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Ricavi, costi e reddito

I concetti di patrimonio lordo, debiti e patrimonio netto credo si possano comprendere senza molto sforzo.

Più difficile è, invece, capire i significati corretti di ricavo, costo e reddito, comprendere il vero sensochequestitreterminihanno in ambito aziendale ed essere così in grado di cogliere il senso dei discorsi quando queste parole le si utilizza in azienda.

Cogliere il giusto senso di questi termini è non facile soprattutto perché ai primi due vocaboli (ricavo e costo) si è abituati, fin da bambini, a dare un significato diverso: il ricavo lo avete sempre inteso come il prezzo di vendita, come la somma di denaro che si ottiene dalla vendita di qualcosa, mentre il costo come il prezzo di acquisto, la somma che si paga quando si compra qualcosa; ma in economia aziendale un “costo” è altra cosa da un “costo d’acquisto” e un “ricavo di vendita” non necessariamente è un “ricavo”.

Per capire l’economia aziendale le vecchie definizioni di ricavo e costo dovete lasciarle alle vostre spalle: d’ora in poi dovrete sempre distinguere un “costo” da un “costo d’acquisto”eun“ricavo”daun“ricavodivendita”.Sonomolti icostid’acquistochenonsonocosti, perciò confondere il costo con il costo di acquisto è una mostruosità imperdonabile;

tra i ricavi di vendita e i ricavi, invece, c’è maggiore corrispondenza ma certo non coincidono.

Attenzione, non sto dicendo che sia sbagliato utilizzare il termine “ricavo” o la parola “costo”

con il significato, rispettivamente, di prezzo di vendita e di prezzo d’acquisto: dico che quando si è in ambito aziendale ai termini ricavi, costi e reddito si dà un senso totalmente diverso da quello che assumono nell’uso comune.

Sono tante le parole che hanno contemporaneamente più significati: per esempio “affetto” è sia un sentimento sia chi è colpito da una malattia; una biolca è sia un’unità di superfice dei terreni sia una donna villana; il “cappotto” è sia un vestito invernale che una pesante sconfitta sportiva.

Se scrivo che il Barcellona ha rifilato un cappotto alla Juventus, nessuno di voi intende che la squadra di Messi ha cucito un capo di vestiario invernale a quella di Ronaldo; allo stesso modo, quando scrivo che i costi di aprile di una certa azienda sono stati 450.000 € e i ricavi

500.000 € nessuno di voi deve pensare che in aprile quell’azienda abbia acquistato beni per

450.000 e ne abbia venduti per 500.000 €.

Nella prossima pagina trovate il significato corretto, nel linguaggio aziendale, di ricavo, di costo e di reddito. Comprendetelo, imparatelo e assimilatelo profondamente, perché deve penetrare nel vostro DNA.

Il ricavo è dato dal valore di ciò che si produce, non dal valore di ciò che si vende; quindi, se in ottobre vendi per 10.000 € tutti e soli beni che avevi prodotto in settembre e fai nient’altro,non produci nulla, allora in ottobrei tuoi ricavisono zero e i 10.000 sono un ricavo di settembre. In ottobre tu hai, sì, avuto 10.000 € di vendite, e magari anche di incassi (se chi ti ha comprato i beni te li ha anche pagati in ottobre), ma hai avuto ricavi nulli, pari a zero, perché in quel mese non hai prodotto alcun bene.

Poiché per produrre occorre tempo (nell’istante tutto è immobile, nulla accade) allora è inevitabile che il dato dei ricavi sia un dato di flusso in quanto deve necessariamente riferirsi a un periodo (se uno mi dice “nell’aprile 2020 ho prodotto beni del valore di 21.000 €” o “nell’intero anno 2019 il valore della mia produzione è stato 987.654 €” mi dà delle informazioni; se però mi dice “i miei ricavi (o il valore della mia produzione) sono 50.000”alloraoèunoscemochestadandoariaaidenti,ononmivuoledarealcunainformazione sui suoi ricavi, perché beni di 50.000 € di valore prodotti in un giorno è una cosa, 50.000 € di valore prodotti in due anni è un’altra.

Il costo èdato dal valore distrutto dei fattori produttivi (beni, dati e lavoro)che si usano per produrre, non dal valore di ciò che si acquista; se all’inizio del 2020

un’impresaedile(= un’azienda che costruisce edifici, case)ha comprato una gru per 80.000 €, il costo sostenuto nel

2020 per la gru NON è 80.000 €: 80.000 € è il costo dell’intero periodo (e con questo ribadisco che i costi sono dati di flusso) in cui la gru viene usata, e se è prevedibile che quella gru possa essere utile all’azienda per 10 anni allora il costo sostenuto per la gru nell’anno 2020 è stimabile in 8.000 €, e sarà anche di 8.000 nel 2021, nel 2022 e per tutti gli anni fino al decimo di vita della gru, quando non sarà ormai più utile e quindi il suo valore sarà pari a zero. Gli 80.000 € di valore che la gru ha quando è nuova sono destinati a diminuire lentamente nel tempo man mano che invecchia (e quegli euro di valore perso dalla gru si trasferiscono gradualmente nelle case nuove che la gru contribuisce a produrre, come il valore della farina si trasferisce nel pane del fornaio) ed è questa diminuzione di valore subita in un certo periodo a essere il costo relativo alla gru per quel periodo, non certo il prezzo dell’acquisto né tantomeno i soldi pagati nel periodo per acquistarla.

Ilredditodiunperiodoèdatodalladifferenzafrairicavieicostidiquelperiodo;perciò,inbaseai precedentipunti,

il reddito di un periodo è la differenza fra il valore di ciò che si produce in quel periodo e il valore perso dai fattori produttivi usati nel periodo. Il reddito di un periodo può anche essere determinato facendo la differenza fra il Capitale Netto aziendale alla fine del periodo meno il Capitale Netto che l’azienda aveva all’inizio del periodo.

Il reddito di un periodo può quindi essere misurato dall’arricchimento (o dall’impoverimento, se il reddito è negativo) aziendale provocato dalla attività svolta in quel periodo. Su quest’ultimo concetto, certamente non semplice e tutt’altro che banale, torneremo comunque più di una volta.

10. La contabilità e la contabilità generale (Co.Ge.)

Come già detto, la contabilità, - o, per usare un termine più up to date, il “management information systems” (italianamente “sistema informativo aziendale”) ha la funzione di fornire i dati necessari per prendere decisioni corrette al fine di migliorare l’efficienza aziendale

(cioè per fare in modo che l’azienda massimizzi l’utile, concetto che un tempo era con naturalezza definito “profitto” ma che ora, dopo decenni di demonizzazione da parte della non-cultura economica dominante, sempre più spesso questo termine lo si sostituisce ipocritamente col suo sinonimo “creazione di valore”).

Esistono tante branche della contabilità, ma già sappiamo che qui ci occuperemo soprattutto della cosiddetta “contabilità generale”, quella a cui si dedica soprattutto il personale amministrativo (i ragionieri) e che rileva i fatti esterni, quelli che mettono in relazione l’azienda con l’ambiente (economico) che la circonda; più avanti nell’anno vi farete un’idea dell’altra principale contabilità: la “contabilità industriale” (o “dei costi”), la quale rileva soprattutto i fatti interni di gestione e impegna soprattutto il personale tecnico (gli ingegneri e i periti industriali).

La contabilità generale ha cinque funzioni principali (a. b. c.d. e.):

a. informare sul valore di ogni elemento patrimoniale dell’azienda in un qualsiasi momento,quindifornire dati di stock(quanti € di credito abbiamo ora verso il cliente X, quanti di debito verso il fornitore Y, quale era il saldo del c/c Credem il 31.3.2017, quale è adesso il valore del nostro fabbricato di via Zatti, quanti € di debito avevamo il 31.3.2020 nel mutuo Unicredit., quanti sono adesso i crediti complessivi ecc.);

b. informare sul valore di ogni elemento reddituale che transita nell’azienda in un qualsiasi periododitempo, quindi fornire dati di flusso (quanti € di merci abbiamo venduto al cliente X nel 2°

trim. 2020, quanto abbiamo venduto negli U.S.A. nel 2017, quantid’energiaelettricaabbiamoacquistatonel2018, quantogasolioper autol’anno scorso, quantiinteressisonomaturatineltrim.‘20sulmutuoUnicreditecc.);

c. informare sulla situazione patrimoniale complessiva che l’azienda ha (aveva) in un qualsiasi momento della sua esistenza, dalla sua nascita a oggi. Questa informazione è offerta dallo “stato patrimoniale” a un certo istante, una “fotografia” dell’azienda, fotografia che assume la forma di un prospetto in cui si evidenziano da una parte (a sinistra) gli

“impieghi”, cioè i valoriattivipatrimonialie,dall’altra(adestra),le“fonti”, ovveroil“capitaledi terzi” (cioè i debiti) e il “capitaleproprio”aziendale, che si ottiene come differenza fra attivo e debiti. Debiti(capitale di terzi) e “Netto”(capitale proprio), come sappiamo,sono infatti le due uniche

“fonti di finanziamento” dell’attivo aziendale, le fonti attingendo dalle quali l’azienda ha potuto acquisire l’attivo patrimoniale.

Il capitale di terzi viene suddiviso in due macro-voci: I. i debiti propriamente detti, cioè gli impegni di valore certo che l’azienda ha verso soggetti noti; II. i debiti chiamati “fondi”, che sono impegni di valore incerto e/o che l’azienda ha nei confronti di soggetti non ancora individuati (dei debiti-fondi parleremo a pagina 83 al punto 33.7). Centrano nulla con questi “fondi” i “fondi rettificativi dell’attivo”, in quanto i fondi rettificativi NON sono fonti di finanziamento ma semplicemente importi correttivi di qualche valore dell’attivo, come – ad esempio – le immobilizzazioni (il cui valore d’acquisto viene corretto dal fondo ammortamento), i crediti (il cui valore nominale viene corretto dal fondo svalutazione crediti)ecc.

Il capitaleproprio (il netto) puòaveredueorigini:

I. provenire da fonti esterne, cioè dagli apporti (al netto di eventuali prelievi) effettuatidaltitolareodai sociafavoredell’aziendache,inquestomodo,è come se beneficiasse di una donazione;

II.può provenire dall’interno, cioè dal reddito realizzato dall’azienda stessa (al netto di eventuali perdite)

che,senonvieneprelevato,costituiscel’autofinanziamentoaziendale(sucuitorneremoanchealpunto39.1). Visti dalla parte del soggetto finanziatore e non dell’azienda finanziata, mentre il capitale proprio aziendale è detto “capitale di rischio” (perché chi lo apporta non può sapere in anticipo se il suo investimento sarà o no profittevole), il capitale di terzi è detto “capitale di debito” (anche se chi finanzia l’azienda con capitale di debito non può certo illudersi di non rischiare i propri soldi: rischia solo di meno; e ora prova a pensare perché “di meno” e se trovi una risposta proponimela: nel caso sia ragionevole sarai premiato).

d. Informare sull’andamento economico complessivo dell’azienda in un qualsiasi periodo della sua vita. Questa informazione è offerta dal “conto economico” del periodo, un

“filmato” sotto forma di un altro prospetto in cui appare da una parte (a destra) cosa l’azienda ha prodotto nel periodo che ci interessa e quanto vale questo output; dall’altra (a sinistra) ci mostra quali input l’azienda ha impiegato nel periodo e quanto è stato il valore di questi input consumato nel periodo (valore che si è trasferito nell’output ottenuto). Come già detto e come ripeterò ancora, la differenza fra valore della produzioneottenuta e valore degli input usati è il reddito aziendaledelperiodoconsiderato.

e. Ricostruire in un qualsiasi momento le vicende aziendali accadute in un qualsiasi periodo della vita aziendale, anche a distanza di molti anni; ciò, tra l’altro, rende possibile il controllo di quello che è stato fatto.

Lo studente professionalmente inesperto è portato a pensare che quest’ultima funzione venga svolta ottimamente dal “libro giornale” (cioè da quella sorta di diario in cui sono annotate cronologicamente le operazioni aziendali man mano che accadono) e che questo contraddica quanto da me sempre detto e come anche leggerete (fra una decina di pagine, alla fine dell’esercitazione della F.F. Garden di Flora Fito) circa l’inutilità di questo stupido obbligo contabile apprezzato solo da giudici e avvocati; ebbene, lo studente inesperto sappia che qualsiasi persona dotata di una qualche conoscenza di economia aziendale mai ha svolto alcuna ricerca e indagine su fatti accaduti in azienda utilizzando il “giornale”:

sempre, infatti, lo strumento che si usa è il “conto” [che, nella versione reale e non scolasticamente semplificata, al posto del numero di riferimento dell’operazione vede un ampio spazio in cui è descritto il fatto registrato e sono riportati i riferimenti e il numero di protocollo dei documenti che testimoniano quel fatto, indicando anche il luogo in cui i documenti stessi sono stati archiviati (fisicamente e/o elettronicamente)].

Lo “stato (o situazione) patrimoniale” esistente nell’istante T1 e il “conto economico” del periodo compreso fra quell’istante T1 e un momento precedente T0 sono i due documenti di gran lunga più importanti che formano il “Bilancio” dell’esercizio (del periodo) che va da T0 a T1

(e, infatti, sono gli unici due documenti descrittivi della situazione aziendale obbligatori per tutte le imprese).