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I due princìpi base e gli altri princìpi di redazione del bilancio

26.1 Il principio della prudenza.

Percercarediridurrelepotenzialiconseguenzenegativederivantida eccessodiottimismo o daun difettodi onestàin chiredigeilbilancio (vedi punto 24.) equindipercercareditutelareiterzichelo leggono, la legge (2423 bis c.c.)stabiliscechelevalutazioni debbano rispettare il principio della

prudenza. In base a questo principio:

gli utili, cioè le creazioni di valore, derivanti dall’attività svolta in un periodo possono essere considerati nel bilancio di quel periodo solo se ciò che è stato prodotto (e in cui è inserito il valore creato) è stato anche venduto nel periodo. Attenzione!

Non c’è scritto che si debba tenere conto, tra i componenti positivi di reddito, solo dei ricavi di vendita e quindi non anche della produzione di ciò che non si è ancora venduto (le rimanenze finali di prodotti); si parla, infatti, di “creazione” di valore (cioè di utile), non di “produzione” di valore: di quella (e quindi anche del valore delle rimanenze di prodotti) si tiene certamente conto sulla base, però, dei costi sostenuti per ottenerla.

Così, se – grazie alla casuale scoperta della pietra filosofale – nel 2019 sono riuscito a trasformare senza altri costi un quintale di piombo (acquistato per 200 €) in 100 chili d’oro (il cui valore di mercato è 5.000.000 €, 50 € al grammo), ma al 31dicembre 2019 nonhoancoravendutol’oro prodotto,nelbilancio 2019 non posso segnalare l’utile di 4.999.800 €, non posso cioè inserire i 5.000.000 € di valore dell’oro posseduto il 31.12.2019 nel “dare” del conto patrimoniale “scorte di prodotti” (e nell’”avere” del conto di reddito, cioè nel valore della produzione, alla voce “variazione delle scorte di prodotti”); dovrò, invece, valutare le rimanenze finali di prodotti solo 200 €, perché non avendolo ancora venduto, quell’oro deve essere prudentemente valutato al minore fra il costo di produzione (200 €) e il valore di mercato (5.000.000). In questo modo, e supponendo che l’oro sia poi venduto nel 2020 proprio a 5.000.000 €, i 4.999.800 € di utile realizzato (di valore creato) nel 2019 saranno evidenziati nel bilancio del 2020 [5.000.000 € di ricavi di vendita meno 200 € di costi (le rimanenze iniziali (al 1.1.2020)di scorte di prodotti che, nel 2020, usciranno dal dare del conto patrimoniale “scorte di prodotti” per finire nel dare del conto di reddito “variazione delle scorte di prodotti”), mentre nel bilancio 2019 l’operazione “pietra filosofale” chiuderà in pareggio (200 € di costi della produzione, 200 € di valore della produzione alla voce “variazione scorte”).

Le perdite, cioè le distruzioni di valore, devono essere segnalate in bilancio anche quando sono solo temute e non si è ancora certi di averle subite.

Supponiamo che il 31 dicembre 2019 noi si abbia crediti per 100.000 € verso il cliente Pinco;

questi crediti hanno scadenza al giugno 2020 e sono garantiti parzialmente da una fidejussione bancaria a prima chiamata di 60.000 € (il cui effetto è analogo all’avere stipulato polizza d’assicurazione contro il rischio di perdita del credito per un valore assicurato di 60.000; supponiamo anche che prima della redazione del bilancio2019 (che probabilmente completeremo nei mese di marzo 2020) noi si venga a conoscenza del fatto che Pinco è in difficoltà finanziarie; stando così le cose, dovremo già mettere in bilancio al

31.12.2019 quantomeno la perdita di 40.000 € (la parte non garantita del credito), anche se non l’abbiamo ancora subita e le possibilità che in giugno il cliente paghi siano ancora concrete.

La ratio (si legge razio, e sta per “ragion d’essere”, per “fine che si prefigge”)del principio di prudenza (applicato agli utili non ancora “realizzati” o alle perdite non ancora “subite”) è chiaramente quella di fare in modo che chi vuole farsi un’idea della salute di un’azienda abbia più probabilità, leggendone il bilancio, di ricavarne un’immagine meno attraente di quanto probabilmente sia in effetti, e quindi adotti comportamenti più cauti nel relazionarsi con essa.

26.2 Il principio della continuità.

L’altro principio base a cui occorre attenersi nelle valutazioni di bilancio è quello della continuazione dell’attività aziendale ; in base a tale principio, la valutazione delle voci dell’attivo aziendale sono fatte nell’ipotesi (se, come quasi sempre capita, essa è realistica) che l’azienda continuerà a operare per un tempo indefinito.

Se, invece, ipotizzassi che l’azienda dovesse cessare l’attività in un futuro non lontano (dovesse, come si dice, essere “liquidata”), allora le sue immobilizzazioni tecniche e tutte le altre attività patrimoniali dovrebbero essere stimate al loro prezzo “di realizzo”, cioè al presumibile prezzo di vendita; ma poiché sradicare un impianto o una attrezzatura dalla sua struttura produttiva (ad esempio l’impianto di climatizzazione o un tunnel di verniciatura) per inserirlo in un’altra (quella dell’ipotetico acquirente)

comporta necessariamente dei costi spesso anche rilevanti, il prezzo di realizzo di quel bene sarebbe inferiore al valore (dato dall’utilità residua che ancora quell’immobilizzazione potrebbe offrire nella struttura originaria se questa rimanesse operativa in futuro) che, pur in un’ottica prudenziale, ha nel bilancio dell’azienda non destinata a cessare l’attività.

Il passaggio da una valutazione d’uso a una di liquidazione porterebbe quindi all’evidenziazione di un minor valore dell’attivo patrimoniale e, in particolare, delle immobilizzazioni tecniche (e spesso anche di quelle immateriali e non di rado pure quelle finanziarie).

Il principio della continuità potrebbe sembrare in contrasto con quello della prudenza: la continuità aziendale non è mai certa in assoluto (il futuro è inconoscibile), ma poiché è veramente eccezionale il caso in cui è anche minimamente ragionevole non escludere la liquidazione di un’azienda, il principio di continuità prevale quasi sempre su quello della prudenza. Ne consegue che le immobilizzazioni tecniche, tutte le volte che non è prevedibile la cessazione dell’attività, siinserisconolegittimamentenell’attivoperunvaloreanchemoltosuperioreaquello dipresumibilerealizzo.

Provo a chiarire il concetto con un esempio: supponiamocheametàdicembre 2020 unapizzeria installiunagrandeinsegnaluminosaspendendo10.000;ilvaloreal31.12.2020dell’investimento appena fatto lo possiamo stimare in 10.000 € solo se ipotizziamo che quei locali saranno utilizzati dalla pizzeria ancora per vari anni, cioè solo se supponiamo che quell’azienda, continuandoaoperarealungo,daquell’insegnapotràtrarrenegliannimoltautilità, moltovalore

(almeno 10.000€). Se, invece, questa ipotesi manca, se, ad esempio, si prevede che quell’azienda cesserà l’attività nei primi mesi del 2020, allorail valoredi bilancioal 31.12.2020 dell’insegna, per essere onesto eprudente, dovràessere probabilmente prossimo a zero, in quanto l’insegna, non potendo a breve essere più utile a nessuno, non ha alcun valore significativo.

L’ipotesi che l’azienda continui la sua esistenza senza che ne sia prevedibile la cessazione è, nei fatti, quasi sempre vera, in quanto capita di rado che un’azienda muoia: non muore certo quando è sana (perché se anche l’imprenditore o i soci si stancassero di condurla e volessero cominciare a vivere di rendita con il patrimonio accumulato non sarebbero così idioti da ucciderla “liquidandola”: la venderebbero a qualcun altro che continuerebbe a far vivere l’azienda), ma non è nemmeno frequente che si lasci morire anche un’azienda marcia che da anni ha redditi negativi (come, ad esempio Alitalia): a volte, infatti, nonostante il patrimonio netto negativo e le perdite continue, si riesce a venderla a un prezzo maggiore di zero a qualche concorrente che intravvede delle “sinergie” con la propria azienda, cioè un acquirente convinto che, modificando gli aspetti negativi dell’azienda “decotta” e inglobandola nella sua struttura produttiva, otterrà il risultato di migliorare l’efficienza dell’intero nuovo complesso.

26.3 Cosa sono i principi contabili.

Nel punto 23. abbiamo riflettuto sull’inesistenza del “giusto valore” di qualsiasi bene e quindi anche dell’impossibilità di individuare il valore “corretto” di quasi tutti i dati di bilancio; al punto 24. vi ho poi detto che il naturale ottimismo tipico di chi fa impresa può portare a valutazioni che, seppure in buona fede, si rivelano in seguito pericolosamente irrealistiche;

poco fa, al punto 26.1. si è infine visto come l’intera redazione del bilancio d’esercizio, almeno di quello ufficiale che deve essere reso pubblico, deve adeguarsi al principio della prudenza

(ammesso non si adottino i criteri IAS, ma questo lo vedremo fra poco).

Ora è il momento di segnalare che, anche nella duplice ipotesi di inesistenza di dolo e di rispetto delle norme di legge, il solo osservare la legge e il principio di prudenza non garantisce la produzione di bilanci attendibili. Affinché un bilancio possa definirsi attendibile, “fatto bene”, è infatti anche necessario che le valutazioni siano state fatte seguendo percorsi indicati dai cosiddetti “principi contabili”.

I principi contabili (nazionali e internazionali) sono regole pensate e suggerite dalla

dottrina” aziendalistica(in sostanza: da affermati docenti universitari e noti esperti di economia aziendale) italiana e internazionale. I principi contabili nazionali sono curati e pubblicati dall’O.I.C. (organismo italiano di contabilità), un’entità a cui partecipano le associazioni rappresentative di alcune categorie professionali (come l’ordine dei commercialisti), o rappresentative di aziende (come Confindustria e Confcommercio)

e l’A.B.I. (Associazione Bancaria Italiana), l’associazione che rappresenta le banche.

I principi contabili internazionali sono, invece, raccolti e pubblicati a cura dello I.A.S.B.

(international accounting standards board) e sono noti sia coll’acronimo I.A.S. sia come I.F.R.S. (international financial reportingstandards),sigleentrambecomunementeutilizzateedameimpiegateconidenticosignificato.

26.4 Quali principi (O.I.C. oppure I.A.S.) si possono adottare in Italia.

La gran parte del milione e mezzo (circa) di aziende italiane operanti sotto forma di società di capitali adotta ancora i principi contabili nazionali. Le uniche società che, da oltre un decennio, sono obbligate dalla legge italiana ad adottare i principi contabili internazionali sono, sostanzialmente, le società quotate in borsa (che sono poche centinaia), le banche, le assicurazioni e una parte delle altre società finanziarie (complessivamente, quindi, sono solo qualche migliaio di società).

Fino al 2015 quasi tutte le altre società (cioè quelle “normali”, non quotate n borsa, non banche, non assicurazioni ecc.)

erano obbligate a seguire i principi contabili italiani e solo poche (in pratica solo le società appartenenti a gruppi guidati da società obbligate agli IAS) potevano scegliere fra OIC e IAS; dal 2016 il legislatore italiano ha dato facoltà a quasi tutte le società di capitali di scegliere se adottare i principi nazionali o internazionali, lasciando l’obbligo dell’adozione dei principi nazionali solo alle società di capitali più piccole, cioè a quelle ammesse alla redazione del bilancio in forma abbreviata (ex. art. 2435-bis c.c., vedi punto 25.3).

Restano anche obbligate ai principi nazionali di redazione del bilancio tutte le aziende non soggette all’obbligo della pubblicità, cioè quelle gestite in forma di società di persone o di ditta individuale, che in tutto sono circa tre milioni.

Si può dire, quindi, che dal 2016 il legislatore italiano ha concesso ad alcune centinaia di migliaia di società di capitali (quelle non operanti nel settore finanziario e non “piccole”) il diritto di scegliere sulla base di quali principi contabili (i nazionali OIC o gli internazionali IAS) redigere il bilancio.

Il motivo che ha spinto il legislatore a estendere la facoltà di adottate gli IAS / IFRS è la convinzione che l’utilizzo di questi principi favorisca l’internazionalizzazione delle aziende italiane: un bilancio redatto osservando i principi internazionali è più facilmente valutabile nei tanti paesi in cui da tempo si adottano quelle regole; in questo modo risulta aumentata la conoscibilità, la visibilità e la confrontabilità internazionale delle aziende italiane che collaborano, come fornitori, con aziende estere o che intendono, o anche solo non escludono, quotarsi in borsa per accedere così al mercato dei capitali di rischio (che, essendo parte del mercato

Gran parte delle differenze fra i principi contabili nazionali e quelli internazionali scaturiscono dalla diversa idea di fondo su cui si vuole sia basato il bilancio: in Italia si vuole sia il più possibile basato su dati oggettivi, e quindi su dati ricavati dai documenti contabili

(fatture, contratti ecc.), anche a rischio di evidenziare valori del patrimonio aziendale (e, di riflesso, spesso anche del conto economico) non molto aderenti a quelli correnti (cioè, in pratica, ai valori di mercato); nella maggior parte degli altri paesi (e, in particolare, nel mondo anglosassone, U.S.A. in primis) si vuole, invece, che il bilancio offra dati il più possibile in linea con quella che si ritiene essere la realtà del momento.

Si può dire, quindi, che mentre i principi O.I.C. privilegiano l’imparzialità e l’oggettività della fonte anche ascapito dell’aderenza con larealtà come al momento appare, gli I.A.S. sono invece massimamente attenti all’aderenza dei valori di bilancio a quelli di mercato e sono invece meno riguardosi dei dati contabili storici.

Questa differente impostazione di base porta, in caso di adozione degli I.A.S. e come conseguenza della sempre maggiore variabilità dell’ambiente economico e quindi anche dei valori di mercato, a una significativa maggiore fluttuazione nel tempo (da un esercizio all’altro) dei risultati economici evidenziati in bilancio dall’azienda.

Il costante invito degli I.A.S. a badare più alla realtà percepita che alla forma porta poi anche a privilegiare la sostanza dei rapporti economici intrattenuti dall’azienda rispetto alla loro natura giuridica formale.

L’esempio della diversa contabilizzazione del leasing può servire sia per chiarire quest’ultimo concetto, sia per ripassare cose vecchie e sempre utili. Lo trovate nella prossima pagina.

Il ristorante “Polenta, Porco e Peperoncino” gestito dalla P.P.P. srl ha deciso di rinnovare l’arredo stipulando con il Credemleasing s.p.a. un contratto di leasing finanziario di durata quinquennale in base al quale:

- Credemleasing, su indicazione di P.P.P., il 31.12.2019 acquista per 70.000 € dalla Novi Arredo srl i benichesonosubitofisicamenteconsegnatidalfornitoreNoviArredo(nonostanteilproprietariodeibenisia ilCredemleasings.p.a.)nellasededelristoranteedalCredemleasingdatiinuso, inlocazione,allaP.P.P.srl; - P.P.P. srl siimpegnaapagare a Credemleasing s.p.a. 61canonimensili anticipati,ilprimodeiquali

(ilcosiddetto“maxi-canone”)èparia10.000evienecorrispostoil 31.12.2019(almomentodellastipuladelcontratto), glialtri60 sono di1.100l’uno e saranno pagati ogni fine mese (l’ultimo canone, quindi, scadrà il 31.12.2024); - a fine contratto (il 31.12.2024) P.P.P. s.r.l. potrà (esercitando l’opzione prevista in contratto) acquisire la proprietà dei beni pagando a Credemleasing un “prezzo di riscatto” di 1,00.

Giuridicamente i beni rimangono di proprietà di Credemleasing fino al termine del 2024 quando, esercitando l’opzione d’acquisto e pagando il prezzo di un euro, P.P.P. ne acquisterà la proprietà; ancorché non ne sia ancora il proprietario ma solo il detentore, P.P.P. assume però immediatamente tutti i rischi (danneggiamento, furto, mal funzionamento ecc.) relativi ai beni.

Se dal punto di vista giuridico-formale per tutta la durata del contratto di leasing il ristorante non è proprietario del “suo” arredo, è però evidente che dal punto di vista sostanziale l’utilizzatore si comporta come se avesse già acquisito quei beni nel suo patrimonio (anche se la fattura d’acquisto, di 1 € + IVA, avrà data 31/12/2024).

Ecco allora che, se si privilegia l’aspetto contrattuale-formale come nella tradizione italica,

P.P.P. srl inserirà quegli arredi nelle immobilizzazioni soltanto dal bilancio dell’anno 2024 (e le

inserirà a 1,00 €, anche se il valore dell’arredo sarà, anche a quel tempo, certamente e di molto superiore), e nell’attivo patrimoniale del 2019 e dei quattro anni successivi apparirà solo il risconto attivo sul maxi-canone iniziale [che, poiché è stato pagato proprio il 31.12.2019, sarà di 10.000 € il primo anno e diminuirà gradualmente di 2.000 € l’anno fino ad azzerarsi il 31.12.2024 (trascurando le folli complicazioni introdotte dal 2016 e di cui parleremo in quinta)].

Se, invece, si adotta l’ottica internazionale I.A.S. tendente a evidenziare la sostanza e non la forma dei rapporti economici, allora il valore degli arredi figurerà fra le immobilizzazioni di

P.P.P. srl fin dal bilancio al 31.12.2019[e, nel passivo, apparirà il debito verso Credemleasing s.p.a. per tutti i canoni non ancora pagati (e di cui si dovrà calcolare il valore attuale, come pure vedrete se e quando approderete in quarta e quinta)].

V’è da dire, infine, che dal 2016 le differenze fra principi O.I.C. e I.A.S. si sono ridotte grazie alla introduzione anche nella normativa nazionale del “principio della prevalenza della sostanza sulla forma”, principio inserito nel nuovo n. “1 bis” del comma dell’art. 2423 bis

del codice civile che recita: “la rilevazione e la presentazione delle voci deve essere fatta tenendo conto della sostanza dell’operazione o del contratto”.

Segnalo anche, però, che il legislatore ha previsto, proprio per la contabilizzazione del leasing finanziario, un’eccezione al nuovo principio, per cui tutto quanto detto nel riquadro qui sopra inmeritoallescritturecollegatealleasingrimane, peribilanciOIC”, validoancoraoggi(2020).

Come conseguenza delle due diverse impostazioni di base dei principi O.I.C. e quelli I.A.S./I.F.R.S., vi è la continua adozione, negli IAS, del criterio di valorizzazione basato sul “fair value” e cioè - sostanzialmente - sul prezzo di mercato,a fronte di una invece più frequente adozione da parte dell’OIC del criterio del “costo storico”, criterio che fonda il valore di bilancio sul costo di acquisto. È quindi ora opportuno comprendere meglio cosa si intenda col termine “fair value”.