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6.1.3 « LA DOLOROSA MERAVIGLIA » L A COMMISSIONE D ’ ACCETTAZIONE ALLA B IENNALE DEL 1912.

P ARTE PRIMA

I. 6.1.3 « LA DOLOROSA MERAVIGLIA » L A COMMISSIONE D ’ ACCETTAZIONE ALLA B IENNALE DEL 1912.

La rassegna nazionale del 1912 non portava alcuna traccia di modificazione regolamentari a seguito dell’esperienza contestativa dell’Arte Libera. Invariate rimangono le norme per le nomine la Commissione di accettazione, cinque artisti eletti dagli elettori e due dal Consiglio Accademico, mentre per quella di ordinamento interviene una modifica che rimanda la nomina interamente al Consiglio. Per le giurie dei Premi rimane invariata la prassi con cinque artisti eletti dagli espositori e quattro dal Consiglio.437 Ancora una volta, per ragioni di spazio, il Regolamento prevede la limitazione al massimo di due pezzi per espositore.

Come ogni anno le associazioni artistiche inviarono le proprie liste:

Come abbiamo annunciato, domattina all'Accademia di Brera gli artisti aventi diritto dovranno portare il loro voto per la scelta della Giuria di accettazione delle opere destinate alla esposizione, che si annuncia molto importante, del prossimo settembre nella nostra città. La giuria sarà composta di sette membri, cinque dei quali da eleggersi dagli espositori e due dall'Accademia di Brera. Avrebbe dovuto riescire facile a Milano, più direttamente interessata, trovare cinque bei nomi da proporre, ma gli artisti, si sa, si amano come cani e gatti. Cosi le liste di candidati raccomandate agli aventi diritto a votare sono tre, nientemeno! Una è presentata da una cinquantina di artisti fra i quali, a cominciare dal Carcano, sono tutti i nomi del più noti e valenti, ed è composta di Cesare Laurenti, Marco Calderini e Paolo Sala, pittori, Achille Alberti ed Ernesto Bazzaro, scultori: una — la lista, diremo così della Fronda — è presentata dalla « Famiglia Artistica e reca i nomi di G. Graziosi, Vettore Zanetti-Zilla e V. Grubicy, pittori, e Cesare Zocchi ed Eugenio Pellini, scultori. La terza comprende, fra altri nomi, i bei nomi di Marius Pictor e di Plinio Nomellini [add. 13/08: di Baldassare Longoni e dello scultore. Dal Bo, e l'ultima, non meno clandestina, reca i nomi di S. Bersani, A. Cagnoni, N. Gradi, pittori, e L. Secchi e Confalonieri, scultori. Il Secchi fu portato a sua insaputa, tant'è vero ch'egli ci autorizza a dirlo e a dichiarare che non accetterebbe se eletto. Intanto dopodimani l'Accademia di Brera provvederà alla scelta dei due propri rappresentanti nella giuria.438

436 M. G. Sarfatti, Pittori e scultori alla terza Biennale in Roma, «Rivista illustrata del Popolo d’Italia», III (1925), 4, 15 aprile 1925, pp. 39-43: 39. Si veda: E. Pontiggia, La Classicità e la Sintesi Margherita Sarfatti critico d’arte (1901-1931), in E. Pontiggia, Da Boccioni a Sironi. Il mondo di Margherita Sarfatti, cat. della mostra (Brescia, Palazzo Martinengo 13 luglio-12 ottobre 1997), Skira, Milano 1999, pp. 13-61: 31; Poggi 2009, p. 103; A. Negri, Margherita Sarfatti e Milano.

1902-1923. Alcune osservazioni, in A. M. Montaldo, D. Giacon, Margherita Sarfatti. Segni, colori e luci a Milano, cat.

della mostra (Milano, Museo del Novecento 21 settembre 2018-24 febbraio 2019), Electa, Milano 2018, pp. 23-29: 25- 26.

437 Per gli studi sul regolamento: Archivio Accademia Belle Arti di Milano, Esposizione Nazionale di Belle arti in Milano 1912, CARPI F IV 18bis:1. Per il regolamento e i relativi articoli: R. Accademia di Belle Arti in Milano. Esposizione

Nazionale di Belle Arti. Autunno 1912. Catalogo illustrato, Romitelli, Milano 1912, pp. 7-16.

Le associazioni artistiche locali venivano scontrarsi sulla scelta dei nomi:439 la retrograda lista della Patriottica – una lista che presentava nominativi che ricorrevano nelle commissioni già dagli anni novanta – si scontrava con quella della Famiglia Artistica che riproponeva Grubicy come nome di punta al fianco di Eugenio Pellini che, come visto, proprio al maestro divisionista scriveva lettere astiose nei confronti dell’operato di Previati alla precedente Biennale.

Le sedute per le votazioni si tennero il 13 agosto con sessanta votanti che diedero come eletti: Marco Calderini con 63 preferenze, Cesare Laurenti con 59, Vittore Grubicy con 56 per i pittori ed Achille Alberti e Cesare Zocchi per gli scultori. Riusciva eletta, dunque, la commissione proposta dalla Patriottica, ma la Famiglia otteneva, quantomeno, la nomina di Vittore e Zocchi.440 Il completamento della giuria da parte del Consiglio andava nel senso di un deciso mantenimento dell’indirizzo tradizionalista risultando nominati Pompeo Mariani ed Ernesto Bazzaro. La seduta del Consiglio per l’elezione dei membri mancanti sembra, ancora, essere lo specchio di una involuzione delle politiche accademiche, quantomeno boitiane:441 il Consigliere Cassi chiedeva se, nell’indicare i nomi, non fosse il caso di mantenere fede alla votazione eleggendo gli artisti che seguivano nelle preferenze di voto espresse dagli artisti. Boito rispondeva che il criterio doveva essere nominare «quelli che al Consiglio sembrano più adatti. […] non è il caso di lambiccarsi il cervello per tale scelta; tener presente come condizioni essenziale che i prescelti sieno di pieno gradimento al Consiglio, che siano soprattutto veri artisti non solo, bensì parziali ed indipendenti. Ad esempio egli crede che Bignami, Carcano, Previati, Tallone siano sempre eleggibili opportunamente». Previati dal canto suo trovava «che si potrebbe integrare la Commissione nel senso di formare una garanzia di imparzialità dei criteri da adottare nei lavori della Commissione stessa».

I lavori della commissione partirono il 26 agosto: la prima azione fu quella di recarsi presso lo studio di Wildt per verificare l’opera da lui notificata, la Il Giovane, il Vecchio e il Santo, che venne ammessa all’unanimità e si aggiudicò il premio Principe Umberto per la scultura. Il 26, 27 e 28 agosto si procedette all’esame di tutte le opere suddivise per categoria: accettati, sospesi e rifiutati. La relazione della Commissione riporta dati impressionanti: le opere accettate furono 226, quelle rifiutate 378.

Tuttavia la Commissione ha la coscienza di non aver ecceduto nella severità anche perché dinanzi al dilagare della mediocrità, alla facilità con cui da un troppo grande numero di artisti e dilettanti si mandano alle nostre esposizioni opere di nessun significato, studi incompleti e manchevoli, le parve suo dovere di reagire contro una tendenza che stima dannosa.

Già ci sono in questa città delle Mostre annuali promosse dai sodalizi artistici in cui le opere di minore importanza, e di chi è alle prime prove possono trovare decoroso modo di presentarsi. Queste di Brera per il fatto che si aprono ogni due anni, per i cospicui premi di cui sono dotate, per l’autorità dell’istituto che le bandisce, dovrebbero secondo il pensiero della Commissione, costituire, come costituivano un tempo, un avvenimento artistico più significante.

Per alcune opere la Commissione, nell’escluderle, ha dovuto tener conto anche del limitato spazio disponibile.

439 Si veda il fondamentale intervento di S. Rebora: S. Rebora, Le arti a Milano nel 1912, in L. Mattioli Rossi, M. Di Carlo, a cura di, Boccioni 1912. Materia, cat della mostra (Milano, Fondazione Mazzotta, 2 aprile – 28 maggio 1995), Mazzotta, Milano 1995, pp. 272-283.

440 Archivio Accademia Belle Arti di Milano, Esposizione Nazionale di Belle arti in Milano 1912, CARPI F IV 18bis:5. 441 Archivio Accademia Belle Arti di Milano, Consigli Accademici Adunanze dall’anno 1909 al 1912, CARPI A III 28: 3, Adunanza ordinaria tenuta dal Consiglio Accademico il giorno 14 agosto 1912.

Altre opere invece – in generale però di piccole dimensioni – sono state accolte non tanto per il loro valore intrinseco quanto per seguire il criterio di carattere generale di portare alla Mostra una nota di varietà che valga a renderla più attraente e più completa.442

La Commissione, dunque, si poneva al riparo da eventuali critiche palesando una interpretazione della mostra che non andava nel senso, auspicato da Grubicy, di una rassegna utile a lasciare emergere le tendenze nuove e le recenti manifestazioni – anche se non perfettamente estrinsecate – ma a demandare a questo scopo le esposizioni collaterali, prima fra tutte l’Intima della Famiglia Artistica, riservando a Brera il ruolo di vetrina per un’arte che, in sostanza, si assestava sul tradizionale sentiero della linea lombarda dell’ultimo ventennio.443 Vittore Grubicy, che aveva comunicato di non essere presente alle sedute e richiedeva di ricevere via lettera i verbali, rimandava la copia di sua pertinenza con una nota sferzante:

Mentre per riguardi a titoli personali di natura ufficiale vennero accolte molte opere d’un’insignificanza e banalità desolante, furono invece respinti con durezza inesorabile lavori di notevolissimo interesse evolutivo e ciò malgrado la più viva e calorosa insistenza del sottoscritto rimasto abbandonato anche dal collega Scultore Zocchi, la cui elezione era dovuta alla stessa lista di artisti che io mi sforzavo di patrocinare.

Vittore Grubicy De Dragon

Sembra, ma non vi è traccia documentaria, che Grubicy per opposizione ai verdetti abbandonasse la commissione. In ogni caso appare chiaro che lo scontro si consumava: Vittore interpretava come un mandato specifico quello della Famiglia Artistica e lo concepiva come finalizzato a imporre una visione progressista delle Commissioni, e riconosceva, lui stesso, nella sua elezione un compito che si traduceva nel patrocinare artisti che, evidentemente, non trovavano fortuna nel meccanismo di ammissione alla rassegna. Gli elenchi dei rifiutati444 riportano ingenti rifiuti totali o, più spesso, parziali per i più giovani. Si riportano alcuni nominativi: Roberto Borsa, Achille Virgilio Funi445, Mario Chiattone, Luigi Archinti, Sante Callegari, Luigi Bompard, Aroldo Bonzagni446, Gottardo Segantini, Pietro De Francisco, Guido Marussig, Adriana Bisi Fabbri, Italo Josz, Giuseppe Cominetti, Angelo Barabino, Carlo Erba447, Michele Cascella, Guido Calori, Mario Biazzi, Romano Valori, Ugo Piatti, Emilio Notte, Donato Frisia, Carlo Prada, Guido Zuccaro, Marcello Nizzoli, Aldo Carpi, Lina Arpesani, Archimede Bresciani, Guido Caprotti, Vindizio Nodari Pesenti, Matteo Olivero.448 Un caso di indubbio interesse è il rifiuto di un’opera di Pietro Chiesa: alla nona pagina dell’elenco delle opere dei rifiutati si legge «Pietro Chiesa (5 contrari) ????? scrivere a cav. [illegibile]». Il pittore 442 Archivio Accademia Belle Arti di Milano, Esposizione Nazionale di Belle arti in Milano 1912, CARPI F IV 18bis:5:

Verbale del Lavoro compiuto dalla Commissione di Accettazione.

443 Come ha scritto Sergio Rebora: «attraverso la maggior parte delle opere presentate alle biennali dagli artisti di formazione braidense, prime fra tutte quelle che risultavano vincitrici ai concorsi o che conseguivano il premio Principe Umberto, si poteva riconoscere una linea unitaria e coerente che distingueva la specificità milanese», in S. Rebora, Le

“Biennali di Brera”: la continuità dell’accademia e il dialogo con l’avanguardia, in P. Biscottini, M. amari, M. Negri, Arte a Milano 1906-1929, cat. della mostra (Milano, Fiera Milano 24 novembre 1995 – 7 gennaio 1996), Electa, Milano

1995, pp. 21-29:21.

444 Archivio Accademia Belle Arti di Milano, Esposizione Nazionale di Belle arti in Milano 1912, CARPI F IV 18bis:5:

Opere di Pittura non accettate.

445 Presentava La danza del gatto

446 Presentava La Crocifissione e La Danzatrice

447 Presentava Nota di colore. Risultava accettato Casolari a sera.

448 Per un raffronto con le opere ammesse si veda: R. Accademia di Belle Arti in Milano. Esposizione Nazionale di Belle

aveva notificato l’opera Ritratto di Bambina che venne, inizialmente, respinto e poi esposto449. Tra le comunicazioni agli artisti si ritrova una lettera, inviata a Chiesa, che rimonta proprio alle discussioni relative all’ammissione del suo lavoro:

Milano, 28 agosto 1912, Egregio Signore,

La commissione di accettazione ha esaminato il di lei dipinto «Ritratto di bambina» presentato per la Mostra di Brera. La stima di tutti i colleghi verso di lei avrebbe voluto indurli ad accettare il quadro, ma l’affetto grande che hanno per il collega, ci ha persuasi a sconsigliarlo dall’esporre un’opera che, a parer loro, non aggiunge nulla al bel nome in arte che egli si è guadagnato.450

Alfine Chiesa decise di esporre il lavoro, ma la lettera documenta l’imbarazzo della Commissione nel ritrovarsi in una situazione complessa: già nel 1910, infatti, Grubicy aveva proposto di non sottoporre all’accettazione le opere dei Consiglieri accademici e degli insegnanti, e la questione si riproponeva tal quale. Chiesa non era nel corpo accademico, ma era artista che aveva raccolto ampi consensi in precedenza proprio dall’Istituto stesso e sarebbe stata indubbia fonte di imbarazzo il dover bloccare l’accesso ad un’opera di un pittore ormai annoverato tra i maestri.

Nei fatti il dibattito scoppiò all’indomani delle accettazioni, prima che le porte della Biennale si aprissero:

Attesa la quantità piuttosto limitata di locali disponibili, l'Accademia di Brera non fece troppo chiasso intorno a questa esposizione per ridurre così il numero degli espositori. Ciò nonostante questi furono numerosissimi, non solo di tutta la Lombardia ma di parecchie città del Regno. Le opere presentate sommarono a 713. La giuria d'accettazione non ne accolse però se non 335 appartenenti a 248 artisti. Così lo scarto fu nella proporzione del 55 per cento, dando origine ad un'infinità di commenti che durano ancora451

La firma del «Corriere», ac, in occasione della inaugurazione sentenziava che l’alto tasso di rifiuti non era abbastanza: «la eliminazione avrebbe potuto e dovuto essere anche maggiore, senza riguardo a nomi pur simpatici ed a figure di valenti infiacchiti dall’età».452

Vittore Grubicy rispondeva con una lettera al Corriere nella quale spiegava il suo punto di vista in un contesto reso febbricitante da una protesta artistica scoppiata all’indomani dell’inaugurazione della mostra:453

Signor Direttore,

Avendo partecipato ai lavori della Giuria di accettazione per l'Esposizione biennale di Brera sembrami doveroso spiegare ai lettori che quell'ecatombe del 56 per cento — denunciata dal signor critico del giornale — non va computata come una falcidia sulle opere presentate ex novo per l’accettazione alla Biennale; ma bensì come una percentuale risultante da queste opere, affluite per la Biennale più l'intero stock dei lavori che avevano già partecipato ai vari concorsi accademici e che — con ingresso sempre gratuito pel pubblicò! — furono esposti per quindici giorni negli stessi locali della Permanente assunti in noleggio dalla Regia Accademia.

449 Ivi, p. 54 n. 320

450 Archivio Accademia Belle Arti di Milano, Esposizione Nazionale di Belle arti in Milano 1912, CARPI F IV 16.

Corrispondenze con gli artisti A-L, ad vocem.

451 L’imminente esposizione triennale di Belle Arti. Il 55 per cento delle opere scartate, «Corriere della Sera», 37 (1912), 249, 7 settembre 1912, p. 5

452 ac., La mostra nazionale di Belle Arti a Brera, «Corriere della Sera», 37 (1912), 255, 13 settembre 1912, p. 3. 453 Le esclusioni all’Esposizione di Brera, «Corriere della Sera», 37 (1912), 258, 16 settembre 1912, p. 5.

Per cui la Commissione d'accettazione giustamente curante della necessità di far posto alle opere nuove, senza stabilire un reciso principiò di massima (che sarebbe stato in contrasto col regolamento il quale conferisce alle opere dei concorsi il diritto di aspirare all'ammissione per la Biennale) ha adottato il criterio di limitare al minimo l'ammissione e quindi la ripresentazione di tali opere.

Non ho difficoltà ad associarmi all'onorevole critico del Corriere quando scrive che «...la eliminazione avrebbe potuto e dovuto essere anche maggiore»: Ma quando aggiunge «senza riguardo a nomi pur simpatici ed a figure di valenti infiacchiti dall'età» trovo che l’esecuzione pratica non può riuscire cosi speditiva e comoda. È una questione questa di delicatezza estrema che all'ultima Biennale di Brera lo scrivente aveva tentato di risolvere purchessia proponendo di istituire una categoria di esenti dall'esame della Giuria perché... investiti di certi titoli di emanazione e di autorità accademica. Non si può né si deve dimenticare che queste esposizioni sono d’istituzione e di gerenza dell'Accademia...: come mettere alla porta questo o quello dei padroni di casa? I colleghi della Giuria del 1910 votarono contro la mia proposta e quest'anno la questione si è risollevata nella sostanza — se non nella forma — quando ci si trovò di fronte all' «impossibilità» (!?) di rifiutare il tal nome pur essendo unanimi nel consentire sulla miseria deplorevole dell’opera.

Mi limito ad esporre il problema; ad altri studiarne la soluzione. Con ossequio.

V. Grubicy, pittore.

La prima spiegazione, inerente i concorsi Fumagalli, è fondamentale per comprendere lo scontro che si verifica con Bonzagni: lo scarto, spiega Vittore, doveva l’ampio ammontare al fatto che le opere presentate ai concorsi di fondazione privata, la cui esposizione si teneva nelle stesse sale della Permanente in luglio, erano d’ufficio ammesse alla nazionale. La politica, comprensibile, della Commissione era quella di dar la precedenza ad opere che non fossero già state esposte – come quelle per i concorsi – e dunque i rifiuti assommavano a causa dell’ingente mole di opere già esposte nel precedente appuntamento espositivo. D’altro canto si riproponevano, come accennato, i problemi già verificatisi in occasione della biennale del 1910 e Grubicy stesso si trovava a gestire un altro affaire simile a quello Chiesa e che coinvolgeva il satrapico Conte Emilio Gola. La vicenda, significativa, è documentata dalle minute di Vittore e testimonia come il pittore divisionista fosse pienamente impegnato non solo in una revisione delle procedure, ma al sostegno dei giovani artisti che richiedevano l’ammissione alle esposizioni maggiori.

Il 28 aprile 1912 Grubicy scriveva a Gola una lettera. Caro Gola,

l’ammirazione profondamente convinta per la sua arte che mi ha dato godimenti di vero trasporto da paragonarsi quasi a quella di natura sessuale…(pare una prosa assurda eppure non faccio che fotografare il mio pensiero!). la deferenza convinta quindi che – come forse nessun altri mai – nutro per la sua personalità artistica grandemente [?] già assodata, mi autorizzano, mi incoraggiano e direi quasi mi impongono di rivolgerle una preghiera urgente, quella di ritirare il suo dipinto di 3 bambini che non contiene traccia non emana traccie sufficienti della qualità saporose di pittore che rendono cari il nome di Emilio Gola. Pompeo Mariani si associa.454

Il 30 agosto Vittore scriveva a Campi in Accademia

L’amico Gola dopo avermi per cortese deferenza telegrafato «Grazie prego ritirare quadro» oggi è venuto ad esprimermi il vivo rincrescimento che prova a rinunciare all’esposizione di quella sua opera alla quale – assicura lui – ci tiene in modo particolarissimo ed è pienamente convinto del valore di essa.

Siccome ho sempre professato e proclamata la massima che un artista il quale si è meritatamente conquistato una personalità e un nome ha di che rispondere del proprio nome verso il pubblico – anche degli errori – senza che a nessuno venga mai in mente di renderne responsabile le commissioni d’accettazione, prego l’onorev. Sig. Segretario a considerarmi come pienamente assenziente a che il collega Gola sia libero di fare quanto gli pare: ritirare od esporre la sua opera.455

Nello stesso giorno scriveva, ma probabilmente non inviava,456 una seconda comunicazione a Campi nella quale sollevava un ulteriore elemento di problematicità:

Egregio Segr. Campi,

Essendo compiuta all’oggi andante 30 agosto l’opera consentitaci per parte sostanziale quest’anno dall’innovato regolamento della R Accademia (che toglie a noi ed incarica altri della funzione delicata del collocamento) contro il quale prego far mettere a verbale la più formale protesta per conto mio e dei miei rappresentati.

Grubicy protestava contro la modificazione del regolamento che, come accennato, revocava alla Commissione d’accettazione di occuparsi anche del collocamento: questa revoca, agli occhi del pittore, era certamente negativa e presentava la formale protesta dei suoi rappresentati, ovvero degli artisti che lo avevano, per la seconda volta, eletto in Commissione. Si tratta, indubbiamente, di un altro segnale di quella “involuzione” della rassegna annuale della quale si è accennato ad apertura e che limitava ulteriormente le possibilità degli artisti di interagire con il meccanismo espositivo. A strascico della vicenda di Gola, che ebbe la sua opera reintegrata, Grubicy sollevava altre osservazioni

Egr. Sig. Campi,

vengo ora a conoscere che i due dipinti sui quali i colleghi si accanirono rifiutandone l’ammissione sono dello stesso giovane artista che destò pari vivacità di discussione nel 1910 ma con esito di tolleranza sì che coll’esser stato ammesso risultò una delle tele discusse con maggior intensità ed interesse: quest’anno che ha progredito lo cacciano fuori.

Dopo la chiusura delle operazioni venne ammessa l’opera di Gola e credo qualche altra: questa riapertura delle operazioni mi fa pensare all’ingiustificata esclusione di certi artisti aventi già un nome, mentre ad altri – unicamente per riguardo al nome – vennero accettate opere assolutamente impossibili. La bambina di Chiesa non avrebbe guastata l’esposizione posto che si era passato sopra a tre o quattro altre cose riconosciute più scadenti.457 Purtroppo non e possibile risalire dagli elenchi degli esclusi sia del 1910 sia del 1912 al nome dell’artista al quale Grubicy si riferisce sebbene alcuni elementi inducono a credere che si tratti di Angelo Barabino.458

455 Mart, Archivi del ‘900, Fondo Grubicy, GRU.I.2.4., 76.

456 Si tratta di una minuta che segue la n. 74 ma che risulta sbarrata,