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Le fortificazioni collettive bassomedievali del Biellese

3.2 Catalogo dei sit

3.2.7 DORZANO Denominazione: //

Tipo: castello-ricetto101 .

Elementi: torre-porta; case e palatium all‟interno

Localizzazione: Comune di Dorzano, su di un dosso nel centro abitato. Superficie: 2000 mq .

Attestazione: indiziaria XI-XII secolo102.

Stato di conservazione: resti della torre porta e degli edifici interni (rimaneggiati). Riferimenti: KAISERSLAUTERN 1982, pag. 18

SOMMO 1993, pp. 36-38.

VIGLINO DAVICO 1978a, pp. 151-152.

Il toponimo Dorzano è attestato dal 1177103. Lebole ipotizza che ne furono da subito signori di conti di Cavaglià che probabilmente, tra il XI e il XII secolo, edificarono un castello104. Si sa invece con certezza invece che nel 1355 due membri della famiglia, Guglielmo e Bonifacio, ottennero la conferma del feudo da Carlo IV ma che nel 1357 furono costretti a consegnarlo a Giovanni di Monferrato e Amedeo VI di Savoia, che lo cedettero al marchese Bonifacio del Monferrato105. A seguito del passaggio del Vercellese al duca Ludovico di Savoia, questi concesse Dorzano al conte Valperga di Masino (1441)106. Nel 1460 costui cadde in disgrazia e Roppolo e Dorzano vennero concessi al conte Giano di Savoia, conte del Genevese107. Le truppe sabaude si impadronirono con

le armi di quest‟ultima località108

, distruggendone gran parte delle abitazioni e delle opere difensive,

101

Denominazione già attribuita da Viglino Davico (VIGLINO DAVICO 1978a, pag. 151).

102 LEBOLE 1999, pp. 112-113. 103 PANERO 1985, pag. 16. 104 LEBOLE 1999, pp. 112-113. 105 LEBOLE 1999, pag. 113. 106

CONTI 1977, pag. 155; SCARZELLA 1985, pag. 228.

107 CONTI 1977, pag. 155; SCARZELLA 1985, pag. 30. 108

98

successivamente non più ricostruite109. Dorzano torno poi ai Valperga e rimase in loro possesso fino al 1708 quando il feudo fu venduto a privati110.

Al centro dell'attuale paese, in posizione rilevata111, vicinissimo alla chiesa parrocchiale si trovano resti di un nucleo fortificato, che diversi studiosi hanno catalogato come “castello- ricetto”112. Risultano ancora riconoscibili i ruderi di una torre porta a doppio ingresso carraio e pedonale (entrambi muniti di ante sollevabili), che doveva costituire l‟unico accesso al nucleo.

Resta anche quasi l‟intero fronte occidentale delle mura del recinto, realizzato in ciottoli a spina di

pesce e terminante nello spigolo nord con una torre cilindrica. Dalla lettura della cartografia storica e dai resti ancora visibili, Micaela Viglino Davico, riconosce un nucleo di forma pseudo trapezoidale con corona esterna e nucleo centrale di cellule edilizie ed un'unica via anulare di smistamento113. Alcune delle costruzioni situate all‟interno, per quanto siano state pesantemente rimaneggiate, seguono ancora lo schema planimetrico originale. Ad ovest della torre-porta si trova un edifico di maggiori dimensioni, che spicca per la struttura muraria e gli elementi costruttivi più curati, che diversi studiosi hanno interpretato come la residenza del feudatario locale114. Micaela Viglino Davico individua due fasi costruttive, ascrivendo alla seconda, verosimilmente in concomitanza con il passaggio del feudo ai Valperga agli inizi del XV secolo, la realizzazione della torre-porta115.

109

Affermazione di Mario e Paolo Scarzella (SCARZELLA 1985, pag. 228) che la desumono da Torrione e Crovella, senza però fornire un preciso riferimento.

110

SCARZELLA 1985, pag. 228; dati più precisi ed aggiornati in LEBOLE 1999, pag. 116.

111

M. Viglino Davico riferisce cheil complesso è situato sulla sommità di una collinetta, sui cui pendii sono adagiati due nuclei di case coevi a quello centrale. Il dislivello tra il piano interno alla cinta muraria e del paese circostante è di circa 3,50 metri a sud e di quasi 6,00 metri a nord.

112

VIGLINO DAVICO 1978a, pag. 151.

113

Idem.

114 VIGLINO DAVICO 1978a, pag. 152; SCIOLLA 1980, pag. 82; SCARZELLA 1985, pag. 225. 115

99

Figg. 47-48: Dorzano (BI), planimetria del ricetto (da KAISERSLAUTERN 1982, pag. 18) e aspetto attuale della torre- porta (foto: F. Ceragioli).

100

3.2.8 GAGLIANICO

Denominazione: castri, turris, recepti [...] de Galianico (1393)116

Tipo: castello e ricetto. Elementi: recinto, fossato.

Localizzazione: Comune di Gaglianico, fuori dell'abitato. Superficie: 2000 mq il castello, 6000 mq il ricetto.

Attestazione: 1393117.

Stato di conservazione: castello conservato con facies rinascimentale, ricetto quasi scomparso. Riferimenti: SOMMO 1993, pp. 92-95;

VIOLA 1999, pp. 151-158.

Il luogo è citato nel 988118 in un diploma di Ottone III, mentre lo stesso imperatore, nel 999, ne fa dono al vescovo di Vercelli Leone119. Anche se le fonti citano i consignori di Gaglianico solo alla fine del XIV secolo120, si pensa che già da molto prima i de Tarditis e i della Torre di San Germano godessero di questa giurisdizione. Una transazione del 1344 riporta l'ubicazione di un terreno in villario Galianici e ricorda la presenza di un castellacium nella zona121. È probabile che Gaglianico si sia sottomessa ai Savoia poco dopo Biella (1379) in quanto già nel 1390 il feudo era in mano ad Ibleto di Challant, fedelissimo di Amedeo VI. Una prima menzione della presenza di fortificazioni risale al 1393: vengono menzionati «castri, turris, recepti [...] de Galianico»122. Nel 1459, passata la signoria agli Scaglia, la comunità di Gaglianico ottenne vari privilegi, tra cui alcune relative alle spese per i guardiani delle torri123. Sotto Sebastiano Ferrero, che aveva acquisito il feudo per via materna, fra il 1479 e il 1519, il castello subì radicali modifiche, affidate a Charles d'Amboise, ed assunse grossomodo l'aspetto attuale. Nel 1558 la fortezza fu occupata dalle truppe spagnole che, dopo la pace di Cateau Cambresis, la restituirono ai Savoia e ai Ferrero Fieschi. A seguito

dell‟estinzione di quest‟ultima famiglia (1833), la proprietà passò nell‟ordine ai Saint Souveur, ai

Menabrea e ai Trossi124.

116

Documento citato da G. Sommo (SOMMO 1993, pp. 92-93) senza indicare la segnatura o altri riferimenti.

117 AVONTO 1980, pag. 430. 118 PANERO 1985, pag. 16. 119 SOMMO 1993, pag. 92. 120 AVONTO 1980, pag. 429.

121 BORELLO-TALLONE 1928, documento CCLXVII, pag. 139. 122

Si veda supra.

123

AVONTO 1980, pag. 433.

124 Questi ultimi, attuali proprietari, hanno svolto ingenti lavori di restauro sulla struttura, purtroppo non valutabili in

101

Come si è detto la presenza di un ricetto risulta attestata in numerosi documenti a partire dal 1393 e per tutto il secolo successivo125. Oggi purtroppo non sono più visibili tracce e, quindi, risulta molto difficoltoso ricostruirne le caratteristiche e la posizione esatta. Il ricetto doveva trovarsi nei pressi del castello come indica una ricognizione del 1473 che menziona un mulino situato nel cantone del ricetto, vicino ai barbacani126. Un consegnamento del 1480, invece, cita una proprietà

all‟interno della fortificazione collettiva e ci permette di intuire, sulla base delle pertinenze, che

questa fosse attigua al fossato del castello127. Un disegno del XVIII secolo, conservato alla Biblioteca Reale di Torino, mostra un ampio recinto, dotato di un largo fossato e comprendente lo stesso castello128. Una pianta del 1840, invece, presenta una particella a nord-ovest del castello che potrebbe ricalcare parte del ricetto129.

Sulla base di queste evidenze, Sommo ipotizza che il castello, nella sua fase più antica, fosse

costituito da un semplice recinto costruito intorno ad un‟unica torre e che successivamente,

probabilmente nel XIV secolo, sia stato costruito il ricetto, di cui il castello occupava un angolo130. Francesca Viola, invece, sulla base della permanenza del toponimo nella cartografia catastale francese del 1800, indica che la fortificazione collettiva doveva sorgere a nord-est del castello, sviluppandosi con andamento est-ovest131, laddove oggi si trovano alcune abitazioni, di origine moderna o comunque pesantemente rimaneggiate.

Fig. 49: Gaglianico (BI), Castello, pianta di Carlo Morello (da SCIOLLA 1980, pag. 120).

125

F. Viola menziona un atto di vendita del 1425 e uno strumento di vendita del 1459 (VIOLA 1999, pag. 154). Si segnala anche la citazione inedita in un documento di concessione a Sebastiano Ferrero rilasciato con data 26 maggio 1497, che recita «…prefatus dominus thesaurarius tenet in feudum castrum locum receptum et villam Gallianici…» (ASB, Fondo Ferrero della Marmora, cassetta 75, fascicolo 25).

126

Documento del 18 marzo 1473, riportato in VIOLA 1999, pag. 157.

127 Documento del 15 marzo 1480, riportato in VIOLA 1999, pag. 157. 128

SCIOLLA 1980, pag. 120.

129

ROGGERO BARDELLI 1992, fig. 3.

130 SOMMO 1993, pag.93. 131

102

3.2.9 LESSONA

Denominazione: castrum sive receptum (1403)132

Tipo: castello e ricetto.

Elementi: mura e fossato; due torri angolari; all‟interno torchio, stalle ed altri edifici produttivi. Localizzazione: Comune di Lessona, località Castello.

Superficie: 2400 mq circa.

Attestazione: castello 1275133.

ricetto inizi XV secolo134.

Stato di conservazione: non restano tracce evidenti del castello e del ricetto. Riferimenti: SOMMO 1993, pp. 151-152.

VIOLA 1999, pp. 159-164.

Lessona, posizionata su un‟antica strada di transumanza che da Mosso e Trivero portava a Mottalciata, compare nei documenti solo nel 1152135. L'abitato si sviluppò attorno alle due chiese di S. Lorenzo e di S. Gaudenzio (ormai in rovina), entrambe di origini anteriori al X secolo136. Il castello è menzionato per la prima volta in una donazione di terreni alla parrocchia di San Lorenzo da parte di Uberto Bulgaro del 1275, che viene rogata nella piazza presso il ponte del castello di Lessona «in platea apud pontem castri lexone»137. La signoria su Lessona, probabilmente sottoposta alla giurisdizione della Chiesa di Vercelli, doveva essere condivisa tra i Bulgaro e gli Avogadro138, resta pertanto dubbio chi controllasse la fortificazione.

Lessona fece dedizione ai Savoia il 20 settembre 1403. L'atto risulta di particolare importanza in quanto venne redatto nel «castrum sive receptum», «prope turrim tocius castri»139. Si tratta della prima menzione di una fortificazione collettiva a Lessona.

Nel 1527 le truppe del conte Filippo Tornielli saccheggiarono il paese, causando probabilmente ingenti danni anche al castello tanto che nel 1619, quando Carlo Emanuele I infeudò Lessona a

132

Atto di dedizione ai Savoia del 20 settembre 1403 (si veda infra).

133 LEBOLE 1982, pag. 3. 134 Si veda infra. 135 PANERO 1985, pag. 17. 136

Informazione riportata da G. Sommo, purtroppo senza riferimenti (SOMMO 1993, pag. 151).

137

LEBOLE 1982, pag. 3.

138 TORRIONE-CROVELLA 1963, pag. 282. 139

103

Giovanni de Villars, gli concesse il diritto di rifabbricarlo140. Nel 1626 ne ottenne la giurisdizione la famiglia Barossi che la mantenne fino alla soppressione dei feudi141.

Attualmente non restano tracce evidenti del castello, salvo i muri di fondazione che delineano quattro torri della fortificazione142. Dal documento del 1403, però, in particolare dalla menzione della «turrim tocius castri», si deduce la continuità fisica tra castrum e receptum, che probabilmente usufruivano della stessa torre-porta.

Un documento fondamentale per la ricostruzione della struttura del “ricetto”, seppur molto tardo,

è costituito da una mappa seicentesca conservata presso l‟Archivio Bulgaro143. Dal documento si evince che la fortificazione aveva forma quadrangolare ed era fisicamente separata (mediante un

muro?) dal sedime del castello (indicato come “Palazzo dei Bulgaro”). Una porta permetteva il

passaggio tra le due parti. L‟intero complesso era circondato da mura e fossato e dotato di due torri angolari. Gli edifici del ricetto erano posizionati in parte lungo il perimetro della fortificazione e, in parte, in due isolati paralleli di forma allungata, con andamento est-ovest. Al centro del complesso si trovava un pozzo, mentre una cisterna per il rifornimento del castello, era posta fuori dalle mura.

All‟interno si trovavano anche un forno comunitario, due porcili, una vigna, un orto, un torchio ed

una stalla dei Bulgaro.

140

TORRIONE-CROVELLA 1963, pag. 283; SCARZELLA 1981, pag. 401.

141 TORRIONE-CROVELLA 1963, pag. 283. 142

Segnalati in SOMMO 1993, pag. 152.

143

Il documento, risalente al 1693, si intitola “Tipi del Palazzo col forno, stalla, torchio e fosso dei nobili de Bulgaro nel

castello di Lessona” (ASB, Archivio Bulgaro, mazzo 115); il documento è stato per la prima volta individuato da F. Viola

104

Fig. 50: Lessona (BI), castello-ricetto,mappa del 1693 (da VIOLA 199, pag. 159).

105

3.2.10. MAGNANO

Denominazione: castrum (1200)144 / fortiam (1204)145 / castello146

Tipo: castello e borgo fortificato. Elementi: torre-porta, mura.

Localizzazione: Comune di Magnano, sulla collina dominante l'abitato. Superficie: il borgo 6000 mq. circa.

Attestazione: castello 1200147;

borgo 1204148.

Stato di conservazione: si conservano la torre-porta e buona parte degli edifici interni. Riferimenti: SOMMO 1993, pp. 61-64.

VIGLINO DAVICO 1979, pp. 154-159.

Si veda capitolo 5.

144 MANDELLI 1857, pag. 188; PANERO 1985, pag. 27 nota 15. 145

MANDELLI 1857, pag. 190, nota 1.

146

Denominazione presente nella cartografia storica.

147 PANERO 1985, pag. 27 nota 15. 148

106

3.2.11 MOTTALCIATA

Denominazione: castrum e receptum (1335)149

Tipo: castello e ricetto.

Elementi: torre e fossato; case e palatium all‟interno.

Localizzazione: Comune di Mottalciata, su un colle fuori dall'abitato, ai piedi del castello. Superficie: castello 2500 mq.

Attestazione: fine XIII-inizi XIV secolo150.

Riferimenti: KAISERSLAUTERN 1982, pag. 21;

SOMMO 1993, pp. 114-117;

VIGLINO DAVICO 1978a, pp. 167-168; VIOLA 1999, pp. 185-190.

Il toponimo Mottalciata è documentato con certezza a partire dal 1299151 e appunto alla seconda metà o alla fine del XIII secolo sarebbe da fare risalire l'inserimento della famiglia vercellese degli Alciati in una porzione del più antico feudo di Montebelluardo.

Nel 1334 truppe viscontee furono inviate a punire i signori di Monte Bruardo, che si erano opposti ad Azzone Visconti152. Eusebio Alciati della Motta, parente dei ribelli, in cambio del versamento di un‟ingente somma di denaro, ottiene per loro la grazia a patto che venga distrutto e mai più riedificato «ipsum castrum aut locum sive receptum... Monti Bruardi»153. L‟Alciati successivamente mosse causa ai signori ed alla comunità di Monte Bruardo per ottenere la restituzione delle somme spese, ottenendo come indennizzo, a seguito di una transazione del 1335, giurisdizione e beni che questi possedevano nel luogo154. Nella ratifica di tale accordo, inoltre, Azzone Visconti ordinando che d‟ora innanzi il luogo non sia più chiamato Monte Bruardo, ma rientri sotto la denominazione di Motta degli Alciati. Eusebio Alciati accetta inoltre di donare agli abitanti di Monte Bruardo loro due iugeri o modii di terreno oltre il fossato del proprio castello ovvero palazzo di Motta degli Alciati, sulla costa esistente ad occidente di questo, per costruirvi un

“receptum sive fortalicium”. Il documento, molto preciso155

, specifica che ogni uomo potrà fabbricare su una superficie non maggiore alle due tavole e che tutte le costruzioni non dovranno

149 VIGLINO DAVICO 1978a, pag. 167. Si veda inoltre DEAMBROGIO 1972, pag. 76. 150

PANERO 1985, pag. 18.

151

PANERO 1985, pag. 18. L’etimologia del nome, che pare riferirsi ad una fortificazione “a motta”, è sempre stata data per scontata dagli studiosi (ad es. SOMMO 1993, pag. 116). Riccardo Rao ha recentemente messo in dubbio questo tipo di automatismo, citando anche il caso di Mottalciata (RAO 2013, in particolare alle pp. 113-114).

152

La vicenda è sinteticamente delineata in BARBERO 2010, pag. 441.

153

Si veda supra.

154 LEBOLE 1980, pag. 92; DEAMBROGIO 1972, pp. 67-70 e note 6-7-8. 155

107

essere più alte di quindici piedi156. Per ognuno degli edifici interni, chiamati «domum o casanum», sarà dovuto al signore un cappone, da consegnare nel giorno di San Martino. Si autorizza inoltre a realizzare nel ricetto uno o due forni da pane; il cui ricavato servirà per la realizzazione delle mura e fortificazioni.

Il castello degli Alciati, del quale alcune parti, notevolmente trasformate, sono tuttora abitate, si trova su un‟altura di forma pressoché ovale appena fuori dall‟abitato. Il rilievo è delimitato da muraglioni realizzati con ciottoli, talvolta alternati a corsi di mattoni. Sul lato occidentale del recinto, al quale probabilmente si accedeva da un ingresso posto nell'angolo che esso forma lungo il lato meridionale, doveva appoggiarsi un grosso fabbricato rettangolare, le cui tracce sono conservate per una notevole altezza. L‟attuale fabbricato residenziale, posto nella parte più elevata del colle, che probabilmente sorge in corrispondenza dell‟antico dongione, presenta ancora visibile, per una certa altezza, una muratura in ciottoli a spina pesce intervallati da corsi di mattoni157.

Sommo ipotizza che, dopo gli eventi del 1335, la “motta” degli Alciati, struttura di piccole

dimensioni, fu ampliata e radicalmente trasformata158, divenendo il centro di gravitazione della

popolazione dell‟intero feudo.

Micaela Viglino Davico, basandosi sull‟analisi della cartografia storica e sull‟osservazione diretta, ha identificato i resti del “ricetto” in un insieme di edifici agricoli di forma vagamente

rettangolare posto a circa una decina di metri a sud-ovest del castello159. Di questo nucleo riusciva ancora a riconoscere la muratura in ciottoli nei due lati verso levante e, in metà di quello nordoccidentale, senza però poter dire alcun che sull‟articolazione interna. La studiosa indica, per il XIV secolo, una situazione con castello e ricetto come entità indipendenti ma vicine e probabilmente integrate da fortificazioni comuni esterne160.

Il sopralluogo condotto in loco non ha permesso di osservare negli edifici indicati da Micaela Viglino Davico resti riconducibili ad un impianto medievale. Questi sono invece chiaramente osservabili in un complesso di forma vagamente rettangolare (33 x 23 metri circa), situato poco più

a valle, a poche decine di metri di distanza, lungo l‟attuale via Giuseppe Garibaldi. Sul prospetto

settentrionale, per quasi tutta l‟altezza dell‟edificio, risulta infatti visibile una muratura in ciottoli disposti a spina di pesce ed alternati a corsi di laterizi, una situazione molto simile a quanto

156

Pari a circa 7,70 metri. M. Viglino Davico sottolinea l’altezza insolita per gli edifici di un “ricetto” (VIGLINO DAVICO 1978a, pag. 168, nota 3).

157

Questa tipologia viene ricondotta da M. Viglino Davico agli inizi del XIV secolo (VIGLINO DAVICO 1978a, pag. 168).

158 Lo studioso, al di là delle modificazioni successive, riconosce per le strutture medievali del complesso una datazione

al XIII- XIV secolo (SOMMO 1993, pag. 116).

159

VIGLINO DAVICO 1978a, pag. 168. Il suo lavoro è stato successivamente completato dall’equipe dell’Università di Kaiserslautern (KAISERSLAUTERN 1982, pag. 21) che ha pubblicato una planimetria del complesso.

160

108

osservato in alcuni punti del vicino castello. Il complesso risulta altresì già presente nella mappa catastale del 1771161.

Riccardo Rao, inoltre, trattando in tempi recenti di una “motta” degli Alciati, situata nel borgo di Castelletto Cervo che viene menzionata in un capitolo degli Statuti di Vercelli del 1316, la identifica con il castello ancora oggi presente appena fuori dal centro urbano162 e, soprattutto,

ipotizza che si tratti della medesima fortificazione che nel 1335 diede origine all‟attuale Mottalciata. Se questo fosse vero, l‟interpretazione del complesso sopra descritto sarebbe interamente da

rivedere.

Fig. 52: Mottalciata (BI), foto aerea obliqua del castello (foto di A. Canevarolo, Centro Documentazione Ricetti del Piemonte).

Fig. 53: Mottalciata (BI), planimetria del castello e del presunto ricetto (da KAISERSLAUTERN 1982, pag. 18).

161

AST, Sezioni Riunite, Catasti, Catasto sabaudo, Allegato C. Mappe del catasto antico, Circondario di Biella, Mandamento di Candelo, Mottalciata, rotolo 139. Si tratta della stessa fonte utilizzata da M. Viglino Davico (si veda VIGLINO DAVICO 1978a, pag. 168, nota 6). Rispetto all’assetto attuale, nella mappa del 1771 la strada che conduce alla Chiesa di Santa Maria di Bozzolina passa tra il castello e il nucleo identificato come “ricetto” da M. Viglino Davico. Questo aumenta i dubbi circa la proposta della studiosa in quanto, la parte settentrionale delle strutture ne sarebbe attraversata.

162 La localizzazione indicata dal documento (all’ingresso del borgo stesso e nei pressi del torrente Cervo),

109