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5. Mamme di pancia, mamme di cuore

5.3 Il processo di invisibilizzazione del seme maschile: da donatore a Signore

5.3.1 Economia, dono, intimità

Come analizzato nel primo capitolo, così come molti antropologi hanno messo in luce nel corso delle proprie inchieste etnografiche, con l’ingresso delle tecnologie riproduttive, la riproduzione sessuale ha subito numerose trasformazioni, arrivando ad essere un’attività non necessaria. La riproduzione può verificarsi fuori dai corpi, lontano dall’intimità di coppia all’interno di spazi pubblici come sono le cliniche della fertilità. Attraverso il coinvolgimento delle terze parti riproduttive, una pratica riconosciuta come intima e privata è portata nell’arena del contesto pubblico. Nelle logiche che governano le pratiche della donazione, il seme maschile (offerto per denaro o come atto di gratuità) diventa un oggetto pubblico e universalmente scambiabile all’interno della sfera del mercato. Lo sperma, così come gli ovuli, viene spesso concepito dal senso comune come parte intima strettamente legata all’identità di chi dona ed in relazione a ciò presenta alcune resistenze rispetto al suo essere immesso nel mercato come materiale commerciabile. Diversi studi hanno esplorato le pratiche legate alla mercificazione di corpi e organi (Scheper-Hughes N., 2000), di intimità (Zelizer V. A., 2005), e le modalità attraverso le quali i profili dei donatori siano resi appetibili per essere venduti nell’industria del mercato riproduttivo (Almeling R., 2007). Al contrario, sono pochi gli studi che hanno analizzato l'acquisto di sostanze del corpo dal punto di vista degli “acquirenti” (Nordqvist P., 2011; 2012). Prendendo in considerazione il contesto della legge 40, esplorerò i legami tra la frammentazione della riproduzione umana e la mercificazione di sostanze corporee per capire come questo processo sia rappresentato dalle madri della mia ricerca. Tale

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analisi servirà per presentare il significato che il donatore assume nell'intimità delle famiglie lesbiche incontrate.

La frammentazione della procreazione ha portato in scena nuovi soggetti: ovuli, spermatozoi ed embrioni sono così diventati elementi separati dai corpi che li hanno prodotti. Essi sono progressivamente diventati beni mobili con vita propria, entrando a pieno titolo in circuiti di scambio finanziario che ha previsto acquisto e vendita di sostane corporee e prestazioni cliniche relative alla medicina riproduttiva. Il libero mercato si è rapidamente introdotto all’interno delle logiche che governano le tecnologie riproduttive. Pertanto, la logica contemporanea del mercato sembra aver invaso anche il regno di parentela, andando ad inserirsi all’interno delle relazioni che vengono performate tra genitori d’intenzione, donatori e cliniche della fertilità. Come Charis Thompson ha sottolineato: «ARTs can be used as a lens through which to study some of these profound changes in the economy, in science, and in laws that regulate kinship in contemporary society» (Thompson C., 2005:11).

Alcune ricerche (Rifkin J., 1999; Kimbrell A., 1998) hanno mostrato come i progressi tecnologici nel campo della scienza e della medicina, imbevuti della logica del profitto, abbiano teso a rappresentare e utilizzare il corpo umano come “Human Body Shop”. Ma non tutti gli “oggetti” presenti nel mercato sollevano questioni morali ed etiche allo stesso modo. Seguendo il ragionamento di Healy (2006) possiamo definire tre principali approcci al tema della mercificazione. Il primo consiste in tutti quegli oggetti ritenuti irreversibilmente mercificati e, in relazione a questa funzione, tali da non innescare dibattiti etici e morali; il secondo vede la vendita come qualcosa che non dovrebbe accadere, un problema di cui non si ha ancora una soluzione; il terzo caso, invece, riguarda tutte quelle cose che, se vendute, acquistate o acquisite sono rappresentare come una seria minaccia per i valori e, in generale, per le istituzioni sociali create dagli uomini. Quest’ultima è una reazione che non è causata dalla mercificazione di beni materiali, ma da tutto ciò che è considerato come “natura sacra della realtà umana” (relazioni sociali, rapporti intimi ecc.): organi, sangue, e nella mia analisi, le sostanze riproduttive. In questa area si trova tutto ciò che se acquistato o venduto provoca dibattiti morali, ciò che Radin (1996) ha definito contested commodities: tutto ciò che non deve essere trattato come semplici merce disponibile

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sul mercato, ma che potrebbe essere trattato come dotato di valore intrinseco, quello che è stato definito “merce mista”.

Negli ultimi decenni, gli scienziati sociali hanno prodotto studi empirici dei processi di mercato mettendone in evidenza i processi culturali, evidenziando il modo in cui il corpo umano, e ciò che esso produce, sia stato commercializzato (Appadurai A., 1986; Sharp L., 2000). Dal momento in cui ogni stato membro possiede proprie regole che ne regolamentano l’accesso, la situazione della donazione di gameti all’interno nell'unione europea segue un “patchwork normativo” (Spar D., 2005:533). In altre parole, così come molti studi scientifici hanno dimostrato, le tecnologie riproduttive, sono generalmente parte di un sistema di conoscenza scientifica transnazionale e necessariamente applicata ad un quadro culturale, sociale e giuridico specifico. Le diverse strutture economiche che regolano lo scambio di spermatozoi ed ovociti, per esempio, devono essere analizzate in riflesso ad una serie di fattori quali pubblicità, reclutamento, recupero, stoccaggio e trasporto delle sostanze riproduttive in relazione ai contesti nei quali essi prendono corpo. Numerosi sono gli studi che hanno analizzato la correlazione tra mercificazione del corpo e disuguaglianze sociali, locali, legali, religiose, e ordini etici (Bharadwaj A., 2006a; 2006b; Gupta J.A., 2006; Inhorn M.C, 2003) o al modo in cui gli stereotipi di genere influiscano nelle logiche del mercato dell’industria riproduttiva (Almeling R., 2007). Spesso, il senso comune descrive tali processi utilizzando nozioni di vittimismo, soprattutto quando ci si riferisce alla pratica di donazione di ovuli piuttosto che a quella di spermatozoi. Tuttavia alcuni studi, come gli esempi delle donatrici di ovili di cellule dell'est Europa orientale hanno dimostrato «do not see Eastern European donors as passive objects at the mercy of global capitalism, bioenterprise and the desires of other ova recipient» (Nahman M., 2008:67). È importante in questo senso far dialogare l’oggetto in analisi in relazione al contesto socio-culturale e legislativo in cui l’etnografia ha avuto luogo nella sua prima fase di ricerca (Italia), perché il processo è inevitabilmente strutturato da una serie di questioni economiche, socio-culturali, politiche e religiose. La legge 40 vieta espressamente la commercializzazione di sostanze corporee punendo ogni tipo di organizzazione o di pubblicità di vendita di gameti, embrioni, inclusa la pratica della surrogazione di gravidanza. In questo senso, i soggetti della mia etnografia che, non rientrano nelle categorie previste per legge, vedono escludersi la possibilità di accedere

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alle tecniche riproduttive in relazione al proprio orientamento sessuale o al tipo di famiglia che intendono creare. Come visto nel capitolo 3, vi è una profonda differenza tra coloro che possono accedere legalmente alla riproduzione medicalmente assistita (che ricevono le cure riproduttiva facendo ricorso al sistema sanitario nazionale) e coloro che ne sono esclusi (che devono rivolgersi in cliniche estere e supportare completamente ogni costo). Come sarà rappresentato l'aspetto di acquisto e vendita di gameti dal punto di vista di chi acquista le sostanze riproduttive? Sarà rappresentato come un dono, retorica sovente promossa ed utilizzata dalle cliniche della fertilità, o saranno utilizzare diverse terminologie ed espressi altri significati?

Non possiamo definire con certezza le ragioni che spingono le persone a donare, se lo fanno per soldi, per spirito altruistico o per altro. Essi attraverso quella che viene definita donazione, offrono, a volte dietro compendio/rimborso, altre volte dietro atto gratuito, materiale riproduttivo alle banche del seme o a cliniche della fertilità. Gli intermediari della transizione, “commercializzano” il dono iniziale, collocandolo all'interno di percorsi di trasformazione (analisi, stoccaggio ecc.), distribuzione e d’uso. In questo processo, lo spirito iniziale della donazione è perso, e alla fine della catena viene ricevuto come merce o come un diritto. Ancora una volta possono essere annotate alcune somiglianze tra le donazioni di sangue e quelle di sperma: sono entrambi sostanze che vengono estratte dai corpi, materie prime elaborate per divenire prodotti, percepiti come doni vitali che creeranno, in qualche modo, una sorta di collegamento tra donatore e ricevente. Come Godbout e Callié (1992) hanno sostenuto, le donazioni di sangue costruiscono legami sociali, che non hanno ritorno, in modo maussiano, perché si basano sulla presenza di organizzazioni e istituzioni (cliniche, ospedali) che bloccano qualsiasi relazione personale tra donatori e pazienti. Secondo molti autori, il progresso biomedico da un lato, e lo sviluppo di stoccaggio industriale e commerciale delle sostanze corporee dall'altro, hanno minato il modello classico della donazione, percepita dal senso comune come un’azione libera e altruistica. Per tali ragioni, si dovranno utilizzare in modo differente le classiche opposizioni tra dono/mercificazione, l'altruismo/guadagno per meglio comprendere la complessità della donazione di sperma, ed in generale tutte quelle prestazioni che richiedono lo scambio di prestazioni intime, corpi e sostante corporee.

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Dal mio punto di vista, le cliniche giocano un ruolo centrale per capire come la mercificazione di sostanze corporee sia rappresentata dalle madri coinvolte nel mio lavoro di ricerca. Se da un lato, le cliniche hanno come obiettivo principale quello di gestire le sostanze corporee, dall'altro aiutano a mantenere chiari e definiti i confini tra donatore e madri di intenzione, sin dalle prime tappe dei percorsi. Il “prodotto”, in un primo momento rappresentato come donazione altruistica, un dono ad uno sconosciuto in necessità, viene raccolto, analizzato, manipolato, rinegoziato e trattato dalle agenzie riproduttive in modo che alla fine del processo il seme maschile sia anche simbolicamente distaccato dalla identità del donatore. Questa lavorazione crea una barriera simbolica di demarcazione e separazione tra donatore e madri d’intenzione, evitando il rischio di rendere i confini permeabili. In effetti, donatore e destinatari non stabiliscono alcun rapporto, le madri si interfacciano solo con il centro di assistenza riproduttiva che concettualizza il seme maschile come un prodotto mercificato (Almeling R., 2007). Lo sperma è clinicamente oggettivato (Thompson C., 2005), le aspiranti madri non devono direttamente gestire il seme ricevuto, a differenza del caso di auto inseminazioni con donatore conosciuti o amici. L'istituzionalizzazione dello scambio del dono (Appadurai A., 1986) permette alle cliniche di creare un processo di separazione che disconnette lo sperma dal donatore e dall'atto generativo della (ri)produzione. In questo senso, la medicalizzazione del processo vede la donazione come atto impersonale, garantendo alla coppia una chiara distanza dal corpo maschile sessualizzato - distanza resa possibile e mantenuta dai processi di screening e analisi dello sperma - che raggiunge la sua conclusione producendo l'invisibilità dei donatori di sperma (Grace V. Daniels K. Gillett W., 2008). La lavorazione del seme, ricorda le prassi delle donazioni di sangue: le madri ricevono cure mediche (controlli, analisi, stimolazione ovariche, ecc.) ed il materiale genetico per aiutare la “sterilità della coppia” direttamente dal personale medico e non dal donatore. All’interno di questo processo sviluppato da banche e cliniche della fertilità, l'elemento economico è visto come qualcosa di più complesso di una “semplice” mercificazione di sostanze corporee. Infatti, secondo le mie interlocutrici, la vendita di sostanze corporee che si gioca all'interno delle cliniche non è vista come semplice acquisto di prodotti riproduttivi, ma è legata alla legge 40 che vietando la riproduzione ad un certo gruppo di individui, spinge le persone a rivolgersi ad altri stati.

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«Lo sai Corinna, se fossi stata una donna eterosessuale con qualche problema di infertilità, potevo usare il contributo che lo stato dà alle coppie sterili. Ma purtroppo io sono, diciamo, una “fuorilegge”. Non so se il Signore Gentile sia stato pagato per il suo aiuto. Perché sia diventato donatore, se l’abbia fatto per soldi o per altro, quanti gameti abbia donato...ho pagato la clinica per il servizio che ci ha offerto, per le cure che in Italia non avremmo potuto ricevere, per il sostegno ricevuto, ecco. Abbiamo pagato per quello che abbiamo avuto e non è semplicemente il seme di un qualsiasi donatore.»

(Elisa).

Rachele mi ha spiegato di non aver potuto usufruire dei trattamenti “gratuiti” passati dallo stato italiano, a causa del suo status di lesbica, dal momento che in Italia questo trattamento è disponibile solo a coppie eterosessuali con problemi di infertilità. In questo senso, dal punto di vista di Rachele, che rappresenta l’idea di fondo di molte mie interlocutrici, la vendita dei gameti non si è verificata; quello che viene acquistato è l’aiuto medico e clinico e non il materiale riproduttivo necessario al concepimento. Attraverso il processo di mercificazione, lo sperma diventa come un elemento separato che in parte ha perso il collegamento con una persona reale. Poco valore è attribuito alla personalità del donatore in quanto spesso la scelta del suo materiale genetico non è direttamente imputabile alle madri, ma alle cliniche della fertilità che architettano i match tra genitori di intenzione e terze parti riproduttive. Difatti, la maggior parte delle famiglie incontrate ha viaggiato verso cliniche spagnole, dove l'attribuzione del donatore è decisa dal personale medico che sceglierà, in relazione alle caratteristiche fenotipiche della madre sociale, quale profilo abbinare. Ciò che spesso viene sottolineato è l'importanza di ricevere un seme maschile come qualcosa di implicitamente sano e “semplicemente” compatibile con i destinatari, come nel caso delle trasfusioni di sangue. La complessità dei mercati produce l’eliminazione dell'identità del donatore, conservandone al contempo l'immagine di un soggetto generoso guidato da altruismo e voglia di aiutare il prossimo. Il liquido seminale è reso

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desiderabile, come un prodotto che viene acquistato e venduto, commercializzato classificato, diventando una merce scambiabile. Tuttavia, come vedremo nel prossimo paragrafo, esso non è solo un prodotto, ma acquisisce una pluralità di significati espressi da coloro che ne acquisiscono porzioni per concretizzare il desiderio di maternità.