Capitolo 6. La normatività
6.3. La critica ai naturalisti della prima natura
6.3.1. Il ruolo attivo dell’agente
La critica di Annas è interessante perchè tocca due temi che Hursthouse affronta esplicitamente in On Virtue ethics. Il primo riguarda l’ontologia dell’agire e si domanda quale sia il movimento caratteristico umano. Annas, in questo caso, rileva che Hursthouse non è in grado di rendere conto del ruolo normativo dell’agente che individua e prescrive il bene da perseguire (è la questione della fonte della normatività).
Il secondo tema riguarda il riferimento fattuale individuato da Hursthouse per giustificare l’agire virtuoso. Secondo Annas, come anche per Williams, i dati scientifici non hanno una particolare rilevanza etica e, per questo, non possono fornire un criterio per individuare l’agire virtuoso. I fatti scientifici della natura umana devono essere scelti e valutati moralmente e sembrano indicare solo in quali condizioni realistiche e molto generali un essere umano si realizza. È sbagliato assegnargli il ruolo di criterio per l’agire moralmente buono perchè, in realtà, il riferimento a questo tipo di fatti non permette di discriminare tra conclusioni etiche che promuovono azioni buone e giudizi etici che promuovono azioni malvagie275. In On Virtue ethics, Hursthouse affronta questi due problemi sottolineando il ruolo attivo della razionalità nell’agire e negando l’adozione di una concezione biologico-scientifica della normatività. Tuttavia, anche sul piano normativo sembrano riemergere le ambiguità già rilevate rispetto alla continuità naturale tra la razionalità e la natura biologica e rispetto alla somiglianza tra gli esseri viventi.
In tal senso, Hursthouse cerca di combinare l’idea che razionalità distingua il movimento umano con l’idea che la prima natura sia normativa. In particolare, la mossa teoretica di Hursthouse è di coniugare queste due tesi attraverso l’adozione di un procedimento neurathiano276, un processo di validazione razionale e di scrutinio riflessivo,
275 Annas, Virtue Ethics: What Kind of Naturalism?, p. 19.
276 Sul metodo neurathiano Brüllman scrive: “Consideriamo ora la procedura neurathiana. Come accennato in precedenza (sezione V), Hursthouse prende in prestito il concetto da John McDowell (che ovviamente attinge da W.V.O. Quine). Le sue osservazioni sull'argomento, però, sono troppo brevi per poter decidere quanto del background teorico di McDowell (per non parlare di Quine) sia ripreso oltre alla procedura neurathiana“. “Let us now take a look at the Neurathian procedure. As mentioned previously (section V), Hursthouse borrows the concept from John McDowell (who of course draws on W.V.O. Quine).26 But her remarks on the topic are too
che individua le ragioni/credenziali razionali della virtuosità di un tratto del carattere e mostra la dipendenza delle virtù dalla natura umana.
Per Hurshouse, infatti, in etica non è possibile accedere ad un punto di vista neutrale dove certi fatti individuano il bene morale. L’antropologia valutativa suggerisce l’idea che un essere umano debba considerare un eventuale riferimento ai fatti sempre all’interno di una prospettiva etica. Per questa ragione l’antropologia neo-aristotelica non è scientifica. Il processo di validazione di una credenza etica, quindi, non può avvenire mai a partire da un punto di vista eticamente neutrale perchè ogni essere umano si trova in una cornice etica in cui certi fini, e non altri, sono i fini moralmente buoni277. In questo senso, sembra essere confermata l’idea di Annas per cui in etica si debba tenere conto della prospettiva di prima persona dell’agente e delle caratteristiche costitutive dell’agire. D’altronde, l’obiettivo della
Virtue ethics è proprio mettere in luce l’importanza della “soggettività” all’interno della
valutazione morale, delle motivazioni e della situazione contingente dell’agente, ma anche della relazione strutturale tra giudizio morale e azione278. In questo modo, il discorso di Hursthouse, in linea di principio, dovrebbe essere in grado di rendere conto del ruolo normativo dell’agente. Infatti, in virtù della relazione tra giudizio morale e azione, il giudizio morale è fornito in prima persona dall’agente che prescrive il corso d’azione visto nella sua dimensione di bene.
Tuttavia, si è anticipato che ad Hursthouse si contesta proprio la possibilità di riuscire a coniugare la tesi del ruolo normativo dell’agente con l’idea che la natura sia normativa. Nello specifico, il problema riguarda la relazione normativa tra razionalità e i 4 fini caratteristici della natura umana. Come si individuano le virtù? Qual è il criterio per indicare il bene della natura umana? La soluzione di Hursthouse è che un tratto del carattere è virtuoso se favorisce il perseguimento dei 4 fini caratteristici.
brief for us to decide how much of McDowell’s (let alone Quine’s) theoretical background she wants to adopt in addition to the basic idea of a Neurathian procedure” in “Good (as) Human Beings”, p. 110.
277 Anche secondo Hacker-Wright, come vedremo, l’antropologia neo-aristotelica è un’antropologia già valutata moralmente: “Questa concezione di fondo della forma di vita umana è parzialmente costitutiva dell'azione umana. Dal momento che la concezione include alcuni fini che gli umani devono perseguire, è in parte una concezione morale. Cioè, ogni comprensione degli esseri umani che sono impegnati nell'azione umana richiede una comprensione non osservativa della forma di vita umana che ha un contenuto etico, o almeno credo che così intendano dire Anscombe e Foot”. “This background conception of the human life form is partially constitutive of human action. Since the conception includes some conception of ends that are normal for humans to pursue, it is in part a moral conception. That is, all understanding of human beings as engaged in human action requires a non-observational understanding of the human life form that has ethical content, or so I believe Anscombe and Foot intend to say”. In Hacker-Wright, Ethical Naturalism as Transcendental
Anthropology, p. 3.
278 Si pensi alla virtù della magnificenza che descrive Aristotele nell’Etica Nicomachea. Su questo tema Cfr. Samek Lodovici, Il ritorno delle virtù, ma anche “L’emozione del bene”.
In tal senso, Brüllman rileva che il riferimento alla natura umana di Hursthouse non è compatibile con l’adozione di un metodo neurathiano. Secondo Brüllman, Hursthouse non sembra rendersi conto che il progetto naturalistico svanisce nella misura in cui la stessa antropologia valutativa deve passare il vaglio dello scrutinio riflessivo previsto dal metodo neurathiano. In altre parole, solo nel caso in cui Hursthouse ritiene che la nozione di natura umana non debba essere validata neurathianamente può assegnare all’antropologia adottata il ruolo di criterio per validare le credenze etiche. Al contrario se l’antropologia valutativa deve essere sottoposta a scrutinio allora è necessario individuare un criterio ulteriore di validazione. Per Brüllman, quindi, nel primo caso Hursthouse deve riconoscere che vi sia almeno una credenza, o un insieme di credenze circa la natura umana, che sfugge al procedimento neurathiano; nel secondo caso, invece, la natura umana non può fungere da criterio per giustificare l’agire virtuoso. In questo modo per Brüllman il metodo neurathiano è incompatibile col progetto naturalistico di Hursthouse:
Il risultato dell'argomentazione nelle sezioni VII-XII è che NAN (naturalismo neo-aristotelico) non è compatibile con una procedura neurathiana. È già sottoponendo il naturalismo a questa procedura che Hursthouse lo distacca dal suo background neo-aristotelico. Quindi sembra che ci siano due alternative. La prima alternativa è quella di rinunciare al modo neo-aristotelico di convalidare C ("Un tratto del carattere è una virtù se contribuisce a rendere chi lo possiede un buon essere umano") e di considerare C come una convinzione della nostra visione etica che potrebbe o no sopravvivere al controllo riflessivo. A mio avviso, questo è ciò che Hursthouse sta effettivamente facendo; e se ciò che dico è corretto, il suo approccio porta a un tipo completamente diverso di naturalismo, un modo diverso di prendere in considerazione la natura quando si discute su questioni etiche (il che è vero anche se C sopravvivesse a un esame riflessivo). Per comprendere le conseguenze di questa prima opzione, dobbiamo ricordare come NAN sia collegato ai vantaggi del naturalismo in un'etica della virtù (sezione X). Se applicare una procedura neurathiana implica la negazione che C sia sufficientemente giustificata sulla base di punti fissati a priori (ossia la nostra padronanza di determinati concetti), allora si deve anche fare a meno del modo specifico in cui NAN fornisce all'etica della virtù indipendenza e oggettività, vale a dire riducendo i giudizi sulle virtù ai giudizi sulla natura umana. E questo mi sembra un decisivo cambiamento nella teoria279
279 “The result of the argument in sections VII–XII is that NAN is not compatible with a Neurathian procedure. It is already by submitting naturalism to this procedure that Hursthouse detaches it from its Neo-Aristotelian background. So it seems we are left with two alternatives. The first alternative is to give up the Neo-Aristotelian way of validating C (‘A character trait is a virtue iff it contributes to making its possessor a good human being’) and to regard the latter as one belief of our ethical outlook that may or may not survive reflective scrutiny. To my impression, this is what Hursthouse is actually doing; and if what I say is correct, her approach leads to a completely different kind of naturalism, a different way of taking nature into account when deliberating on ethical questions (which is true also if C should survive reflective scrutiny). To fully understand the consequences of this first option, we have to remember how NAN is connected to the advantages of naturalism for an ethics of virtue (section X). If applying a Neurathian procedure implies denying that C is sufficiently justified on the basis of a priori fixed points (on the basis of our mastery of certain concepts), it also implies doing without the specific way in which NAN provides virtue ethics with independence and objectivity, namely, by reducing judgments about the virtues to judgments about human nature. And this appears to me a decisive shift in the theory”. Brüllman, Good (as) Human Beings, p. 111.
Un ulteriore aspetto della critica di Brüllman sottolinea come la proposta di Hursthouse, in realtà, non sia naturalistica. Secondo Brüllman, Hursthouse sembrerebbe disposta ad abbandonare il naturalismo nel caso in cui la natura umana non fosse in grado di mostrare la virtuosità di tratti come la giustizia o la benevolenza. In maniera sorprendente, quindi, Brüllman offre una lettura della proposta di Hursthouse opposta all’interpretazione standard offerta dai naturalisti di seconda natura. Anche se credo che alla fine Hursthouse sviluppi una proposta naturalistica (per cui l’antropologia alla fine non passa il processo di validazione neurathiano), mi sembra che Brüllman contesti due punti dell’argomentazione che, come vedremo, in parte ritornano nella critica di Annas. In particolare, per Brüllman Hursthouse non sembra riuscire realmente a giustificare l’agire virtuoso a partire dalla natura umana, perchè il metodo neurathiano non sembra veramente giustificare, ma piuttosto riesprimere, la virtuosità di certi tratti del carattere.
In altre parole, per Brüllman non è chiaro come Hursthouse riesca a combinare l’adozione di un’antropologia valutativa, con la validazione neurathiana di un tratto del carattere, perchè non è chiaro se anche l’antropologia valutativa debba essere validata attraverso il procedimento neurathiano. In questo caso, infatti, si sposterebbe la questione della giustificazione dell’antropologia valutativa non più sul piano dei fatti della natura umana, ma dei criteri che vengono utilizzati in un procedimento neurathiano280.
In tal senso, la critica di Brüllman sembra almeno suggerire che Hursthouse non riesca ad approfondire in che modo una certa nozione di natura umana possa giustificare l’agire virtuoso pur all’interno di una prospettiva neurathiana. Infatti, si può rilevare che non è chiaro come Hursthouse pensi il punto di partenza dato dalla cornice etica in cui ogni agente si trova. Infatti, se la dimensione etica caratterizza l’agire e, quindi, l’ethical outlook non è solamente una questione di educazione, allora Hursthouse dovrebbe concedere che quando agisce l’agente fornisce già delle credenziali razionali al proprio agire in cui può emergere la normatività della prima natura. Il metodo neurathiano, al contrario, sembra invece pensare alla cornice etica come una dimensione che ad un certo punto deve essere validata razionalmente dall’agente in cui fornire credenziali razionali che, in un certo senso, sono indipendenti da come si è agito fino a quel momento. A questo punto, però, non è chiaro
280 Brüllman. Ibi. Per una critica simile Cfr. anche Lenman, The Saucer of Mud, the Kudzu Vine and the
come l’antropologia valutativa possa specificare la relazione preferenziale tra prima natura e seconda natura ed evitare la critica di Brüllman.