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Capitolo 3. Dimensione spaziale: itinerari, mobilità e connessioni

3.5 Duplici e molteplici appartenenze

“Sballottata tra due tempi, due Paesi, tra due condizioni, un’intera comunità vive quasi in transito373

L’osservazione delle associazioni della diaspora senegalese con sede a Bergamo, come si è potuto evincere, mette in evidenza sin dal principio la complessità del fenomeno. Innanzitutto i migranti senegalesi si costituiscono in associazioni, non solo perché in una condizione di svantaggio o di difficoltà, dovuta alla condizione di migrante in cui vivono, bensì perché retaggio culturale e prosecuzione dell’esperienza vissuta in Senegal. Infatti, sin da quella che Mboup definisce seconda fase migratoria, ovvero dal momento in cui la migrazione dei senegalesi in Italia si stabilizza e vi è uno spostamento dei migranti verso le zone industriali del Paese, essi si cominciano a dotare delle prime associazioni, magari non subito formalizzate, ma che iniziano a prenderne la forma.

In secondo luogo le associazioni si propongono secondo una differenziazione naturale, per scopi ed azioni; sono stratificate e si pongono a livelli diversi; sono multi partecipate, ma ciò che si nota in modo evidente è la duplice (almeno) direzionalità intenzionale della loro azione. È a tutti gli effetti solo una l’associazione che per scelta non agisce nei due territori di appartenenza, mentre tutte le altre, in modo più o meno profondo, partecipano alla vita di entrambi i contesti. Ciò rende evidente la doppia appartenenza degli immigrati senegalesi di Bergamo i quali, da un lato si affiliano alle associazioni che orientano la propria azione prioritariamente sul territorio di presenza e, dall’altro, non dimenticano il luogo da cui provengono e pertanto si riuniscono, si raggruppano, uniscono le loro forze per mantenere la propria cultura d’origine, professare la propria religione, risolvere problematiche comuni del territorio d’origine e della condivisa della condizione di migrante. Un duplice attaccamento in senso geografico, ma anche temporale, poiché rappresenta il mantenimento del legame con il passato, la propria famiglia, il proprio villaggio e, con una visione circolare della migrazione, probabilmente anche del futuro.

“Mio marito è venuto in Italia per lavorare” ripetevano. Come a dire, ha fatto un viaggio, ma non è mai partito, non ha mai lasciato la sua terra definitivamente 374.

372

J. Tomlison, “Sentirsi a casa nel mondo. La cultura come bene globale”, Feltrinelli, Milano 2001, p. 16.

373

A. Sayad, “La doppia assenza. Dalle illusioni dell’emigrato alle sofferenze dell’immigrato”, op. cit., p. 82.

Il senegalese immigrato, così come la sua famiglia, vive fra due mondi e, può essere osservato secondo una prospettiva transnazionale poiché, generalizzando, “la migrazione

investe su entrambe le sponde l’organizzazione materiale e affettiva delle persone coinvolte375”.

Definendo il transnazionalismo come quel “processo attraverso il quale i migranti tessono reti

e mantengono relazioni sociali, economiche, culturali e politiche che collegano le loro società di origine a quelle di approdo376”, le caratteristiche dei migranti che compongono queste

comunità377 sono: il bilinguismo, il fatto di muoversi facilmente fra culture diverse, il possedere abitazioni in stati diversi e l’avere interessi economici, politici, culturali che richiedono la loro presenza in entrambi i paesi378. Il presidente di Adrecordi, ne è un esempio: vive a cavallo fra i due stati, attraverso cui fa del commercio il proprio mestiere e, contemporaneamente si impegna per la risoluzione dei problemi dei due “villaggi”, cui appartiene379. Come scrive H. Mimche “il

transazionalismo appare ormai come l’ espressione istituzionalizzata di un’appartenenza multipla: essa fa del Paese d’origine un polo d’identità, del Paese di residenza una risorsa di diritti e del nuovo spazio transnazionale uno spazio d’azione ... che associa i due paesi e in alcuni casi, anche altri380”.

Su questo soggetto, sulla persona che vive in questa dimensione transazionale, osservato con l’ottica della doppia assenza (“il paradosso dell’emigrato è di non essere totalmente

presente là dove si è presenti, il che significa essere parzialmente assenti381”), investe

l’associazione RIC. Essa non ha come scopo quella di agire in Senegal né in Italia, non tende a migliorare le condizioni di uno dei due territori, ma inquadra come soggetto della propria azione le seconde generazioni, i figli di migranti senegalesi nati in Italia e, per realizzare i propri obiettivi, coinvolge entrambi i versanti geografici in questione:

374

Come rileva anche L. Perrone la percezione delle mogli dei migranti non è quella di una scelta di vita, la scelta della migrazione. Essa non comporta il lasciare, l’abbandonare, ma semplicemente il trovare un lavoro all’esterno per mantenere meglio la famiglia, si tratta di un viaggio. Niente di più di un viaggio. Si veda: “I senegalesi sulle due rive tra viaggio e migrazioni. Dai Commis ai Modou-Modou, dai Bana-Bana ai “Vu cumprà” , op. cit., p. 146.

375

E. Castagnone, F. Ciafaloni, E. Danini, D. Guasco, E. Lanzardo, “Vai e vieni. Esperienze di migrazione e lavoro di senegalesi tra Louga e Torino”, Franco Angeli, Milano 2006, p. 204

376

B. Riccio “Etnografia dei migranti transnazionali: l’esperienza senegalese tra inclusione ed esclusione”, in A. Colombo, G. Sciortino, a cura di, “Stranieri in Italia. Assimilati ed esclusi”, Il mulino, Bologna 2002.

377

Comunità transazionali, ovvero “fitte reti che oltrepassano un singolo stato create dai

migranti nella loro ricerca d’avanzamento economico e di riconoscimento sociale. Attraverso queste reti, un numero crescente di persone è in grado di vivere due vite parallele”, A. Portes in

K. Khoser, “Le migrazioni internazionali”, Il Mulino, Bologna 2007, p. 102.

378

K. Khoser, “Le migrazioni internazionali”, op. cit., p. 37.

379

Intervista a S. M, realizzata a Ponte S. Pietro (Bg) il 16 luglio 2009 .

380

H. Mimche, “Les migrations clandestines vues de l’Afrique noire”, in « Poverty Dinamics and vulnerability, measures and explnations in demography and social sciences » , du 27 au 30 novembre 2007, Lòuvain-la-Neuve, Belgique, p. 10.

381

A. Sayad, “La doppia assenza. Dalle illusioni dell’emigrato alle sofferenze dell’immigrato”, op. cit., p. 102.

115

“Il progetto ha lo scopo di prevenire rischi di dubbio identitario e mala integrazione, dovuti in particolare al fatto che i bambini vogliono vivere in Italiano, ma purtroppo rischiano di non diventare mai cittadini italiani o di essere considerati di seconda categoria. Il punto è quindi garantire loro la doppia appartenenza, la possibilità di conoscere il territorio e la cultura d’origine (…). Gli strumenti di comunicazione di massa danno un’immagine negativa di noi migranti che viene recepita anche dai nostri figli che, per tale ragione, rischiano di vergognarsi di se stessi, dei loro familiari o delle proprie origini. Se ci guardi.. praticamente noi siamo l’insicurezza.. con questo progetto si appropriano invece della loro identità originaria ed evitano conseguenze violente, potendosi appropriare delle due culture(…) il progetto coinvolge i bambini senegalesi in Italia, Bergamo e la Lombardia soprattutto per un viaggio socio-educativo di scoperta…”

Dallo stesso stralcio di intervista, si rende evidente anche l’ultima caratteristica individuata in questa fase dell’analisi, ovvero la connessione delle associazioni diffuse sul globo intero.

“L’anno scorso382 ha coinvolto bambini che provenivano da 4 Paesi differenti: Gambia, USA, Francia, Italia, tutti riuniti in Senegal per circa due mesi dei quali: una prima parte nelle famiglie d’origine (un mese circa) per conoscerle, imparare la lingua, il cibo, ecc…Una seconda parte in una sorta di “Campo Estivo”, che ogni anno è in un sito diverso dove i bambini vivono insieme per 2 settimane circa… con un Team di specialisti animatori più uno staff medico. Qui vengono organizzate gite, teatro, arte, rappresentazioni383”.

Persone in Francia, Stati Uniti ed Italia ma anche in Gambia, si sono messe in rete per la partecipazione dei propri figli a questo progetto.

Tale relazione è ben evidente anche nel comportamento di molte altre associazioni che in modo complessivo creano legami con: Spagna, Grecia, Germania, Belgio, Olanda, Svizzera. Unificando gli sforzi, gli immigrati senegalesi in tutta Europa si connettono per raggiungere uno scopo comune. Tale fatica non vede attivi soltanto i migranti europei o degli Stati Uniti, alle prese con entrate economiche più elevate, ma anche quelli interafricani, poiché le associazioni

382

Si riferisce al progetto del 2008. L’anno successivo non è stato fortunato per l’associazione che a causa dei problemi di liquidità, dovuti alla crisi economica non è riuscita ad organizzare la Colonia Estiva. Il 2010 invece, ha visto la collaborazione dell’associazione con Asso. S. B. ed il sostegno di vari enti ed organizzazioni del territorio di Ponte S. Pietro e Bergamo (si veda a questo proposito la tabella relativa a collaborazioni e parternariati, allegato 14) che hanno cercato di realizzare il progetto che, a detta del vicepresidente di Asso S. B. si è di nuovo arenato.

383

sono presenti anche in Costa d’avorio, Mauritania, Gabon, Cameroun. Inoltre nello stesso Senegal, molte associazioni hanno una sede nella capitale, oltre che nel villaggio o nella Regione in cui si situano i loro progetti.

“La migrazione apre la via a una cultura transnazionale che partecipa a riconfigurare i

rapporti del migrante con le sue comunità ed il mondo attraverso la tecnologia dell’informazione e della comunicazione384”La migrazione è sempre una migrazione fra luoghi385 ed ha il merito, soprattutto in quest’era di globalizzazione delle comunicazioni, di creare connessioni non solo fra due territori, bensì di creare uno spazio, transnazionale appunto, che associa più paesi, favorendo la partecipazione di una stessa comunità di migranti, che oltrepassano in questo senso i confini386. Se non si può, a mio parere, affermare che le attività di connessione transnazionale dei migranti abbattano le frontiere387, perché la condizione di emigrato e/o di cittadino, riferito nella sua definizione territoriale appunto, resta tale, pur nella creazione di spazi d’azione transnazionali; piuttosto si può rappresentare il migrante attraverso la figura del nomade, in senso figurato, come definito da P. Zanni, colui che “si muove nel

mondo grazie alla sua cartografia intima; egli ha sempre con sé le proprie mappe mentali ed è grazie a queste che definisce lo spazio e traccia la direzione del suo peregrinare. In qualunque posto si trovi l’avere con se questo tipo di segni rende il suo sostare in quello spazio sicuro e consapevole388”. Non si può intendere il transnazionalismo come una dissoluzione dei confini,

come uno spazio fuori o contro le società di residenza, bensì come la capacità di circolazione fra e attraverso i confini ed i territori per organizzare la circolazione di beni e capitali fra spazi d’origine e stanziamento389. I confini paiono anzi valorizzare le abilità dei trasmigranti, come dimostrano le azioni delle associazioni per il benessere nei paesi d’origine: le frontiere non sono oggetti che si dissolvono attraverso le loro azioni, ma di cui si riappropriano come una base per la loro identità. “L’immagine dei migranti come de territorializzati, persone cioè che fluttuano

liberamente attraverso i confini nazionali con la stessa facilità con cui lo fanno le idee, la musica, i capitali appare, tutto sommato, assai poco realistica, se riferita alla grande

384

A. S. Fall, “Rapport final d’evaluation externe du programme transfert of Knowledge trough expatriate nationals”, op. cit.

385

La dimensione locale è fondamentale nelle relazioni sociali del migrante, che si concretizzano proprio in un intreccio continuo di interazioni e contatti tra contesto d’origine e di destinazione. Si veda T. Caponio, “Città italiane e immigrazione. Discorso pubblico e politiche a Milano, Bologna e Napoli”, Il Mulino 2006, p. 9.

386

Si utilizza qui, l’idea di confine quale limite comune, “una separazione tra spazi contigui; è un

modo per stabilire in via pacifica il diritto di proprietà di ognuno in un territorio conteso”, P.

Zanni, “Significati del confine. I limiti naturali, storici, mentali”, Mondadori, Milano 1997, p. 47.

387

Al contrario, “la frontiera rappresenta…la fine della terra, il limite ultimo oltre il quale

avventurarsi significava andare…contro il volere degli dei. Vuol dire uscire da uno spazio familiare conociuto, rassicurante, en entrare in quello dell’incertezza. Oltrepassare la frontiera, muta anche il carattere di un individuo: al di là di essa si diventa stranieri, emigranti, diversi non solo per gli altri ma anche per se stessi”, ibidem.

388

P. Zanni, “Significati del confine. I limiti naturali, storici, mentali”, op. cit., p. 47

389

Meyer, « Diasporas concepts et pratiques » in R. Barré, V. Hernandez, J. B Meyer, D. Vinck, a cura di, “Diasporas scientifiques”, IRD Editions, Parigi 2003, p. 5.

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maggioranza della popolazione390”. Le loro attività non consentono la dissoluzione delle categorie spazio-temporali poiché, chiaramente, le pratiche transnazionali sono incorporate in specifiche relazioni sociali stabilite fra persone specifiche, situate in località inequivocabili, in determinati tempi. Lo stato-nazione non si rivela, in questo senso, come obsoleto, antico, poiché regola da un punto di vista pragmatico le possibilità di movimento e di azione dei singoli.

“Le diaspora rompono il collegamento tra territorio e identità, costruendo case nuove in luoghi nuovi, ma per compiere questo lavoro di sviluppo, si rifanno continuamente anche alla casa dalla quale loro sono venuti. Luogo e identità sono coprodotte continuamente dalla diaspora391”.

L’oltrepassamento dei confini avviene non solo in modo fisico, non coinvolge solo il piano delle pratiche, ma anche quello culturale. Il transnazionalismo rinvia, in breve, ad un’esperienza di costruzione di “campi sociali che attraversano le frontiere geografiche,

culturali e politiche392” . Si tratta anche della costruzione di strutture di significato, come

direbbe U. Hannerz393, che viaggiano su reti di comunicazione sociale non interamente situate in alcun singolo territorio, in questo senso si potrebbe dunque osservare l’abbattimento dei confini territoriali. Se le pratiche si sviluppano nei confini, ne rispettano regole e si interessano ad essi, le comunità culturali fluttuano al di sopra di essi, nella costruzione di un’identità che potremmo con A. Wimmer e N. Glick Shiller definire diasporica: “Le culture transnazionali,

strutture di significato che viaggiano su un nazionalismo che lega persone in diversi luoghi geografici e li motiva ad agire in relazione ad un territorio cui appartenevano e al suo governo394”. E questo è in particolare il caso delle associazioni che si costituiscono allo scopo

dello sviluppo del benessere delle zone d’origine (la maggioranza di quelle analizzate). In questo senso possiamo dunque riferirci alle associazioni come appartenenza diasporica, poiché esse traducono la multipolarità (dotate quindi di più poli) e l’inter-polarità (delle relazioni fra i diversi gruppi dispersi e con il luogo d’origine) della migrazione. Multipolarità e interpolarità sono le caratteristiche morfologiche minimali di tutte le diaspore. Si tratta di formazioni ubiquitarie, che legittimamente sono qui e altrove e che contemporaneamente agiscono in tre direzioni: il Paese d’origine, il Paese ospite e la stessa diaspora, con i suoi legami395, come dimostra il caso analizzato in questo capitolo.

390

G. Pollini, P. Venturelli Christensen, “Migrazioni e appartenenze molteplici”, Franco Angeli, Milano 2002.

391

C. Mercer, B. Page, M. Evans, “Development and the African Diaspora”, op. cit., p. 52.

392

Glick Shiller e altri 1992, in B. Riccio, "Les migrants Sénégalais en Italie. Réseaux, instertion et potentiel de co-développement", op. cit., p. 78.

393

U. Hannerz, “La complessità culturale. L'organizzazione sociale del significato", Il Mulino, Bologna 1998, pp. 322-324.

394

A. Wimmer, N. Glick Shiller, “Methodological nationalism, the social sciences and the study of migration : an essay in historical epistemology”, IMR, Vol. 37, Fall 2003, Centre For Migration Studies, p. 583.

395

La migrazione internazionale, quella specie di mobilità territoriale, non necessariamente comporta né il venir meno dell’appartenenza socio-territoriale di genere locale/nazionale né l’affermarsi del senso di appartenenza ad un’unica collettività globale. “Essa dà luogo piuttosto,

ad un sistema di appartenenze molteplici che non si riferisce appena alla duplicità o alla molteplicità delle appartenenze nazionali, sia d’origine e sia di destinazione, ma che comprende sia queste ultime e sia altre ancora non riconducibili alla collettività nazionale396”.

È necessario dare voce anche a quelle associazioni che, pur appartenendo alla diaspora senegalese, non riunificano persone in base alla provenienza geografica ma ad altri elementi identitari, quali ad esempio, l’etnia o la cultura o ancora la religione. In questo caso l’elemento che crea unione e che consente di interagire a livello transnazionale connette in altro modo persone con origini differenti, pur agendo per la continuità e la ridefinizione dell’identità. In questo senso si deve dare atto alla riflessione di G. Pollini, secondo cui “La forza esplicativa

della nozione di migranti trans-nazionali o transmigranti costituisce proprio la sua debolezza, avendo come riferimento unicamente quel genere di appartenenza socio-territoriale definibile come appartenenza nazionale e lasciando in ombra altri tipi di appartenenze sociali o socio- territoriali397”. La questione dunque si estende e supera la dimensione spazio/territoriale, come

luogo di definizioni, per cui si sviluppano le reti fra diverse nazioni. Da questo punto di vista si ritiene che il concetto di sistema di “appartenenze molteplici398” (etnica e nazionale di origine, nazionale di arrivo, locale-regionale dell’area di abitazione e lavoro, religiosa, ecc tutte collegate fra loro), possa costituire il concetto relativamente più adeguato alla realtà, comprendendo al proprio interno, anche la nozione di appartenenza transnazionale.

396

G. Pollini, P. Venturelli Christesen, “Migrazioni e appartenenze molteplici”, op. cit., p. 201.

397

Ibidem.

398

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Capitolo 4. La dimensione progettuale: azioni in ambito