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Questioni aperte

3. Nuove forme di ricorrenza

3.3. Il doppio flusso comunicativo

Oltre al normale, classico flusso informativo dalle fonti al pubblico at- traverso la mediazione giornalistica che seleziona, gerarchizza e presenta, bisogna considerare il gioco sempre più attivo – perché enormemente sem- plice da realizzare delle ri-mediazioni dei contenuti, sviluppabile da ogni nodo della rete, sia esso una testata, una fonte o un singolo cittadino attivo in rete e soprattutto sui social network. Ogni contenuto pubblicato inizia un nuovo percorso definito dalla sua fortuna in rete.

La ricorrenza assume un’altra rilevante dimensione: la sua replicabi- lità nello spazio e nel tempo, che ovviamente poi incide sulla rilevanza della notizia, ma soprattutto agisce sulla costruzione della reputazione di chi ha messo a punto quell’informazione. La replicabilità di un fatto o di un commento produce, quindi, la condivisa certificazione dell’importanza dell’evento, ma anche l’altrettanto progressiva e condivisa affidabilità di chi fornisce la notizia o il commento.

Dunque, la rilevanza di un evento non è data soltanto dallo spazio che le redazioni attribuiscono a esso nel presentarlo, oppure dal numero di giorni in cui resta all’attenzione dell’opinione pubblica, ciò che viene definito il ciclo di una notizia; sempre più è determinato da un secondo flusso dato dall’ampiezza della circolazione e dall’intensità della discussione in rete che riesce a produrre, cioè dal successo che ha la condivisione di quel- la notizia. Condivisione a sua volta non definita più soltanto dal nume- ro di soggetti che fruiscono di uno specifico contenitore informativo che solitamente chiamiamo testata il TG1, La Repubblica, SkyTg24 ma dalla frequenza con cui il contenuto è ripubblicato sui siti e sulle bacheche indi- viduali dei profili di social networking da parte tanto di soggetti pubblici quanto di soggetti privati.

È in questo gioco di rimandi che bisogna essere presenti per assicurarsi ampia visibilità. E il raggiungimento di un buon posizionamento lo si ottie- ne più facilmente con la capacità di curare e approfondire le informazioni, piuttosto che con l’immediatezza nella pubblicazione.

Possiamo definire questo cambiamento passaggio da una ricorrenza verticale, cioè i giorni in cui una notizia rimane al centro dell’attenzione giornalistica o comunque all’interno del circuito informativo definendo il ciclo della notizia, a una ricorrenza orizzontale, intesa come la capacità di una notizia di diffondersi rapidamente in più luoghi di quel rutilante e infinito mondo virtuale popolato dai tanti siti e dagli ancora più numerosi messaggi e cinguettii che ci scambiamo in rete.

La ricorrenza non è più esclusiva competenza del processo produttivo, ma anche delle moltiplicate logiche distributive e del conseguente suc- cesso nelle forme di consumo. Esce dalle redazioni, cioè le organizzazio- ni deputate alla trasformazione dei fatti in notizia, per andare a popolare l’intera filiera di una notizia: produzione-distribuzione-consumo. Si sposta dalla produzione del contenuto al sistema relazionale che quel contenuto determina:

la condivisione sta evolvendo trasformando le persone nel tuo media. Prima le persone condividevano dal sito una notizia sulla loro pagina; oggi non fanno solo quello; loro diventano i media, mentre prima facevano un like, ora fanno shares, commentano; tu stimoli il commento, stimoli la loro opinione, e attacchi la loro opinione alla notizia: questa persona in quel momento è il tuo media, è la tua notizia, e gli amici di questa persona vedranno sulle loro bacheche prima il suo commento e poi quello che ha generato, che è un link a Sky TG24. Non passa mai dalla pagina Facebook di Sky TG24, non è una semplice condivisione, è un’interazione più pro- fonda, più ricca, e questo trasforma la persona in un media, quello che noi definiamo traffico di ritorno (intervista n. 6)

nel momento in cui abbiamo caricato questo video ha avuto un suc- cesso clamoroso e soprattutto ha avuto tantissime persone, migliaia di commenti che ti permettevano anche di capire cosa loro volevano etc etc.. su Facebook, su Twitter, noi abbiamo seguito in che direzione andava il commento (intervista n. 2)

c’è qualcuno che testimonia e la prima cosa che fa è cinguettarlo e l’effetto domino è talmente veloce che arriva attraverso vari gradi di sepa- razione tra i followers [… ] io lo utilizzo o lo subisco a seconda dei casi. Mi rendo conto spesso di questa cosa, mi rendo conto del fatto che si è annullata una distanza [… ] la differenza tra noi e il testimone è che pro- babilmente noi prima di dire “è successo questo” ci pensiamo due volte, verifichiamo [... ] il twittatore non farà mai questo lavoro, ma dirà solo: “ho visto un sacco di morti” e tutti quelli che liberamente e soprattutto gratuitamente lo seguono beneficeranno di questa cosa […] ma comunque aggiunge complessità alla discussione, spesso è molto più informato ri- spetto all’inviato, e questo lo decide soltanto il giudizio dell’utente; perché se l’utente decide che è così, è così. La rete è piena di miti e leggende in- credibili che sopravvivono per anni, cioè se ancora oggi c’è qualcuno che fa quella danza pazza coreana e si registra, ancora oggi ci sono migliaia che la fanno e si registrano, è la coda lunga, quindi vuol dire che l’effetto

amplificazione chissà dove arriva e ovviamente a ogni grado si perde qual- cosa o si aggiunge qualcosa. Allora è inutile credere che noi giornalisti siamo gli unici portatori di verità, noi giornalisti dobbiamo conquistarci questa vocazione che noi abbiamo e dobbiamo confermarla agli utenti la- vorando sempre sulla qualità (intervista n. 4).

Insomma, i media digitali accrescono la negoziazione giornalistica. Diventa fondamentale quanto una notizia sia ripresa e da chi e in quale modo. Per adesso non sembra che nelle redazioni visitate questo lavoro sia particolarmente gestito; anche se si riconosce che incide sulla produzione informativa accorciando il ciclo della notizia, ma soprattutto modificando la distribuzione e il consumo delle informazioni:

io e altri miei colleghi li teniamo d’occhio, vediamo se ci sono segna- lazioni, se ci sono questioni, cerchiamo compatibilmente con tutto il resto che abbiamo da fare di svolgere anche l’attività di social manager in modo collettivo, per poter intervenire su eventuali criticità; però sinceramente non abbiamo le forze per curare il linguaggio, l’interazione, il modo in cui Facebook indicizza, valutare il contenuto che pubblichi. Almeno per ora, poi magari […] si formano specifiche professionalità, perché sono profes- sionalità che stanno nascendo ora, il cui profilo è ancora molto labile, dal mio punto di vista non totalmente definito [… ] comunque, certo, personal- mente ritengo che i giornalisti debbano impegnarsi nel gestire il proprio contenuto. Se scrivo un articolo e scrivo una stupidaggine, oppure scrivo una cosa giusta perché ho verificato, dovrei essere in grado di farmi carico in un modo come dire codificato però dell’interazione con la community che fa riferimento con la mia testata per dire: “no, scusa ho sbagliato, è come dicevi tu”, oppure dire “no, non è come dici” (intervista n. 1)

quando a Sky ci fu il confronto fra i leaders del centrosinistra, cre- ammo l’hashtag ufficiale; quello che poi sarebbe diventato il portavoce del Premier Renzi [Filippo Sensi ndr] si inventa l’hashtag CSXFactor, più utilizzato rispetto a quello ufficiale. Ovviamente i due hashtag avevano una differenza fondamentale e proponevano due cornici diverse attorno all’evento. È chiaro che nel momento in cui io utilizzo l’hashtag CSXFac- tor sto utilizzando una cornice interpretativa più ironica e quindi un tipo di conversazione diversa rispetto a una conversazione più istituzionale. Tutto questo non è necessariamente negativo, allarga lo spazio della discussione intorno a un evento che è stato visto in televisione (intervista n. 6).

dalla sua storia, dalla sua tradizione, dal prestigio del professionista che ne parla o ne scrive, ma anche dall’efficacia – e talvolta dalla fortuna del percorso di diffusione di una notizia, che condurrà verso forme diverse di negoziazione, basate sulla capacità di gestire la relazione e l’interazione permessa dalla rete:

spesso potremmo rivalerci su chi adopera le nostre immagini senza au- torizzazioni, ma io ho una linea laica, non posso averne un’altra, perché io sono l’ultimo miglio dell’azienda e il primo miglio degli utenti; devo mettere insieme una linea aziendale con una fruizione fatta dagli utenti [… ] Sky ha 5 milioni di abbonati, però sono i 5 milioni più attivi; quelli che scrivono, pubblicano, vogliono sperimentare e che poi fanno partecipi altre persone, ne parlano. È meraviglioso pensare che qualcosa – e solo la televisione ha questo DNA – che viene strutturato la mattina la sera è già on air, questo DNA oggi ce l’ha solo la televisione, forse qualche web magazine, forse [...] ma non in Italia, penso a Buzzfeed, alle piattaforme di aggregazione [... ] (intervista n. 6)

chi usa i social, soprattutto se guarda un evento importante in televi- sione accompagna alla visione l’interazione. Ho letto che il 44% di quanti guardavano il Festival di Sanremo – che non ha proprio un pubblico d’a- vanguardia – twittava, commentava. Se c’è una fruizione così, noi la dob- biamo intercettare perché non è una fruizione passiva e questo può essere per noi molto interessante. In questo senso diventiamo gestori di relazioni, perché diamo senso a queste relazioni, mettiamo ordine (intervista n.3)

appena fai un tweet subito cominciano a risponderti e a riscriverti e spesso segnalano gli errori del canale, qualcuno che è stato testimone del fatto o comunque conosce bene l’argomento dice: “guarda ho visto il vo- stro flash invece è andata così”, oppure “funziona così”. Per esempio ieri c’è stato il caso di quel tweet dei tifosi olandesi che all’inizio dall’ANSA era stato tradotto male, sembrava: “Vi aspettiamo per accoltellarvi” e in- vece era “Aspettiamo voi accoltellatori” e tutte le testate avevano seguito l’ANSA; abbiamo avuto subito delle persone che ci hanno scritto segna- lando l’errore di traduzione; subito abbiamo avvertito anche la redazione televisiva che aveva ripreso l’Ansa (intervista n. 2).