuare uno specifico partner79. Il ruolo giocato dall’operatore di private equity è fondamentale perché la presenza di tale soggetto in azienda permette di attutire meglio i riflessi derivanti dall’intero processo di quotazione80. Infatti, il venture capitalist, nel momento in cui decide di investire nel capitale di rischio di un’azienda, deve rispettare alcune regole, spesso informali, di corporate governance come la certificazione dei bilanci, report e budget periodici, maggiore trasparenza generale e così via81. Si tratta di regole che vengono richieste dai regolamenti di tutte le Borse mondiali, il cui rispetto permette all’intero gruppo imprenditoriale di essere culturalmente pronto alla quotazione.

L’ingresso in Borsa ha dei riflessi importanti anche sull’immagine dell’azienda e sul rapporto tra questa e i suoi stakeholders. Per tale motivo la scelta del mercato su cui collocare i propri titoli è delicata. Essa si lega a determinate criticità che possono riguardare tempi e costi di quotazione, la localizzazione geografica e la dimensione del mercato, l’immagine di trasparenza ed efficienza del mercato. I tempi e i costi sono legati alle lunghe procedure e alla burocrazia che contraddistinguono il processo di quotazione82. La scelta del mercato di quotazione, sotto il profilo geografico, può permettere all’impresa di migliorare

78 Un’ampia disamina dei vantaggi e degli svantaggi relativi alla quotazione sui mercati borsistici viene

affrontata da AIFI, Guida alla quotazione, in collaborazione con Borsa Italiana e PWC.

79

A tal proposito si veda Capitale di rischio e sviluppo dell’impresa, EGEA, Cap.6 “La decisione, le gestione e il processo di quotazione” a cura di Francesco Perrini.

80 Nella sezione educational del sito www.ipo.it vengono esposti quelli che sono i requisiti formali e

sostanziali per la quotazione in Borsa e i principali players delle operazione di IPO: lo Sponsor, il Global coordinator, lo specialista, la CONSOB, la Borsaitaliana.

81 Private Equity e Venture Capital, Cap. 9.

82 Sul sito www.borsaitaliana.it vi è un’ampia descrizione delle cinque principali fasi del processo di

quotazione in Borsa: fase preliminare, due diligence e predisposizione dei documenti di offerta, valutazione e analisi dei requisiti di ammissione, attività di marketing pre-collocamento, finalizzazione.

la propria credibilità all’interno del sistema economico in cui essa opera. Dall’altro lato, la dimensione del mercato, in termini di capitalizzazione globale o numero di società quotate, è proporzionale alla credibilità del mercato stesso a livello internazionale. Infine, l’immagine di trasparenza ed efficienza del mercato riguarda la capacità di attrarre risorse professionalmente qualificate e di garantire la tutela degli azionisti di minoranza.

Alla pari delle altre modalità di dismissione della partecipazione, anche l’IPO presenta determinati vantaggi e vantaggi. Sotto il primo profilo, i benefici maggiori riguardano la possibilità di dismettere ad un prezzo più alto (ciò è legato ad elementi esogeni), un management maggiormente favorevole, l’eventuale guadagno ulteriore derivante dall’incremento del valore (ex post) delle azioni ancora detenute dall’investitore.

Gli svantaggi sono connessi ai costi di quotazione, alle eventuali clausole di lock

up83, all’illiquidità di molti mercati europei, al fatto che tale strada non sia nella realtà percorribile da imprese di piccole dimensioni. Infatti, le esperienze passate mostrano che la quotazione sul mercato primario sia appannaggio di quelle società che abbiano già raggiunto un adeguato livello di sviluppo e di maturità. Più semplice si presenta l’ingresso in “secondi mercati” più attenti alle imprese giovani con facilitazioni che riguardano i requisiti di ammissione, i costi e la burocrazia84.

I grafici seguenti mostrano i dati complessivi relativi alle initial publi offering che hanno caratterizzato il 2007.

83 Le clausole di lock up riguardano accordi relativi alle future modalità di coinvolgimento del

management dell’impresa target nel caso in cui l’operatore di private equity acquisisca una partecipazione nell’impresa stessa. Nel contesto italiano tali accordi assumono la forma di scrittura privata tra

management e potenziale investitore, e possono impedire all’investitore stesso di cedere immediatamente tutta la partecipazione posseduta.

84 Tutti i documenti e i regolamenti relativi all’iter della quotazione si trovano sul sito di Borsa Italia e

Figura: Contributo del Private Equity alla Borsa Italiana nel 2007 7 3 3 1 2 3 5 1 1 1 0 5 10 15 Star Expandi Standard Blue Chip MAC 41% 59% 0% 20% 40% 60% 80% 100% 120% Totale IPO 2007 IPO non venture backed IPO venture backed

FONTE: AIFI

Pur non rappresentando la modalità di dismissione principale, i dati mostrano che nel 2007 il contributo del private equity alla Borsa Italiana è stato notevole. Infatti, nel periodo in esame, le azioni di ben undici società, tra matricole e aziende quotate in periodi precedenti, sono state collocate sul mercato borsistico. A questo punto, a parer di chi scrive, è utile analizzare un fenomeno che è apparso particolarmente rilevante in Italia a partire dal 200085, il delisting. Questo termine indica la cancellazione di un titolo azionario dal listino di un mercato borsistico. Tecnicamente il delisting può essere imposto dalle autorità competenti86 per il mancato rispetto delle condizioni minime richieste per la permanenza in Borsa (tra cui la scarsa liquidità, la riduzione del valore unitario del titolo al di sotto di una soglia minima, la mancanza di flottante) o può essere esplicitamente ricercato, quindi volontario.

Le motivazioni del delisting volontario possono essere legate ad errori nella fase di progettazione dell’Ipo o alla sua successiva applicazione, a caratteristiche della Borsa italiana che non permette un adeguato apprezzamento di alcune tipologie di imprese, a ragioni speculative. In questo ultimo caso, ad esempio, la decisione

85 Tutti i dati storici relativi al delisting sono riportati nella sezione ARCHIVIO OPA – delisting sul sito

www.ipo.it.

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di quotare l’azienda è stata presa per poter cogliere i vantaggi derivanti da un momento particolarmente favorevole del mercato borsistico per poi abbandonare il mercato stesso quando il trend si inverte87. Il momento più eclatante riguardante il fenomeno del delisting si è avuto nel 2003. Diverse società che si sono quotate nel 1999 e nel 2000 hanno deciso di uscire dalla Borsa senza tenere minimamente in considerazione quello che era l’interesse dei soci di minoranza . Le operazioni avevano fini puramente speculativi; infatti ci sono state tutta una serie di critiche perché gente che aveva comprato le azioni nei due anni precedenti, si è ritrovata ad essere costretta a darle all’OPA, per evitare il rischio di mantenere nel proprio portafoglio azioni di una società non più quotata e quindi invendibili sul mercato. Tali soggetti sono stati costretti a vendere le azioni a prezzi molto più bassi rispetto a quelli a cui le avevano comprate.

Tenuto conto di ciò, bisogna concludere dicendo che la scelta di quotarsi deve essere ben ponderata. Negli ultimi anni i costi della quotazione sono aumentati tantissimo insieme agli adempimenti che le società devono compiere soprattutto per le aziende di piccole e medie dimensioni. Questi costi spesso si traducono in una totale riorganizzazione dell’azienda che deve essere in grado di mantenere in piedi una struttura organizzativa adeguata per rimanere in quotazione e soddisfare quelle che sono tutte le esigenze del mercato, dalle istituzioni finanziarie, agli analisti finanziari, al pubblico in genere. Ecco perché l’imprenditore e il venture capitalist devono evitare che l’enfasi legata a determinate condizioni positive del mercato possa condurre a decisioni affrettate circa il futuro dell’azienda. L’azione di questi due soggetti deve essere caratterizzata da una comunità di intenti. Per tale motivo è importante capire quelli che sono gli effetti che l’ingresso di un fondo di private equity produce sulla governance dell’impresa.

87

Un approfondimento sulle motivazioni principali del delisting volontario viene fatto da Manuela Geranio, Newfin Working Paper, n, 07/04, Milano 2004. Le motivazioni oggetto di approfondimento sono:

- Sottovalutazione dei titoli - Incentivi speculativi - Leverage sottodimensionato - Politiche dei dividendi

- Ristrutturazioni e strategie di lungo termine - Costi di permanenza sul listino