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Due problemi per i naturalisti di seconda natura

Capitolo 6. La normatività

6.4. Due problemi per i naturalisti di seconda natura

6.4. Due problemi per i naturalisti di seconda natura

Se consideriamo ora la proposta dei naturalisti di seconda natura si è detto che alcune difficoltà riguardano il modo in cui viene intesa la seconda natura293, il suo rapporto con la prima natura, e anche come la prima natura sia normativamente rilevante per l’agire e per l’individuazione delle virtù. La soluzione di Annas è interessante perchè si propone di superare i limiti della riflessione di Hursthouse in modo da fornire una concezione della moralità che tenga conto dell’agire umano sempre all’interno di una cornice naturalistica. Rispetto al dilemma menzionato, un problema per la soluzione di Annas riguarda la possibilità di adottare un’antropologia valutativa, pensata nei termini della stronger

relationship tra fini e razionalità, che sia in grado di fornire un criterio fattuale e naturale per

giustificare l’agire virtuoso294. Per Annas, come detto, il rapporto tra fini e razionalità, tra prima natura e seconda natura, si risolve mostrando come la prima natura fornisca il materiale su cui la ragion pratica deve lavorare. Il vincolo della razionalità sulla prima natura è più forte di quello pensato da Hursthouse perchè la natura umana è utile solo per sapere in quali contesti un essere umano può realisticamente fiorire, mentre la normatività dell’agire è da ricondurre alla capacità della ragion pratica di individuare i criteri per l’agire virtuoso.

292 “On this stronger view, all of our social animal nature is transformed by its being activated, as we live, in a rational way “. Annas, Virtue ethics: What Kind of Naturalism?, p. 22.

293 Cfr, De Caro-Vaccarezza-Niccoli, Phronesis as Ethical Expertise: Naturalism of Second Nature and the

Unity of Virtue, p. 292.

294 Questo dubbio è analogo alla critica che Brüllman solleva rispetto al metodo neurathiano di Hursthouse ed è rilevato anche da Lenman, Stanford Encyclopedia, Moral Naturalism, pp. 23-24.

6.4.1. Come individuare l’agire virtuoso?

Questa idea è sviluppata in Intelligent Virtue attraverso la distinzione tra

circumstances of a life e living of a life. Nello specifico, la prima natura inserendosi

all’interno delle circumstances of a life è il punto di partenza da cui la razionalità deve partire per acquisire la virtù.

Tuttavia, in questo caso Annas sembra suggerire che la natura umana abbia un ruolo solo passivo e contingente rispetto all’acquisizione dell’agire virtuoso. Infatti, se una virtù è tale per la razionalità che esprime, allora la prima natura non sembra avere nessun ruolo normativo. In altre parole, nella misura in cui Annas considera la nozione di prima natura come una natura biologico-scientifica che richiede di esser collocata in una cornice etica, la questione dell’individuazione delle virtù sembra dipendere da un criterio razionale.

Lorenzo Greco, per questa ragione, sottolinea che la proposta di Annas presenta molte caratteristiche in comune con il costruttivismo kantiano, perchè l’agire moralmente rilevante è individuato a partire da criteri che riguardano il funzionamento della razionalità: “In questo è possibile notare un’affinità con certi approcci etici di tipo costruttivista, che hanno in Kant il proprio campione (si pensi a Christine Korsgaard), per i quali l’etica non corrisponde ad alcuna realtà esterna da conoscersi, né va ricondotta a una certa idea di natura umana, ma è un costrutto dell’attività riflessiva degli agenti”295. Questa lettura mi sembra coerente con l’idea di Annas per cui la prima natura è parte delle circumstances of a life di un essere umano.

Allo stesso tempo, Annas non sembra approfondire come la razionalità possa individuare dei criteri per discriminare l’agire virtuoso e, per questo, la distinzione tra

circumstances of a life e living of a life sembra suggerire che le virtù siano tratti del carattere

solo contingentemente virtuosi. In altre parole, se Annas sostiene che una virtù è tale per la razionalità che esibisce, ma non chiarisce, poi, in che modo la razionalità possa individuare criteri per discriminare l’agire virtuoso, allora si potrebbe sostenere che l’individuazione e l’acquisizione dell’agire virtuoso dipendono dalle circostanze in cui si trova un agente e su cui può lavorare la razionalità. In questo modo, come scrive C. Vogler, se l’acquisizione della virtù è una questione di contingenze data, per esempio, dall’insegnamento che riceve

295 E ancora: “Un richiamo all’unificazione delle vite degli agenti grazie all’esercizio dell’intelligenza pratica che ricorda anch’esso considerazioni sviluppate di recente in ambito costruttivista kantiano, ma che Annas declina in termini di un’etica della virtù”, in L. Greco, Aspirazione, riflessione e felicità. L’etica della virtù di

un essere umano, non è chiaro come chi non riceva un’educazione virtuosa possa acquisire le virtù296.

Questo problema mi sembra riconducibile al fatto che, in realtà, Annas non sembra propendere per una soluzione “costruttivista” rispetto all’individuazione dell’agire virtuoso e, in maniera un pò sorprendente, sembra reintrodurre proprio il riferimento alla natura umana per fornire un criterio con cui individuare le virtù.

In particolare, quando Annas in Intelligent Virtue si chiede come si possano individuare i tratti del carattere virtuosi non sembra accontentarsi di una soluzione che faccia dipendere la virtuosità di un tratto del carattere da considerazioni razionali e dalla capacità riflessiva della ragion pratica di individuare tali ragioni. Pur sottolineando il carattere attivo dell’eudaimonia, Annas quando deve circoscrivere le virtù che conducono alla vita eudemonica, sorprendentemente afferma che è probabile che vi sia una base nella natura umana per alcune delle virtù principali. Come si è detto nella seconda parte, tale soluzione potrebbe essere coerente con il modo di intendere la prima natura in senso positivo. Tuttavia, in Intelligent Virtue non viene chiarito in che senso possa esserci una base nella natura umana per le virtù e mi sembra che il problema dell’individuazione dell’agire virtuoso sia incompleto o quantomeno soggetto a due possibili letture a seconda di come venga intesa la prima natura, se nel senso di prima natura positiva o nel senso di prima natura negativa.

6.4.2. L’analogia con la normatività subrazionale

Un secondo problema nell’impianto di Annas, riguarda la coerenza della stronger

relationship tra fini e razionalità con la possibilità di considerare la moralità in una cornice

naturalistica. Si può ricordare, infatti, che per Annas un merito del naturalismo neo-ariostotelico è l’aver inserito la moralità nel mondo naturale dei viventi.

Annas propone una concezione scientifica della normatività subrazionale in linea con quella di Hursthouse, per cui piante ed animali sono determinati a muoversi in un certo modo

296 “Ma se si studia la vita di uomini eticamente esemplari, si nota immediatamente che un'educazione appropriata non sembra essere necessaria per la virtù. Nei giorni bui, le cose vanno diversamente: è superando l'educazione dei genitori che agiscono male, o superando i comportamenti di chi ricerca esperienze con chi agisce male anche se i genitori hanno agito bene, che esseri umani eticamente esemplari sono diventati dei modelli”. “But if you make a study of the lives of famously ethically exemplary adults, you will quickly learn that an apparently appropriate upbringing seems not even to be necessary for virtue. On dark days, it can seem that things go the other way around: it is by overcoming upbringing by parents who act ill, or seeking experience with those who act ill if one’s parents have acted well, that ethically exemplary human beings came to be exemplary”. Vogler, “Natural Virtue and Proper Upbringing”, in Peters, Aristotelian Ethics in

perchè non hanno la facoltà della razionalità297. Al contrario, per l’essere umano, la razionalità sembra introdurre un tipo di movimento e un modo di concepire la normatività che non ha una controparte nel mondo vivente non umano. È per questa ragione, che, quindi, Annas quando propone la nuova relazione tra fini e razionalità suggerisce che ci si debba fermare nel rilevare le comunanze tra normatività subrazionale e razionale298.

A questo punto, però, mi sembra che sul piano normativo Annas abbia delle difficoltà nel poter proporre un’analogia tra le sfere della normativà vivente. Infatti, nel paragrafo precedente si è messo in luce che la proposta di Hursthouse sembra importare nel mondo umano una concezione della normatività biologico-scientifica propria dal mondo vivente non umano. Per questa ragione, allora, Annas rileva che per salvaguardare una concezione della normatività che tenga conto de ruolo attivo della razionalità, non è possibile attribuire alla prima natura, almeno intesa in senso negativo e di cui è possibile rinvenire delle somiglianze col mondo animale, alcun ruolo normativo se non nei termini di ciò che è inevitabile per l’essere umano.

In tal senso, se la normatività scientifica subrazionale individua una relazione tra fini e natura in cui un vivente è determinato per natura verso certi fini e se, per Annas, non è possibile rinvenire questo tipo di normatività biologico-scientifica nel mondo umano, allora non è chiaro su che base si possa instaurare l’analogia normativa. In altre parole, anche qua mi sembra che ritorni il problema di come possa essere intesa l’analogia a partire da una nozione di prima natura che sembra essere vincolata al metodo scientifico e che non considera al suo interno la capacità di agire, il cui esercizio permetterebbe di mostrare la relazione preferenziale tra prima e seconda natura. Mi sembra, quindi, che Annas non specifichi e non approfondisca come si possa mantenere una continuità tra sfere normative che tenga conto del ruolo normativo dell’agire.

Nel prossimo capitolo, vorrei provare ad affrontare le problematiche di Annas ed Hursthouse investigando una possibile linea di ragionamento che sia in grado di mantenere

297 Annas, Virtue ethics: What Kind of Naturalism?, p. 23.

298 “Una forma più forte di naturalismo rispetto a quello aristotelico deve sottolineare ciò che ci rende diversi

dalle piante e dagli animali. Quindi non è particolarmente utile dal punto di vista etico sottolineare le continuità tra i modelli valutativi nella vita delle piante e degli animali e i nostri modelli- a parte il fatto che facciamo parte della natura”. “A stronger form of naturalism than the Aristotelian kind does have to stress what makes us different from plants and animals. Thus it does not find it particularly helpful from the point of view of ethics to stress the continuities between the evaluative patterns in the lives of plants and animals and those in ours – other than the fact that we are part of nature”. Ibidem.

una certa analogia tra sfere di normatività vivente e, allo stesso tempo, renda conto della relazione normativa tra prima e seconda natura.