4. Le ricadute del modello produttivo dell’industria delle carni sulla salute e sulla sicurezza
4.1. I disturbi muscoloscheletrici e i rischi psicosociali e organizzativi
Nel secondo paragrafo del capitolo in oggetto si è inteso descrivere il rapporto di causalità tra
organizzazione e sicurezza quale si manifesta nella relazione fra trasformazioni del lavoro,
intensificazione dei ritmi e insorgenza di nuovi rischi. A questo punto, alla luce dei cambiamenti
intervenuti nei rapporti di produzione e di organizzazione del lavoro descritti sin qui, si ritiene
opportuno approfondire tale rapporto in relazione alle peculiarità del modello produttivo
dell’industria delle carni.
Come è stato già chiarito, il fenomeno dei disturbi muscoloscheletrici interessa tutti i settori
lavorativi sebbene in determinati comparti, soprattutto in quelli in cui il lavoro manuale è
predominante, esso si manifesti con maggiore frequenza e gravità. Tra i settori maggiormente
interessati dal fenomeno rientrano quello manifatturiero, edile e dei trasporti
426. All’interno del
settore manifatturiero, l’industria delle carni è uno dei comparti più interessati dal fenomeno dei
disturbi muscoloscheletrici
427. Nonostante il crescente livello di automazione, vi sono ancora
numerose attività manuali che richiedono l’esercizio di compiti ripetitivi, l’assunzione di stazioni
erette prolungate e il compimento di sforzi di trazione e prensione continuativi
428. Ciò è vero, in
particolare, per quanto riguarda il comparto delle carni, ove le menzionate attività possono causare,
in concomitanza con altri fattori di rischio, l’insorgenza delle nuove patologie professionali.
L’ascesa dei disturbi muscoloscheletrici nel comparto in esame è stata messa in evidenza per la
prima volta negli anni ’80 quando l’Occupational Safety and Health Administration (OSHA)
statunitense promosse un’azione giudiziaria contro due società americane dopo aver riscontrato, a
fronte di un aumento generale della produzione di carne, un’elevata frequenza di disturbi
muscoloscheletrici. A seguito di tale iniziativa, entrambe le società raggiunsero un accordo con
OSHA che prevedeva, tra l’altro, l’introduzione di determinate misure ergonomiche
429.
Diversi anni dopo, alcuni studi epidemiologici in ambito internazionale cominciarono a
soffermarsi sul tema, individuando nel settore delle carni uno dei settori a più alta frequenza di
disturbi muscoloscheletrici
430. In Nuova Zelanda, l’indice di frequenza di DMS interessa
426 ANMIL, I disturbi muscolo-scheletrici e da sovraccarico biomeccanico dei lavoratori nel settore del commercio: un
quadro comparato, 2013. Indagine teorico-sperimentale, 1° Rapporto, 2013, op. cit., p. 14 ss.
427 S.BOLGHANABADI,D.HABIBOLLAH,M.POUR, The relationship between musculoskeletal disorders, stress and fatigue
in the food industry employees, in Journal of Ergonomics, 2014, 2 (1), p. 54 ss.
428 I.J.KIM, Safety and health practices in the food industry and ergonomic interventions, in Journal of Ergonomics, 2016,
6(1), p. 146 ss.
429 D.TAPPIN,D.MOORE,L.ASHBY,D.RILEY,T.BENTLEY,F.TREVELYAN, Musculoskeletal Disorders in Meat Processing:
A review of the literature for the New Zealand meat processing industry, Massey University, Cofhe, December 2006, p. 1 ss.
430 B.SILVERSTEIN,E.VIIKARI‐JUNTURA,J.KALAT, Use of a prevention index to identify industries at high risk for work‐
related musculoskeletal disorders of the neck, back, and upper extremity in Washington state, 1990–1998, in American journal of industrial medicine, 2002, 41, p. 149 ss. Il dato si desume dall'incidenza annuale di infortuni sul lavoro e malattie professionali stimata dagli enti assicuratori contro gli infortuni e le malattie professionali.
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prevalentemente il settore della lavorazione della carne (l’indice corrisponde circa al doppio di quello
rilevato nelle altre industrie di trasformazione), ove gli addetti hanno un’elevata probabilità di
riportare dolori al collo e agli arti superiori dovuti ai compiti ripetitivi, alle posture scomode e al
lavoro fisico pesante
431. Una situazione simile si verifica in Australia, dove le segnalazioni per DMS
risultano quattro volte superiori a quelle rilevate in altri settori dell’industria manifatturiera. Negli
Stati Uniti, gli stabilimenti di confezionamento della carne per sette anni consecutivi, sino al 2002,
hanno registrato i più alti tassi di incidenza di DMS
432. Dal numero di richieste di indennizzo si
conferma che anche in Canada il comparto della lavorazione della carne costituisce l’industria a più
alto rischio di DMS
433.
Benché i dati sull’estensione del fenomeno siano ancora limitati a livello globale, considerate le
difficoltà incontrate nei diversi Paesi nell’elaborazione di statistiche puntuali in materia, emerge che
gli addetti alla lavorazione della carne siano tra i lavoratori maggiormente esposti a questo tipo di
disturbi. Oltre a lesioni da sforzo quali distorsioni, stiramenti, dislocazioni, contusioni e lacerazioni,
soprattutto agli arti superiori, essi riportano dolori alla zona lombare, alle spalle e al collo
434.
Come è stato illustrato nel paragrafo precedente, le patologie muscoloscheletriche presentano una
eziologia multifattoriale: possono derivare da una molteplicità di fattori di natura genetica,
ambientale a comportamentale. Mentre l’analisi dei fattori fisici è al centro di molteplici studi
epidemiologici ed ergonomici, quello dei fattori cd. organizzativi e contestuali non sembra ricevere
la medesima attenzione
435. Con questo ultimo termine si vogliono descrivere quei fattori sociali,
economici, culturali, politici e organizzativi che sono alla base dello sviluppo di fattori di rischio a
carattere fisico e psicosociale
436. Essi includono fattori che sono esterni all’impresa ma che agiscono
431 Secondo D.TAPPIN,T.BENTLEY,A.VITALIS, The role of contextual factors for musculoskeletal disorders in the New
Zealand meat processing industry, in Ergonomics, 2008, 51, p. 1576 ss., il tasso di incidenza di DMS nella lavorazione della carne equivale a 59 lavoratori a tempo pieno su 1000, rispetto ai 20 su 1000 nella silvicoltura e nel legname e i 16 su 1000 nell’edilizia.
432 BUREAU OF LABOR STATISTICS, Incidence rates and numbers of nonfatal occupational illnesses by major industry sector,
category of illness, and ownership, Washington, Bureau of Labor Statistics, D.o. Labor, 2012.
433 D.TAPPIN,A.BENTLEYB,A.VITALIS, The role of contextual factors for musculoskeletal disorders in the New Zealand
meat processing industry, op. cit., p. 1576 ss.
434 S.MANSI, Prevalence of Musculoskeletal Disorders among Slaughter House Workers, in Journal of Physical and
Rehabilitation Medicine Forecast, 2019, 2, p. 2 ss.
435 Da un lato si delineano i fattori di rischio fisico legati alla modalità con cui si svolge il lavoro come il sollevamento
carichi, le posizioni ergonomiche incongrue, i movimenti altamente ripetitivi, le lavorazioni manuali con carichi pesanti, dall’altro lato si delineano i fattori di rischio ambientale e organizzativo quali concause, come i ritmi di lavoro, le attività ripetitive, gli orari di lavoro, la retribuzione. CosìANMIL, I disturbi muscolo-scheletrici e da sovraccarico biomeccanico dei lavoratori nel settore del commercio: un quadro comparato, 2013. Indagine teorico-sperimentale, 1° Rapporto, op. cit., p. XIV. Nella classificazione dei rischi psico-sociali, la già menzionata indagine condotta daT.COX,A.GRIFFITHS,E. RIAL-GONZALES, Research on Work-Related Stress, op. cit., p. 68 ss. distingue il “contesto” del lavoro dal “contenuto” del
lavoro. Il primo ha una dimensione macro e si riferisce alle dinamiche di inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale come il ruolo ricoperto nell’àmbito dell’organizzazione, lo sviluppo di carriera, mentre il secondo ha una dimensione micro e si riferisce alle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa individuale come l’andamento dei carichi e dei ritmi di lavoro, l’orario di lavoro e i turni. Sul tema si v. altresì M.PERUZZI, La valutazione del rischio da stress lavoro-correlato ai sensi dell’art. 28 del d.lgs. 81/2008, op. cit., p. 4 ss.
436 D.TAPPIN,A.BENTLEYB,A.VITALIS, The role of contextual factors for musculoskeletal disorders in the New Zealand
meat processing industry, op. cit., p. 1576 ss. Secondo gli autori sono considerati fattori contestuali quelli legati alla domanda di lavoro come le pressioni sulla produzione, la variabilità legata al flusso di lavoro, il basso controllo della pianificazione e del metodo del lavoro e la complessità delle attività da svolgere.
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su di essa (ad esempio gli effetti della alta o bassa disoccupazione nazionale) e che, a loro volta,
possono influenzarne la struttura, la gestione e l’organizzazione (come il sistema retributivo o
l’orario di lavoro settimanale).
A partire da tale definizione, uno studio condotto da Eurofound ha indagato il ruolo che tali fattori
organizzativi e contestuali possono svolgere nello sviluppo dei disturbi muscoloscheletrici all’interno
dell’industria delle carni di dieci Paesi dell’Unione europea
437. Dalla loro analisi emerge che la linea
di produzione prevalentemente tayloristica, caratterizzata da una struttura organizzativa gerarchica e
centralizzata e da una crescente intensificazione del lavoro
438, propri di questo settore, genera rischi
ergonomici e psicologici, quali la mancanza di autonomia e di controllo sul proprio lavoro, ritmi di
lavoro intensi, vincoli temporali, azioni ripetitive caratterizzate da cicli molto brevi e divisione del
lavoro a basso contenuto professionale, in grado di causare disturbi muscoloscheletrici e
psicosociali
439.
D’altro canto, pur a fronte di un contesto produttivo che registra significativi cambiamenti
nell’utilizzo della tecnologia, nei rapporti di lavoro e nell’organizzazione del lavoro che consentono
di parlare di un modello postfordista
440, il settore delle carni resta sostanzialmente ancorato al
modello taylorista. Qui, infatti, l’organizzazione è concepita come un sistema meccanico nel quale
ogni parte è progettata con le altre secondo rigide prescrizioni, in cui la preoccupazione per le scelte
tecniche e procedurali di organizzazione del lavoro prevale nettamente rispetto alle dinamiche
psicologiche e sociali che si innescano all’interno dell’ambiente di lavoro. A ben guardare, la teoria
taylorista, in base alla quale le necessità produttive indirizzano le scelte di organizzazione del lavoro,
trova piena espressione nel comparto in esame, ove la tutela della salute dei lavoratori viene spesso
messa in secondo piano rispetto al perseguimento degli obiettivi organizzativi. Il settore delle carni
si delinea, pertanto, come un settore incentrato su volumi di produzione elevati, su una cadenza del
ritmo completamente scandito dalla linea di produzione e su operazioni che richiedono azioni
ripetitive e movimentazione manuale dei carichi
441.
437 S.NOSSENT,B. DE GROOT,R.VERSCHUREN, Working conditions in the European meat processing industry, Dublin,
European Foundation for the Improvement of Living and Working Life, 1995. I paesi europei esaminati dal menzionato studio sono in particolare Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Olanda, Portogallo, Spagna e Gran Bretagna.
438 Per rispondere alla crescente richiesta di un maggiore volume di produzione, la linea produttiva del settore carne ha
subito un progressivo processo di automazione degli impianti di lavorazione e confezionamento del prodotto fermo restando che sono ancora numerose le attività che vengono svolte manualmente. In tutti i casi comunque il ciclo produttivo ruota attorno alla linea o catena di produzione che in base al proprio impianto tecnologico generale scandisce i tempi e le capacità produttive del comparto.
439 Secondo il già menzionato studio condotto da Eurofound sulle condizioni di lavoro nel settore delle carni in Europa, le
principali conseguenze sulla salute legate all’organizzazione prettamente taylorista del settore delle carni sono le lesioni da sforzo ripetitivo, i disturbi muscoloscheletrici, gli infortuni sul lavoro e i disturbi psichici quali lo stress e l'insoddisfazione.
440A.ACCORNERO, F.PIRRO, Il mondo della produzione. Sociologia del lavoro e dell’industria, Bologna, il Mulino, 2013. 441S.JAMES,C.LOYD, Too much pressure? Retailer power and occupational health and safety in the food processing
industry, op. cit., p. 5 ss., mostrano come le pressioni indirette esercitate dalla grande distribuzione sui prezzi e sui tempi di consegna contribuiscono a peggiorare le condizioni di salute e la sicurezza dei lavoratori che operano lungo la filiera delle carni, avendo un impatto significativo sulla crescita del ritmo di lavoro e sull’insorgenza di altri fattori di rischio. Va osservato peraltro che quanto più un processo di produzione è standardizzato, tanto più diventa agevole controllarne il ritmo e il carico di lavoro accentrandone il comando.
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Unitamente ad altri fattori, di carattere organizzativo e psicosociale, gli aspetti appena descritti
possono dare luogo all’insorgenza di disturbi muscoloscheletrici, in particolare da sovraccarico
biomeccanico degli arti superiori con conseguenti patologie della colonna vertebrale, contribuendo
a rendere il succitato comparto tra i più rischiosi sul piano infortunistico e tecno-patico
442.
Entrando più nel dettaglio, le azioni ripetitive e le movimentazioni manuali dei carichi – cui sono
peraltro riconducibili posizioni ergonomiche incongrue, utilizzo eccessivo della forza e tempi
insufficienti di recupero – sono azioni tipiche dei comparti produttivi della macellazione e della
lavorazione delle carni (in particolare delle operazioni di disossatura, rifilatura e confezionamento
del prodotto), attività tutte che si caratterizzano per gli elevati obiettivi di produzione e ritmi
lavorativi
443.
Da alcuni studi italiani, si evince che i movimenti ripetitivi protratti per lunghi periodi e/o
caratterizzati da aumenti della velocità tali da ridurre, se non addirittura eliminare, le pause di
recupero determinano un rischio di sovraccarico meccanico degli arti superiori cui possono
conseguire alterazioni infiammatorie e degenerative a livello delle articolazioni del polso, del gomito
o della spalla che si manifestano, ad esempio, con la sindrome del tunnel carpale
444. Gli addetti alla
macellazione, sottoposti a pesanti e ripetuti movimenti manuali, sono particolarmente soggetti alla
sindrome del tunnel carpale. Analoghi movimenti sono altresì diffusi nell’attività di disossatura del
prosciutto crudo, dove l’utilizzo del coltello è previsto anche per l’intera giornata, così come nelle
fasi di preparazione e confezionamento nei reparti macelleria degli ipermercati
445.
Un ulteriore fattore di rischio attiene alla movimentazione manuale dei carichi, con sollevamento
o con traino/spinta di pesi
446. Prolungate attività di questo tipo, con pause di recupero insufficienti,
possono determinare danni alla colonna vertebrale e agli arti superiori, di tipo acuto, quali lombalgie
da sforzo e tendiniti all’articolazione delle spalle, o cronico quali artropatie e neuropatie da
compressione. Contribuisce allo sviluppo dei disturbi muscoloscheletrici il rischio da microclima,
soprattutto quando l’attività si svolge in ambienti a temperatura refrigerata o caratterizzati da
alternanza caldo freddo
447.
442 NOSSENT,B. DE GROOT,R.VERSCHUREN, Working conditions in the European meat processing industry, op. cit., p. 58
ss.
443 D.TAPPIN,D.MOORE,L.ASHBY,D.RILEY,T.BENTLEY,F.TREVELYAN, Musculoskeletal Disorders in Meat Processing:
A review of the literature for the New Zealand meat processing industry, op. cit., p. 7 ss.
444REGIONE DEL VENETO,ULSS REGIONE DEL VENETO, Metodi per la valutazione del rischio da sovraccarico biomeccanico
degli arti superiori, 2008, inhttps://www.ulss17.it, consultato il 19 giugno 2019. Il manuale in parola chiarisce che gli indicatori di una condizione di possibile rischio sono l’esecuzione dello stesso insieme di movimenti per cicli ripetuti di breve durata (generalmente inferiori ai 30 secondi), l’uso di forza più o meno intensa in aggiunta a quella necessaria per spostare il pezzo in lavorazione, la necessità di mantenere posizioni forzate ed innaturali delle mani con flessioni ed estensioni del polso fino a gradi estremi, gli impatti ripetuti effettuati con le mani. La presenza di uno o più di questi indicatori per lavori di durata superiore ad un’ora continuativa o alle due complessive nell’arco del turno lavorativo richiede una valutazione approfondita per stabilire se esista o meno un rischio per la salute.
445 ULSS VICENZA, Manuale sicurezza e igiene nella lavorazione carni. Manuale per la prevenzione nelle aziende di
macellazione, 2014, in www.ulssvicenza.it, consultato il 19 giugno 2019, p. 35 ss.
446 Il riferimento è in particolare alle operazioni di carico e scarico, di aggancio o sgancio di prosciutti da giostre e carrelli,
di trasferimento di carrelli in celle frigo, di attività in reparti confezionamento e spedizione.
447 Lavorare in condizioni di alta o bassa temperatura, ad elevata umidità relativa o in presenza di eccessive correnti d’aria,