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Il modello della “Anerkennung” hegeliana

il caso della Anerkennung hegeliana

2. Il modello della “Anerkennung” hegeliana

Un importante interprete americano del pensiero hegeliano, Robert Pippin, ha sostenuto che l’idealismo hegeliano dovrebbe essere visto alla luce della svolta kantiana dalla metafisica tradizionale al critici- smo e alla razionalità moderna. Kant infatti credeva che la metafisi- ca, in quanto espressione massima del pensiero, non poteva occupar- si unicamente delle strutture fondamentali della realtà sulla base di una speculazione, ma doveva invece interessarsi in maniera critica dei concetti che noi usiamo per comprendere il mondo. Questa corre- zione della metafisica è secondo Pippin alla base dell’idealismo che inizia da Kant e poi porta a Hegel, l’idea cioè che i concetti sono ne- cessari all’intelletto umano non solo per conoscere il mondo, ma an- che per avere un’esperienza concettuale del mondo che possa nel contempo essere vissuta nelle modalità di una autocoscienza del pen- siero. Non più quindi la scienza del pensiero come una scienza del “come il mondo deve essere”; al suo posto invece un criticismo del- la ragione che porta la ragione a entrare in questione con se stessa, per porre la relazione del mondo attraverso il chiedersi «come ogni argomento deve “per se stesso” prendere o interpretare o giudicare il

mondo perché questo possa esistere»5. L’idealismo posto da Kant e

continuato da Hegel ha portato quindi l’astrattezza degli schemi del-

5 Pippin R., Hegel and Category Theory, in “Review of Metaphysics”, 43, 1990, pp. 839-48, qui p. 839.

la metafisica dentro le categorie del pensiero, in modo tale che il punto focale della domanda filosofica è divenuto quello di trovare le condizioni della pensabilità a discapito della realtà delle cose in se stesse. Se però ancora in Kant – nell’aspetto noumenico delle cose – continua a resistere questa abitudine speculativa a pensare l’in sé, è con Hegel che secondo Pippin si raggiungono le condizioni per un maturo sviluppo di una più ampia concezione della soggettività.

Secondo Pippin, nell’idealismo hegeliano ogni tappa possie- de una propria autonomia auto-collocantesi, autonomia soprat- tutto rispetto al movimento dello spirito, che invece spinge verso

una configurazione universale e oggettiva6. Qui penso Pippin ha

posto un punto essenziale per cominciare a comprendere tramite quali meccanismi ci si avvia dal mondo dei bisogni alla dinamica fenomenologica del riconoscimento. Se si osserva dentro il siste- ma hegeliano, ci si accorge infatti che ogni tentativo di concezio- ne dell’oggettività include il proprio criterio di oggettività. In al- tri termini il passaggio da una tappa all’altra della fenomenologia non avverrebbe a causa della presenza mediatrice di uno spirito oggettivo, ma perché ogni tappa è l’esito riuscito di una adeguata auto-collocazione della coscienza nel contesto delle relazioni che essa intrattiene con le altre posizioni intorno a lei. Ciò vuol dire che ogni coscienza possiede al suo interno una candidata conce- zione di oggettività. Questa concezione di oggettività interna po- trà poi essere messa in discussione (fino a rivelarsi eventualmente inadeguata in base al suo stesso criterio di oggettività) tramite il confronto con altre posizioni in campo. A differenza di altri auto-

ri7, Pippin non guarda al momento della libertà nella fenomeno-

logia hegeliana come ad un momento marginale e giustificativo del thelos dello spirito, ma punta a disgiungere l’oggettività del cammino trascendentale dello spirito dalla quotidiana affermazio-

6 Pippin R., Hegel’s Idealism:The Satisfactions of Self-Consciousness, Cambridge University Press, Cambridge 1989.

7 Wood A.W., Hegel’s Ethical Thought, Cambridge University Press, Cambridge 1990. In questo lavoro l’autore sostiene che in Hegel l’ordine razionale del- le relazioni sociali non è normativo in base alla partecipazione dei singoli individui. L’ordine razionale è l’ordine dato dall’idea stessa contenuta nello spirito. Per Wood il progresso dell’autocoscienza in Hegel in realtà è l’attua- lizzazione dello spirito e del suo thelos.

ne o negazione di ragioni etiche. In altri termini per Pippin non è possibile parlare allo stesso modo di come lo spirito si compor- ta nei confronti di sé e di come si comporta nei confronti del Sé.

Recentemente, nell’introduzione ad un volume da lui curato8,

Pippin ha osservato che nella filosofia di Hegel vi sono due mo- dalità separate sulle quali si possono registrare gli eventi dei vari passaggi della Fenomenologia: una prima modalità va riferita alla ri- cerca di una Objectivity, la seconda a quella di un Idealism. Il pri- mo è l’aspetto della struttura delle relazioni umane tramite cui Hegel pensa e riflette sull’oggettività delle cose e sull’ontologia della loro natura. Rappresenta la capacità mentale di poter riflet- tere sull’oggettività delle cose a cui ci si riferisce nel linguaggio. L’Objectivity è dunque la capacità del pensiero di potersi risolvere in una sua oggettivazione, costruendo criteri ontologici contro la propria alienazione nelle cose. La seconda modalità è quella del- l’Idealism, il processo storico-politico di autodeterminazione delle coscienze. Stando a questa doppia modalità, vi è insita nella Feno-

menologia sia una logica dell’“obiettività” tesa alla creazione di con- dizioni razionali necessarie e sufficienti per creare una base ontologi-

ca alla fenomenologia delle relazioni, sia una dialogica interazio- nale che si muove cercando condizioni razionali necessarie ma non

sufficienti per l’autodeterminazione delle volontà.

Ma allora, considerando questa doppia modalità, che tipo di condizioni vengono a esserci nel fenomeno del riconoscimento, il quale mette insieme aspetti cognitivi di identificazione (e quindi di adesione a criteri di “obiettività”) e aspetti morali storicamen- te determinati? Non sarà infatti un caso se proprio sul tema del riconoscimento, a Hegel vengono fatte risalire sia quelle interpre- tazioni, come quelle di Wilfrid Sellars, John McDowell, Robert Brandom (ma anche Italo Testa per guardare al contesto naziona- le), che fanno dipendere l’aspetto sociale del riconoscimento da una teoria della mente, sia quelle interpretazioni che viceversa fanno dipendere dai rapporti intersoggettivi ogni tipo di capacità

8 Pippin R., Höffe O. (a cura di), Hegel on ethics and politics, Cambridge Uni- versity Press, Cambridge 2004. Questo volume contiene importanti contri- buti di studiosi come Karl-Otto Apel, Michael Quante, Ludwig Siep, Die- ter Henrich, Rolf-Peter Horstmann, Hans Friedrich Fulda.

individuale, compreso quelle cognitive, come succede in Charles Taylor e in particolare Axel Honneth. Siamo forse nell’epoca odierna di fronte ad una nuova espressione del conflitto storico tra destra e sinistra hegeliana?

Per comprendere quale siano le ragioni di un eventuale scar- to tra i due tipi di approcci, è il momento di affrontare il tema dell’Anerkennung, dividendolo in due aspetti secondo me fonda- mentali: da una parte il “sistema dei bisogni” (che qui considero co- me l’articolazione di un aspetto naturale, il bisogno appunto, in una struttura di natura secondaria quale la domanda o richiesta di soddisfazione), dall’altra la “lotta per il riconoscimento” (che conside- ro nei termini hegeliani l’evoluzione intersoggettiva di due do- mande/richieste che vengono a confrontarsi). Riprenderò adesso per grandi linee queste due trattazioni hegeliane per mostrare che “sistema dei bisogni” e “lotta per il riconoscimento” sono inter- namente collegati da una stessa configurazione del rapporto tra una autocoscienza, l’altra e la cornice di mondo entro cui il loro incontro avviene. Tale rapporto, da una parte, lega le coscienze agli oggetti del mondo (per cui ogni coscienza è coscienza a par- tire dalla negazione di un mondo di cose) e dalla parte opposta lega le coscienze tra loro come autocoscienze che acquistano un piano riflessivo solo ponendo reciprocamente se stesse una verso l’altra, come oggetti di pratiche concordate. Diventerà più chiaro il perché a mio parere l’Anerkennung è un tipo di mediazione che diventa possibile solo quando si trova a mediare no autocoscien- ze, bensì particolari aspetti di queste posti in relazione di reciprocità. Di- fatti nel riconoscersi, la coscienza si riflette e si riconosce non proprio attraverso il riconoscimento offerto dall’altro, ma piutto- sto attraverso il riconoscimento della dipendenza all’essere ricono- sciuta dall’altro. È la profondità di questo vincolo che cambia le fattezze del riconoscimento: da bisogno (il bisogno di essere rico- nosciuto) a obbligo (il dovere di riconoscere). Ma vediamo ora meglio come ciò avviene.

3. Il “Sistema dei bisogni” e la determinazione