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Diversamente da come si è portati a credere, divenire lettori capaci e competenti è tutt’altro che scontato e naturale. Riuscire a comprendere appieno i meccanismi celebrali che entrano in gioco quando una persona legge è da sempre considerato «il culmine dei risultati di uno psicologo, perché sarebbe come

descrivere la maggior parte dei più intricati meccanismi della mente umana, così come sciogliere la storia ingarbugliata della più notevole capacità specifica che

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la civiltà abbia appreso nella sua intera storia».115

Per comprendere meglio le parole di Huey appena citate, si riporta una descrizione di Wolf rispetto a quello che, in base alle conoscenze attuali, avviene mediamente quando ci apprestiamo a leggere ad esempio un testo di narrativa. Dal momento in cui si inizia a leggere un testo, secondo la Wolf, in un lettore avviene quanto segue:

I vostri sistemi celebrali dell’attenzione ed esecuzione hanno cominciato a progettare una lettura che fosse insieme rapida e atta a rivelare il senso del testo. È poi entrato in azione il sistema visivo, che ha cominciato a scorrere rapidamente sulla pagina, a raccogliere dati sulla forma delle lettere e il loro formarsi in parole e frasi, per poi inviarli ai sistemi linguistici in attesa di informazioni. Questi collegano rapidamente simboli visivi sottilmente diversi con le informazioni essenziali sui suoni contenuti nelle parole. Senza rendervene conto nemmeno per un attimo avete applicato regole altamente automatiche sui suoni delle lettere del sistema di scrittura italiano, attivando nel farlo, un gran numero di processi linguistici. È il nocciolo del cosiddetto principio alfabetico, che dipende dall’incredibile attitudine del cervello a imparare a collegare e integrare celermente ciò che vede e sente a ciò che sa. Applicando quelle regole alla pagina scritta che avevate davanti, avete avviato una serie di processi linguistici e cognitivi rilevanti con una velocità che non finisce di meravigliare gli studiosi.116

Questo complesso percorso non si automatizza in maniera naturale ma richiede una trasformazione dei circuiti e delle vie nervose del cervello che si compie normalmente dopo centinaia o, nel caso dei bambini con dislessia, dopo migliaia di esposizioni a lettere, sillabe e parole. 117

La lettura è assieme alla scrittura una delle scoperte più importanti della storia dell’uomo. Il cammino di queste tecniche è partito da molto lontano e il versatile cervello dell’uomo, si è adattato, con modalità differenti, al codice linguistico di riferimento di una determinata zona del mondo. Escludendo i primi

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E. Huey, The Psychology and Pedagogy of Reading, MIT Press, Cambridge 1968, citato in M.Wolf, Proust e il Calamaro, Storia e scienza del cervello che legge, Vita e Pensiero, Milano 2009, p.3

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M.Wolf, op.cit, 2009, p.14

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tentativi di scrittura per simboli degli antichi uomini preistorici, possiamo collocare la nascita della scrittura intorno al quarto millennio avanti Cristo con l’avvento della scrittura cuneiforme dei Sumeri.

Un’ulteriore tappa fondamentale di questo lungo cammino si colloca con la nascita dei primi alfabeti come ad esempio a Ugarit nell’attuale Siria. La terza e ultima tappa si compie nell’ottavo secolo avanti cristo con il perfezionamento dell’alfabeto greco. Quest’ultimo, basato sull’alfabeto dei fenici, era il primo a presentare una corrispondenza precisa tra i fonemi del greco parlato e i grafemi dei caratteri dell’alfabeto. 118 Il classicista Havelock, ritiene l’alfabeto greco, una rivoluzione psicologica e pedagogica nella storia dell’uomo e, grazie a esso, da allora la scrittura ha liberato nell’uomo una capacità senza precedenti di produrre pensieri nuovi. Secondo Kenyon «non si esagera dicendo che con Aristotele il

mondo greco è passato tramite l’educazione orale all’abitudine della lettura». 119

Grazie a Platone, che trascrisse i dialoghi orali del suo maestro, sappiamo che Socrate criticò l’avvento della lingua scritta rea di minare le capacità di memoria delle persone. Si legge, infatti, nel Fedro che secondo Socrate le parole «produrranno dimenticanza nelle anime di chi impara, per mancanza di esercizio

della memoria; proprio perché, fidandosi della scrittura, ricorderanno le cose dall’esterno, da segni alieni, e non dall’interno, da sé».120

Le prime notizie di persone con inspiegabili difficoltà di lettura si rivelano dopo l’avvento dell’alfabeto e proprio Platone parla di persone intelligenti che inspiegabilmente, nonostante gli esercizi sotto la sua guida, non riuscivano a imparare correttamente l’alfabeto greco. Un altro caso di difficoltà di lettura è stato segnalato, nel secondo secolo dopo Cristo, dal saggista greco Filostrato che avrebbe cercato di aiutare il figlio di Erode il Sofista che presentava notevoli difficoltà ad apprendere l’alfabeto greco. 121

Molti secoli dopo, negli anni settanta dell’Ottocento, i disturbi della lettura

118 Ivi, p. 77 119 Ivi, p. 236 120

Platone, Fedro, Cambridge, p. 274d, citato in M.Wolf, Proust e il Calamaro, Storia e scienza

del cervello che legge, Vita e Pensiero, Milano 2009, p.83

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vennero studiati dallo scienziato tedesco Kussmaul122 che li definì come disturbi che generano la “cecità delle parole”. Negli anni venti del ventesimo secolo, Orton123 fu il primo a introdurre il termine Dislessia Evolutiva e a sensibilizzare sull’argomento l’opinione pubblica americana. In Italia, a livello di opinione pubblica, si è cominciato a parlare di Dislessia, soprattutto grazie al romanzo autobiografico del giornalista Ugo Pirro124 che ha raccontato la storia di suo figlio. Nel testo emerge tutta la sofferenza di un padre che non comprende il motivo delle inspiegabili difficoltà di lettura del figlio e sono presentate le sofferenze scolastiche del figlio che solo dopo anni di sensi di colpa apprende di essere dislessico.