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Il concetto di natura nel naturalismo neo-aristotelico

Introduzione

Il naturalismo neo-aristotelico abbraccia 4 tesi definitorie che lo inseriscono tra chi propone una forma di realismo morale declinato naturalisticamente. Un problema per queste posizioni è il cosiddetto justification problem in cui viene affrontata la questione dell’agire buono/doveroso/virtuoso. Per il naturalismo neo-aristotelico, il problema assume la forma di un dilemma che coinvolge il riferimento alla natura umana.

Nella prima parte, si è detto che le critiche connesse al primo corno del dilemma sono inefficaci perché non considerano nel modo corretto alcune tesi costitutive del naturalismo neo-aristotelico. Tra queste: un diverso modo di concepire il significato del termine “morale”, un diverso modo di pensare la giustificazione dell’agire virtuoso e una concezione dell’agire in cui si sottolinea l’aspetto di bene sotto cui è compiuta. Tuttavia, si può notare che non è ancora chiaro perché il naturalismo neo-aristotelico possa evitare di cadere all’interno del primo corno del dilemma e non adottare una nozione non scientifica di natura umana. Infatti, la revisione del rapporto tra agire e moralità, l’esplicitazione dell’orientamento al bene dell’agire e un modo nuovo di pensare l’impresa giustificativa in etica sono tesi che, in linea di principio, non escludono la possibilità di adottare un’antropologia scientifica.

In particolare, una posizione scientifico-naturalistica potrebbe provare ad accogliere sia l’idea per cui non è possibile “giustificare la vita etica dal di fuori”, sia la tesi per cui la moralità non coincide con una sfera esclusiva di azioni. Un po' più complicato sarebbe considerare la natura umana tenendo conto della struttura teleologica dell’agire, ma uno degli obiettivi principali dei naturalismi scientifici riguarda proprio la possibilità di accettare in maniera coerente spiegazioni teleologiche.

Perché allora il naturalismo neo-aristotelico sostiene di non essere una forma di naturalismo scientifico? Perché la maggior parte dei critici, invece, rifiuta questa possibilità?

La soluzione del primo problema credo possa passare dall’analisi del secondo. Infatti, un aspetto rilevante che accomuna gran parte delle critiche ai neo-aristotelici è il sospetto che questa posizione non possa non essere una forma di naturalismo morale scientifico161. In questo senso, mi sembra che le alternative nel dibattito si siano cristallizzate secondo due linee interpretative opposte circa la strategia neo-aristotelica: per i suoi sostenitori l’antropologia adottata è valutativa, per i critici il concetto di natura umana è, invece, scientifico.

Ora, si è detto che il progetto programmatico di Foot e Hursthouse cerca di salvaguardare l’oggettività del giudizio morale attraverso un riferimento fattuale che è anche naturale. Proprio la comprensione della naturalità del criterio fattuale sembra essere alla base della difficoltà interpretativa circa la strategia neo-aristotelica. In generale una spiegazione naturalistica162 della moralità deve poter escludere il ricorso a entità soprannaturali o a

161 Secondo i critici il problema è rintracciabile già in Aristotele e, quindi, si propaga anche ai neo-aristotelici.

162 Cfr. Caro M., – Macarthur D. (eds.), Naturalism and normativity, Columbia University Press, New York 2010, p. 3.

facoltà non-naturali. Foot e Hursthouse, in tal senso, si propongono di fornire una spiegazione naturalistica della moralità attraverso il riferimento a fatti della natura umana. In aggiunta, il naturalismo neo-aristotelico non si accontenta di mostrare la naturalità della morale attraverso il ricorso alla natura umana, ma afferma che la morale è naturale perché è rintracciabile un corrispettivo analogo nel mondo dei viventi. È possibile instaurare, cioè, un’analogia tra la moralità e la normatività che caratterizza il mondo di piante ed animali. Questo secondo passaggio non è chiarissimo. Infatti, perché la dipendenza della moralità da fatti natura umana non basta ai neo-aristotelici per fornire una spiegazione naturalistica? Perché non concentrarsi proprio sul modo in cui un’antropologia valutativa potrebbe fornire una soluzione di questo tipo?

In questo caso il naturalismo neo-aristotelico sembra voler evitare di reintrodurre a livello della natura umana il ricorso a entità soprannaturali o facoltà conoscitive non naturali. Di conseguenza, è nell’analogia tra sfere di normatività che pensa di individuare il criterio per mostrare la naturalità della morale.

Proprio questa mossa si rivela problematica. Infatti, rispetto ai fatti morali, il naturalismo neo-aristotelico sembra poter accogliere una forma di naturalismo liberalizzato, secondo la definizione di De Caro163, per cui la naturalità di un fatto morale non dipende dal metodo delle scienze naturali. Al contrario, rispetto alla normatività naturale sub-razionale la non dipendenza dal naturalismo scientifico non è così chiara. Vediamo perché.

Si è detto che il naturalismo neo-aristotelico intende adottare un’antropologia valutativa. Questa espressione suggerisce che i) la natura umana sia rilevante per il discorso morale e ii) che sia possibile guadagnare una nozione di natura umana in maniera indipendente dal metodo scientifico. Inoltre, rispetto al termine valutativo, si può dire che:

163 Nella voce della Stanford Encyclopedia il naturalismo morale è presentato solo nella versione scientifica: “Abbiamo detto che il naturalismo morale coniuga tre tesi: il Realismo morale per cui ci sono fatti morali oggettivi, indipendenti dal riconoscimento di un soggetto. Il Naturalismo metafisico per cui i fatti morali sono fatti naturali. Il Naturalismo epistemico: le affermazioni morali sono vere nello stesso modo in cui lo sono le affermazioni delle scienze naturali”. “We have said that moral naturalism is a conjunction of three claims: Moral Realism: There are objective, mind-independent moral facts. Metaphysical Naturalism: Moral facts are natural facts. Epistemic Naturalism: We know moral claims are true in the same way that we know about claims in the natural sciences”. Lutz, Matthew, Lenman James, "Moral Naturalism", The Stanford Encyclopedia of

Philosophy (Fall 2018 Edition), Edward N. Zalta (ed.), URL = <https://plato.stanford.edu/archives/fall2018/entries/naturalism-moral/>.. Secondo De Caro, però, la proposta neo-aristotelica è una forma di naturalismo liberalizzato. La differenza tra naturalismo liberalizzato e naturalismo scientifico è che: “presuppongono quadri concettuali e linguaggi completamente diversi (White afferma che si possa parlare, in questo contesto, di vera e propria incommensurabilità). Ciò non significa che le prospettive si contraddicano (come invece pensano tanto i naturalisti scientifici che gli antinaturalisti): semplicemente, esse parlano con modalità diverse di cose diverse (da una parte enti che obbediscono alle leggi di natura; dall’altra agenti liberi, razionali e responsabili)” De Caro, Naturalismo scientifico e naturalismo

iii) la valutazione morale dipende da criteri che non sono i desideri contingenti164 dell’agente e, allo stesso tempo, iv) ogni agente è inserito in un contesto dove certi tratti della natura umana sono già stati valutati moralmente, evitando così l’assunzione di un punto di vista di Archimede. Anche Hacker-Wright recentemente ha evidenziato come l’antropologia footiana presenti un elemento trascendentale precedente alla conoscenza empirica della natura umana. In questo modo, il naturalismo neo-aristotelico sembrerebbe veramente proporre una soluzione in grado di individuare criteri fattuali naturali e non scientifici. Questa soluzione, però, sembra tralasciare, o comunque non affrontare a sufficienza, la questione del fondamento su cui si basa l’analogia tra moralità e normatività sub-razionale che, soprattutto nella proposta di Hursthouse, è ontologico.

Il vantaggio dell’analogia tra giudizi normativi consiste nella semplicità esplicativa con cui si può rendere conto della relazione tra natura e normatività. La vita di animali e piante, infatti, ci sembra abbastanza semplice. Per questo l’analogia tra sfere di normatività fornisce un paradigma alternativo ed efficace in grado di aiutare nella comprensione della sfera della moralità e individua, inoltre, un criterio ulteriore, in questo caso un’altra realtà, che sembra essere “più” naturale per rendere conto della naturalità della moralità. Se la normatività morale fosse, infatti, una caratteristica esclusivamente umana, si potrebbe sospettare che si stia reintroducendo, a livello di natura umana, una facoltà particolare o un’entità soprannaturale per spiegare la moralità.

L’analogia tra giudizi normativi sembra, però, avere almeno due problemi. In primo luogo, limitarsi ad individuare un’analogia con un’altra realtà, quella dei viventi non umani, di per sé non garantisce che, anche nella la natura vivente non umana, non si possa reintrodurre una spiegazione supernaturalistica o nonnaturalistica della normatività. In altre parole, si potrebbe sollevare lo stesso dubbio già avanzato rispetto alla natura umana. Infatti, l’esclusione di una spiegazione supernaturalistica o non naturalistica della moralità è possibile solo attraverso l’individuazione di un criterio che mostri quali caratteristiche deve possedere una spiegazione naturalistica165.

In secondo luogo, solitamente lo studio del mondo vivente non umano è strettamente legato al metodo scientifico. Quando si guarda al mondo dei viventi non umani proprio gli scienziati sembrano poterci dire come sia fatta la “natura” di piante ed animali. In altre parole, la relazione tra natura degli esseri viventi non umani e metodo scientifico è molto

164 Cfr. Hursthouse, On Virtue ethics, p. 177.

165 Per quanto, come rileva De Caro, un problema riguarda il modo stesso in cui si possa definire la categoria del supernaturale. Cfr. De Caro-Macarthur, Naturalism and Normativity, p. 3.

stretta e, di conseguenza, è facile pensare che anche il rapporto tra natura vivente non umana e normatività naturale sub-razionale sia di tipo scientifico. Inoltre, l’adozione di un naturalismo scientifico rispetto al mondo dei viventi è una tesi che la stessa Hursthouse sottolinea in diversi passaggi di On Virtue ethics e di cui, tuttavia, non sembra ravvisare la criticità quando considera l’analogia con i giudizi morali.

Se la naturalità della normatività subrazionale è legata al metodo scientifico, allora il naturalismo neo-aristotelico deve mostrare come l’analogia sia valida pur nella differenza di metodo o, alternativamente, non può spiegare come le due sfere normative siano analoghe. Inoltre, si può aggiungere che, in alcuni passaggi di On Virtue ethics, Hursthouse sembra adottare una concezione di natura nel mondo vivente non umano incompatibile con l’antropologia neo-aristotelica, alimentando il sospetto che i tipi di normatività rintracciati non siano analoghi166. Per questa ragione, proprio l’analogia tra sfere di normatività sembra essere il motivo principale per cui il naturalismo neo-aristotelico sembra ricadere in una forma di naturalismo morale scientifico.

Nei prossimi capitoli cercherò di ricostruire il modo in cui i neo-aristotelici pensano la natura umana affidandomi ai riferimenti testuali dei suoi maggiori esponenti. Si tratterà di capire come questa posizione metaetica possa non essere vincolata ad una nozione scientifica di natura umana pur mantenendo la somiglianza ontologica.