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Ripasso e approfondimento del concetto di tasso d’interesse

27.1 Cosa è l’interesse (nel suo significato più noto e superficiale) Che per usare i beni altrui sia necessario pagare un

prezzo, è assolutamente naturale: nessuno trova illogico od iniquo che per abitare in un appartamento di un altro gli si debba pagare l’affitto e che per noleggiare un’auto a Milano o un pedalò a Riccione si debba pagare. Il prezzo per l’uso degli immobili altrui (case e terreni) è spesso chiamato “affitto”, il prezzo per l’uso dei beni mobili altrui (auto, ombrelloni ecc.) è chiamato “noleggio” e il prezzoperl’usodeldenaroaltruièchiamato “interesse”.

Affitto, noleggio e interesse hanno la stessa natura: sono il corrispettivo(= il compenso, il prezzo)da pagare per usare qualcosa di cui non si è proprietari.

Mi preme far notare che solo una parte dell’affitto e del noleggio che l’utilizzatore paga serve a indennizzare il proprietario per l’usura provocata al bene, un’altra parte è invece il corrispettivo per il solo uso. Infatti, se anche il bene non si usurasse sarebbe comunque inevitabile dover pagare per il suo uso: se, per assurdo, le cose che usiamo fossero indistruttibili e inconsumabili (come, in effetti, è la moneta) e ci fosse la possibilità di prenderle a noleggio (cioè in prestito) gratuitamente, nessuno acquisterebbe qualcosa, essendo più conveniente sfruttare gratis i beni degli altri. Ma se nessuno acquistasse, nessuno produrrebbe per vendere agli altri, e allora si tornerebbe all’economia del paleolitico, quando ognuno produceva quasi tutto da sé e praticamente non c’erano scambi; si tornerebbe cioè nel mondo sognato da chi è contrario alla globalizzazione (e che quasi sempre nulla capisce di economia) e in cui, però, a dominare sarebbero miseria e fame.

Se è naturale pagare un prezzo per l’uso dei beni altrui, è quindi anche naturale pagare un prezzo (l’interesse) per usare il denaro degli altri, e cioè è naturale che il debitore, per usare il denaro del creditore, gli debba pagare un compenso, sebbene il denaro non si usuri con l’uso

(può stupire, piuttosto, che pretendere l’interesse sia stato considerato, per tanti secoli e in varie civiltà, una colpa).

Seilprezzodell’usodiuntandemè5€l’ora, a un gruppo di amici l’uso di 4 tandem per 3 ore costerà 4 x 5 x 3 = 60 €, essendo ovviamente il prezzo complessivo direttamente proporzionale allaquantitàusata(4 tandem),alprezzounitario(5 € per un tandem per un’ora) ealtempodiutilizzo(3 ore). Allo stesso modo, per determinare quanto costa usare 6.000 euro per 2 anni sarà sufficiente conoscere il prezzo unitario e moltiplicarlo per la quantità e per il tempo. Il prezzo dell’uso di 1 euro (o di una qualsiasi altra unità di moneta diversa dall’euro, come ad esempio di una sterlina o di un dollaro ecc.) viene in genere riferito (invece che ad un’ora come per il tandem o a un mese come per gli appartamenti) ad un anno di tempo, e viene chiamato “tasso d’interesse” e simboleggiato con “i” o anche con “r”, soprattutto se è espresso in percentuale (cioè in centesimi).

Così se “i” viene fissato in 0,07 € (che può anche essere scritto r = 7% o 7/100) significa che chi usa il denaro altrui paga 7 centesimi di euro per ogni euro preso in prestito per ogni anno di tempo che lo si è utilizzato. L’uso dei 6.000 euro per 2 anni costerà 6.000 x 0,07 x 2 = 840 euro. In simboli:

I = C xi xt, la stessa identica formula usata per calcolare il prezzo da pagare al bagnino.

27.2 Cosa è l’interesse (nel suo significato meno noto ma più profondo).

Salvo rarissime eccezioni, le persone danno ai beni un valore via via inferiore man mano che la lorodisponibilitàsiallontananeltempo,esehaideidubbileggiquisotto.

Preferiresti vincere oggi un biglietto per una crociera di una settimana in prima classesullaMSCPreziosa utilizzabile quando vuoi e già dall’anno 2020, oppure un biglietto identico però sfruttabile solo dal 2030? Presumo che tu preferisca il biglietto utilizzabile anche già da ora, e questo significa che la crociera identica, ma disponibile 10 anni più tardi, per te vale meno. Come vedi, l’allontanarsi della disponibilitàdi unbene,equindi anchel’allontanarsi della disponibilità deldenaro (perché il denaro serve perl’acquistodeibeni)nefadiminuireil valore.

NelbienniohaiimparatocheilValoreAttuale(ilvalorechehaadesso,cioèilvalorechehaoggi,inquestomomento)

di un certo capitale C che sarà disponibile solo in futuro fra t anni lo si calcola con la formula Va = C/(1 + ixt); così, applicando, ad esempio, un tasso r = 4% (i = 0,04 è la stessa cosa scritta in altro modo) a un credito di 10.000,00 che sarà incassato fra 180 giorni si ottiene che qual credito vale oggi

9.806,56 € [10.000/(1 + 0,04 x 180/365)] .

[ chi ha dei dubbi può fugarli seguendo il percorso contrario, cioè calcolando che interessi si ottengono, al tasso del 4% e in 180 giorni, da un capitale di 9.806,56 €: troverà 193,44 € (9.806,56x 0,04 x 180/365 = 193,44) che, sommati al capitale iniziale di 9.806,56, formano il montante di 10.000,00 € (9.806,56 + 193,44 = 10.000,00) ]

Quest’anno devi anche comprendere che il vero motivo che rende minore il Valore Attuale di un capitale rispetto al suo valore nominale che sarà disponibile in futuro (o, ed è la stessa cosa, il vero motivo che fa aumentare il Capitale nel tempo trasformandolo in un Montante futuro di importo maggiore) non sta nel fatto che il denaro “frutta”, origina, gli interessi: il denaro, in sé, serve a nulla (i soldi non si mangiano, non deodorano le ascelle e se li semini per terra non ottieni né grano né grana) e quindi il denaro, in sé, non produce (non crea, non “frutta”, non origina) alcun valore.

Il vero motivo per cui il Valore Attuale è inferiore al Capitale (e quindi anche la ragione per cui il Montante è maggiore del Capitale) è lo stesso che rende preferibile una crociera godibile fin da oggi rispetto a una che potrà essere goduta solo fra qualche anno.

Se per Diego Esposito (di Forcella, quartiere di Napoli) è indifferente (nel senso che è la stessa cosa, lo valuta allo stesso modo) ricevere oggiinregalo25bigliettiditribunaperilcampionato 2020/’21 delNapoli oppure riceverne30perilprossimo campionato 2021/’22, è perché Diego è disposto a pagare (a rinunciare a)

5 partite (5 = 30 - 25 ; Interessi = Montante-Capitale) pur di anticipare di un anno il godimento di 25 partite: il prezzo complessivo (5 partite) che è disposto a pagare per comprare una unità di tempo (l’anno) in relazione a 25 partite, equivale a un tasso (a un prezzo unitario) dello 0,2(o, ed è la stessa cosa, del 20%):

I = C x i x t → 5 = 25x i x 1 → i = 5 ÷ 25 → i = 20% .

Se volete comprendere a fondo il mondo economico e non soltanto conoscere gli aspetti tecnici del mondo finanziario (diventando così più preparati di buona parte dei manager bancari, del 90% dei giornalisti che parlano di economia, del 98% delle persone che si incontrano per la strada e del 99,5% dei politici) il concetto base che dovete interiorizzare è che l’interesse NON è un fenomeno monetario bensì è un fenomeno reale, un qualcosa cioè che ha a che fare con i beni (“reale” deriva da “res” che in latino significa “cosa”, nel senso di “bene”). Se (anche) la moneta ha a che fare con l’interesse è perché la caratteristica che hanno i beni d’essere sempre meno apprezzati (valutati oggi) all’allontanarsi del momento in cui potranno essere utilizzati si trasferisce alla moneta grazie al fatto che essa serve (solo) a comprare i beni, essendo lo strumento che permette gli scambi.

Poiché un € disponibile, utilizzabile, fra qualche tempo ha un valore diverso (quasi sempre minore) di un euro spendibile prima, non è possibile sommare o sottrarre somme di denaro relative ad anni

(a momenti) diversi: sarebbe come sommare due chili con tre etti e dire che fa cinque chili.

Così come per sommare 3 etti a 5 chili bisogna prima trasformare gli etti in chili (o i chili in etti) e poi fare 0,3 kg + 5 kg = 5,3 kg (o 3hg + 50hg = 53 etti), per fare calcoli tra somme di denaro disponibili in momenti diversi bisogna prima rendere tutti gli euro omogenei, equivalenti fra loro, cioè renderli di pari valore [e lo si fa trasferendoli nel tempo tutti in un unico momento, in genere l’oggi (ma va bene qualsiasi istante, anche il giorno della tua nascita)].

La matematica finanziaria serve a questo: rende confrontabili, e quindi sommabili, somme di denaro disponibili in momenti diversi; e la velocità, il ritmo con cui per noi il valorediuneurodiminuisceall’allontanarsidelmomentoin cui è disponibile è segnalata dal tasso d’interesse che decidiamo di usare per fare i calcolifinanziari.

Chi applica tassi puri [il concetto di tasso “puro” lo troverai a pag. 63 al punto 28.c)] elevati dà molto valore al tempo, chi ragiona con tassi bassi valuta poco il tempo.

Il tasso (puro) d’interesse è anche il prezzo di mercato del tempo.

Il tasso d’interesse a cui ognuno di noi è disposto a prestare il denaro (il prezzo a cui siamo disposti a sopportare il sacrificio del rinvio degli acquisti, del rinvio dell’utilità che traiamo da essi) è soggettivo, nel senso che cambia da persona a persona, così come è soggettivo il tasso di interesse che è disposto a pagare chi vuole anticipare gli acquisti (di beni sia di consumochediinvestimento) per goderne prima l’utilità, cioè chi chiede denaro in prestito.

L’uno e l’altro sono la stessa cosa, sono, come detto, il prezzo del tempo.

La media dei tassi (puri) d’interesse sul bene “denaro” con cui ragiona ogni operatore finanziario (cioè ognuno dei milioni di risparmiatori che offrono e dei milioni di prenditori che domandano il bene “uso del denaro”) è il tasso (puro) d’interesse espresso dal mercato, ed ecco perché ha un senso dire che

iltasso(puro)d’interessedimercatomisurailvalorechelasocietàdàaltempo.

Ecco perché (in caso di invarianza dei prezzi nel tempo, cioè di inflazione zero, e di debitore a rischio nullo) i tassi alti sono spesso un sintomo di vivacità della popolazione, segnalano la sua voglia di vivere e di fare, di costruire il futuro; i tassi bassi, invece, sono spesso indicatori del declino di una società che si accontenta di conservare il presente e non vuole, nell’immediato, né pagare più di tanto né correre troppi rischi per realizzare un futuro diverso.

E’ la cultura della stabilità e della conservazione, atteggiamento che è naturale e quindi comprensibile nei vecchi (come vecchia è la gran parte della nomenclatura, dal presidente della repubblica in giù), ma che addolora vedere così diffusa in tutta la popolazione, compresa quella giovanile (anche per effetto di un martellamento propagandistico talmente capillare ed esteso che avrebbe stupito lo stesso Goebbels).

28. Il V.A.N. e la valutazione dei beni d’investimento.

Ora ripartiamo dall’esempio della giacca magica con il quale vi ho, più sopra, fatto constatare come la variazione del tasso d’interesse influisce pesantemente sul valore percepito dei beni produttivi di reddito e quindi sul loro prezzo di mercato. In quel caso ho scelto di utilizzare un periodo lunghissimo (100 anni) per massimizzare l’effetto.

Per farvi constatare che l’influenza del tasso sul valore è comunque piuttosto pesante anche per investimenti con orizzonti temporali non così lunghi, ora vediamo un caso più normale; servirà anche per ripassare il metodo del V.A.N. (ValoreAttualeNetto) nella stima degli investimenti.

Prima, però, cinque righe per ricordarvi che, al di fuori degli esempi e degli esercizi scolastici, nel mondo reale, e cioè in azienda, il problema vero è trovare e scegliere i dati (il tasso

d’interesse, l’importo dei flussi di cassa, il numero di anni da considerare ecc.), e non è certo la loro elaborazione.

Insomma, le reali difficoltà che si incontrano in azienda nelle valutazioni sono, a scuola, già state superate nel momento in cui l’autore del testo si è inventato l’esercizio o l’insegnante ha preparatolaverifica.

E ora passiamo a vedere il problema (in termini scolastici, cioè con tutti i dati bell’e pronti) affrontando la valutazione di un investimento che ci viene proposto.

Ipotizziamo di dover valutare la convenienza di un investimento di, ad esempio, 100.000 € da pagare subito, da cui nei vari anni si attendono dei flussi di cassa netti [cioè delle differenze fra flussi di cassa positivi (in entrata) e negativi (in uscita)] di: 3.000 € nel primo anno, di 14.000in ognunodegliottoanni successivi al primoe di 10.000 ildecimoanno;riteniamo inoltreche allafinedel decimo anno l’investimento avrà perso interamente la sua produttività e quindi prevediamo di ottenere nulla daun’eventualesuacessione (= vendita).Nellatabellaquisottopuoileggerequestidati:

Investimento Flussi di cassa netti (entrate monetarie meno uscite monetarie) negli anni successivi all’investimento Flussi di

cassa - 100.000 3.000 14.000 14.000 14.000 14.000 14.000 14.000 14.000 14.000 10.000

anno 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Se facciamo la semplice somma algebrica di tutti i flussi di cassa (- 100.000 + 3.000 + 8 x 14.000 + 10.000)

otteniamo + 25.000, come dire che i 100.000 € spesi all’anno 0 permettono di ottenere in seguito flussi di cassa netti pari a 125.000 € (3.000 + 8 x 14.000 + 10.000). Ciò significa, se per noi il valore di un euro rimane immutato al variare del momento in cui è disponibile, che quell’investimento lo consideriamo conveniente essendo il suo valore attuale netto positivo (+ 25.000 €).

Dal punto 26.2 sappiamo, però, che ricevere 14.000 euro in futuro è giudicato, in genere, cosa piuttostodiversachericeverliimmediatamente:salvorarissimeeccezioni,lepersonedannoinfatti un valore via via inferiore ai beni man mano che la lorodisponibilitàsiallontananeltempo.

Sappiamo anche che poiché un € disponibile, utilizzabile, fra qualche tempo ha un valore diverso (minore) di un euro spendibile prima, non è possibile sommare, come abbiamo fatto prima, flussi di cassa relativi ad anni diversi.

Ora verificheremo come il giudizio di convenienza di un investimento, e quindi anche dei beni produttivinondibreveutilizzo(comeuntrattore,unbrevetto,unfabbricato,un’azienda,unvignetoecc.ecc.),muti(=cambi) al variare del tasso d’interesse scelto: se decidiamo di usare un tasso basso, diremo che l’investimento è un buon affare; se applichiamo un tasso più alto allora giudicheremo lo stesso investimento una fregatura.

Infatti, nel caso di prima (quellochecoltassodello0% avevaunvalorenettodi+25.000€), con il tasso ad esempio del 2%, la somma dei valori attualideiflussidicassarisultaancora positiva [ -100.000 + 2.941 + 13.456 + 13.193 + (...) + 8.203 = + 11.690 €], mentre se utilizziamo ad esempio il 10% gli stessi flussi di cassa hanno un valore negativo[ -100.000 + 2.727 + 11.570 + 10.518 + (...) + 3.855 = 25.518 €].

- 100.000 3.000 14.000 14.000 14.000 14.000 14.000 14.000 14.000 14.000 10.000 Valore attuale al tasso 0%

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 anni -100.000 2.941 13.456 13.193 12.934 12.680 12.432 12.188 11.949 11.715 8.203 Valore attuale al

tasso 2%

- 100.000 2.727 11.570 10.518 9.562 8.693 7.903 7.184 6.531 5.937 3.855 Valore attuale al tasso 10%

Ma come si fa a scegliere il tasso d’interesse da utilizzare per valutare un investimento? Per capirlo serve, preliminarmente, consolidare la comprensione del concetto di tasso d’interesse.

Cheiltassod’interessesiailprezzo(unitario)perl’usodeldenaroloavetesentitotantevolteinquesti anni a scuola; che sia la velocità con cui il valore di un euro (o di un’altra unità monetaria, dollaro, yen ecc.)

diminuisce man mano che si allontana la sua disponibilità, lo avete letto qui sopra poco fa.

Le due definizioni sono entrambe corrette; se la prima è più semplice da comprendere è perché siamo abituati a pagare per l’uso delle cose non nostre (che sia il noleggio di due pedalò a Gabicce Mare, l’affitto di un appartamento a Bagnolo o l’interesse di 20.000 € in prestito cambia nulla: il calcolo del prezzo dovuto è comunque quantità x

tempo x prezzounitario; nel caso del pedalò il tempo cui si riferisce il prezzo è l’ora, nel caso dell’affitto è il mese e nel caso di un euro è l’anno, ma l’operazione e il concetto sono gli stessi); la seconda definizione di interesse è, però, più efficace nel cogliere il significato di “interesse”, e se risulta più ostica è solo perché raramente ci soffermiamo a riflettere sulla perdita di valore dei beni all’allontanarsi della loro disponibilità;

questa definizione, più complessa, ha il vantaggio di far intuire meglio l’essenza del fenomeno

“interesse”, fenomeno che è del tutto naturale e inevitabile in quanto intimamente legato all’unicascarsitàineluttabileperl’uomo:lascarsitàdeltempoaluidisponibile(amenod’essereimmortali).

28.1 Le tre componenti del tasso d’interesse. Alle vostre conoscenze dovete ora aggiungerecheiltassod’interesseconcuisifannoicalcolifinanziarièlasommaditreaddendi:

a) il tasso d’inflazione atteso, b) il prezzo per il rischio, c) il tasso “puro”.

a) Il tassod’inflazionemisura la perdita (se l’inflazione ha tasso> di zero)di potere d’acquisto che una moneta (l’€, il $ USA, la £ sterlina ecc.) subisce nel tempo: se nel corso del 2019 in una certa area geografica i prezzi dei beni acquistabili sono mediamente aumentati del 2,1%, allora si dirà che in quell’area l’inflazione nel 2019 è stata del 2,1%; se, al contrario, i prezzi in un anno in media sono diminuiti dello 0,3%, allora in quell’anno c’è stata deflazione o, come anche si dice, un’inflazione negativa dello 0,3%.

Poiché i soldi non si mangiano, è chiaro che prestare soldi a un tasso inferiore del tasso d’inflazione significa, anche se il debitore rispetta l’impegno di restituire il capitale e di pagare gli interessi, ritrovarsi alla fine dell’operazione più poveri di quanto si fosse prima: se ho prestato 1.000 € per un anno al 5% ma l’inflazione in quell’anno è stata del 7%, con il montante accumulato a fine prestito (1.050 €) riuscirò a comprare meno beni (mangerò, viaggerò ecc. meno, quindi soddisferò meno bisogni) di quelli che avrei potuto acquistare prima di prestare [per acquistare gli stessi beni dovrei ora, infatti, spendere 1.070 €, e quindi me ne mancano 20 rispetto a quelli che mi ritrovo alla fine del prestito: significa che nell’anno mi sono impoverito dell’1,872%, pari a 20 su 1.070 (e come esercizio di logica cerca di capire perché ho fatto 20/1.070 e non 20/1.050)].

b) Il prezzo per il rischio è il prezzo che compensa la non certezza del buon esito della operazione: se ritengo che la probabilità che Andrea mi restituisca i 1.000 euro che mi deve sia minoredel90%,saròrazionalmentedispostoavendereilmiocredito(chescadeoggi)per900:i100

di differenza sono il prezzo della mia sicurezza e quindi del rischio che scarico sull’acquirente.

[La cosa può anche essere vista in questo modo: ci sono 1.000 palline in un’urna, 900 bianche e 100 nere. Se estrai una nera vinci nulla, se invece esce una qualsiasi delle 900 bianche vinci 1.000 € . Quanto sei disposto a pagare per un biglietto valido per un solo tentativo? Se sei perfettamente razionale ti spingerai fino a 899,99 €, cioè un centesimo in meno di 1.000 moltiplicato per la probabilità di riceverli, probabilità che è pari a 0,9 (900 / 1.000 cioè novecento possibilità su mille); come dire che 100 € è quanto pretendi per correre il rischio - oggettivamente del’10% - di perdere la somma puntata (e 0,01 € è il guadagno che matematicamente ti aspetti dall’operazione)].

La differenza fra il caso del credito e quello dell’urna sta nella modalità di individuazione del prezzo del rischio: si tratta di una stima soggettiva per il credito (stima basata su una quantità di informazioni a volte anche enorme, ma pur sempre stima soggettiva), mentre è un’applicazione oggettiva della logica edellamatematicanelsecondo. Iltruccoutilizzatodatantioperatori(spessoinconsapevolmente, nel senso che molti credono davvero in quello che fanno) per rassicurare sulla validità delle loro valutazioni dei prodotti finanziari chepiazzanosulmercato (spesso “fregando” così gli incompetenti, cioè il 95% dei risparmiatori, sianoonolaureati)staproprionelfarsembrareoggettiveleproceduredivalutazione,elofannonascondendo la soggettività dietro il paravento di caterve di dati statistici e la nebbia di calcoli raffinatissimi.

c) Il tasso puro d’interesse è il prezzo unitario che si formerebbe sul mercato per l’uso del denaro nell’ipotesi di inflazione attesa nulla e debitori certamente solvibili.

Come tutti i prezzi, anche il tasso puro varia continuamente nel tempo per effetto della sempre mutevole pressione (dimensione) sia della domanda sia dell’offerta di moneta (o, come anche si dice, domanda e offerta di credito, ché se chiedo di usare soldi non miei significa che sto chiedendo che mi sia fatto credito, e se offro l’uso dei miei soldi significa che sto offrendo credito). Quando l’economia “tira”, nel senso che la produzione e quindi i redditi [ricordo che il valore della produzione (sia quella di un’azienda sia il P.I.L. di un paese) coincide con la somma dei redditi (di coloro che, rispettivamente, con quell’azienda

hanno collaborato o in quel paese risiedono)] aumentano rapidamente, allora la domanda di credito si fa

più consistente [le aziende chiedono credito per fare nuovi investimenti che permettano di soddisfare l’accresciuta domanda dei loro prodotti; le famiglie, spinte dall’ottimismo a sua volta generato dai redditi in crescita, chiedono credito per acquistare più beni di consumo di quelli che riuscirebbero usando la sola liquidità che possiedono; gli enti pubblici chiedono più finanziamenti (ma questo, ahimè, lo fanno sempre, che l’economia sia in crescita o in declino: è nei loro cromosomi)] e, se l’offerta di moneta non aumenta proporzionalmente, allora i tassi salgono.

Molto più che nei secoli passati, nei sistemi finanziari moderni l’offerta di moneta può essere fortemente influenzata dal “banchiere centrale” (la B.C.E. per i l’euro, la FED per il dollaro, la BOJ per lo yen ecc.) il quale, oggi, può così regolare i tassi d’interesse in modo che si avvicinino a quelli che ritiene più opportuni per i vari orizzonti temporali (a breve, a medio o a lungo termine). La capacità tecnica dei banchieri centrali di regolare l’offerta di moneta e quindi di credito e con essa i tassi d’interesse è enormemente aumentata negli ultimi decenni (grazie ai progressi scientifici in economia monetaria ma soprattutto grazie alla disponibilità di informazioni ora ben più copiose, attendibili e tempestive) e questo, tra l’altro, spiega perché mentre nel 1929 la FED dell’allora governatore Roy Young non riuscì a gestire la crisi finanziaria che così portò alla depressione economica (da cui gli USA uscirono solo una quindicina d’anni dopo), nel 2007 la FED di Ben Bernanke, allievo di Milton Friedman, è riuscita a evitare il peggio e a contenere i tempi della crisi economica a una decina di trimestri (nel 2010 il PIL americano era già tornato sopra il livello pre-crisi).

In periodi (come l’attuale) di inflazione molto bassa (da qualche anno, fortunatamente, l’inflazione oscilla tra lo zero e il

In periodi (come l’attuale) di inflazione molto bassa (da qualche anno, fortunatamente, l’inflazione oscilla tra lo zero e il