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Distorsioni informative: una proposta ermeneutica

Le informazioni preliminari che il professionista detiene e trasmette in adempimento degli obblighi previsti dalle diverse normative svolgono un ruolo decisivo nel decision making process del consumatore: esse sono l’unico strumento a sua disposizione per accedere al contenuto del contratto. Lo stretto rapporto che lega informazione e consenso rende estremamente labile il confine tra effetto informativo ed effetto decettivo170.

Per permettere all’informazione di svolgere il suo ruolo di veicolo di consapevolezza, è necessario che vengano, in primo luogo, rispettati particolari requisiti formali: l’informazione dovrà essere fornita in modo trasparente, ossia chiaro e comprensibile ed inoltre dovrà rispecchiare fedelmente quanto previsto nelle condizioni generali171; è evidente come la mancanza di uno soltanto di questi requisiti nella trasmissione di dati produca un’informazione viziata relativamente alla «chiarezza del dettato».

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D’altronde, attesa la distribuzione dei prodotti (più che dei servizi), che è per lo più priva di contatto diretto tra professionista e consumatore, e tenuto conto della difficoltà di prova, è innegabile che la forma scritta sia la soluzione migliore. Cfr. N.IRTI, Il salvagente della forma, Laterza, 2007.

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Riassumendo, ciò che il professionista dice nell’informazione è, per il consumatore, il contenuto del contratto. Cfr. T.FEBBRAJO, L'informazione ingannevole nei contratti del consumatore, Volume 105 di Pubblicazioni della Scuola di specializzazione in diritto civile dell'Università di Camerino, Edizioni Scientifiche Italiane, 2006; D. LINDLEY, Imperfect information for consumers, in Consumer Policy Review, 2007, vol. 17, n. 3, pp.74-79.

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Significativo, in questo senso, il già commentato art. 5 Cod. cons., rubricato «obblighi generali».

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Tentando una nuova classificazione utile nell’economia della presente ricerca, potremo definire quest’ultimo tipo di vizio una distorsione

formale, poichè l’informazione non rispecchia il profilo formale tracciato

dalla disciplina di riferimento172.

In secondo luogo, per svolgere la sua funzione di strumento di consapevolezza del consenso si attende dall’informazione non solo veridicità, ma anche fedeltà e completezza rispetto al contenuto del contratto. Ciò che il professionista non dice nell’informazione, per il consumatore non è nel contratto. Perché l’informazione tradisca questa sua funzione e trasfiguri in una forma di «indebito condizionamento173» delle decisioni commerciali non è necessario che essa veicoli dei dati intrinsecamente falsi, sarà sufficiente una semplice omissione, una mezza verità174.

In questi casi, l’informazione costituisce un fattore di turbamento nel processo di formazione della decisione e «falsa il comportamento economico» del consumatore, spingendolo ad assumere decisioni che altrimenti non avrebbe preso. Sulla falsariga di quanto previsto in tema di pubblicità e seguendo le indicazioni provenienti dalla direttiva 2005/29/CE relativa «alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori» e dal Codice del consumo, per definire questo tipo di informativa - che turba il consenso piuttosto che renderlo consapevole - possiamo impiegare il termine ingannevole e definire questo tipo di vizio come distorsione

sostanziale.

Possiamo così distinguere, nella nuova classificazione qui proposta, tra distorsioni che alterano le dinamiche riguardanti il profilo formale del

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In tal senso, cfr. previsione dell’art. 5, c. 3º Cod. cons.

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Di «indebito condizionamento» discorre la direttiva 2005/29/CE relativa alle «pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori» fornendo la seguente definizione all’art. 2, comma 1, lett. j): «lo sfruttamento di una posizione di potere rispetto al consumatore per esercitare una pressione, anche senza il ricorso alla forza fisica o la minaccia di tale ricorso, in modo da limitare notevolmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole».

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Questa circostanza è ancora più vera se riguarda il profilo economico di un’operazione, in cui la semplice omissione di un costo accessorio (tasse, contributi spese, ecc) può far risultare un’offerta più vantaggiosa di quanto non lo sia in realtà.

DISTORSIONI INFORMATIVE E RICADUTE GIURIDICHE

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messaggio e quindi in estensione la disciplina delle pratiche commerciali aggressive e distorsioni che incidono sul contenuto, alterando oppure ostacolando il processo di maturazione verso la piena consapevolezza, che attengono al profilo sostanziale e alla disciplina delle pratiche commerciali ingannevoli.

Sotto il profilo formale, l’informazione deve essere valutata nella sua corrispondenza al modello tracciato dalla disciplina generale e dalle leggi di settore, a prescindere dal contenuto del contratto cui si riferisce. In particolare, l’informazione deve investire tutti gli elementi indicati dalle normative di riferimento175 e deve soddisfare l’esigenza di trasparenza (rectius: di chiarezza e comprensibilità del suo contenuto) richiesta, in via generale, dagli artt. 2 e 5, comma 3, Cod. cons. Siamo davanti ad una distorsione formale quando il consumatore non è in grado di apprezzare il contenuto delle informazioni a causa della loro opacità. Prendendo come riferimento l’art. 52 Cod. cons. potremo definire formalmente ineccepibile l’informazione che fornisce dati su tutti gli elementi indicati dalle lettere a) - l) e che sia trasmessa «in modo chiaro e comprensibile, con ogni mezzo adeguato alla tecnica di comunicazione a distanza impiegata, osservando in particolare i principi di buona fede e lealtà in materia di transazioni commerciali, valutati alla stregua delle esigenze di protezione delle categorie di consumatori particolarmente vulnerabili» (art. 52, comma 2, cit.). «Completezza» (intesa come “estensione conforme alle previsioni normative”) e «trasparenza» (intesa come “chiarezza e comprensibilità” del messaggio), sono i parametri per valutare l’integrità formale dell’informazione.

L’informativa è, invece, sostanzialmente ineccepibile quando le informazioni fornite rispecchiano fedelmente quella parte di contenuto del contratto cui si riferiscono. In caso contrario, essa tradisce la sua funzione quando non riproduce fedelmente il regolamento contrattuale ed induce, perciò, il consumatore a rappresentarsi un’operazione diversa da quella reale. È possibile, inoltre, ipotizzare un’informazione formalmente

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completa che sia, al contempo, viziata dal punto di vista sostanziale. Ciò avviene nella fattispecie in cui pur investendo tutti gli elementi formali indicati dal modello legale di riferimento, tuttavia essa contiene notizie non veritiere dal punto di vista dei contenuti. Potremo definire, quindi, sostanzialmente viziata l’informazione che rappresenta in maniera errata il contenuto del contratto, sì da alterare il comportamento economico del consumatore prendendo una decisione che non avrebbe altrimenti preso. L’informazione tradisce il suo ruolo di veicolo di consapevolezza e si trasforma in un fattore di turbamento e di condizionamento del consenso; in una parola, diviene ingannevole.

Il fenomeno delle distorsioni informative presenta, dunque, una duplice rilevanza giuridica. Sotto un primo profilo, viene in rilievo la violazione degli specifici doveri precontrattuali di informazione previsti a carico del professionista. Più in generale, la trasmissione di dati falsi riguardanti il contenuto del contratto costituisce una chiara violazione del «fondamentale» diritto dei consumatori ad un’«adeguata informazione» previsto dall’art. 2 Cod. cons. Sotto l’altro aspetto, la trasmissione di informazioni distorte si inscrive tra le «pratiche commerciali sleali» espressamente vietate dal Codice del consumo.