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Capitolo 1. Fra migrazioni e sviluppo, un’introduzione

1.1 Quale migrazione

1.1.2 La prospettiva transnazionale

“Quella che Sayad definiva come “doppia assenza”, indicando l’assenza dell'immigrato dalla propria patria e quella nelle cosiddette società d'accoglienza nelle quali è incorporato ed escluso al tempo stesso, può essere riletta come una “doppia presenza”, dunque come un punto di forza e non di debolezza del migrante. Quest’ultimo è appunto al tempo stesso un immigrato, costretto a confrontarsi con la cultura, gli usi, la struttura economica e sociale del contesto d’arrivo, e un emigrato, portatore del “DNA” culturale e sociale del paese d’origine…”59.

Osservare la presenza del migrante o dei gruppi migranti attraverso la capacità di essere allo stesso tempo in più luoghi, appartenenti alla categoria dell’“in-Between”60, consente di approcciare il sistema globale come interconnesso. Come insegna U. Hannerz non tutte le connessioni avvengono a livello internazionale, cioè non tutte “coinvolgono direttamente le

nazioni come attori istituzionali”61: sono molti gli attori (individui, gruppi, movimenti, imprese commerciali) che agiscono fra il nazionale e l’internazionale, nell’arena transnazionale62.

Il concetto di transnazionalismo appare per la prima volta negli anni ’70 per caratterizzare le attività di attori non statali nel contesto delle relazioni internazionali. Solo negli anni ’90 viene applicato dagli antropologi statunitensi allo studio delle attività legate alla

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A. Pécoud, P. De Guchteneire, a cura di “Migrations sans frontières”, UNESCO Paris 2009, p.22.

58

M. Ambrosini “Delle reti ed oltre: processi immigratori, legami sociali e istituzioni”, op. cit., p. 32.

59

Il ruolo dell’immigrazione nei processi di sviluppo economico internazionale: Il Progetto Midco. www.ghanacoop.it

60

J. Clifford, “I frutti puri impazziscono. Etnografia, cultura e arte nel XX secolo”, Bollati Boringhieri, Torino 1993, 24.

61

U. Hannerz, “La diversità culturale”, Il Mulino, Bologna 2001, p. 9.

62

S. Vertovec, “Migrant transnationalism and modes of transformation”, IMR, Vol. 38, Fall 2004, Centre For Migration Studies, pp. 970-993.

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migrazione63, per definire l’emergere di quei processi in cui i migranti creano contesti sociali che superano i confini politici, geografici e culturali64. Il transnazionalismo concettualizza la migrazione come un flusso bidirezionale o pluridirezionale e continuo di persone, beni, capitali, idee che travalicano i confini nazionali connettendo differenti spazi fisici, sociali, economici e politici. Le antropologhe N. Glick Schiller, L. Basch e C. Szanton Blanc65 sono state le prime a teorizzare il concetto, inquadrando la migrazione all’interno di sistemi economici globalizzati e sottolineando l’importanza del ruolo dello stato-nazione nel regolare le attività in cui i migranti sono coinvolti.

Mentre il focus degli studi migratori per lungo tempo è stato la partecipazione dei migranti nella società di accoglienza, il transnazionalismo sposta l’attenzione sulle istituzioni, sulle pratiche sociali, sulle attività economiche e sulle identità culturali che i migranti creano, essendo contemporaneamente coinvolti in due o più paesi. Le tre autrici lo definiscono come l’insieme dei “processi nei quali gli immigrati forgiano e sostengono relazioni sociali

stratificate che collegano le società di origine con quelle di insediamento”66. A tale definizione si aggiunge il contributo di S. Vertovec che pone l’attenzione sulla rivalutazione dei singoli migranti ed in particolare sulle interazioni che tengono legati gli individui e/o le istituzioni al di là dei confini nazionali67. Altri autori sottolineano come questi movimenti influenzino il flusso di beni, quali idee e legami di solidarietà68, che concorrono a creare “identità transnazionali”.

Gli antropologi anglosassoni distinguono fra un transazionalismo dall’alto, che comprende le attività delle compagnie multinazionali, delle organizzazioni internazionali e i flussi finanziari, ed un transnazionalismo dal basso, praticato dai migranti. Ciò che emerge dagli studi inglesi è che è possibile essere economicamente, socialmente e politicamente coinvolti in un luogo mentre si vive in un altro, attraverso organizzazioni e comunicazioni efficienti.

Verso la metà degli anni ‘90 le ricerche sul transnazionalismo divengono importanti in tutta l’Europa, soprattutto a riguardo della relazione fra transnazionalismo e globalizzazione69.

63

P. Levitt, N. Glik Shiller, “Conceptualizing simultaneity: a transnational social field perspective on society”, IMR, Vol. 38, Fall 2004, Centre For Migration Studies, p. 1028.

64

R. D. Grillo, « Transnational migration and multiculturalism in Europe, WP TC-01-08, April 2001, www.transcomm.ox.ac.uk , p. 7.

65

N. Glick Schiller, L. Basch, C. Szanton-Blanc, “Toward a transnational perspective on migration”, New York Academy of Science, New York 1992.

66

L. Bash, N. Glick Schiller and C. Blanc-Szanton, “Nations Unbound: Transnational Projects, Postcolonial Predicaments, and Deterritorialized Nation-States., New York: Gordon and Breach, 1994, p.7.

67

S. Vertovec, R. Cohen, « Migrations, diasporas and transnationalism » Edward Elgar Publishing Limited, Chaltenham, UK, 1999, p. 447.

68

J. Clifford, “Diasporas”, in Cultural Anthropology, September. 2, 1994, pp. 303-338.

69

U. Hannerz, “Transnational connections: Culture, people, places”, Routledge, London and New York 1996.

Se negli USA la ricerca si è focalizzata maggiormente sulle questioni economiche, la letteratura europea apre a nuove aree d’investigazione soprattutto di carattere culturale e politico70.

Negli ultimi vent’anni “transnazionalismo” è diventato un termine molto diffuso71, utile a comprendere gli aspetti sociali, economici, culturali e politici delle migrazioni72. Il concetto pur non riferendosi ad un fenomeno nuovo rispetto al passato (anche se è evidente che la quantità dei flussi di persone, capitali, beni, idee è tipicamente caratteristica delle attuali condizioni, inedite rispetto al passato) ha il merito di accrescere il dibattito con nuove domande di ricerca (ad esempio riguardo all’emergere e al funzionamento di istituzioni, culture e identità ibride o “meticcie”), nuove assunzioni riguardo allo spazio e l’utilizzo di differenti unità d’analisi.

La nozione classica di spazio viene problematizzata da questo approccio secondo due versi. Da una lato si sottolinea l’importanza dello stato-nazione nel condizionare il modo in cui i migranti si muovono e si organizzano, nel creare barriere o nel fornire opportunità. Dall’altro lato si evidenzia, proprio da parte degli stessi migranti, il superamento e la trasgressione dei confini (simboli dello stesso stato-nazione) grazie al flusso di immagini, culture, persone e beni. In questo senso A. Wimmer e N. Glick Shiller propongono la nozione di “campo sociale

transnazionale”73, un campo multidimensionale che include interazioni strutturate di varia natura (organizzazioni, istituzioni e movimenti sociali). Esso è il risultato di un processo definito come un “set di intensi cross-border, di relazioni sociali che abilitano gli individui a

partecipare ad attività giornaliere in due o più nazioni”74.

Partire da questo presupposto non significa dichiarare superato lo stato-nazione, innanzitutto perché alcune delle comunità transnazionali si percepiscono come tali proprio in virtù dell’appartenenza e delle comuni origini nazionali; in secondo luogo lo stato-nazione resta il riferimento del diritto e continua ad organizzare la vita collettiva. Significa però cercare di

70

R. Bauböck, “Transnational Citizenship. Membership and Rights in International Migration”, Edwar Elgar Publisher, Aldershot 1994.

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Secondo alcune critiche troppo diffuso, tanto che può essere utilizzato con troppa facilità. Ciò anche se molti sono gli autori che hanno cercato di affinare la definizione del concetto. A. Portes, L. Guarnizio e P. Landolt ad esempio hanno tentato di individuare le condizioni per cui un processo sia definibile transnazionale e ne hanno individuate tre: il processo deve coinvolgere una proporzione significativa di persone in un universo rilevante; le attività svolte non devono essere effimere o eccezionali, ma possedere una certa stabilità e persistenza nel tempo; il contenuto di queste attività non deve essere definito da qualche concetto preesistente. Si veda “The study of transnationalism: pitfalls and promise of an emergent research field, in “Ethnic and racial studies”, 1999, vol. 22, n. 2, pp. 217-237.

72

P. Wickramasekara, “Diasporas and Development: Perpective on definitions and contribution”, Perspectives on labour migration n. 9, International Migration Programme, Genève, 2009. p. 21.

73

A. Wimmer, N. Glick Shiller, “Methodological nationalism, the social sciences and the study of migration : an essay in historical epistemology”, IMR, Vol. 37, Fall 2003, Centre For Migration Studies, pp. 576-610.

74

A. Portes in A. Portes, L. Guarnizio e P. Landolt, “The study of transnationalism: pitfalls and promise of an emergent research field, op. cit.

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uscire da quello che alcuni autori chiamano “nazionalismo metodologico”75, di estrarsi cioè dalla naturalizzazione dello stato nazione, per la quale i migranti rappresenterebbero un pericolo per l’isomorfismo fra popolo, sovranità e cittadinanza.

Le comunità transnazionali possono essere tanto “reali”, come avviene nel caso dei gruppi di mutuo supporto e delle associazioni che rispondono a specifiche necessità (il rimpatrio delle salme per esempio), quanto “immaginate” come accade per i migranti che producono nel Paese d’accoglienza rappresentazioni ideali della patria76, alimentate dalla diffusione delle tecnologie satellitari che hanno reso possibile una maggiore frequenza comunicativa su lunghe distanze. Tanto le comunità immaginate quanto quelle reali implicano la costituzione e il mantenimento di specifiche istituzioni. Perciò piuttosto che sugli stati-nazione o sulle comunità villaggio molte ricerche transnazionali si concentrano su unità d’analisi intermedie come quelle di comunità transnazionali, network o sistemi circolatori77.

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Il nazionalismo metodologico è una tendenza ad accettare per principio lo Stato-nazione ed i suoi confini come dati nell’analisi sociale. Se osserviamo il reale, sostengono A. Wimmer, N. Glick Shiller, vediamo che mentre lo stato-nazione è estremamente importante, la vita sociale non è sempre determinata dai suoi confini. Movimenti sociali e religiosi, network criminali e professionali, così come flussi di capitali, operano spesso attraverso di essi. Le autrici individuano 3 varianti nel nazionalismo metodologico che comprendono:

- coloro che ignorano la fondamentale importanza del nazionalismo per le società moderne; - coloro che danno per scontato che i confini dello stato nazione limitino e definiscano le unità d’analisi;

- coloro che relegano lo studio dei processi sociali a confini politici e geografici di un particolare stato-nazione.

Seguendo tale prospettiva il migrante appare come antinomia per uno Stato ed una società ordinati: i migranti sono percepiti come stranieri dalla comunità, dallo Stato e rispetto ai diritti che esso garantisce. Ecco perché nascono una serie di ricerche sulle diverse vie possibili per raggiungere l’assimilazione al gruppo nazionale. Inoltre i migranti distruggono l’isomorfismo fra persone e gruppo di solidarietà perché da un lato i migranti vengono dall’esterno del naturale spazio di solidarietà, ma d’altro canto non possono essere esclusi dai sistemi di welfare. Le autrici evidenziano alcune tappe durante le quali la tematica emerge e si stabilizza: fra il 1870 ed il 1918, nascono gli stati ed emerge l’idea del popolo come un elemento ancestrale comune. L’era coloniale, nella quale la distinzione fra nativi e coloni serve per omogeneizzare e valorizzare la cultura nazionale dei paesi colonizzatori e contemporaneamente i paesi d’origine cominciano a vedere gli espatriati come propri membri e ad attenderne il ritorno e le rimesse. Fra la prima guerra mondiale e la guerra fredda, un periodo di chiusura delle frontiere e di difesa nazionale, nel quale diventa necessario per una persona avere un permesso per entrare in un Paese e risiedervi. Si sviluppa in sintesi un intero apparato di Stato allo scopo di controllare e limitare l’immigrazione. Durante la guerra fredda, momento in cui le scienze sociali giungono a maturità e nel quale emerge il welfare, la migrazione diviene sempre più problematica. Infine nella contemporaneità: la globalizzazione ha trasformato gli studi migratori, emerge il paradigma transnazionale, ma il nazionalismo metodologico è ancora visibile, ad esempio nella relazione fra diaspora e costruzione dello stato-nazione. Per approfondire la tematica Cfr A. Wimmer, N. Glick Shiller, “Methodological nationalism, the social sciences and the study of migration : an essay in historical epistemology”, op. cit., e P. Levitt, N. Glick Shiller, “Conceptualizing simultaneity: a transnational social field perspective on society, op. cit.

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Seguendo quello che B. Anderson ha definito “Long distance nationalism”. B. Anderson,“Long-Distance Nationalism: World Capitalism and the Rise of Identity Politics.“ Amsterdam: University of Amsterdam Centre for Asian Studies, 1996.

77

T. Faist, “The Volume and Dynamics of International Migration and Transnational Social Spaces”, Oxford University Press, Oxford, 2000.

L’utilizzo di unità d’analisi intermedie consente agli studi transnazionali di sottolineare gli effetti di un mondo sempre più interconnesso nella vita quotidiana delle persone e di focalizzarsi sui gruppi che generano nuova identità e sulle istituzioni che si modificano o vengono prodotte in conseguenza dei flussi “trans locali”. Se gli studi sulla globalizzazione tendono, attraverso una prospettiva macro, a concentrarsi sui processi deterritorializzati78, gli studi transazionali si focalizzano su specifiche relazioni sociali fortemente ancorate allo stato- nazione ma che al contempo lo trascendono79.

Il transnazionalismo, dopo la sua prima formulazione in ambito antropologico, ha esercitato un fascino straordinario in molteplici campi disciplinari. Si tratta di una prospettiva che legge i movimenti dal basso, tanto che la più recente letteratura si è concentrata sulle iniziative dei singoli per costituire trans localmente legami economici e di altro tipo. Ciò anche se è innegabile che il transnazionalismo degli immigrati abbia conseguenze macrosociali poiché, sebbene la portata delle singole iniziative sia poco rilevante, l’effetto aggregato può modificare la cultura e i progetti delle comunità cui i migranti appartengono80.

La letteratura in questione, che in Italia appare decisamente poco sviluppata, attraversa diversi temi ed incrocia varie riflessioni: mobilità e famiglia81, spazi economici transnazionali82, transnazionalismo e spazi culturali e religiosi83, identità politiche transnazionali84. Ulteriore tema di interesse è il rapporto fra transnazionalismo e sviluppo. L. E. Guarnizio individua il supporto allo sviluppo delle comunità locali come una delle tre forme di transnazionalismo economico tradizionalmente studiate (accanto alle rimesse e all’imprenditoria migrante)85.

Lo studio di questi fenomeni eccede nella letteratura nordamericana e riguarda per la maggior parte le comunità immigrate negli Usa dal Sud America86. In Ambito europeo si

78

M. Castells, “The Rise of the Network Society, The Information Age: Economy, Society and Culture”, Vol. I. Cambridge, MA; Oxford, UK. Blackwell. 1996.

79

M. Kearney, “The local and the global: The Anthropology of Globalization and Transnationalism”, 1995 on line http://www.uam-antropologia.info/texto_kerney.pdf,

80

Ciò spiega l’attenzione che i governi dedicano a tali attività, una volta che si sono consolidate per iniziativa popolare.

81

Sposta l’attenzione dalle ragioni economiche e politiche di partenza alle connessioni che i migranti mantengono con i loro parenti e con i membri della comunità d’origine.

82

La maggior parte degli studi esistenti si è in primo luogo concentrata sul flusso nord-sud di rimesse monetarie che i migranti inviano nelle terre d’origine e sullo spostamento di forza lavoro migrante nelle zone a maggior intensità di capitale. L. E. Guarnizio mette in luce come l’utilizzo di una prospettiva transnazionale faccia emergere tutti i limiti di un approccio nord-sud esclusivamente monetarista, escludendo, tale approccio, gli effetti macroeconomici multipli delle economie transnazionali dei migranti e le connessioni non economiche e sottostimando l’agency dei soggetti e la loro influenza a livello globale; in “The economics of transnational living”, IMR, Vol. 37, Fall 2003, Centre For Migration Studies, p. 671.

83

Le confraternite mouride dei senegalesi immigrati in Italia sono state oggetto di diversi studi si vedano per esempio Schmidt di Frieberg (1994), Carter (1997), Riccio (2000, 2002).

84

Il cui approfondimento va dall’azione delle banche a quelle dei network che hanno delle implicazioni politiche per i migranti.

85

L. E. Guarnizio, “The economics of transnational living”, op. cit.

86

A. Portes, P. Landolt, “Social Capital: Promises and Pitfalls of its Role in Development,” Journal of Latin American Studies, 2000, 32 (1): 529-547.

31

possono segnalare alcuni studi sulla cooperazione trans locale, in particolare relativi alla cooperazione decentrata o a quello che in Francia è definito co-sviluppo87.

Il transnazionalismo può dunque assumere un ruolo fondamentale nell’interpretazione della migrazione e delle azioni portate avanti da persone e gruppi migranti perché consente di osservare gli spazi transnazionali, i movimenti di ibridazione culturale e identitaria, quelli economici e sociali, giungendo a porre in discussione ogni concezione univoca dell’appartenenza. Le persone sono legate fra loro, alle istituzioni, ai gruppi oltre i confini degli stati nazione88 e ciò fa si che tali legami, che perdurano nel tempo, non siano solo costituiti da flussi materiali, bensì anche da elementi immateriali quali idee, sensazioni e solidarietà, flussi culturali89, che formano identità transnazionali, rinegoziando la stessa relazione con i paesi di riferimento, siano essi fonti di diritti e/o di identità. Come afferma infatti A. Appadurai: i gruppi migrano, si riaggregano in nuovi territori, ricostruiscono le loro storie e ridisegnano i loro progetti etnici, e “in questo senso persino il prefisso etno assume una connotazione instabile

poiché i gruppi non sono più strettamente territorializzati, confinati spazialmente, inconsapevoli della loro storia e culturalmente omogenei”90. In altri termini, i migranti transnazionali forgiano senso di identità e appartenenze comunitarie non più a partire da una perdita e neppure da una replica del passato, bensì come qualcosa che è allo stesso tempo nuovo e familiare, un bricolage composto di elementi tratti sia dal paese di origine sia da quello di insediamento.

La ricerca sociale, sensibile alle nuove configurazioni con le quali il mutamento sociale plasma la realtà sociale, necessita di rivolgere l’analisi non tanto a quell’idea di società “tradizionale”, intesa come realtà domestica, nazionale, ma verso quei gruppi che si collocano in modo trasversale fra più luoghi e nazioni, scavalcandone le frontiere e diventando essi stessi con

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Studi che si concentrano soprattutto sugli immigrati dal Mali, dalla Mauritania, dal Senegal (Daum 1993; Timera 1996) e dal Maghreb 2004. Alcuni sociologi hanno mostrato un certo entusiasmo verso le iniziative a promozione dell’imprenditoria transnazionale in Italia (Riccio, 2002), considerate come occasioni di sviluppo veicolabili nei paesi di provenienza degli immigrati (Minardi 1996). Gardner (1995) sottolinea come il coinvolgimento di attori transnazionali abbia effetti multipli che oscillano tra lo sviluppo virtuoso e la dipendenza, effetti mai separabili totalmente.

88

S. Vertovec, R. Cohen, “Migrations, diasporas and transnationalism”, Edward Elgar Publishing Limited, Chaltenham, UK, 1999, p. 47.

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A. Appadurai, nel suo testo “Modernità in polvere”, Melteni editore, Roma 2001, p. 54, distingue diversi tipi di flussi culturali globali, diverse dimensioni attraverso cui leggere le comunità diasporiche moderne, ognuna delle quali è costrizione-parametro di variazione per le altre:

- Etnorami: turisti immigrati, rifugiati, esiliati, lavoratori ospiti ed altri gruppi e individui in movimento costituiscono un tratto essenziale del mondo e sembrano in grado di influenzare la politica delle (tra le) nazioni ad un livello mai raggiunto prima.

- Tecnorami: configurazione globale della tecnologia che si muove ad alta velocità attraverso diversi tipi di confine,

- Finanziorami: spostamenti dei capitali finanziari,

- Mediorami: produzione elettronica e diffusione di informazioni, - Ideorami: idee, termini ed immagini, politica.

90

la loro semplice esistenza, fattori e stimoli per ulteriori trasformazioni nel vivere l’appartenenza al territorio globale.