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La diversificazione della potestà pubblica in amministrativa in senso stretto e sanzionatoria: la distinzione, formale ma soprattutto sostanziale, tra

sanzioni amministrative (c.d. “pure) e “misure” amministrative riparatorie- ripristinatorie. L’autotutela diretta ed indiretta della funzione amministrativa.

Nel corso della trattazione si è più volte distinto tra potere amministrativo in senso stretto (o classico), proteso - in avanti - al raggiungimento del fine pubblico generale di volta in volta politicamente determinato attraverso forme “democratiche” di esercizio (previste, in via generale, dal modello procedimentale-tipo disciplinato dalla legge n. 241/1990, ispirato, come detto, al principio della massima partecipazione “collaborativa”, mezzo unico per la migliore comparazione possibile degli interessi coinvolti), e potere sanzionatorio, rivolto invece - indietro - esclusivamente ad irrogare (secondo lo schema procedurale delineato dalla legge n. 689/1981, nel cui ambito emergono di converso profili di difesa e di mero contraddittorio) una sanzione amministrativa a colui che ha trasgredito l’ordine legale.

Tuttavia, nell’ambito della categoria generale dei provvedimenti amministrativi “ad effetti sanzionatori” – ex pluribus ad unum ricondotti nell’ampissima definizione di «misura svantaggiosa (negativa) prevista dall’ordinamento in risposta (reazione) alla consumazione di un illecito»196 - occorre però più propriamente distinguere tra sanzioni amministrative “punitive” (o “pure”) e misure amministrative latu sensu sanzionatorie (c.d. misure riparatorie- ripristinatorie).

Al di là del puro dato definitorio, la distinzione rileva sul piano dei riflessi normativi perché dalla natura “riparatoria-ripristinatoria” o meramente “punitiva” di una misura sanzionatoria discendono profonde conseguenze in punto di regime procedimentale (essendo applicabile - come si vedrà - solo con riferimento a quest’ultime, ed in particolare a quelle aventi ad oggetto il pagamento di una somma di denaro, la disciplina prevista dalla legge n. 689/81 197).

196

Così M.A.SANDULLI, voce Sanzioni amministrative, in Enc. Giur., Roma, 1988. 197

L’art. 12 della legge n. 689/81 dispone infatti che «le disposizioni di questo Capo» - (artt. da 1 a 43) - «si osservano, in quanto applicabili e salvo che non sia diversamente stabilito, per tutte le

In linea generale alcuna criticità nell’indagine sulla natura esclusivamente punitiva si pone con riguardo alle sanzioni pecuniarie, essendo in questo caso risolutivo il criterio meramente formale del contenuto della misura adottata dall’amministrazione procedente. L’obbligazione del pagamento di una somma di denaro incide, infatti, sulla sfera giuridica del trasgressore unicamente in senso negativo, senza avere cioè alcun (altro) fine di sollevare il soggetto leso dallo svantaggio derivatogli dal comportamento illecito o di ripristinare l’ordine violato.

La questione emerge in tutta la sua importanza, invece, quante volte la legge attribuisca all’amministrazione un potere di intervento diverso da quello immediatamente e direttamente incidente sul patrimonio del privato198.

Ed è per questo che l’attenzione è stata rivolta, piuttosto che al solo contenuto, alla finalità che la legge intende perseguire nel momento in cui accorda alla pubblica amministrazione una determinata forza di azione, id est al carattere della relazione che la legge ha inteso instaurare tra la misura prevista ed il tipo di interesse che attraverso quella stessa misura ha scelto di tutelare (a seconda del caso general-preventivo o specifico).

E così in dottrina si distinguono, da un lato, le sanzioni “pure” (o punitive), che reagiscono ad un illecito attraverso la mera repressione della trasgressione, dall’altro, «tutte quelle misure le quali, pur consistendo - come queste -

nell’inflizione di un male, in risposta alla contravvenzione ad un precetto giuridico, diverso dalla mera attuazione di quel precetto stesso (epeprò vengono come tali ricomprese in un concetto lato di sanzione), se ne differenziano poi profondamente sotto il profilo teleologico, in quanto assolvono piuttosto ad una funzione più direttamente ed immediatamente riparatoria dell’interesse violato ( e tra queste in prima linea si pone la c.d. sanzione civile del risarcimento del danno) o ripristinatoria dello stato di fatto e di diritto preesistente all’illecito (e tra queste, in primis, la reductio in pristinum)»199.

198

Si pensi, a titolo di esempio, al problema dell’individuazione del regime procedurale applicabile al provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale - di cui oltre al cap. I della sez. I - rispetto a quello, espressamente disciplinato invece, della confisca amministrativa, sanzione amministrativa accessoria la cui disciplina è invece direttamente contenuta nella legge n.689/1981.

199

Così M.A. SANDULLI, La potestà sanzionatoria della pubblica amministrazione, Napoli, 1981, 27.

L’inidoneità del criterio contenutistico - meramente formale - ad abbracciare tutte le ipotesi provvedimentali meramente punitive ha dato adito, quindi, alla necessità di ricorrere ad un metodo di indagine di tipo sostanziale e teleologico, ad un crinale cioè che abbia riguardo al momento finalistico ultimo.

Le tipologie di relazioni con il potere pubblico originate da un’infrazione possono, infatti, essere diverse a seconda dei caratteri della funzione amministrativa prevista e, quindi, in ultima analisi, della natura del potere spiegabile dall’amministrazione, che astrattamente può essere rivolto, in alcuni casi, a punire esclusivamente una condotta illecita e, in altri casi, a ripristinare o a conservare gli interessi sostanziali devoluti all’amministrazione200, prescindendo anche, se del caso, da ogni qualificazione in termini di illiceità della condotta tenuta dal soggetto201.

A seconda dell’architettura normativa vigente - e, quindi, del momento storico - la relazione con un determinato interesse sostanziale può cioè essere immediata o mediata202.

Mutuando la famosa distinzione dottrinaria di Feliciano Benvenuti, può dirsi che la funzione amministrativa può essere oggetto di (auto)tutela diretta o indiretta203.

In particolare, il richiamato autore distingueva, da un lato, le c.d. «decisioni

preventive e successive», «intese a soddisfare, sia pure in maggiore o minore misura, l’interesse dell’amministrazione all’attuazione dei precetti e quindi quella stessa pretesa che avrebbe dovuto essere soddisfatta dal comportamento dell’interessato», e, dall’altro, «un’altra categoria di decisioni» che, pur incidendo

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Ipotesi classica di misura ripristinatoria è rappresentata dalla demolizione di opere edilizie abusive.

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PALIERO,TRAVI, voce Sanzioni amministrative, cit., 350. A titolo esemplificativo, si pensi, ancora una volta, alla disciplina del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale esercitata in violazione della disciplina in materia di lavoro, la quale prevede, quale presupposto per l’immediata adozione della misura già in sede di accesso ispettivo, che in tale frangente siano state rilevate da parte degli ispettori del lavoro delle violazioni in tema di assunzione dei lavoratori rinvenuti intenti al lavoro (c.d lavoratori in nero). Ebbene, tali violazioni - che se immediatamente regolarizzate dal punto di vista lavoristico importano esclusivamente la revoca immediata della misura sospensiva ed il nulla-osta al ripristino dell’esercizio dell’attività imprenditoriale – saranno qualificate come veri propri illeciti amministrativi (con conseguente applicazione anche delle sanzioni amministrative pecuniarie previste) solo se nel prosieguo dell’ordinario iter accertativi-ispettivo previsto dalle leggi n.n. 689/81 e 124/2004 saranno ritenute fondate.

202

Non sono rare infatti le ipotesi in cui un interesse specifico sostanziale sia stato dapprima tutelato in modo indiretto e poi direttamente dalla normativa di settore.

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sui rapporti «non soddisfano, come loro risultato immediato, la pretesa

dell’amministrazione, ma sono invece soltanto ordinate a spingere il cittadino sulla via dell’osservanza dei suoi obblighi. Decisioni» quest’ultime «che, di conseguenza, realizzano i fini dell’autotutela in via del tutto mediata e sono date da quelle misure che assumono il nome di sanzioni amministrative».

Sviluppando il ragionamento, altra dottrina ha aggiunto, in modo ancora più esplicito, che «l’impronta distintiva propria della sanzione è data dalla funzione

primariamente e fondamentalmente afflittiva (ricollegata alla riprovazione sociale e correlativamente all’esigenza di dissuasione dal comportamento illecito) che essa istituzionalmente assolve […]. In altre parole, fine immediato della sanzione è quello di colpire (punire) l’autore della trasgressione, operando nel contempo su di lui un’azione preventiva di dissuasione dal comportamento vietato. Essa è volta, cioè, essenzialmente a produrre un effetto dannoso per il responsabile che esula dalla soddisfazione diretta (inteso quest’ultimo aggettivo in senso finalistico e non contenutistico) dell’interesse ( del soggetto pubblico o privato) specificatamente pregiudicato. L’interesse che viene preso in considerazione dalle norme sanzionatorie è invece piuttosto quello - pubblico – al rispetto dell’ordine giuridico […]. Si ha sanzione in senso stretto, cioè, tutte le volte in cui l’ordinamento, di fronte ad un atto antigiuridico, considerata la turbativa che esso arreca all’interesse pubblico generale, reputa per ciò stesso (imprescindibilmente) necessario comminare una conseguenza dannosa (un male) a carico di chi ne è responsabile, prescindendo in siffata previsione dalla considerazione della eventuale, secondaria soddisfazione, che possa in qualche caso indirettamente derivarne al portatore dall’interesse specifico leso (caratteristiche di tale specie di fenomeni, in primis, le sanzioni pecuniarie). Nella norma strictu sensu sanzionatoria, l’interesse leso viene - se mai – preso in considerazione solo in via mediata, fine primario e diretto della norma essendo piuttosto quello di agire sul trasgressore[...]. E’ questo precipuo carattere a tracciare in termini abbastanza sufficientemente definiti la linea di confine ideale tra le misure che vogliamo qualificare “sanzioni” in senso proprio e quelle che diversamente – pur risolvendosi, come si è detto, anch’esse in molti casi nella comminatoria di un male per l’autore (o per il responsabile) dell’illecito (e svolgendo in tal modo una funzione preventiva di dissuasione per molti aspetti

analoga a quelle delle prime), hanno piuttosto come fine primario ed immediato la reintegrazione (soddisfazione) diretta o indiretta dell’interesse specifico leso (si può dire anzi, in un certo senso, che spesso in diritto amministrativo le “sanzioni” inizino proprio laddove non sia possibile agire attraverso lo strumento della reintegrazione)»204.

La violazione di un precetto può rilevare, quindi, in modo autonomo, venendo a costituire l’unico presupposto per l’esercizio del potere sanzionatorio, ma può valere anche in modo più profondo, rappresentando il criterio per determinare l’inidoneità in concreto di un soggetto ad essere parte di un determinato rapporto con l’amministrazione oppure a svolgere una determinata attività che coinvolga interessi pubblici. In quest’ultimo caso essa costituisce un mero antecedente di fatto dell’esercizio del potere pubblico (un indice rivelatore che impone un intervento pubblico), avendo creato una situazione non conforme al diritto a cui l’amministrazione è tenuta a porre un rimedio diretto205.

Secondo tale condivisibile e maggioritario approccio dottrinario – risalente, a ben vedere, agli studi di Zanobini206, per il quale era necessario che la nozione di sanzione amministrativa venisse fondata tenendo conto della specificità di questa misura rispetto alle altre forme di reazione adottabili dalla pubblica amministrazione nel caso di violazione di un precetto - una misura amministrativa si qualifica come sanzione amministrativa “pura” (o “punitiva”) solo quando sia, nell’ultima essenza, puramente e semplicemente «una pena in senso tecnico» perché non assimilabile ad altri strumenti principalmente diretti alla conservazione degli interessi sostanziali lesi dall’infrazione.

A riprova del carattere “punitivo” della sanzione amministrativa in senso stretto (o “pura”) si consideri che l’obiettivo finale cui essa è rivolta è costituito unicamente dalla volontà di punire il responsabile dell’illecito inteso nella sua specifica identità fisica. Tant’è che, nel concreto, la prima operazione che viene compiuta qualora sia stata accertata la commissione di un violazione amministrativa in un periodo antecedente a quello di riscontro, è costituita dalla individuazione delle generalità del rappresentante legale, il che, in via prioritariamente logica,

204

M.A.SANDULLI, op.ult.cit, 28. 205

PALIERO,TRAVI, voce Sanzioni amministrative, in Enc. Dir., vol. XLI, Milano, 1988, 350. 206

presuppone che sia stato già definito il momento consumativo della stessa perché può essere qualificato come responsabile solo colui che era titolare dei poteri gestionali rispetto a tale momento (senza che abbia rilevanza, quindi, se nel frattempo sia mutato, ad esempio, il rappresentante legale titolare del rapporto con la pubblica amministrazione207).

Il trasgressore è toccato, in sostanza, dall’irrogazione di una misura che, proprio per questo suo carattere personalissimo, non mira alla soddisfazione diretta dell’interesse pregiudicato dal suo comportamento illegale bensì alla riprovazione giuridica dell’illecito ed alla dissuasione dalla consumazione di ulteriori violazioni, in un’ottica finalistica di tutela dell’ordine pubblico generale.

Di converso, nelle misure “ripristinatorie-riparatorie” l’attenzione non ricade, ma addirittura prescinde dall’individuazione del singolo soggetto responsabile, perchè si appunta solo ed esclusivamente sull’atto o sull’attività che materialmente è stata svolta contra legem. E ciò perché solo intervenendo direttamente su di essa si tutela in via immediata l’interesse sostanziale, settoriale e specifico, sotteso alla previsione della misura, la cui finalità ultima risiede nel reindirizzare tale attività nei canali predefiniti dalla legge.

La concezione “punitiva” della sanzione amministrativa “pura” trova un addentellato normativo nel testo della legge n. 689/1981 che, al capo I, individua una serie di principi (artt. da 1 ad 11) chiaramente calibrati sul concetto di equivalenza tra “sanzione amministrativa” e “pena” e nel fatto (cfr. art. 12208) che il prototipo di sanzione amministrativa ivi disciplinato è quello dalla “pena pecuniaria”.

In chiusura si intende nuovamente evidenziare che la distinzione teleologica, così sinteticamente riportata, tra sanzioni amministrative punitive e misure amministrative ripristinatorie assume rilevanza, come si vedrà oltre209, soprattutto con riguardo a quegli “atti” adottati dall’amministrazione rispetto ai quali, non

207

Nel concreto, infatti, ai fini della individuazione del trasgressore e, quindi, del responsabile legalmente tenuto al pagamento della sanzione pecuniaria, occorre avere riguardo a chi rivestiva la qualifica di titolare del rapporto al momento della consumazione dell’illecito, senza che eventuali cambiamenti al riguardo – si pensi all’avvicendarsi di rappresentanti legali nell’ambito delle compagine societarie - incidano sul destinatario del provvedimento.

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Ove e previsto che «le disposizioni di questo Capo si osservano, in quanto applicabili e

salvo che non sia diversamente stabilito, per tutte le violazioni per le quali è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro, anche quando questa sanzione non è prevista in sostituzione di una sanzione penale. Non si applicano alle violazioni disciplinari».

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essendovi ex ante alcuna indicazione né, tantomeno, un’espressa qualificazione normativa, la riconduzione ex post nell’ambito dell’una o dell’altra categoria incide, come detto, sul profilo della disciplina procedimentale applicabile (nello specifico, quelle dettate dalla legge n. 241/90 o piuttosto quelle di cui alla legge n. 689/81?) e, conseguentemente, sulle prerogative riconosciute in itinere alle parti interessate210.

210

Nello specifico il problema si è posto - e sarà analizzato funditus nel cap. I della sez. II - con riferimento alla individuazione della natura e del regime procedimentale applicabile al provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale esercitata dai datori di lavoro in violazione delle leggi in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, i cui effetti sono teleologicamente riconducibili a scopi allo stesso tempo sanzionatori, ripristinatori, e, infine, cautelari.

CAPITOLO II

Il contraddittorio come dovere di leale cooperazione.

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