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dal totale degli acquisti di input a rapido consumo effettuati nel periodo si toglie poi la parte del loro valore che, a fine periodo, non è stato ancora consumato (cioè si toglie il valore delle rimanenze finali

diquestiinput)evisiaggiungeil valoredellescortechequestiinputavevanoall’iniziodelperiodo(cioè

siaggiungeilvaloredellerimanenzeinizialidiquestiinput). In formula:

costiper inputarapidoconsumo = acquisti rimanenze finali input + rimanenzeiniziali input B) come già scritto nella regola e) del punto 13., gli acquisti di “immobilizzazioni”, venendo registrati in dare di conti patrimoniali, non hanno un’influenza diretta sul reddito. Il costo (il componente negativo di reddito) di cui occorre tenerecontonon èilcostod’acquistoma sololaperdita di valore (l’ammortamento) chel’immobilizzazione subisce per effetto dell’uso, dell’invecchiamento e dell’obsolescenza, nel periodo di cui si fa il bilancio (l’acquisto per 90.000 € di un trattore da parte di un’azienda agricola a inizio 2019 inciderà come costo, nel dare del conto economico dell’anno 2019 e se il coefficiente di ammortamento è del 10%, solo per 9.000 €; i rimanenti 81.000 € rimangono nel Dare dello stato patrimoniale alla voce

“immobilizzazioni tecniche”), e tale perdita di valore la si registra con una scrittura di “assestamento”

solo quando si fa il bilancio.

16. Scritture d’esercizio e scritture di assestamento.

(Anche questo punto è una riscrittura di cose precedenti, ma faresti male a saltarlo)

Il presente è il frutto di ciò che è accaduto nel passato, perciò anche il patrimonio (nel significato di insieme di tutti gli elementi patrimoniali sia attivi sia passivi) attuale di un’azienda è il risultato di tutti i fatti che le sono capitati da quando è nata a oggi. Le operazioni che si svolgono nell’azienda costituiscono, tutte insieme, la “gestione” aziendale. Se la gestione viene efficacemente registrata, se cioè i fatti sono correttamente e ordinatamente annotati in contabilità, allora è possibile sia conoscere da cosa è (era) costituito in un qualsiasi istante il patrimonio di quell’azienda [cioèqualisono(erano)e quantovalgono(valevano)isuoielementipatrimonialiattiviepassivi]sia conoscerecosaequantovalore l’aziendaha prodotto e cosa e quanto valore ha consumato per produrre in un qualsiasi periodo della sua esistenza.

Sempre al fine di ripassare cose che dovreste avere già digerito l’anno scorso, ricordo che per fare in modo che la gestione sia efficacemente registrata sono necessarie le scritture d’esercizio e quelle di assestamento.

I componenti positivi (ricavi) e negativi (costi) del reddito si registrano in contabilità generale nel momento in cui se ne ha la documentazione [costituita in genere (ma non necessariamente) da una fattura o una contabile bancaria] che testimonia il sorgere del debito o del credito, oppure il momento in cui avviene il pagamento di un componente reddituale non in precedenza documentato; queste registrazioni sono dette “scritture di esercizio”.

In questo modo, però, si commettono (consapevolmente) due tipi di errori, perché:

err.1) non sempre i ricavi o i costi documentati e quindi registrati si riferiscono al periodo di cui si vorrà, in sede di bilancio, determinare il risultato economico;

err.2) non tutti i ricavi e i costi hanno già avuto, alla data del bilancio, la “manifestazione finanziaria” (in sostanza: la loro documentazione), e quindi non tutti sono stati già registrati.

Ecco allora che per poter avere un bilancio che tenga conto di tutti i fatti accaduti e che contemporaneamente non sia inquinato da fatti che non riguardano il periodo di cui si vuole determinare il risultato economico, si ricorre alle “scritture di assestamento”.

Le scritture di assestamento sono annotazioni contabili che correggono gli errori descritti in err.1)(equeste sono le scritture di storno, come la rilevazione dei risconti attivi e passivi o la “capitalizzazione di costi”, cioè il trasformare dei costi in elementi patrimoniali attivi trasferendo degli € dal dare di conti di Reddito al dare di conti Patrimoniali) e in err.2) (equestesonolescritturediimputazione,comelarilevazionedegliammortamenti o deirateiattiviepassivi).

Quando si è sicuri di aver corretto tutti gli “errori” consapevolmente commessi in sede di scritture d’esercizio, cioè una volta terminate le scritture di assestamento, si può procedere alle ultime tre registrazioni contabili da cui scaturiranno i dati finali, sia reddituali che patrimoniali, da inserire nei due fondamentali documenti di bilancio costituiti dal “Conto Economico” del periodo che si vuole analizzare (e che usualmente è un anno solare) e dalla “Situazione Patrimoniale”

esistente alla fine del periodo (e quindi usualmente alla mezzanotte del 31 dicembre).

Queste tre registrazioni contabili sono, in ordine cronologico, la “chiusura economica”, la

“rilevazione del reddito” e la “chiusura patrimoniale” che trovi tutte nel prossimo capitolo.

17. La chiusura (e la successiva riapertura) dei conti.

Come appena scritto, la “chiusura dei conti” si effettua con tre scritture contabili; questa operazione è quanto di più meccanico si possa trovare nellacontabilità: all’atto pratico, infatti, basta solo cliccare su un sotto-menù del software gestionale; essendo però necessario capirne la funzione, ti tocca studiare con attenzione anche queste pagine.

1) la “chiusura dei conti economici” (chiamati anche “conti di reddito”) consiste nel trasportare tutti i saldi dei conti economici in un conto “d’ordine” (cioè né Patrimoniale e né di Reddito, in quanto è un conto creato al solo scopo di “ordinare” i saldi contabili concentrandoli in un unico prospetto, conto che quindi viene usato solo in questa occasione) chiamato “profitti e perdite” (o “Ricavi e costi”, o “Costi e ricavi” o “Componenti reddituali” o altro). Ad esempio: se, terminate tutte le registrazioni (sia d’esercizio, sia d’assestamento), il saldo del conto

“Interessi passivi” (ovviamente con saldo “Dare”)risulta 1.234,56€, la scrittura di “chiusura economica”

di quel conto sarà: Interessi passivi R (descrizione) profitti e perdite O

| 1.234,56 chiusura conti Economici 1.234,56| Saldo post chiusura = 0

Procedendo in questo modo per tutti i conti di reddito, alla fine il saldo del conto d’ordine

“profitti e perdite” (che viene chiamato anche “Ricavi e costi” o “Costi e ricavi” o “Componenti reddituali” o come ti pare) darà quindi la misura del reddito aziendale di quel periodo: se il saldo del conto d’ordine risulta in

“Avere” (in quanto i ricavi superano i costi, e ti ricordo che “saldo” è sinonimo di “eccedenza”) allora il reddito è un utile, mentre un saldo del conto d’ordine in “Dare” (perché sono stati i costi a superare i ricavi, quindi c’è una “eccedenza Dare”) ci dice che l’azienda in quel periodo ha subito una perdita.

Nel conto d’ordine “profitti e perdite” appariranno quindi tutti i valori che, sebbene con un ordine diverso e addensati in molte meno voci e quindi più sintetiche, ricopieremo nel documento del bilancio aziendale detto “Conto Economico”.

2) la “rilevazione del risultato economico”, è il trasferimento del saldo del conto d’ordine “profitti e perdite” (saldo appena individuato con l’operazione precedente) al conto Patrimoniale

“Reddito dell’esercizio” [e che questo conto sia Patrimoniale non dovrebbe stupirti in quanto da almeno un paio d’anni dovresti aver capito che il reddito prodotto va a variare il Capitale Netto, aumentandolo (se il reddito è positivo, cioè se l’azienda ha ottenuto un utile, ha creato ricchezza) o diminuendolo (se il reddito è negativo, cioè se l’azienda ha subito una perdita, ha distrutto ricchezza)]. Inquestomodo ilcontod’ordineprofitti e perditesichiudeemuore(dopoavervissutosolopochi ma intensi attimi: aperto (cioè nato) recependo la precedente prima scrittura ha, dopo questa seconda registrazione, già esaurito la sua funzione). La scrittura sarà quindi (nell’ipotesi di un’eccedenza di ricavi sui costi pari a 666,66): profitti e perdite O (descrizione) . Reddito d’esercizio P .

666,66 | rilevazione reddito | 666,66

Saldo post scrittura = 0

3) la “chiusura dei conti patrimoniali” consiste nel trasportare in (un altro) conto

“d’ordine” chiamato “stato patrimoniale” (o “Situazione Patrimoniale” o “Attivo e Fonti” o “Elementi patrimoniali” o come ti pare)tutti i saldi dei conti patrimoniali (che spesso sono alcune migliaia). Ad es.: se, terminate tutte le registrazioni (sia d’esercizio, sia d’assestamento), ilsaldo delconto “Debitiv/fornitore PincoPalla” (che ovviamentesarà,salvocasiparticolari,unsaldo“Avere”) risulta 6.543,21€, la scrittura di “chiusura patrimoniale”

di quel conto sarà: .Debiti v/forn.Pinco Palla P . (descrizione) stato patrimoniale O .

6.543,21 | chiusura conti Patrimoniali | 6.543,21

Saldo post chiusura = 0

Procedendo in questo modo per tutti i conti patrimoniali, alla fine nel conto d’ordine “stato patrimoniale” (o “attivo e fonti” o come ti pare) si leggeranno, uno dopo l’altro, gli importi di tutti i valori attivi (in dare) e di tutte le fonti di finanziamento (in avere) presenti in azienda alla fine del periodo considerato.

Nel conto d’ordine “stato patrimoniale” appariranno quindi tutti i valori che, sebbene con un ordine diverso e addensati in meno voci più sintetiche, si leggeranno nel documento del bilancio aziendale detto “Stato Patrimoniale”.

17’. La “riapertura dei conti patrimoniali”.

Terminata l’operazione meccanica, cioè chiusa la contabilità del periodo (ad esempio dell’intero anno 2019) ci si ritrova ora(ainizio2020)contuttiisaldicontabilipariazero,ilcheècertamenteutilenel casodeicontidiReddito(oEconomici)in quanto lì ora dovranno apparire solo i costi e i ricavi del nuovo periodo (quelli sostenuti in precedenza restano memorizzati e archiviati nella contabilità chiusa, ma non devono inquinare la redditività del 2020, che è quella che andremo a valutare fra un anno nel prossimo bilancio), ma non va assolutamente bene per i conti Patrimoniali: se alla mezzanotte del 31 dicembre 2019 in azienda c’eranoquei beni e quei debiti, allora in contabilità i loro valori devono esserci anche all’inizio del primo gennaio 2020. Per sistemare la questione si procede allora alla “riapertura dei conti patrimoniali” con una quarta scrittura meccanica (un solo clic su un altro sotto-menù del software gestionale, e via che si va) esattamente contraria alla precedente appena fatta, cioè opposta alla “chiusura dei conti patrimoniali”.

Quindi: tre o quattro clic sul mouse e tutto, chiusura economica, rilevazione del reddito, chiusura patrimoniale e riapertura dei conti, è fatto e senza possibilità di errori. Voglio però cheriflettiatesucosaimponeva, finoapochedecined’annifa,farequesteoperazionimeccaniche:

per calcolare a mano e controllare i saldi di tutti i conti (clienti e fornitori compresi), riscriverli sempre a mano sui conti d’ordineeverificarecheilsaldodiprofittieperditecoincidesse(con segno invertito)

conquellodistatopatrimoniale, cercareglierrori e correggerli (la contabilità non “quadrava” mai al primo colpo, proprio come nei vostri compiti in classe), occorrevano centinaia o, se l’azienda non era piccola, migliaia di ore-uomo.

Quando senti parlare di rivoluzione informatica pensa anche a questo e baciati i gomiti, come io bacio i miei per essere nato negli anni ’50 invece che ai primi del ’900.

18. La destinazione del reddito.

Dopo che l’assemblea dei soci ha approvato il bilancio e deciso cosa fare dell’utile o in che modo coprire la perdita (e normalmente questo capita, se il periodo è l’anno solare, in marzo - aprile) si riporta in contabilità la delibera assembleare. Lo si fa con una scrittura contabile andando a trasferire il saldodelcontopatrimonialeRedditod’esercizio”nei variconticostituentiil“CapitaleNetto(quindi, spesso, “Riserva legale”, “Riserva statutaria”, “Altre riserve” di cui parleremo al prossimo paragrafo 19.),e/o nel conto “Debiti v/soci per utili da distribuire”. In questo modo i saldi dei conti patrimoniali coinvolti sono corretti, compreso quello, ora pari a zero, del conto patrimoniale “Reddito d’esercizio”. Forse può essere utile un doppio esempio, il primo nel caso di reddito positivo e l’altro di perdita.

- l’ipotesi è un utile 2019 di 100.000 € che il 30/4/2020 l’assemblea ha deciso di accantonare a riserva legale per 5.000 €, a Riserva statutaria per 35.000 € e di distribuire fra i soci per 60.000 €:

. Reddito d’esercizio P . Riserva legale P . Riserva statutaria P Debiti v/soci x utili da distrib. P

| 100.000 (saldo al 1.1.2020) |xy (saldo al 1/1/2020) | yz (saldo al 1/1/2020) | 0 (saldo al 1/1/2020)

(30/4/2020)100.000 | | 5.000 (30/4/2020) | 35.000 (30/4/2020) | 60.000 (30/4/2020)

- l’ipotesi ora è una perdita 2019 di 100.000 € che l’assemblea del 30/4/2020 ha deciso di coprire mediante azzeramento della Riserva statutaria (il cui saldo precedente era 92.000 €) e riduzione della riserva legale per 8.000(il cui saldo precedente era 30.000 €):

Reddito d’esercizio P . Riserva statutaria P . Riserva legale P

(saldo al 1.1.2020) 100.000 | | 92.000 (saldo al 1/1/2020) | 30.000 (saldo al 1/1/2020)

| 100.000 (30/4/2020) (30/4/2020) 92.000 | (30/4/2020) 8.000 |

Questa registrazione della “destinazione del reddito” dovrebbe anche contribuire a farvi assimilare meglio il concetto basilare del reddito, che qui si vede contemporaneamente nella sua duplice veste di differenza fra ricavi e costi (correttamente intesi, non al modo della maestra)e di parte componente del patrimonio proprio (e che questa parte vesta poi l’abito di una qualche “riserva” o del “capitale sociale”

cambia poco: sempre patrimonio proprio è, cioè quell’unica fonte di finanziamento diversa dal capitale di terzi). Vi invito, perciò, a riflettere con attenzione particolare su questo e sul prossimo punto, dedicandovi tutto il tempo necessario per una reale completa comprensione.

Il reddito di un periodo, quindi, è anche parte del patrimonio esistente alla fine del periodo, e questo non dovrebbe stupirvi se negli esercizi e nei compiti in classe siete stati abituati a verificare che il capitale netto finale meno quello iniziale è uguale (in mancanza di apporti e prelievi) al valore della produzione (ricavi) meno il valore consumato dei fattori produttivi (costi).

Rinfrescato il concetto di reddito, approfondiamo ora quello di patrimonio.

19. Il Patrimonio netto(la fonte “interna” di finanziamento, anche detta capitale proprio, Voce A) dell’art. 2424 c.c.,)

Ilvalorecheilcapitalepropriohaaunacertadatasièformatoneltempo(apartiredallanascitadellasocietà e fino a quella data) grazie agli apporti dei soci (al netto di eventuali prelievi) e agli utili prodotti e non distribuiti. Se si vuole fare una distinzione del capitale proprio in sotto-voci, credo che una tra le più utili dal punto di vista informativo sia fra “Capitale proprio da apporti(dato dalla somma degli apporti meno la somma dei prelievi verificatisi durante l’intera vita aziendale) e “Capitale proprio da utili(dato dalla somma dei redditi positivi meno la somma delle perdite che l’attività aziendale ha prodotto nel tempo), ciò in quanto nella valutazione di una azienda è interessante sapere quanto del capitale proprio è frutto di “regali” e quanto, invece, è stato creato dalla stessa azienda grazie alla sua efficienza produttiva. Tale distinzione, invece, non si fa: la legge, infatti, impone di ripartire il netto in altro modo.

Formalmente, il capitale proprio è suddiviso in capitale sociale, riserve e reddito dell’esercizio (il “reddito dell’esercizio” è l’utile o la perdita del periodo, in genere l’anno solare, di cui si sta facendo il bilancio). La distinzione in queste sub voci risponde unicamente a esigenze giuridico-formali, e infatti avvocati e magistrati laritengonoimportantissima; nellasostanza,però,ilcapitaleproprio, non potendo che essere definito come la differenza fra l’attivo e i debiti (siano, quest’ultimi,espliciti o mascheratida“fondi”),èunvaloreassolutamenteomogeneo.

Ecco perché chi capisce la ragioneria (e quindi quasi mai gli avvocati e i magistrati, per natura e per studi spesso impossibilitati a comprenderla) nonbadamolto,salvo in casiparticolarissimi,alladistinzionefracapitale socialeeriserve (eancormenofravaritipidiriserva).

L’unica distinzione necessaria è quella fra la parte dell’utile e che si sa già destinata a essere distribuita ai soci, e la parte che, invece, l’assemblea ha deciso debba rimanere a finanziare la società: la parte da distribuire, infatti, perde lanaturadi capitalenettoe assumequella didebito

(debito versoisoci,edidebitoabreve,vistochegeneralmentei“dividendi”sonopagati ai soci nella prima parte dell’anno successivo a quello in cui l’utile è stato ottenuto, cioè poco dopo l’assemblea di bilancio).

Poiché la suddivisione del patrimonio netto in parti “ideali” (nel senso di non reali, non concrete) eccita tanto coloro che preparano le prove scritte di maturità, è opportuno dedicarvi alcune pagine, ma devo subito avvertire che sebbene io sia solito chiamare “capitale netto INIZIALE” il capitale netto esistente all’inizio del periodo di cui si fa il bilancio e “capitale netto FINALE” il capitale netto alla fine del periodo, per molti miei colleghi e per tutti i libri di testo il capitale netto inizialesi devechiamare“capitaleproprio”(o, anche,capitalenetto),mentreilcapitalenetto finale deve essere definito “patrimonio netto”. E non chiedetemene la ragione, ché non la so.

Prima di trattare le singole parti ideali del netto previste dal codice civile ritengo prudente ribadire un basilare, importantissimo, concetto che, però, ai più sfugge: il concetto di “Riserva”.

Se a non conoscerlo è un cassiere del Conad, un chirurgo, un cuoco o un astronomo, poco male;

quando, invece, ad avere idee distorte sul capitale netto e in particolare a ignorare cosa siano realmente le “riserve” è un magistrato, un avvocato, un funzionario del fisco o un parlamentare

[e l’esperienza mi dice che ben oltre il 90% di questi soggetti ha idee decisamente sbagliate su cosa sia il capitale netto e cosa siano le “riserve”, pur occupandosene professionalmente (nel senso di “nel loro lavoro”)], allora le conseguenze di tale ignoranza possono farsi pesantemente negative. Poiché non posso escludere che un giorno qualcuno di voi diventi un funzionario dell’agenzia delle entrate o un magistrato ecc., per prudenza dedico la prossima pagina esclusivamente al tentativo di minimizzare il rischio che anche voi, come troppi funzionari pubblici, magistrati ecc., possiate mai credere che le riserve abbiano qualcosa a che fare con i soldi, cioè siano qualcosa di assimilabile al deposito di Zio Paperone.

19’. … quindi, se qualcuno non l’avesse ancora capito ...

che sia ben chiaro:

le riserve

, comunque chiamate,