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Donne come vittime: limiti e pregi dell’umanesimo socialista

Vedere l’ingiustizia

2. Donne come vittime: limiti e pregi dell’umanesimo socialista

In un tributo alla Feminist Standpoint Theory, Donna Haraway ha affermato: «Sia il femminismo marxista-socialista che il femmini- smo radicale hanno al tempo stesso naturalizzato e snaturato la categoria “donna” e la coscienza delle vite sociali delle “don- ne”.[…]L’eredità dell’umanesimo marxista e del suo sé premi- nentemente occidentale mi mette in difficoltà, ma il contributo positivo di queste elaborazioni teoriche è stato di insistere sulla responsabilità quotidiana delle donne reali a costruire unità, piut-

tosto che a naturalizzarle»19.

Haraway sintetizza così pregi e limiti dell’umanesimo socia- lista. Se da un lato le feminist standpoint theories hanno posto l’ac- cento sulla dimensione politica del Noi (come entità collettiva da costruire – snaturamento della categoria “donna”), dall’altro è pur vero che in molte loro versioni si riscontra un uso “innocente” del concetto di esperienza femminile (naturalizzazione della catego- ria “donna”, etnocentrismo inconsapevole…). In tali riflessioni è prevalsa spesso una caratterizzazione delle donne come soggetti oppressi, vittime cioè dello sfruttamento capitalistico e/o patriar- cale, che rimanda ad un concetto dualistico di potere, sulla base del rapporto tra oppressori/oppressi. Esemplare in tal senso è la posizione di Chatarine MacKinnon.

In un Saggio del 1996, Mackinnon ricostruisce la genealogia della propria riflessione critica, riconducendola chiaramente alla tradizione della Feminist Standpoint Theory:

In the context of the women’s movement practice at the time, my thought in taking up method was that women’s situation lacked and needed a full-dress theory of its own, and that the experience of women had a distinctive con- tribution to make to political theory on the epistemic le- vel. Back then, my view was that the relation between knowledge and power was the central issue that women’s situation and formal theory posed for each other, and that sexuality was where this issue was crucially played out20.

20 «Feminism did call for rethinking everything. For one simple instance, the di- stinction drawn since the Enlightenment between the universal and the parti- cular was revealed to be false, because what had been called universal was the particular from the point of view of power. For another, the subjective/objecti- ve division was revealed to be false, because the objective standpoint –or so I ar- gued in Toward a Feminist Theory of the State – was specifically the view from the male position of power.That is, those who occupy what is called the objective standpoint socially, who also engage in the practice from that standpoint called objectification –the practice of making people into things to make them kno- wable – this standpoint and practice is an expression of the social position of do- minance that is occupied by men.This standpoint is not positionless or point- of-viewless, as it purports to be; it does not simply own accuracy and fairness as many believe; it embodies and asserts a specific form of power, one that had be- en invisible to politics and theory but, by feminism, lay exposed as underlying them.This theory was not an affirmation of the feminine particularity as oppo-

L’A. dice espressamente di porre al centro della propria ri- flessione l’ “esperienza delle donne” in quanto portatrice di un privilegio epistemico, e dice anche di leggerla alla luce della re- lazione tra sapere, potere e corporeità. Mackinnon sottolinea con forza l’impronta materialista del proprio pensiero ed è qui che si inserisce la critica ad un certo postmodernismo eccessivamente culturalista. Il fatto è che quest’ultimo pretende di passare per una teoria della realtà, quando di fatto produce esattamente il contrario, ovverosia una s-materializzazione della realtà sociale: «Postmodernism[…] – or more narrowly, the central epistemic tendency in it that I am focusing on – derealizes social reality by ignoring it, by refusing to be accountable to it, and, in a some- what new move, by openly repudiating any connection with an “it” by claiming “it” is not there». Oltre a ciò, e correlativamen- te, il postmodernismo per l’A. si distingue negativamente per il proprio linguaggio incomprensibile – «pretending to be pro- found while being merely obscure (many are fooled), slathering subjects with words, its selfproclaimed practitioners fairly often don’t say much of anything» – e per il fatto di appropriarsi di idee provenienti da autorevoli tradizioni del passato (femmini-

smo compreso) spacciandole per novità21.

sed to the masculine universal. It was not a claim to female subjectivity or a se- arch for it. It saw that these concepts, and the purported divide between them, are products of male power that cannot see themselves or much else. Until ex- posed, these concepts looked general, empty of content, universally available to all, valid, mere tools, against which all else fell short. Feminism exposed how prior theory was tautologous to its own terms of validation, and could hardly be universal because it had left out at least half the universe. Neither did femi- nism precisely lay claim to the territory that women had been assigned under this system». MacKinnon C., Points against Postmodernism, in “Chicago-Kent Law Review” 75 (2000), 687, http://lawreview.kentlaw.edu/articles/75-3. 21 La critica di MacKinnon, per sua stessa ammissione, si riferisce alla rivisita-

zione Americana delle teorie dei poststrutturalisti francesi. In Points against

Postmodernism si legge infatti: «I do not criticize all that is called postmodern

or defend everything said by its detractors; in particular, the American mu- tation I focus upon is distinguishable from some European poststructuralists whom the Americans appropriate for a patina of authority. Far from attem- pting to tar them all with this brush, I invite anyone to disidentify with what I describe. And to stop doing it any time». Ivi.

Tuttavia, nella versione di M. il materialismo finisce per con- fluire in una forma di determinismo non biologico ma sociale.

Per l’A. il femminismo è una critica della dominazione e del punto di vista maschile che «si è imposto sul mondo e che conti-

nua a imporsi sul mondo come sua modalità di sapere»22. Il domi-

nio maschile (patriarcato) si basa sull’oggettificazione (objectifica-

tion), un processo che comporta una mistificazione epistemica.

Nell’objectification prodotta dal patriarcato, gli uomini (gruppo do- minante) proiettano i propri desideri sulle donne (gruppo subor- dinato) e, in virtù del loro potere, riescono a far conformare que- ste ultime agli standards maschili. È funzionale al processo stesso che le differenze di gruppo siano prodotte e rappresentate dai gruppi dominanti come date, naturali, e necessarie. Il genere stes- so, secondo l’A. non è tanto una questione di differenza (sessuale) quanto un esempio di tale dominazione maschile. Il genere, cioè, «is the mode of objectification constituted by erotic desire, the eroticization of domination. Men constitute women as women by representing their natures as essentially sexually subordinate to

men and treating them accordingly»23.

È l’oggettivazione, l’atto del controllo dunque, che costituisce la Donna come “essere sessuale”, instaurando la sessualità al centro della realtà materiale della vita delle donne, diversamente da quan- to afferma il determinismo biologico, per il quale è la differenza sessuale (leggi biologica) che definisce la donna e causa la sua og- gettivazione. Ma anche diversamente da quanto sostiene un certo femminismo culturale, per il quale è la rappresentazione culturale di quella differenza sessuale della donna a causarne l’oggettivazione in una cultura dominata al maschile. La posizione del femminismo

culturale (Gilligan24, Irigaray25) è giudicata da MacKinnon una stra-

tegia perdente e come tale è rigettata: l’esaltazione – non importa

22 MacKinnon C., Feminism Unmodified: Discourses on Life and Law, Harvard University Press, Cambridge, MA 1987; trad. it. in de Lauretis, Soggetti eccen-

trici, cit. 1999.

23 Cfr. Anderson E., Feminist Epistemology and Philosophy of Science, « http://pla- to.stanford.edu/entries/feminism-epistemology/», 2003.

24 Gilligan C., In A Different Voice, Harvard University Press, Harvard 1982. 25 Irigaray L., Essere due, Bollati Boringhieri, Torino 1994; Id., Amo a te, Bol-

se strategica – delle qualità morali e psicologiche che determinano la differenza femminile costituisce un boomerang che rinforza la su- bordinazione delle donne, cui quelle pretese peculiarità sono im- poste da un sistema di potere sessista che le utilizza a beneficio de- gli uomini, o, nella migliore delle ipotesi, costituiscono le uniche possibili modalità di partecipazione al sociale consentite alle don- ne. «La differenza [sessuale] è il guanto di velluto posto sul pugno

di ferro del dominio»26. È nell’interesse degli uomini che le donne

accolgano una visione essenzialista di se stesse fondata sull’idealizza- zione di quelle doti ‘femminili’ – quali la solidarietà, l’altruismo, la cura dell’altro – che le rendono sostanzialmente passive. Una tale vi- sione paga solo all’interno del patriarcato liberale e intralcia qual- siasi tentativo di mutamento del regime. «La genialità del sistema è quella di richiedere per sopravvivere al suo interno strategie esatta-

mente opposte a quanto è richiesto per mutarlo»27. Conclude Mac-

Kinnon: «Quando la differenza equivale a subordinazione, afferma-

re la differenza è affermare le caratteristiche dei diseredati»28.

È piuttosto nell’esperienza materiale, concreta, costitutiva della propria sessualità come oggettivazione e auto-oggettivazio- ne che Mackinnon individua la specificità della soggettività e del- la coscienza femminile e la chiave di volta per la resistenza al do- minio sessista. Essere donne, cioè, significa innanzitutto essere vit- time del patriarcato, ma la consapevolezza di questa condizione è la leva del cambiamento sociale.

Women can unmask these ideological misrepresentations by achieving and acting on a shared understanding of themselves as women — that is, as a social group unjustly constituted by sexual objectification. Women act collecti- vely on this shared understanding in resisting the sexist re- presentations made of them, through campaigns against se- xual harassment, pornography, restrictions on reproductive freedom, and so forth. Through these feminist actions, in

26 MacKinnon, Feminism Unmodified, cit., 1987. Trad. it. in de Lauretis, op. cit., 1999.

27 Ivi.

28 MacKinnon C., Toward a Feminist Theory of the State, Harvard University Press, Harvard 1999; trad. mia.

which women refuse to act as sexual objects, women show that representations of women as sexual objects are not na- tural or necessary.Their privileged knowledge is agent self- knowledge, made true by being put into action29.

Nonostante l’attenzione posta sulla pratica dell’autocoscienza e della dis-identificazione da un’identità che ci è stata imposta e che viene assunta in prima persona proprio al fine di smontarla dal- l’interno, nel racconto del femminismo radicale di MacKinnon, pa- radossalmente, “l’unità delle donne” è ottenuta imponendo l’espe- rienza e la testimonianza del “non-essere radicale”. L’identità fem- minile è definita cioè precipuamente dall’essere l’oggetto del desi- derio sessuale maschile e la vittima potenziale dello sfruttamento sessuale e dello stupro. L’ontologia di Mackinnon quindi costruisce un non-soggetto, un non essere, un disposable-body.

Secondo Donna Haraway, «[l]a variante di femminismo radi- cale di Catherine MacKinnon è di per sé una caricatura delle ten- denze appropriatici, incorporanti e totalizzanti delle teorie occi-

dentali per le quali l’azione si fonda sull’identità»30. Detto in altri

termini, il femminismo di MacKinnon è una forma caricaturale, tassonomica ed autoritaria di “politica dell’identità”:

La logica teleologica della sua teoria dimostra come un’epistemologia e un’ontologia e anche le loro negazio- ni possano cancellare o controllare la differenza….[Il suo]effetto principale è la produzione di una teoria del- l’esperienza e dell’identità femminile che è quasi un’apo- calisse per tutti i punti di vista rivoluzionari.

Nell’ottica del materialismo radicale di Braidotti il problema con questa lettura sta in una caratterizzazione esclusivamente ne- gativa della sessualità in generale e del desiderio femminile in par-

ticolare31. Analogamente,Teresa de Lauretis:

Il metodo dell’autocoscienza definito da MacKinnon… ignora la teoria dell’inconscio elaborata dalla psicoanalisi

29 Ivi.

30 Haraway D., Manifesto cyborg, cit., 1991. 31 Cfr. Braidotti R., Metamorfosi..., cit, 2003.

neofreudiana e si avvale, invece, di una nozione di coscienza mutuata in parte dalla psicologia dell’Io americana e in par- te dalla nozione di coscienza di classe di Gregory Lukács. Rifiutando Freud [ma potremmo dire non contemplando l’idea dell’inconscio come indice della non coincidenza del soggetto con la coscienza] Mackinnon limita la sua teoria della coscienza femminista a una visione funzionalista del- l’interiorizzazione, e non permette l’analisi dei meccanismi psichici attraverso i quali l’oggettivazione non solo viene in- teriorizzata ma può anche divenire fonte di resistenza32.

Dal punto di vista di una epistemologia poststrutturalista, quindi, il soggetto “donna” del discorso di MacKinnon è un sog- getto unitario, tanto come ente collettivo (donne vittime e ogget- ti sessuali), quanto come singolarità. A quest’ultimo proposito, è interessante notare che nonostante la dura critica di MacKinnon all’individualismo liberale, e nonostante l’A. abbia sempre sottoli- neato la propria impostazione marxista, non sono mancate lettu-

re ‘liberali’ del suo pensiero33.

La teoria di MacKinnon elimina alcune delle difficoltà intrinse- che al soggetto rivoluzionario umanista, sottolineando con forza il carattere materiale e strutturale dell’oppressione e la dimensione eminentemente collettiva dell’emancipazione. Ciò tuttavia avviene al prezzo di un riduzionismo radicale. Non solo la resistenza pare alta- mente problematica, ma diventa addirittura irrappresentabile:

La teoria radicale dell’esperienza di MacKinnon è totaliz- zante all’estremo: essa non solo marginalizza, ma annulla l’autorità di qualsiasi altro discorso o azione politica delle donne. Questa totalizzazione produce ciò che lo stesso pa- triarcato occidentale non è riuscito a creare, la consapevo- lezza femminista della non-esistenza delle donne se non come prodotti del desiderio maschile34.

32 de Lauretis T., Soggetti eccentrici... cit., 1999.

33 Schaeffer D., Feminism and Liberalism Reconsidered:The Case of Catharine Mac-

Kinnon, in “American Political Science Review”, 3, 95, 2001, pp. 699-708.

Analogamente de Lauretis:

L’enfasi assiomatica di McKinnon sul monopolio (etero)sessuale del “potere maschile” (“l’eterosessualità è la struttura dell’oppressione delle donne”) priva di qualsiasi possibilità di resistenza o capacità di agire attraverso forme di sessualità non normative o autonomne dal maschio…. Contribuisce a ricollocare sia la coscienza femminista sia la sessualità femminile nel circolo vizioso del paradosso “don- na”. Ritengo invece che in questo momento storico sia ne- cessario al femminismo un punto di vista eccentrico35.

La conclusione di de Lauretis ci introduce al paragrafo suc- cessivo.