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Le prospettive future

Kedrion si presenta oggi come leader indiscusso del mercato italiano ed ungherese. L’Azienda è stata in grado di costruire, in tali Paesi, relazioni estremamente forti con i propri fornitori e i propri clienti dando vita ad un importantissimo network di contatti per il mercato domestico. Negli ultimi anni, Kedrion ha spostato il proprio focus al di fuori dell’Italia, cercando di espandere il proprio mercato geografico ponendosi come uno dei principali players nel mercato di plasma derivati.

Questo mercato si presenta come una nicchia del più vasto mercato dei prodotti farmaceutici e si caratterizza per essere in costante crescita. I principali fattori di crescita sono, con riferimento all’aumento dei volumi, l’incremento del numero dei pazienti diagnosticati e della vita media degli stessi, delle indicazioni terapeutiche e dei dosaggi, nonché del reddito pro capite nei Paesi in via di sviluppo, fattore quest’ultimo che ha determinato un incremento del numero dei pazienti che hanno la possibilità di accedere alle terapie. Prospettive di crescita del mercato vengono offerte anche con riferimento all’aumento dei prezzi; in tal caso il principale fattore di crescita è dato dalla capacità di frazionamento e dalla disponibilità di plasma a tassi inferiori rispetto alla domanda di prodotti.

All’interno di tale contesto, Kedrion persegue strategie di crescita soprattutto verso i mercati emergenti. Infatti il Gruppo ha accelerato la propria strategia di

espansione in Europa dell’Est e in Medio Oriente. Si tratta di mercati che presentano una crescita media stimata che si attesta per il 2009 intorno al 28%156. Questi mercati rappresentano un’opportunità importante per il Gruppo grazie alla totale assenza di operatori dotati di impianti di frazionamento in loco, ad un sistema di raccolta del plasma nazionale sviluppato in modo marginale e alla necessità di know how tecnologico ed esperienza.

Il ruolo del fondo nel percorso di espansione del Gruppo è stato determinante negli ultimi due anni e lo sarà anche nel futuro. Solitamente, un impatto forte come quello che si è visto in Kedrion è proprio di operazioni aventi ad oggetto partecipazioni di maggioranza, a dimostrazione che non esiste perfetta corrispondenza tra teoria e realtà aziendale. L’ingresso di tre uomini, partner di un fondo di private equity, all’interno del consiglio di amministrazione ha avuto effetti straordinari sulla governance. Il fondo è riuscito a cogliere le esigenze di sviluppo dell’Azienda, lo dimostra la lunga serie di acquisizioni portate avanti tra il 2006 e il 2008. E sicuramente la crescita continuerà: lo dicono le parole, lo dicono i fatti, lo dicono i numeri. L’intenzione di Investitori Associati è quella di restare nella compagine azionaria, magari cercando di riaffrontare la sfida della quotazione, anche se in questo momento gli sforzi sono tutti indirizzati nel processo di fusione tra Kedrion e Augeo Due in modo tale da creare una unica realtà che possa competere a livello globale con i più forti operatori del settore.

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CONCLUSIONI

Le peculiarità presentate dal mercato italiano del capitale di rischio si legano, in via principale, a due fattori: la cultura d’impresa e il ricambio generazionale. Il tessuto imprenditoriale italiano si contraddistingue per l’elevata presenza di imprese di piccole e medie dimensioni a conduzione familiare. In queste realtà vi è una forte resistenza al cambiamento e l’imprenditore non vede di buon occhio l’ingresso di un partner esterno in azienda. Molto spesso ci si trova dinanzi a piccole e medie imprese con eccellenti quote di mercato in nicchie specifiche ma con scarsa cultura d’impresa che non permette di capire i vantaggi dell’apertura del capitale a terzi. Il venture capitalist è in grado di accelerare il passaggio da impresa familiare a impresa manageriale.

Inoltre, la necessità di un socio “professionalmente qualificato” si lega al problema del ricambio generazionale che molti imprenditori italiani devono affrontare. Infatti, secondo la Commissione Europea, nei prossimi dieci anni una percentuale compresa tra il 25% e il 40% delle sociètà italiane subirà un passaggio generazionale. In poche parole, esistono condizioni strutturali favorevoli per lo sviluppo del Private Equity nel middle market italiano.

La realtà dei fatti mostra un gap informativo molto forte sul mercato del capitale di rischio che non permette l’incontro tra domanda e offerta. L’impegno dei

buyers deve essere rivolto verso tale problema, cercando di colmare il gap

esistente.

Il mercato del private equity necessita di un’ulteriore analisi alla luce delle condizioni negative che stanno caratterizzando il contesto economico da oltre un anno. In tale contesto, il venture capitalist è soggetto ad una doppia pressione:

1. reperire le fonti di finanziamento per porre in essere il deal; 2. sopportare la forte pressione degli investitori istituzionali.

Infatti, un fondo di private equity entra in azienda finanziando l’operazione per circa l’80% facendo ricorso al debito. Pensiamo alle difficoltà presentate dalla

realtà odierna nel reperire le fonti di finanziamento a titolo di debito. Ecco perché molti fondi oggi non riescono a portare a termine il processo di raccolta, decidendo per la sospensione del fund raising. L’ostacolo potrebbe essere aggirato finanziando l’intera operazione attraverso capitale proprio ma ciò porterebbe ad una riduzione dei ritorni.

Inoltre il fondo sente la forte pressione esercitata dagli investitori istituzionali. Normalmente, l’investitore istituzionale investe il 20% delle proprie risorse nel mercato del private equity, mentre la restante parte viene investita sui mercati mobiliari. Oggi accade che le perdite registrate su tali mercati pongono l’investitore istituzionale in una posizione di sovraesposizione nel mercato del private equity che si traduce in pressione per i fondi affinché questi dismettano le proprie partecipazioni e possano rimborsare i loro investitori. Il fondo viene “costretto” a vendere le aziende presenti nel proprio portafoglio da maggior tempo in modo da far cassa.

Si tratta di un fenomeno congiunturale che non si ferma al mercato del capitale di rischio ma che sta investendo l’intera economia. Ecco perché, a parer di chi scrive, appare sensato concludere che l’attività di investimento nel capitale di rischio possa essere il motore di sviluppo dell’economia di un Paese, selezionando le imprese a rapido tasso di crescita e fornendo loro il capitale necessario per svilupparsi e poter dare concreta azione ai propri piani di espansione.

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SITI INTERNET www.aifi.it, www.borsaitaliana.it www.investitoriassociati.it www.ipo.it www.Kedrion.com

RINGRAZIAMENTI

A mio padre e a mia madre, il cuore della mia vita… A mio fratello, il mio grande sostegno…

A Lucia…