• Non ci sono risultati.

Intermezzo Sul materialismo radicale di Foucault e Deleuze

Abbiamo visto che la tradizione poststrutturalista non è riducibi- le ad una corrente di pensiero omogenea e che rispetto alla criti- ca della linearità essa vanta almeno due diverse posizioni al pro- prio interno. In un’ottica decostruzionista, dal sistema binario non c’è via di fuga in senso assoluto, essendo la linearità coestensiva al- la natura stessa del linguaggio. Nell’ottica anti-rappresentativa del- l’archeo-genealogia foucaultiana e della rizomatica deleuziana, in- vece, la linearità è una interpretazione teleologica del mondo che non si ritrova né nella natura delle cose né nella struttura del lin- guaggio. La linearità non è necessitata da altro che dalla lunga sto- ria da cui emerge. Essa si rivela pertanto, né più né meno, «un’abi- tudine consolidata, un’usanza sedimentata o un’assuefazione isti-

tuzionalizzata»42. Il materialismo radicale che caratterizza tanto la

riflessione foucaultiana quanto quella deleuziana permettono a questi autori di immaginare delle via di fuga dalla linearità. Per Foucault e Deleuze, infatti, la mediazione non è solo linguistica ma anche precipuamente materiale. È quindi al materialismo ra-

dicale di Foucault e Deleuze, esemplificato nelle rispettive conce- zioni del potere e del desiderio, che guarderemo adesso.

Per Foucault il potere è una relazione o una situazione di re- lazioni, piuttosto che una cosa che si possiede o meno.Ad un mo- dello a somma zero l’A. sostituisce un modello che vede il potere come causa-effetto di particolari configurazioni di relazioni ma- teriali e di discorsi. Il potere è:

la molteplicità dei rapporti di forza immanenti al campo in cui si esercitano e costitutivi della loro organizzazione; il gio- co che attraverso lotte e scontri incessanti, li trasforma, li raf- forza, li inverte; gli appoggi che questi rapporti di forza tro- vano gli uni negli altri, in modo da formare una catena o un sistema, o, al contrario, le contraddizioni che li isolano gli uni dagli altri; le strategie, infine, in cui si realizzano i loro effet- ti, ed il cui disegno generale o la cui cristallizzazione istitu- zionale prendono corpo negli apparati statali, nella formula- zione della legge, nelle egemonie sociali43.

Foucault parla di “onnipresenza del potere”. Il potere è dap- pertutto, «non perché inglobi tutto, ma perché viene da ogni do- ve. [...] Il potere non è un’istituzione, e non è una struttura: è il nome che si dà ad una situazione strategica complessa in una società data»44.

Da questo punto di vista, una società senza relazioni di pote- re non può essere che un’astrazione. La qual cosa rende politica-

mente necessaria l’analisi di ciò che esse sono in una società deter-

minata, della loro formazione storica, dell’origine della loro forza o fragilità, delle condizioni che sono necessarie per trasformare le une o abolire le altre. Dire infatti che non può esistere una socie- tà senza relazioni di potere non equivale a dire che le relazioni che si sono istituite siano necessarie, e nemmeno, in ogni caso, che il potere costituisca una fatalità irraggiungibile nel cuore della so- cietà. «Al contrario – chiarisce l’A. – l’analisi, l’elaborazione e la mes- sa in questione delle relazioni di potere e dell’ ‘agonismo’ di queste

43 Foucault M., La volontà di sapere, cit., 1978. 44 Ivi.

relazioni con l’intransitività della libertà costituiscono un compito

politico permanente, inerente ad ogni esistenza sociale»45.

In uno scritto del 1983, intitolato Come si esercita il potere, Foucault sostiene che ciò che caratterizza il potere è di essere «un

modo di azione su delle azioni»46. Di seguito, più concretamente,

ci spiega quali punti debbano essere presi in considerazione nel- l’analisi di queste relazioni di potere. Essi sono: 1) il sistema delle differenziazioni, che permette di agire sulle azioni degli altri (dif- ferenze di statuto, di tradizioni, differenze economiche o linguisti- che, differenze di competenza, ecc...); ogni relazione di potere mette in opera delle differenziazioni che sono allo stesso tempo sue condizioni e suoi effetti; 2) i tipi di obiettivi perseguiti da co- loro che agiscono sulle azioni degli altri (il mantenimento dei pri- vilegi, l’accumulazione dei profitti...); 3) i mezzi per attuare le re- lazioni di potere (minaccia delle armi o effetto della parola, disu- guaglianze economiche o sistemi di sorveglianza...); 4) le forme di istituzionalizzazione (dai fenomeni del costume o della moda alle strutture giuridiche con i loro specifici luoghi o regolamenti, fino alle forme più complesse, dotate di molteplici apparati, come nel caso dello Stato, la cui funzione è quella di costituire il principio di regolazione e di distribuzione di tutte le relazioni di potere al- l’interno di un determinato insieme sociale); 5) infine, i gradi di razionalizzazione grazie ai quali esse possono più o meno facil- mente essere messe in atto; l’esercizio di potere non è un sempli- ce fatto, o una struttura che si conserva o viene annientata: esso viene continuamente elaborato, trasformato ed organizzato a se-

conda delle specifiche esigenze47.

Il potere è locale. Può emergere da ogni livello della società ed è parte delle nostre relazioni quotidiane. Come tale, non può essere pensato come qualcosa che si esercita su di noi, ma come una rete ca- pillare che si esercita innanzitutto orizzontalmente. Per Foucault, inol- tre, il potere è prevalentemente produttivo di rapporti di forza e di sa- pere che costituiscono/in cui si costituiscono le soggettività.

45 Ivi.

46 Foucault M., Come si esercita il potere, vol. 3, cit., 1998.

47 Cfr. Bonchi K., Potere, disciplina e controllo sociale nel pensiero di Michel Fou-

L’idea foucaultiana di un soggetto costruito/che si costruisce in relazioni di potere materiali e simboliche ha ricevuto un’acco- glienza tutt’altro che pacifica. Una simile visione è stata infatti ri- petutamente accusata di problematicità, innanzitutto perché non sembra lasciare spazio ad alcuna strategia di resistenza. Se gli indi- vidui sono semplicemente l’effetto del potere, corpi docili forma- ti dal potere, allora diventa difficile addirittura pensare la resisten- za. L’affermazione di Foucault che il potere genera sempre resi- stenza per molti/e non risulta soddisfacente né risolutiva delle questioni dell’autonomia individuale e collettiva, e anzi pare sfio- rare l’incoerenza. In secondo luogo, è stato osservato che il rifiuto di Foucault di articolare delle norme opportunamente giustificate che gli consentano di distinguere tra forme accettabili e forme inaccettabili di potere, lo porrebbero nell’impossibilità di rispon- dere alla domanda cruciale sulla necessità di opporsi al dominio.

In ambiente femminista, l’habermassiana Nancy Fraser ha so- stenuto ad esempio che «only with the introduction of normati- ve notions could he begin to tell us what is wrong with the mo- dern power/knowledge regime and why we ought to oppose it». Secondo Fraser, insomma, la posizione normativamente neutrale che Foucault avrebbe assunto rispetto al potere limiterebbe il va- lore del suo lavoro per la teoria e la prassi politica in generale e per il femminismo in particolare, nella misura in cui non fornisce le risorse normative richieste per una critica delle strutture di do- minio e per l’elaborazione di un’agenda politica per il cambia-

mento sociale48.

Sulla medesima linea, la femminista marxista Nancy Hartsock ha sostenuto che la messa in questione che Foucault fa di catego- rie quali soggetto ed agency dovrebbe essere guardata con sospetto dalle femministe. Hartsock pone la seguente domanda: «Why is it that just at the moment when so many of us who have been silen-

48 Cfr. Fraser N., Unruly Practices: Power, Discourse and Gender in Contemporary Social

Theory, University of Minnesota Press and Polity Press, Minneapolis 1989. Si ve-

dano anche: Id., Foucault on Modern Power: Empirical Insights and Normative Con-

fusions, in “Praxis International”, 1, 1981, pp. 272-287; Id., Foucault’s Body-Lan- guage:A Post-Humanist Political Rhetoric?, in “Salmagundi” , 61 , 1983, pp. 55-70;

ced begin to demand the right to name ourselves, to act as sub- jects rather than objects of history, that just then the concept of subjecthood becomes problematic?». Come Fraser, Hartsock trova il concetto foucaultiano di potere disciplinare altamente proble- matico, nella misura in cui riduce gli individui a “corpi docili” piuttosto che a soggetti capaci di resistere al potere. L’A. denuncia il fatto che una comprensione del soggetto come effetto di potere mina di fatto la possibilità di una politica femminista perchè nega il soggetto di liberazione e quindi condanna le donne ad una pe- renne oppressione. Hartsock sostiene inoltre che il rifiuto della fe- de illuministica nella intrinseca opposizione tra verità e potere e nel ruolo liberatorio della verità mina l’obiettivo femminista di emancipazione politica. Insistere sulla stretta imbricazione tra po- tere e sapere come fanno Foucault e le femministe poststrutturali- ste che si richiamano a lui, negherebbe secondo Hartsock la pos- sibilità del carattere liberatorio del sapere; negherebbe la possibili- tà che nuove e migliori conoscenze del potere patriarcale possano condurre alla liberazione dall’oppressione. Il che renderebbe il la-

voro di Foucault incompatibile con gli scopi del femminismo49.

Tornerò sulla questione della ricezione di Foucault in ambiente femminista nel terzo capitolo. Per il momento mi limito a segna- lare che nell’opera di Foucault sembra esserci spazio per una lettu- ra diversa, come sostenne lui stesso in un’intervista del 1984:

Utilizzo raramente la parola potere e, quando mi capita, è sempre per abbreviare l’espressione che uso sempre: le rela- zioni di potere. Ma ci sono degli scambi precostituiti: quan- do si parla di potere, la gente pensa immediatamente a una struttura politica, a un governo, a una classe sociale dominan- te, al padrone di fronte allo schiavo ecc. Quando parlo di re- lazioni di potere non penso affatto a questo.Voglio dire che, nelle relazioni umane, qualunque esse siano – che si tratti di comunicare verbalmente, come stiamo facendo adesso, o di relazioni d’amore, istituzionali o economiche –, il potere è sempre presente: mi riferisco alla relazione all’interno della quale uno vuole cercare di dirigere la condotta dell’altro. So-

49 Hartsock N., Rethinking Modernism: Minority vs. Majority Theories, in “Cultu- ral Critique”, 7, 1987.

no dunque relazioni che possono essere riscontrate a diversi livelli, sotto forme diverse; le relazioni di potere sono relazio- ni mobili, possono cioè modificarsi e non sono date una vol- ta per tutte. […] sono mobili, reversibili e instabili. Bisogna anche sottolineare che le relazioni di potere possono esiste- re soltanto nella misura in cui i soggetti sono liberi. Se uno dei due fosse completamente a disposizione dell’altro e di- ventasse una cosa sua, un oggetto su cui poter esercitare una violenza infinita e illimitata, non ci sarebbero le relazioni di potere. […] Questo vuol dire che nelle relazioni di potere, vi è necessariamente possibilità di resistenza, perché se non ci fosse possibilità di resistenza – di resistenza violenta, di fuga, di sotterfugio, di strategie che ribaltano la situazione – non ci sarebbero affatto relazioni di potere. Data questa forma ge- nerale, mi rifiuto di rispondere alla domanda che, talvolta, mi viene posta:“Ma se il potere è dappertutto, allora non c’è li- bertà”. Io rispondo: se le relazioni di potere attraversano tut- to il campo sociale, è perché la libertà è dappertutto. Ora, gli stati di dominio esistono effettivamente. In molti casi le re- lazioni di potere sono fissate in modo da essere perpetua- mente asimmetriche e da limitare estremamente i margini di libertà. […]In questi casi di dominio – economico, sociale, istituzionale o sessuale – il problema è infatti di sapere dove si formi la resistenza…. E in quale forma…In una simile si- tuazione di dominio, bisogna rispondere a tutte queste que- stioni in un modo specifico, in funzione di quel tipo e di quella forma di dominio. Ma l’affermazione:”Lei vede il po- tere ovunque; allora non c’è posto per la libertà”, mi sembra assolutamente inadeguata. Non mi si può attribuire l’idea che il potere sia un sistema di dominio che controlla tutto e che non lascia alcun posto alla libertà50.

Foucault dice chiaramente che occorre distinguere tra le re- lazioni di potere come giochi strategici fra libertà – per cui gli uni tentano di determinare la condotta degli altri cercando al con- tempo di non farsi determinare, e viceversa – e gli stati di domi- nazione, che sono ciò che di solito si definisce potere.

50 Foucault M., L’etica della cura di sé come pratica della libertà, intervista con H. Becker, R. Fornet-Bétancourt e A. Gomez-Müller, 20 gennaio 1984, in Id.,

Una relazione di potere richiede che “l’altro/a” (quello/a su cui si esercita il potere) sia ben riconosciuto e mantenuto fino alla fine dell’azione, e che si apra, davanti alla relazione di potere, un in- tero campo di risposte, reazioni, effetti, invenzioni possibili. Negli “stati di dominazione”, invece, il rapporto strategico è stabilizzato nelle istituzioni e la mobilità, la reversibilità e l’instabilità dell’ “azione su un’altra azione” risultano limitate. I rapporti asimmetri- ci che ogni relazione sociale contiene sono cristallizzati e perdono la libertà, la “fluidità” e la “reversibilità” delle relazioni strategiche.

Fra le relazioni strategiche e gli stati di dominio Foucault in- serisce le “tecnologie di governo”, cioè l’insieme di pratiche at- traverso le quali si può «costituire, definire, organizzare, strumen- talizzare le strategie che gli individui, nella loro libertà, possono

avere tra di loro»51. Per Foucault le tecnologie di governo hanno

un ruolo centrale nelle relazioni di potere, perché è attraverso il loro esercizio che si giochi strategici possono cristallizzarsi e fis- sarsi in relazioni asimmetriche istituzionalizzate (stati di domina- zione), oppure sciogliersi in relazioni fluide e reversibili, aperte al- la creazione di soggettività che sfuggono al potere biopolitico. Al- la frontiera tra “relazioni strategiche” e “stati di dominazione”, sul campo delle “tecniche di governo”, la lotta etico-politica assume tutto il suo senso. L’azione etica è quindi concentrata sul rappor- to che si viene a creare fra relazioni strategiche e tecnologie di go- verno e ha due: permettere di giocare le relazioni strategiche con il minimo possibile di dominazione dandosi delle regole di dirit- to, delle tecniche di gestione dei rapporti con gli altri e anche di rapporto con sé; aumentare la libertà, la mobilità e la reversibilità dei giochi di potere perché sono le condizioni della resistenza e

della creazione52.

In tale prospettiva, l’analisi delle relazioni di potere all’inter- no di una società non può essere ridotta allo studio di una serie di istituzioni, né tantomeno alla più grande e complessa di esse, vale a dire lo Stato. A questo proposito Foucault precisa che è ve- ro che, in qualche modo, tutte le altre forme di relazione di pote-

51 Ivi.

52 Cfr. Lazzarato M., Foucault, oltre Foucault, 2006, in «http://multitudes.samiz- dat.net/spip.php%3Farticle2458».

re devono riferirsi ad esso, «ma non perché queste derivino da es- so; piuttosto perché le relazioni di potere sono state sempre più sottomesse al controllo dello Stato [...]. Si potrebbe dire che le re- lazioni di potere sono state progressivamente governamentalizza- te, vale a dire elaborate, razionalizzate e centralizzate nella forma,

o sotto la cauzione, delle istituzioni statali»53.

Ciò non significa negare l’importanza delle istituzioni nella costituzione delle relazioni di potere, ma piuttosto suggerire che si devono analizzare le istituzioni dal punto di vista delle relazioni di potere, e che il punto fondamentale di ancoraggio di tali relazioni, per quanto incorporate e cristallizzate in istituzioni, deve essere cercato fuori da esse. «Lo Stato non può funzionare che sulla base di relazioni di potere preesistenti», si legge nella Microfisica del pote-

re. Lo Stato sarebbe cioè «sovrastrutturale in rapporto a tutta una se-

rie di reti di potere che passano attraverso i corpi, la sessualità, la fa- miglia, gli atteggiamenti, i saperi, le tecniche, ecc.». Esso è un “meta potere” con funzioni di interdizione, che, però, non può realmente “aver presa” se non «nella misura in cui si radica in tutta una serie di rapporti di potere che sono molteplici, indefiniti, e che sono la base necessaria» delle grandi forme di potere negativo.

Foucault non dice che la repressione sia un’illusione, ma piut- tosto la riconduce ad una economia politica discorsiva più ampia che prevede tanto la negazione quanto la produzione (di potere e sapere). Foucault si propone di «cercare … le istanze di produzio- ne discorsiva (che certo organizzano anche i silenzi), di produzio- ne di potere (che hanno talvolta la funzione di imporre divieti), delle produzioni di sapere (che fanno spesso circolare errori o mi-

sconoscimenti sistematici)»54. Si tratta in definitiva di concepire gli

stessi meccanismi repressivi del potere in modo più complesso. Il potere non si esercita mai in una forma pura ed esclusiva, ma sem-

53 Cfr. Foucault M., Microfisica del potere, cit., 1977.

54 Cfr. Foucault M., La volontà..., cit., 1978. Sempre in questo testo silegge: «Tut- ti questi elementi negativi – divieti, rifiuti, censure, negazioni – che l’ipotesi re- pressiva raggruppa in un grande meccanismo centrale destinato a dire di no, so- no probabilmente soltanto degli elementi che svolgono un ruolo locale e tat- tico in una trasposizione in discorso, in una tecnica di potere, in una volontà di sapere che sono lungi dal ridursi ad essi».

pre come una formazione di potere, ovverosia, una costellazione di differenti forme di potere combinate in modi specifici.

Il potere “microfisico” è un “bio-potere”, ovverosia, un pote- re che si esercita direttamente sulla produzione e riproduzione della vita. Nella complessa storia che Foucault ricostruisce, questa nuova forma di biopotere si articola in due direzioni: una “anato- mo-politica” del corpo umano, ovverosia la tecnologia disciplina- re individualizzante che investe gli individui nei corpi e nelle

menti attraverso la disciplina e l’educazione55; una “biopolitica”

della specie umana. Nella Volontà di sapere Foucault scrive:

Il potere sulla vita si è sviluppato in due forme principali a partire dal XVII secolo; esse non sono antitetiche; costi- tuiscono piuttosto due poli di sviluppo legati da tutto un fascio intermedio di relazioni. […] Il primo […] a essersi formato è stato centrato sul corpo in quanto macchina: il suo dressage, il potenziamento delle sue attitudini, l’estor- sione delle sue forze, la crescita parallela della sua utilità e della sua docilità, la sua integrazione a sistemi di control- lo efficaci ed economici, tutto ciò è stato assicurato da meccanismi di potere che caratterizzano le discipline: ana- tomo-politica del corpo umano. Il secondo, che si è for- mato un po’ più tardi, verso la metà del XVIII secolo, è centrato sul corpo-specie, sul corpo […] che serve da sup- porto ai processi biologici: la proliferazione, la nascita e la mortalità, il livello di salute, la durata di vita […]; la loro assunzione si opera attraverso tutta una serie di interventi e di controlli regolatori: una biopolitica della popolazio- ne. Le discipline del corpo e le regolazioni della popola-

55 «La disciplina è il meccanismo di potere con cui riusciamo a controllare gli elementi più sottili del corpo sociale, a raggiungere gli stessi atomi sociali, cioè gli individui. Tecniche di individualizzazione del potere: come sorve- gliare qualcuno, come controllarne la condotta, il comportamento, le attitu- dini, come intensificare la sua prestazione, moltiplicare le sue capacità, co- me collocarlo nel posto in cui sarà più utile”. L’educazione è il controllo dei singoli attraverso la votazione quantitativa, gli esami, i concorsi, con “la pos- sibilità di classificare gli individui in modo tale che ognuno sia esattamente al suo posto, sotto gli occhi del maestro, nella qualifica e nel giudizio che ri- guarda ciascuno». Ivi.

zione costituiscono i due poli intorno ai quali si è svilup- pata l’organizzazione del potere sulla vita.

Come è stato osservato, Foucault rettifica la sua ipotesi ante-