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Capitolo 1. Fra migrazioni e sviluppo, un’introduzione

1.2 Quale sviluppo

1.2.2 Oltre la crescita, oltre lo sviluppo

Ciò che emerge da questa breve sintesi è che lo sviluppo è un concetto multidimensionale, attraversato da elementi complessi e globali che vanno al di là della semplice crescita economica ed integrano tutte le dimensioni della vita e tutte le energie del singolo e della comunità. “Gran parte del dibattito sullo sviluppo ha cercato formule politiche

universali che potessero essere applicate alla maggioranza dei paesi. I limiti di quello sforzo intellettuale, oggi ampiamente accettati e sotto gli occhi di tutti, sottolineano la necessità di riconoscere l’individualità di ciascun Paese e di ciascuna comunità, nonché di elaborare principi di base in grado di dar vita a strategie e politiche di sviluppo adatte a contesti differenti159. Il principio è dunque posto: lo sviluppo deve essere fondato sulla volontà della

società stessa di esprimere la propria identità più profonda160.

157

AA.VV, "La dimension culturelle du développement, vers une approche pratique", op. cit., p. 139.

158

H. Gerardin, J. Poirot, "Pour une economie au service de l’homme : Francois Perroux et Amartya Sen, deux auteurs en quete du concept de developpement", 1ères journées du développement du GRES « le concept de developpement en debat », 16-17 septembre 2004, Université Montesquieu-Bordeaux 4.

159

PNUD, “Rapporto sullo Sviluppo Umano 2010, La vera ricchezza delle nazioni: Vie dello

sviluppo umano”, Edizione del 20° Anniversario, on line

http://hdr.undp.org/en/media/HDR10%20IT%20summary_without%20table.pdf

160

Dichiarazione del Messico sulle politiche culturali, Rapporto finale, Conferenza Mondiale sulle politiche culturali (Messico), UNESCO, 1982.

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In questo studio sviluppo sarà inteso a partire dalle definizioni di A. Sen e M. Nussbaum161, quale processo di acquisizione degli attributi atti a rispondere alla complessità sociale, relazionale, ambientale162. Ciò non significa privare della giusta rilevanza gli elementi quantitativi ma al contrario ritenere che essi, quando impiegati per dinamizzare le economie locali o ad esempio per istruzione e salute, abbiano un impatto sulla capacità di partecipare, accrescendo il valore del capitale umano e quindi agiscano, in questo senso, sullo sviluppo. In particolare è in questa visione che si inseriscono le rimesse quali fattori di cambiamento del Paese d’origine, non solo nella loro componente economica, bensì anche in quella sociale e culturale.

Lo sviluppo, inteso in questo senso, non può più essere osservato in rapporto al sottosviluppo, anche se i due concetti si appartengono, sono l’uno legato all’altro163. Pertanto lo

sviluppo deve essere osservato attraverso nuove modalità e quindi anche tramite l’utilizzo di un linguaggio differente164, così da riempire quel divario “ideologico” che fino ad ora è apparso eterno e che ha permesso la semplicistica categorizzazione di ogni popolo incontrato.

“Per comprendere occorre innanzitutto sforzarsi di guardare alle società del Terzo

Mondo con occhi diversi. Non solo come esse vedono se stesse, dato che per loro sfortuna, esse si vedono ormai come noi le vediamo, ma in maniera differente rispetto allo sguardo economico, forse con uno sguardo etnologico”165. Il rispetto delle diversità culturali vieta le generalizzazioni: i modi di vivere una “buona esistenza” sono numerosi e spetta ad ogni società inventare il proprio. Rimettendo in discussione il concetto stesso è possibile modificare il punto di vista, gli strumenti che si utilizzano per osservare ciò che ci circonda e cambiare il filtro d’osservazione.

Sarà dunque necessario superare le contraddizioni ed i dualismi che caratterizzano il dibattito sullo sviluppo, per assumere un punto di vista sistemico, che consideri l’integrità dei cambiamenti che caratterizzano ogni società. È per questa ragione che quest’indagine non si dirigerà verso il tema e l’utilizzo di indicatori di sviluppo, se non nel senso etnologico del termine, delle rappresentazioni del concetto che la stessa ricerca offrirà e in quello relativo ai progetti di cooperazione internazionale allo sviluppo. Ciò non significa che la relazione fra migrazioni e sviluppo non possa essere approfondita ma, per quel che riguarda lo studio in atto, interno alla macro tematica fin qui definita, ci si concentrerà su un elemento meno critico e più

161

A. Sen, “Lo sviluppo è libertà, perché non c’è crescita senza democrazia”, op, cit, e M. Nussbaum: “Giustizia sociale e dignità umana. Da individui a persone”, Il Mulino, Bologna 2002.

162

In riferimento si vedano: G. Rist, “Lo sviluppo: storia di una credenza occidentale”, op. cit e S. Latouche, “I profeti sconfessati, lo sviluppo e la deculturazione”, La Meridiana, Bari 1995.

163

E. Morin, “Per uscire dal ventesimo secolo”, Pierluigi Lubrica Editore, Bergamo 1989, p.. 285.

164

Rist suggerisce ad esempio il termine “mal-sviluppo” che si riferisce proprio all’insieme delle problematiche insite nello sviluppo stesso e che in quanto tale è presente in ogni area del mondo.

facilmente riscontrabile attraverso indicatori qualitativi condivisi. Si porranno infatti sguardi che mettono al centro l’individuo o le piccole comunità e che non possono quindi evitare di passare per tutte le dimensioni della vita umana, le quali, soltanto muovendosi in questa direzione, potranno integrarsi, nella complementarietà.

Per tale ragione il focus utilizzato nella ricerca sarà quello delle trasformazioni, intese con Wiltshire come un radicale cambiamento profondo e ricco, relativamente limitato nel tempo, che modifica le configurazioni sociali166. Si pensi ad esempio alla descrizione che M. Castells compie in relazione all’impatto di vari tipi di elementi, come le comunicazioni attraverso il PC, sulle identità collettive, la vita familiare, gli stati ed i movimenti sociali167. In effetti come osserva Landolt a volte possiamo osservare come le trasformazioni dovute ad azioni a breve termine, individuali o collettive, provochino cambiamenti nell’ambiente sociale locale168. In un senso cumulativo quindi, le pratiche del migrante transnazionale possono modificare sistemi di valori e vita sociale quotidiana di persone, famiglie, paesi. Ci si focalizzerà dunque sulle trasformazioni, in particolare di quelle socio-culturali, che l’azione delle comunità transnazionali provoca.

Anch’esse multidimensionali, le trasformazioni, consentono di fatto una diversificazione nei metodi di osservazione e dei risultati di ricerca che in un’ottica sistemica ed aggregata possono pure contribuire agli obiettivi dello sviluppo, così come alla formulazione e alla modifica degli stessi. Proprio per rimanere fedeli alla visione multidimensionale e globale dello sviluppo inoltre, si è scelto di approfondire lo studio focalizzandosi sulle trasformazioni educative, sociali, politiche e culturali, certamente meno approfondite rispetto a quelle, per esempio, economiche o urbanistiche, utilizzando come fonte di cambiamento una dimensione poco conosciuta in merito all’azione diasporica, ovvero quella educativa.

In conclusione, il quadro fin qui tracciato consente alla ricerca di immergersi in un contesto tematico e teorico ampio e sfaccettato, aperto ai contributi e ai focus di interesse più disparati, oltre che a diverse metodologie di studio ed analisi, a costituire un’indagine senza dubbio avvincente. Esso offre la possibilità di approfondire il ruolo che i migranti, i gruppi e le associazioni della diaspora, in particolare di quella africana, assumono nelle dinamiche transnazionali, riguardo ai propri paesi d’origine ed in particolare in relazione ai feedback, alle azioni, ai progetti di “sviluppo” che essi producono e, dunque, alle trasformazioni (volontarie e involontarie, singole o cumulative, disgiunte o dialogiche) che essi apportano.

166

In S. Vertovec, “Migrant transnationalism and modes of transformation”, IMR, Vol. 38, Fall 2004, Centre For Migration Studies, pp. 970-993.

167

M. Castells, P. Himanen, “The Information Society and the Welfare State: The Finnish Model”. Oxford UP, Oxford, 2002; M. Castells et al., “Mobile Communication and Society: A Global Perspective”. Cambridge, MA, MIT Press 2006.

168

A. Portes, P. Landolt, “Social Capital: Promises and Pitfalls of its Role in Development,” Journal of Latin American Studies, 2000, 32 (1): 529-547.

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